Penisola Balcanica in moto

Dalle paradisiache spiagge di KRK alle Grotte di Postumia, passando per città, fiordi, montagne e punti panoramici che tolgono il fiato
Scritto da: ilaser2
penisola balcanica in moto
Partenza il: 11/08/2017
Ritorno il: 02/09/2017
Viaggiatori: 2

VENERDÌ 11 AGOSTO 2017

“Maaax! Hai chiuso le porte dell’ufficio?” Urlo forte nel casco, già tutta imbragata, microfonata ed incastrata nei bauletti. Max, il mio collega, non mi sente, perché è già in macchina con tutta la famiglia. La sua meta è Varazze. In compenso riesco a stordire mio marito che bestemmia in turco perché: a) è ora non udente a causa mia, b) deve tornare indietro, perché, nella foga della partenza, non abbiamo chiuso c) sa che sono stressata, troppo stressata, mi scordo le cose e faccio casini!

Fino all’ultimo – giusto ieri – siamo stati incerti se partire o non partire. La causa? Problemi di salute in famiglia, che già creano stress, cui si sommano scazzi vari lavorativi, attacchi di panico, overtraining, necessità di fare chiarezza su ciò che si desidera, e altri cento, mille, infiniti sbatti. Questo viaggio dovrà perciò fare miracoli (E li farà!). Partiremo dalla Romagna, poi tappa nel Sud Italia, poi il Sud dell’Albania (il fondo che abbiamo toccato), ci avventureremo all’interno di Bosnia e Serbia (il cuore dei Balcani che batte), per poi riemergere nelle rinfrescanti acque della Croazia (testa nuova e pensieri positivi) e tornare a Milano arricchiti, di nuove esperienze e rigenerati, pronti per un nuovo inizio. Tante potevano essere le opzioni per costruire l’itinerario di questo viaggio. Noi abbiamo scelto di arrivare via nave in Albania e poi risalire, a tappe, rientrando in Italia dalla Slovenia. Facendo lo slalom tra temporali che, dopo settimane di siccità, hanno deciso di palesarsi giusto oggi, raggiungiamo la nostra prima tappa strategico/logistica: sobborghi di Cattolica, B&B comodo autostrada. Sono secoli che non ritornavo sulla Riviera Romagnola e, francamente, mi delude un po’. La trovo triste. I negozi sono, anche qui ormai, tutti indiani e cinesi. Mancano i diciottenni per le strade, sono tutti anziani e mocciosi peggio che in Liguria. Pregustavo una buona piada o un crescione, ma finiamo in un chioschetto che fa un’orrenda bio-piada integrale, volendo anche vegana. Eresia! Un abominio! Io necessito dello strutto!! Mode alimentari maledette e stupide. Anche il B&B è triste: niente bomboloni al mattino, ma un’anonima colazione fai da te con biscotti e brioche confezionate. NCS (NON CI SIAMO).

