New York, tutto quello che non ti aspetti

Cinque giorni da innamorati nella Grande Mela
Scritto da: BARBY7171
new york, tutto quello che non ti aspetti
Partenza il: 29/04/2013
Ritorno il: 03/05/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
E così siamo pronti per il nostro viaggio di nozze! Abbiamo scelto una formula fifty-fifty ovvero voli e alberghi prenotati tramite agenzia,ma gestione assolutamente autonoma del resto.

Partenza da Venezia con la Delta per un volo diretto fino a New York city. Solo otto ore ci separano dalla Grande Mela, dalla città per antonomasia, quella che da una vita vediamo solo nei film.

Arrivati al’aeroporto JFK non ci rendiamo nemmeno conto della sua grandezza perché ci mandano al piano interrato dove ci aspettano i rigidi controlli doganali: ne usciamo dopo quasi 3 ore, ma eravamo preparati a questi tempi lunghi.

Usciti, prendiamo subito un taxi e ci facciamo accompagnare a Manhattan al nostro hotel, in Central Park South. Percorrendo le strade per arrivarci, osserviamo con attenzione il panorama: la città ha una periferia tipicamente da telefilm americano con piccole casette di legno con giardino, campi di basket e chiesette ovunque; a mano a mano che ci avviciniamo al centro,le case si trasformano in palazzi, il legno lascia il posto al mattone e i piani si moltiplicano. Siamo attaccati al finestrino con il naso all’insù, per vedere quella città che abbiamo tanto sognato e che ci si presenta così,quasi un po’ timidamente, con delicatezza.

Il nostro albergo è di fronte all’ingresso principale di Central Park, quindi è in ottima posizione per muoversi. Prendiamo possesso della stanza al 25° piano, spaziosa, pulita e curata e usciamo per una cena veloce lì vicino; poi andiamo a dormire per prepararci per il giorno successivo, quando cominceremo l’esplorazione della città.

Ci alziamo presto e prendiamo subito il bus turistico, molto utile ovunque e qui indispensabile per farsi un’idea dell’immensa città in questione. Una fermata è proprio di fronte all’hotel e i ragazzi addetti alla vendita dei biglietti sono molto carini e disponibili, elargendo informazioni di ogni genere.

Prima tappa è il Metropolitan Museum: appena lo vedo, mi rendo conto della sua grandezza e credo di intuire il contenuto… E invece no, è impossibile capire che cosa si trovi lì dentro, a cominciare dal piano terra dove c’è una splendida mostra temporanea sui popoli indigeni del mondo: c’è perfino esposta una gigantesca canoa aborigena! Senza contare il tempio egizio intero e la collezione di pittura che copre qualunque secolo e qualunque corrente pittorica. Un sogno ad occhi aperti per chi ama l’arte.

Usciamo stremati, fisicamente per l’estensione del museo ed emotivamente, per tutte le meraviglie che abbiamo visto. Ma dobbiamo riprenderci, perché lì vicino c’è il Guggenheim quindi ci facciamo un ottimo hot-dog in strada ed entriamo: bello architettonicamente sia dentro che fuori, ma non è paragonabile a quello che abbiamo visto al Metropolitan, né per dimensioni del museo né per contenuto. Ospita soprattutto esposizioni temporanee e noi capitiamo in una particolare di artisti giapponesi che non ci prende poi molto. La visita quindi è abbastanza veloce.

Da lì decidiamo di tuffarci quindi in un’altra faccia della città, quindi ci dirigiamo a Times Square: fa molto freddo, è appena transitato di lì l’uragano Achille, ma noi non rinunciamo al piano superiore scoperto del bus e così cominciamo a prendere un po’ di confidenza con la città. Osserviamo quei grattacieli che l’hanno resa famosa e, arrivati a destinazione, ci buttiamo nello shopping, a cominciare dallo store delle M&M’s. Si sta davvero poco a perdersi in questi negozi, dove tutto è così assurdo e allo stesso tempo così insolito per noi.

Ovviamente trascorriamo la serata lì attorno,girando tra locali e negozi,aspettando il buio per vedere quella piazza illuminata a giorno come fin da bambini l’abbiamo vista in tv. E non ci delude: ovunque campeggiano maxi schermi, pubblicità e insegne di tutti i colori e più il tempo passa più la piazza si riempie. Decine di taxi la percorrono ad ogni minuto, colorando l’asfalto di giallo. Ovviamente non resistiamo ad entrare nel raggio d’azione della webcam per rimanere anche noi immortalati per qualche minuto.

