Resisti Myanmar

Sono tornato da una settimana dalla Birmania/Myanmar dove ho fatto il percorso classico Yangon, Calaw, Lago Inle, Mandalay e città limitrofe, Mamyo, Pagan, Ngapali Beach. La Birmania è un paese bello e affascinante per il suo dolce paesaggio, la gente cordiale e sorridente, i siti archeologici, un bel lago molto particolare e perfino un bel...
resisti myanmar
Partenza il: 23/10/2004
Ritorno il: 14/10/2004
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
Sono tornato da una settimana dalla Birmania/Myanmar dove ho fatto il percorso classico Yangon, Calaw, Lago Inle, Mandalay e città limitrofe, Mamyo, Pagan, Ngapali Beach.

La Birmania è un paese bello e affascinante per il suo dolce paesaggio, la gente cordiale e sorridente, i siti archeologici, un bel lago molto particolare e perfino un bel mare.Cmq ciò che mi ha impressionato è il loro senso religioso, le centinaia di templi, i bonzi e suore che si incontrano dappertutto anche bambini. La gente è serena pur vivendo da decenni in un paese dittatoriale e sopravvive ai molti problemi grazie alla cultura religiosa impressa dalla filosofia buddista. Nessuno che perde le staffe e si arrabbia e tutti che sorridono con gentilezza e pazienza. Non esistono furti e delinquenza, nè imbrogli e prostituzione come nella vicina Tailandia, tranne rari casi.

Il problema maggiore è la lingua perchè pochi parlano l’inglese, ma è bello provare a comunicare con le gesta, con i disegni, si riacquista un po’di poesia perduta nel nostro mondo. Vedere la faccia di un ragazzo che beve la birra tanto desiderata (almeno per la curiosità)per la prima volta o delle sue sorelle che ricevono dei regali modesti che le fanno illuminare e risplendere ancor più nella loro già naturale bellezza o i bambini che accettano matite e pallonicini colorati senza rubarseli a vicenda e gioiscono con così poco, sono scene che ho visto altre volte in giro per il mondo, ma mai con tanta innocenza. Ho incontrato anche storie molto tristi, tipo quella del ragazzo semiparalizzato dopo 10 anni di rickshaw e che ha dovuto inventarsi un nuovo lavoro affittando una scassatissima Mazda più vecchia di me per accompagnare in giro i turisti, oppure quella di un altro rickshawman che per venire ad accompagnarmi all’embarcadero si era alzato la mattina alle 05.00 e aveva attraversato per un’ora tutta la città per guadagnarsi i 2 dollari di tariffa. O lo studente che si guadagna gli studi accompagnando i turisti e apprende così l’inglese sperando di lavorare come guida turistica. Ci sono tanti bambini che vendono cartoline e oggetti di artigianato e se gli chiedi perchè non sono a scuola, ti rispondono sempre che è giorno di vacanza. Incontri tanti bonzi e suore anche bambini con la loro ciottola in cerca dell’offerta che gli permette l’unico pasto quotidiano a base di riso e curry e ti guardano con il viso sereno, mai aggressivo e ti sorridono anche se non gli dai niente perchè vorresti poter dare a tutti, ma non è possibile. Li incontri poi tutti in fila (quasi mille) nel loro monastero contornati da orde di turisti famelici che scattano centinaia di foto, come fossero marziani o scimmie in gabbia.

Non è un paese tanto povero come vogliono far apparire le varie statistiche, vivono meglio di tutta l’Africa, dell’America centrale e meridionale e di gran parte dell’Asia, fortunatamente, grazie alla loro laboriosità ed al fatto che il regime ha aperto all’economia privata e segue di traino la confinante Cina che fornisce loro ogni tipo di merce che trovi nei grandi mercati, ma anche nei marciapiedi di tutte le strade, trasformati in negozi, bar e ristoranti.

I contadini delle campagne vivono imperturbabili ai vari regime secondo i prodotti che dà loro la terra fertile e vivono serenamente nelle loro case di tek e bambù in mezzo a enormi buffali e buoi, capre e galline, coltivando riso, frumento e legumi. E’ un paese in cui molte donne povere indossano gioielli ricchi che il paese produce e gli uomini, tutti, indossano un pareo, il longyi, freschissimo e adatto al loro clima caldo. In più donne e uomini usano un trucco, una pasta bianca ricavato da un ramo che li protegge la pelle e li dà un aspetto quasi surreale. Purtroppo bisogna andar “fuori pista” per incontrare la gente negli abiti tradizionali che ho visto nel museo della capitale, tantissimi e ognuno diverso a seconda della provincia e della minoranza etnica. Molti masticano il betel, che sputano in giro e lascia loro una schifosa bocca rossa. Bisogna però capire che equivale quasi al nostro caffè espresso, è nella loro tradizione ed è difficile giudicare un’usanza così diffusa che non li distrae dalle loro attività, anzi li dà la forza di andare avanti quando questa viene meno. L’ho provata anch’io nell’ultimo pezzo di trekking e,sarà stato l’effetto placebo, stà di fatto che l’ultima salita, prima del monastero dove ho pernottato, l’ho fatta di corsa, nonostante fossi esausto dopo 20 km di passeggiata in mezzo ad una natura splendida di campi di fiori gialli e di fronde di bambù. Chissà se le multinazionali all’attacco che già rubano le foreste di pregiato legno tek, le gemme e petrolio riusciranno a domare questo splendido popolo al consumismo sfrenato e a dimenticare le loro belle tradizioni in nome di una globalizzazione che ci vuole tutti uguali e banali. E’un paradosso che una dittatura terribile sia riuscita a mantenere intatto un paese splendido e che forse una democrazia liberale e consumista riuscirà a distruggere tutto in pochi anni come è avvenuto nella vicina Tailandia. Mi auguro che i tanti Budda seduti e reclinati veglino su questo popolo e li aiutino a resistere, rendendo possibile a noi ed ai nostri figli di gioire del loro meraviglioso spettacolo.



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