SABATO 12 AGOSTO 2017

Temporali tutta notte. Mi sveglio alle 6.00, causa nano malefico ospite nella stanza accanto che fa rotolare la qualunque urlando. Piove ancora, ma ho voglia di vedere il mare e sgranchire le chiappe dopo le 4 ore di moto di ieri e le 10 e più che mi aspetteranno oggi. Incurante del dover rimettere le scarpe, bagnate, nel bauletto (Esticazzi!) mi vesto al volo e vado a farmi una corsetta fino in spiaggia. Cerco di sgomberare dalla mente un po’ di nubi, ma quelle, come il temporale, insistono. Alle 9.00 smette di piovere e ci mettiamo subito in strada verso Brindisi: poco traffico e temperatura ideale per viaggiare. Nella nostra discesa dello stivale sino al tacco incontriamo l’Italia del Ferragosto: un tizio sclera perché mette benzina al posto del gasolio (e il benzinaio fa spallucce). Un’intera famiglia si catapulta fuori dall’auto che va in fiamme (!!!!). Una tipa tedesca, visibilmente incinta, urla al telefono perché, presumibilmente, il compagno l’ha mollata lì. Piazzole ed aree di sosta sono ormai pisciatoi per cani (ormai nel nostro Paese, osservo, ci sono più cani che esseri umani. Altra moda che bho, mi lascia perplessa). Più andiamo a Sud più il traffico si dirada ed il caldo aumenta. La Puglia deve essere meravigliosa, ma anche stavolta (la seconda in 10 anni) ci passo ma non mi fermo a lungo. Facciamo solo una tappa nella magica Alberobello, giusto il tempo di un gelato e 2 Selfie, e ci dirigiamo a l porto di Brindisi. Convinti di ritirare al volo i biglietti e poi farci con calma una pizza veniamo, ahinoi, smentiti. Iniziamo col constatare che il terminal non c’è più. C’è un numero di telefono con scritto “Albania”, ma non risponde nessuno. Per sapere dove diamine devo andare incomincio a chiedere ad ogni essere vivente che incontro. La risposta migliore che ottengo è: “Sòtt”.

Immagino che “Sòtt” significhi “in fondo alla strada”, è così è. Il terminal è piuttosto grande, ma la lunga fila di persone che agitano foglietti di fronte all’unico sportello non mi convince Senza nemmeno chiedere vedo un altro pezzo di carta volante che dice: “Red Star 1 partenza probabile (???) ed imbarco ore 2.00”. Bene! Doveva essere alle 22.00! In fondo ci va anche bene, considerando che ci sono in attesa intere famiglie dirottate da Ancona perché, causa mare forza 9, molti traghetti non sono partiti. Mi intrufolo nella fila vociante ed il capo-bigliettaio deve avere pena per me vestita come Robocop. Mi prende da parte e mi fa tutta la trafila del check-in in via prioritaria. Abbiamo un sacco di tempo, così l’idea di una buona pizza parrebbe quella giusta.

Stiamo per salire in moto e si scatena la Tempesta Perfetta, un temporale così, dicono, non si vedeva da anni. Eh, niente. Socializziamo con tutte le famiglie albanesi presenti nel terminal (tanti arrivano con bus dalla Sicilia e dalla Calabria), ci facciamo un paio di panini al bar finché il sonno non mi fa crollare addormentata sul tavolino con la Lonely Planet tipo cuscino. Potrebbe scatenarsi la terza guerra mondiale, ma non mi sveglierei uguale!

Ronfo incondizionatamente fino a quando Sergio (che nel frattempo ha fatto comunella con un gruppo di motociclisti baresi) mi dice che la nave è arrivata ed è pronta ad imbarcare. Il personale è devastato (il traghetto sta facendo la spola Brindisi-Valona in continuo e senza sosta), ma comunque velocissimo e cortese nell’imbarcarci per primi ed aiutarci a legare la moto (la mettono fra du container su una grossa radice di legno – !!! – , ma non facciamoci domande, non si muove e va bene così). Mi aspettavo un traghetto zozzo, invece è normale con la cabina pulita con bagno e doccia interni e funzionanti. Praticamente in trance riuscivamo a farci finalmente una doccia, fare i letti e poi crollare nella cuccetta. Dormiamo un pario d’ore prima che la nave salpi… deve essere già l’alba. In mare aperto la sensazione è quella di essere contemporaneamente su Galeone, Tappeto Volante e Tagadà, ma imbottita di Xamamina, sdraiata nel letto e stanca come non mai, faccio fesso pure il mal di mare dormendo come un sasso fino a Valona. Per tratte notturne io credo che la cabina sia fondamentale.