Il giorno dopo, vista la giornata un po’ grigia, decidiamo di fare un salto da Macy, il centro commerciale con le scale mobili più vecchie del mondo. Sinceramente restiamo delusi perché,oltre appunto alle scale mobili in legno,c’è ben poco da vedere. Decidiamo quindi di non perdere altro tempo e di recarci all’Empire State Building,visto che è uscito il sole e il cielo è sereno.

Ci mettiamo in coda e, pazientemente, trascorriamo così due ore. Ma decisamente ne valeva la pena: il panorama dall’alto è meraviglioso e da lì veramente ci si rende conto di quanto grande sia la città e di come sia particolare,così piena di grattacieli, ma così immersa nella natura per il tanto verde disseminato un po’ ovunque, per il fiume Hudson e per il mare che la circonda. In un posto così non poteva che sorgere una città speciale come NY. Scattiamo una marea di foto, anche perché da lassù si vedono proprio tutti i grattacieli, tutti i ponti e così ci si sbizzarrisce un po’ nel cercare di riconoscerli. Dal piano 108° poi si vede bene quella punta che è stata aggiunta successivamente al grattacielo dove tutti noi ci immaginiamo King Kong. Ovviamente scendendo allo store compro proprio la statuetta che ritrae la scena famosissima di quel film, che ora campeggia fieramente nella mia cucina.

L’indomani ci buttiamo di nuovo sull’arte e, a piedi, andiamo al Moma: bellissimo edificio, organizzato molto bene, luminosissimo e ricco di collezioni private, ma anche proiettato verso il futuro con esposizioni di opere molto particolari e avveniristiche. Notevole lo store, dove ai soliti souvenir si aggiungono pezzi di arredo provenienti da tutto il mondo. Lì acquisto un bel vaso a forma di cartoccio per il pane di un designer giapponese.

Da lì ci tuffiamo sulla 5th Avenue: tutte le firme dei più famosi stilisti del mondo sono lì, ma purtroppo ci dobbiamo limitare a guardare le vetrine… Solo in un negozio non rinuncio a entrare e decido di impiegare lì il mio tempo e sto parlando ovviamente di Tiffany. Posto magico, incantevole e piacevolmente retrò. Tutti i commessi sorridenti e in divisa, di cui uno fisso per ogni ascensore per accompagnare la gente, la maggior parte turisti e non acquirenti, ai vari piani. I gioielli, i più scintillanti che abbia visto in vita mia, sono conservati in teche di legno e tutto è come nel famoso film con la Hepburn. L’atmosfera che si respira lì dentro è molto diversa dal resto della città: sembra che il tempo si sia fermato, mentre fuori tutti corrono freneticamente.

Ma siamo così presi dalla città che ci rendiamo conto di non aver mangiato dalla sera prima! Così prendiamo un taxy e andiamo al Greenwich Village, quartiere molto particolare. Quando ho fatto vedere le foto nessuno credeva fosse Manhattan: casette di mattoni rossi a schiera con giardinetto, piccoli negozi, palazzi alti quanto una qualunque città italiana. Lì entriamo in un ristorantino molto, ma molto spartano (noi adoriamo quei posti!) di cucina sud asiatica. Per non sbagliarci ordiniamo tutto quello che prende la nostra vicina di tavolo, appunto un’indonesiana. Il mangiare è squisito, saporitissimo e freschissimo. E, concludendo che, come sempre “l’abito non fa il monaco”, usciamo sfamati e soddisfatti, pronti a rituffarci nella città. Decidiamo di fare ancora un giro con il bus turistico per attraversare il resto della città, quello che difficilmente riusciremo a visitare questa volta: Little Italy, Chinatown, Harlem. La passione per l’arte costa! Praticamente ci facciamo una panoramica totale,coscienti del fatto che il nostro tempo sta per finire e, allo stesso tempo, sempre più ingolositi e conquistati dalla Grande Mela.

Quando calano le luci della notte però, arriva il pezzo forte: giro in notturna, passaggio sul ponte di Brooklyn, vista dello skyline della city da Brooklyn e ritorno. Una magia, a stento trattengo le lacrime per l’emozione. Nonostante il freddo a dir poco pungente e il vento gelido, io vorrei rimanere lì ore a guardare dal vero quello che ho sempre visto nelle foto e nelle cartoline. Il mito della città che non dorme mai è realtà!

Alla fine pero rientriamo e, stremati dal freddo e dalla fame, ci infiliamo nel Mac Donald’s di Time Square, per mangiare il più velocemente possibile in modo poi di riprenderci per affrontare il giorno seguente,l’ultimo che abbiamo a disposizione.

