Chiesa di Chamula: tra aghi di pino, candele e sacrifici animali
Durante i miei meravigliosi mesi in Messico, vagabondando da una città all’altra, ho avuto la fortuna di imbattermi in un luogo davvero surreale, rimasto congelato nel tempo e ricco di energia mistica: il piccolo villaggio di San Juan di Chamula e la sua “particolare” chiesa.
San Juan di Chamula è un villaggetto abitato da 3000 anime, incastonato nelle magnifiche e scenografiche montagne del Chiapas.
Qui non si parla lo spagnolo, ma gli abitanti comunicano tra di loro attraverso un dialetto davvero molto difficile da comprendere e vivono ancora di puro e semplice baratto.
Il tempo sembra esser rimasto a quello dell’antica e affascinante cultura dei Maya e tutto il popolo basa la sua vita e la sua fede su figure come stregoni e curanderi.
Le loro case sono realizzate con fango secco e, per coprirsi, soprattutto durante i rigidi inverni, utilizzano prevalentemente lana di pecora, animale molto sacro per questa comunità.
Camminare tra queste persone, che credono ancora di dover sacrificare alcuni animali durante i riti, per ottenere guarigione, è un’esperienza davvero molto intensa, come lo è decidere di entrare nella chiesa del villaggio. Infatti ogni tipo di attività ruota intorno alla piazza principale e alla sua chiesa, luogo in cui all’interno è assolutamente vietato fare fotografie e posto in cui può succedere di tutto, eh sì anche assistere a strangolamenti di galline.
Queste persone sono assolutamente devote alle loro tradizioni e vogliono a tutti i costi preservarle al meglio.
La leggenda narra che una volta qualcuno di loro ha fatto scomparire una persona che all’interno ha avuto il coraggio di videodocumentare i riti e le preghiere diffondendo con il mondo esterno questo modo particolare di “pregare”.
Incuriosita da tutto ciò naturalmente ho voluto verificare con i miei occhi la veridicità di questi fatti e ho deciso di mescolarmi a questa cultura per un pomeriggio intero, visitando la chiesa e il pittoresco villaggio in questione.
Arrivare qui non è molto complesso come si tende a credere, infatti basta recarsi alla meravigliosa città di San Cristobal de Las Casas, dividere un colectivos con qualche abitante del villaggio, che si reca qui per vendere la propria merce, ed essere trasportati in 40 minuti in questo mistico posto.
Camminare per le strade del villaggio attira a sé molti sguardi curiosi ma il gioco si fa bello quando si decide di entrare nella chiesa.
Il pavimento è completamente ricoperto da aghi di pino verdi e in ogni angolo ci sono candele bianche di ogni forma accese.
Saranno centinaia, se non di più, e il calore e l’odore della cera sciolta, mista al profumo del palo santo, bruciato continuamente, entra nelle narici con una prepotenza indefinibile.
Tutto è strano e tutto sembra surreale.
Sparsi e seduti a terra in ogni dove ci sono moltissimi indigeni che pregano o meglio dire cantano una sorta di cantilena abbastanza spettrale ma che mi rapisce a tal punto da volermi sedere di fianco a loro per immedesimarmi il più possibile in quello che sto vedendo.
Ci sono uomini che suonano una specie di cornamusa e si passano questa bottiglia di mezcal da cui fanno sorsi avidi e profondi e io mi domando come possano riuscire ancora a fare quello che fanno dopo tutto quell’alcool.
Nell’angolino più in là invece delle signore inginocchiate bevono con gusto una bottiglietta di coca cola in vetro e ruttano a ruota libera facendo così uscire il male che, a detta loro, giace dentro il corpo, eh sì questo è quello in cui credono.
A un certo punto una di loro tira fuori una gallina da un sacchetto e decide di sacrificarla tirandole il collo.
Il mio sguardo si sposta velocemente cercando conforto in altro, ma vengo rapita da queste statue di santi appesi a tutte le pareti e rabbrividisco ancor di più.
Per fortuna qualcuno mi sorride, qualche bimbo mi guarda ridendo e quindi ricordo a me stessa di essere solo una viaggiatrice che sta facendo un piccolo viaggio nel tempo e che presto uscirà da lì avendo ampliato la sua mente ancora una volta, ancora di più.
Che esperienza meravigliosa comprendere quante menti differenti abitano questo mondo e quante culture ci sono, così diverse da quelle a cui siamo abituati durante la nostra quotidianità.
E il regalo più bello che questa vita potesse mai farci sapete qual é? La fortuna di poterle scoprire tutte.
scritto da Giulia Cetera