DOMENICA 13 AGOSTO 2017

Ed eccoci qui! Gli immigrati al contrario. Mezz’ora di sofferenza nella stiva_garage con 8 milioni di gradi, in moto, dietro ad un bus con il motore acceso (!!) e via! Per primi verso la dogana. Appena oltre i controlli di polizia ci sono un paio di container delle assicurazioni nei quali per 15 euro e a tempo record si stipula la polizza RCA (la carta verde non copre in Albania). In zona ci sono molte banche, ma la maggior parte ha il bancomat a secco. Scopriamo per caso una filiale di Banca Intesa (in realtà ha un sacco di filiali in tutta l’area balcanica e diventerà sempre la nostra cash machine di riferimento) e facciamo scorta di Lek per il viaggio e la tappa n. 1 di oggi: la colazione. Caffè e cappuccino sono buoni un po’ ovunque perciò Sergio si infila nel primo bar dall’aspetto decente. Ci sono solo brioche confezionate, ma non pretendo di più. La maggior parte degli avventori è di sesso maschile, un po’ come nei paesi arabi.

Per raggiungere Himare c’è un’unica strada asfaltata che costeggia il litorale di Valona per poi arrampicarsi improvvisamente su una montagna. Paesaggio stupendo, ma difficile la guida causa traffico, albanesi imbruttiti, turisti con camper disagiati. L’albanese tipo guida una Mercedes (da quelle anni 60 all’ultimo modello, purché sia Mercedes) come se non ci fosse un domani. La Mercedes qui significa emancipazione, potere, ricchezza. Se ti affianchi, sorpassi, se solo guardi … Scatta la gara! Altra costante: l’albanese tipo indossa i pinocchietti con le ciabbbbatte in ogni circostanza. I pantaloni lunghi li portano i camerieri. Alle 10 del mattino siamo finalmente ad Himare, ma il B&B Alex ci riserva la prima brutta sorpresa: pare che la nostra prenotazione sia “svampata”. Mangio subito la foglia e intuisco che si tratta di “sola” (che in Albania si ripeterà per ogni prenotazione). Il titolare del B&B ci sta provando a rifilarmi un’altra stanza perché la sua struttura, molto carina, è in “overbooking”. Saranno cacchi suoi. Io da qui non mi muovo e me ne fotto del: “Scusa, io, sbaglia, tedeschi, famiglia, bambino “… Aggiungi pure il cane, il gatto io e te …. Fai come c@@@o vuoi, io ho prenotato qui e resto qui. Sono talmente stanca che accetto senza fiatare i mille salamelecchi, la bibita fresca che mi offre, le scuse della moglie in 3 lingue, ma mi piazzo con i piedi (stivalati) sul tavolo e facciamo a gara a chi fa più lo st@@@zo. Vinciamo noi. I tedeschi sloggiano e io entro con i bauletti nella mia stanza vista mare e giardino come da foto di booking. E diamine! Bene! E ora… mareeeee! Dal B&B una lunga discesa porta alla bella spiaggia di Lhivadi: ampia, pulita, poco affollata. Mi sembra di aver fatto un salto indietro nel tempo di 30 anni, Montepaone Lido – CZ – 1987: strada sterrata, macchinoni con tizi che guidano a torso nudo, ristorantini alla buona sul mare, pochi ombrelloni, case di villeggiatura più o meno finite, famiglie enormi (molte italo-albanesi) che si godono le due sudate settimane di vacanza. Ci prendiamo un lettino ed un ombrellone per 2 euro e chiacchieriamo con gli albanesi (ora naturalizzati brianzoli comaschi) che ci danno un po’ di dritte su come sopravvivere in Albania. Al tramonto andiamo a Himare città ma non è per nulla bella: parcheggi selvaggi, odor di fogna, pattumiera che vola sollevata dal vento, meglio tornare per cena a Lhivadi dove prendiamo pesce per meno di 20 euro in 2. In questa zona dell’Albania la cucina è molto simile a quella greca perché qui fino alla II guerra mondiale (più o meno) era territorio greco.