Ci svegliamo quindi presto e decidiamo di meritarci una giornata un po’ più easy. Partiamo alla volta del Battery Park: il taxista approfitta un po’ e ci fa fare il giro del mondo per arrivarci, ma decidiamo di non polemizzare: alla fine è stata l’unica volta in cui ci siamo sentiti un po’ imbrogliati e la lasciamo passare. La Statua della Libertà, causa uragano, è chiusa di nuovo e quindi decidiamo di sederci sulle panchine di fronte al mare e ammirarla: è magica anche vista così e il posto è decisamente romantico. Pieno di scoiattolini che salgono anche sulle gambe per prendersi da mangiare. C’è un bel sole che finalmente intiepidisce l’aria e per un attimo ci prendiamo una pausa. Anche lì,complici il mare e il tepore,regna una strana calma e la città frenetica piena di taxi tutti così maledettamente occupati,sembra così lontana… Immagino così come dovesse essere arrivare da lì su una nave dopo un lungo ed estenuante viaggio per i famosi migranti con le valigie di cartone. Il pensiero che anche loro guardassero quella stessa statua,mi mette i brividi.

Ma è ora di ripartire. Destinazione: Ground Zero. Questa volta scegliamo la metropolitana come mezzo di trasporto,giusto per non farci mancare nulla e arriviamo in pochissimo tempo. Il cantiere è enorme, ci lavorano 3000 operai al giorno. Proviamo a girarci intorno e concludiamo che ci andrebbero almeno due ore, quindi torniamo indietro e ci imbattiamo nella chiesetta di St Paul, un gioiellino in mezzo ai grattacieli con piccolo cimitero antistante. Davvero graziosa e così splendidamente fuori posto.

Proviamo a immaginare per un attimo come dovesse essere quell’11 settembre lì intorno, individuiamo la strada da cui son state fatte la maggior parte delle riprese che ricordiamo. Sicuramente concludiamo che deve esser stato un caos totale. Guardo la strada e immagino la gente che scappa, la polvere, i rumori… ma non c’è tempo per farsi prendere dalla tristezza e non voglio nemmeno farlo, quindi ci facciamo quattro passi per Wall Street. Ecco, lì sì ci sentiamo decisamente fuori posto: tutti ben vestiti, tutti perfetti, tutti di corsa e nessuno che si ferma per strada a chiacchierare o a ridere. Ci imbattiamo, all’ora dell’aperitivo, in una festa privata in un locale e per un attimo sogniamo di potervi partecipare. Strano, a noi di solito non attirano quegli ambienti così formali.

Ci avviamo verso il Rockfeller Center, giusto per rimanere in tema di soldi. L’albero di Natale ovviamente non c’è, ma lo spazio dove viene allestito è molto più piccolo di quanto pensassi. Non resistiamo però ed entriamo nello store della Lego che si trova di fronte alla piazza. È bellissimo e il suo soffitto è attraversato da un drago gigantesco fatto con i pezzettini di lego. Entriamo poi nel grattacielo e vediamo che al piano terra ci sono degli ascensori per i residenti, piantonati da poliziotti e servizio di sicurezza. Ovviamente gli abitanti del Rockfeller Center non sono persone comuni!

Ci facciamo un giro: decine di negozi e ristoranti creano una sorta di villaggio a sé, dove immagino che nelle fredde serate invernali i newyorkesi si rifugino cercando un po’ di caldo. Lì c’è anche il famoso Top of the Rock, ovvero un terrazzo da cui ammirare la città, ma a NYC più che mai bisogna saper scegliere e noi optiamo per il no.

Scegliamo invece la stazione centrale: bellissima e molto, ma molto accogliente. Dentro c’è una luce diffusa gialla che dà calore. Ci fermiamo a contemplare la gente che corre e che passa frenetica sotto quell’orologio che abbiamo visto in tanti film. Quanti addii veri e cinematografici si sono consumati fra quelle mura! Usciamo e decidiamo di tornare all’albergo a piedi. Sì, siamo pazzi, non so quanti chilometri percorriamo, ma è l’ultimo giorno a NY e ce la vogliamo godere fino all’ultimo respiro. Percorriamo a piedi mezza Manhattan per poi fermarci, stremati, su un muretto a gustarci un hot dog. Questa è l’ultima scena che ho impressa nella mia memoria: stanchi, con le bolle ai piedi, con in mano un misero panino, ma estremamente felici ed emozionati di aver assaggiato la Grande Mela!



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