LUNEDÌ 14 AGOSTO 2017

Spiro, il proprietario del B&B, sa che si deve far perdonare per il piccolo incidente di ieri (o si gioca la recensioni da punteggio 9) perciò organizza nel giardino una super colazione propedeutica ad una giornata di relax e mare. Sempre da Spiro ci facciamo prestare un ombrellone e ci dirigiamo in moto (con l’ombrellone in spalla modello Formentera) verso Gijpe Beach. La spiaggia è bella, di sabbia bianca e ciottoli, semiselvaggia e vivibile perché, ad oggi, non è accessibile in auto. Per arrivarci bisogna fare una deviazione dalla strada Dhermi-Himare nei pressi di un monastero e poi seguire uno dei sentieri a piedi. Noi abbiamo lasciato la moto nei pressi dell’inizio del sentiero più in alto, ma se avessimo continuato lungo la strada asfaltata avremmo trovato un altro accesso e scarpinato meno. In circa 30 minuti (tutti sotto al sole) si scende costeggiando un canyon in compagnia di qualche colorata farfalla e man mano la vista si apre sulla spiaggia. In discesa veniamo superati da un bambino con un agnello sgozzato in spalla: sembra la versione horror del pastorello del Presepio! D’altronde, se si vuol mangiare all’unico ristorante della spiaggia, qualcuno deve pur far arrivare i viveri! Arriviamo al mare che siamo fradici neanche avessimo corso una Maratona. Ci vuole un tuffo. Subito! L’acqua cristallina vince il premio miglior spiaggia della vacanza! Verso mezzogiorno incominciano ad arrivare un po’ troppi turisti con i taxi-boat da Himare. Soddisfatti della nostra super nuotata all’una del pomeriggio (ideale no?) ci facciamo la scarpinata al contrario, sudati marci, per riprendere possesso della nostra moto (ci ustioniamo le chiappe) ed avviarci mezzi nudi verso Porto Palermo (e stasera mal di gola e aspirina, Olé). Lungo il sentiero in salita ci sono alcuni vecchi bunker fatti costruire negli anni del regime dal dittatore Hoxha, si dice che siano più di 20.000 su tutto il territorio. Per raggiungere porto Palermo dobbiamo attraversare Himare ed è, di nuovo, il delirio. Le spiagge cittadine sono affollate all’inverosimile ed il traffico è bloccato da un corteo funebre (ovviamente il carro è una Mercedes 1980). Porto Palermo merita per il colpo d’occhio dell’isolotto su cui sorge il forte collegato da un piccola lingua di terra, ma le spiagge sono piccine e sovraffollate. Poco prima di raggiungere queste spiagge c’è un’ampia area (l’ex area del presidio italiano chiamato appunto Porto Palermo) che è ancora considerata presidio militare. Qui si possono vedere la vecchia caserma, il tunnel per i sottomarini, le aree di manovra dei mezzi militari. La spiaggia è bellina e deserta, qualcuno se ne infischia del divieto e fa picnic in solitaria con tanto di ombrelloni e tavolino. Non essendoci nulla, nemmeno un market per acquistare frutta e acqua, affamati dalle nuotate e dalla camminata, decidiamo di evitare di aver fame per tutto il pomeriggio e, fatte un po’ di foto, torniamo a Lhivadi. Pranzomerenda con yogurt e frutta, sole, mare, doccia veloce e cena al Dimitri restaurant con pesce anche per questo giro. Si beve chiaramente la locale birra Tirana. Risalendo al B&B la strada è avvolta nel buio totale e il cielo stallato è fantastico. La baia è dominata dal vecchio castello di Himare illuminato da una bella luce calda.

MARTEDÌ 15 AGOSTO 2017

I 70 km che dividono Himare da Ksamil avrebbero dovuto essere una passeggiata, ma non è così. Tempo previsto un ora e 15 minuti, impegnate 4 ore! Ci aspettavamo una tranquilla strada litoranea, invece siamo in piena montagna. Il territorio albanese è come il popolo che lo abita: aspro, spigoloso, scomodo, sfidante, orgoglioso, semplice, silenzioso. Davvero il posto ideale per le aquile. Attraversiamo località costiere sviluppatesi di recente in modo più o meno moderno, mentre ancora si vede la vecchia strada sterrata che conduceva a Valona da Borsh partire dalla costa ed arrampicarsi sulla montagna (Sergio sta già pensando ad un giretto in moto off road, tabù per l’Africa carica e gommata da strada…). A Serande (o Saranda) il delirio totale. Città presa d’assalto dai turisti (a me non piace sembra Lloret de Mar!), strade chiuse dalla polizia che ci obbliga a fare un giro assurdo in coda con altri veicoli che non ci lasciano spazio per passare. Temperatura sopra i 40° e noi vestiti e carichi… L’inferno è più fresco! Quando finalmente arriviamo a Ksamil, nel fresco cortile dell’hotel prenotato, non vediamo l’ora di toglierci tutto e tuffarci. Illusi. Anche qui la prenotazione non c’è. O meglio, è stata cancellata. Se desiderassimo una stanza la dovemmo pagare tre volte tanto! Manifesto il mio disappunto, faccio per chiamare booking, ed il proprietario, che fino ad ora aveva finto gentilezza, mi caccia a male parole buttando la mia roba (caschi ed il resto) fuori dalla sua proprietà. Mi minaccia pure di non contattare booking usando il suo wi-fi! Invito perciò tutti a boicottare l’hotel Lula Ksamil, dove sono dei truffatori. Gli operatori di booking mi rispondono dalla Spagna e, preso nota dell’accaduto, riescono anche a trovarci un’altra soluzione a breve distanza nonostante sia Ferragosto. Anche il tipo che prima ci voleva cacciare cambia idea e ora vuole aiutarci! Boh…. gli albanesi non li capisco. Prima ti sfidano e poi diventano i tuoi migliori amici. Mha! Arrampicandoci lungo uno sterrato sabbioso (carichi come muli tanto che Sergio è bravissimo a bon cadere), pensando “mo’ ndo… andiamo?”. Ci sistemiamo a Villa Illiria in un mini appartamento arredato come la casa di mia nonna (il muretto della cucina ha un capitello in ceramica a forma di cane con scritto “Rintintin”… e ho detto tutto). Se non altro è pulito e tranquillo, gestito da una famiglia piuttosto gentile. Ma il disagio non è finito!

Dalle foto della località ci aspettavano una spiaggia tranquilla, affacciata su un mare cristallino nel quale nuotare fino a ragionare gli isolotti poco distanti dalla costa. Illusi! Avete presente i fumetti di Paperino che a Ferragosto andava al mare e cercava 50 cm quadrati per stendere l’asciugamano? Ecco. Uguale. Io una folla così delirante non l’ho mai vista. Gente ammassata, lettini uno sull’altro, ombrelloni talmente vicini da non esserci il sole. La spiaggia pare bianchissima, ma non si vede dalla gente che c’è! Nell’acqua c’è il mondo, gli ambulanti scavalcano le persone vendendo la qualunque. Un incubo! Il posto potrebbe anche essere naturalmente bello, forse a maggio. La città invece fa schifo a prescindere: case diroccate, sviluppo insensato, marciapiedi con tombini aperti in cui uccidersi alla prima distrazione, bivacchi, scheletri di fabbricati mai finiti, crollati, scrostati vicino ad hotel di lusso ma sommersi dai rifiuti. Tra i cassonetti si aggirano topi e… maiali! Non dico altro! Camminiamo fino alla fine del paese e raggiungiamo per caso Sunset Beach vicino ad un campeggio per camper. Qui, il litorale non è protetto e il mare più mosso e c’è un po’ di vento, ma si trovano lettini ed ombrelloni liberi. Al tramonto facciamo una corsetta sul promontorio che si affaccia su Corfù: neanche 1 chilometro e si passa dal delirio di Ksamil al regno delle capre. Una sola strada sterrate, ruolotte e capanni di pastori, greggi su greggi. Un passo nel passato rurale del Paese. Doccia veloce e decidiamo di cenare in un locale (La Playa) poco distante dall’hotel con bella terrazza sul mare. Aspettiamo 2 ore e più per 2 piatti di pasta allo scoglio. Chiediamo spiegazioni e la cameriera ci dice che il cuoco ha sclerato perché c’è troppa gente! (Io conto si e no 20 persone). Resto basita. Mangiano quasi a mezzanotte senza nemmeno più appetito. Questa giornata surreale non finisce più. Che ci facciamo qui? Un posto davvero orrendo. Io e Sergio incominciamo a valutare di cambiare decisamente itinerario, traghettare in Grecia e rientrare in nave su Ancona. Bisogna sempre avere un piano B!

 

MERCOLEDÌ 16 AGOSTO 2017

Dopo una bella dormita, smaltito un po’ di malumore le cose iniziano a migliorare. Poiché nella prenotazione iniziale avevamo anche la colazione i proprietari di Villa Illiria ce la devono fornire, ma sono un po’ in sbattimento perché non hanno idea di cosa sia il caffelatte. In qualche modo riescono a trovare pane, latte e marmellata, ma alla richiesta del caffè si guardano perplessi … Ad un certo punto vediamo arrivare un ragazzino con un vassoio che porta due caffè espresso (!!) presi per noi all’hotel all’inizio della strada. Non ci credo! Che carini! Optiamo per la visita del sito archeologico di Butrinto. Anche se dista solo 4 km ci andiamo in moto, camminare senza un filo d’ombra con 40° non è il massimo. Per non avere sbatti facciamo come tutti qui: No documenti, no casco. Ecco, 5 minuti e ci ferma la polizia: Sbam! Il poliziotto pare inflessibile: il casco, per i turisti (!?!) è obbligatorio (per i residenti, no?). Così incomincia a scrivere sul taccuino la nostra multa di 5000 lek a testa, fa il giro della moto per prendere la targa e la fissa perplesso. Non osiamo fiatare, e questo pensa, pensa, pensa. Ad un certo punto ci dice: “Motor? Italia?”. Noi diciamo che sì, siamo italiani e la moto anche. Non so come e perché l’essere del Bel Paese fa accadere che la multa viene stracciata ed il poliziotto, improvvisamente protettivo, ci congeda con: “Vai, vai Italia! Va prende kaska, documenta e no rompe, capito!?”. Capito. Grazie! A suo modo carinissimo. Tornati in hotel, presa “KasKa” ripassiamo dal poliziotto che saluta felice con la manina e parcheggiamo dove NON è Butrinto! Il parcheggio corretto è dopo, cioè quello attaccato al traghetto a corda (vorrei far presente che 2000 anni fa, in epoca romana, c’era un fantastico ponte in pietra, mai ricostruito!). Il parcheggio “butrinto” è troppo lontano ed è solo un brutto vite point. 😉 Parcheggiamo SOTTO al cartello, con dicitura “free parking for small vehicles”, ma come se niente fosse una delle guardie all’ingresso si presenta a chiedere un euro per il parcheggio. Con educazione mostro il cartello al gentile signore che mi risponde: “per macchina sì, ma tu vuol bene a moto? Io guarda!”. Giusto, non fa una grinza. Io vuole bene moto e lui guardare. Perché leggere i cartelli inutilmente? Considerando come sta andando la mattinata offro sorridente il soldino al guardiano e cerco rifugio all’ombra degli alberi del sito archeologico. Il sito si visita in un paio d’ore, peccato i mosaici siano stati coperti e non siano visibili (ma pubblicizzati sui cataloghi e nessun cartello che avvisi della loro impossibile fruizione). Chicca dei soliti italiani in vacanza che incontriamo: “Eh sì! I mosaici bizantini… Lo sapete che ci sono da prima di Cristo?” Ecco, per fortuna non lo so. Mi giro e mi fingo finlandese! Posso anche fingere, ma poiché l’Albania è la nuova Rimini e mio marito porta la maglietta con scritto “Maratonina di Cernusco S.N Milano”, non posso evitare di sentirmi apostrofare con “OOOh Fra! Bella! Spacca” dal ragazzo che lavora nel ristorante di fronte a casa nostra a Brugherio 😉 In spiaggia ritorniamo alla Sunset Beach, dove il bagnino fa casino e ci affitta un ombrellone e lettino già affittato da un’altra famiglia di italo-albanesi momentaneamente a pranzo. Quando questi arrivano e ci vedono comodamente sdraiati ai loro posti vorrebbero prima ucciderci, poi, come abbiamo ormai imparato, si rabbiniscono di colpo e finisce che dividiamo lo spazio e che ci offrono della frutta, dolcini…. Va be. Cena in locale anonimo e al rientro al chiar di luna … incontri ravvicinati del terzo tipo con enorme scrofa che rovista tra i rifiuti! Usignur!

GIOVEDì 17 AGOSTO 2017: KSAMIL – ARGIROCASTRO – BERAT

Partenza presto per evitare la Caldazza. La strada per Argirocastro si inerpica ripida sulla montagna tipo Stelvio per poi precipitare in una mia pianura fino alla città patrimonio Unesco. Sono solo le 8 ed i bus turistici non sono ancora arrivati, così siamo gli unici clienti di una trattoria greca il cui proprietario sembra il papà di Tula de “Il Mio grosso grasso matrimonio greco”. Ci prepara una super colazione che facciamo fatica a finire: pane, latte, yogurt, il miele delle sue api, omelette. Diamine, ma neanche a Natale mangio così tanto! Facciamo due passi per digerire nella bella Argirocastro (che avrebbe meritato più tempo) e poi ci dirigiamo a Berat: il Calvario! Sbagliamo strada perché non pensiamo di dover girare verso l’interno, poi non ci arrischiamo a fare deviazioni suggerite dal navigatore su strade che potrebbero essere mulattiere… Morale: ci infiliamo in una strada che ci riporta praticamente a Valona, 2 miliardi di macchine, un caldo disumano. Arrivariano a Berat con 46 gradi, verso mezzogiorno. Per fortuna in hotel ci accolgono a braccia aperte, senza storie, in un 4 stelle modernissimo che le merita tutte. Solo per l’aria condizionata e la doccia stupenda io avrei dato 18 stelle. Doccia, frutta fresca, aria condizionata, moto guardata a vista. Ora si ragiona. Impossibile uscire prima delle 17.00 per tentare la salita alla cittadella. Quando il sole inizia a calare ci godiamo la bella passeggiata fino alla cima, le case ottomane dalle bianche facciate, i gatti, le mercedes scassate, il quartiere di Gorica, la gente genuina, la pace (finalmente!). Berat è davvero pittoresca, e dà una delle tante terrazze del quartiere di Gorica potete ammirare il panorama alla suggestiva luce del tramonto: oh là! Finalmente vacanza! Anche la cena (sempre in terrazza da Ajka) è top.

VENERDÌ 18 AGOSTO 2017: BERAT – ORHID (MACEDONIA)

Tragitto fino alla frontiera macedone: solito delirio di traffico, camion, caldo. Arrivati in frontiera fila infinita. Invitati da automobilisti e camionisti ci infiliamo tra le file di veicoli in attesa. Anche la stessa polizia ci fa arrivare subito al controllo passaporti ma poi… trattiene i passaporti! Un bel controllino non lo volete fare? Ci fanno entrare in un magazzino, chiudono la porta alle nostre spalle, apriva pure il cane. Noi cerchiamo di mantenere la calma (in realtà sudo freddo).

Mi fanno aprire tutti i bauletti, dettagliare il contenuto. Eseguo piano piano, con calma, sorrido nonostante tutto (mo che vogliono questi?). Poi arriva la richiesta assurda: “open moto!”. Sempre con una calma infinita (inusuale per me) spalanco gli occhioni e sollevo un sopracciglio con fare interrogativo. Subito la risposta del poliziotto: “If no, little gift!” (se non vuoi smontare tutto fammi un regalo) e si è già impossessato dei guanti da moto. Ah! Ok, capito, vuole qualcosa per il disturbo, ma non i guanti no, mi servono dico con falsa gentilezza! Alla fine Sergio gli dà qualcosa che avevamo tra le cose di scorta e finisce a tarallucci e vino. Poteva andare peggio. Al di là del confine la folla sparisce ed arriviamo nella tranquilla Orhid. Arriviamo al B&B dove Sergio si intende a gesti con la madre della proprietario. Sembra che ci trattino bene, in realtà ci fregano perchè mi chiedono il pagamento cash di una camera già pagata con carta di credito, per poi dare la colpa a booking. Sono stata stupida io a non controllare meglio. Tornati in Italia mi accorgo dell’errore, ma ogni tentativo di recupero è vano. Vabbè, ho perso 45 Euro, ma sopravvivo.

La cittadina di Orhid con il suo enorme lago è davvero piacevole, un po’ di Turchia che si mischia all’Europa. Pranziamo con pochi euro in uno dei moderni locali sul lungolago. Dopo una nuotata nelle acque calme e trasparenti (domani qui si svolgerà la maratona di nuoto di 30 km) ci concediamo anche un giro in barca privata rilassandoci piacevolmente al sole del tardo pomeriggio ed osservando dall’acqua il panorama sul palazzo del’Ex Maresciallo Tito e sulla meravigliosa chiesa di San Giovanni. Anche qui siamo ad ammirare un Patrimonio Unesco. La città con il bazar turco, le case ottomane, la cittadella lastricata affacciata sul lago e la moderna via commerciale è una chicca che deve essere necessariamente visitata a piedi. La sera a cena a pelo d’acqua, fa quasi freddo.

SABATO 19 AGOSTO 2017: ORHID (Macedonia) – ZABLJAK TARA BRIDGE (Montenegro)

La proprietaria del B&B, carinamente, si alza alle 6.00 per farci la colazione. Partiamo presto, facciamo frontiera di nuovo con l’Albania (dove i poliziotti di ieri ci fanno passare avanti e ci salutano come vecchi amici) e attraversiamo tutto il Paese diretti in Montenegro: il viaggio della speranza! Ci hanno detto che da Elbasan a Tirana avremmo avuto vita facile perché ora c’è l’autostrada. Peccato sia completata per soli 20 km circa, il resto è in costruzione! E Tirana va attraversata! Di viaggi ne ho fatti tanti, ma un incubo sì non l’ho MAI vissuto. Code di 50, 60 km, prima a Tirana, poi a Scutari, temperature da altoforno che neanche la Salerno-Reggio Calabria! Fa talmente caldo che anche il navigatore satellitare si spegne e va in autoprotezione! In frontiera il delirio, che sorpassiamo arrogantemente dominati dall’istinto di sopravvivenza! Ad un certo punto scendo dalla moto e mi metto a dirigere il traffico, supplicando tutta una colonna di bus e tir di spostarsi, per favore, ed aprirci un varco. Arriviamo in Montenegro e, come in Macedonia, puff! Traffico scomparso. Troviamo anche un simpatico ristoranti stile country appena oltre il confine nel quale ci concediamo un’oretta di ristoro e relax…. Ristorante “Troia” (e chiaramente noi si ride). Attraversiamo velocemente la brutta ed anonima Podgorica e dopo 70 km su strade deserte prendiamo la deviazione per le montagne del Durmitor: praticamente siamo sulle Alpi! Strada meravigliosa da fare in moto, nel primo tratto sale veloce, poi incominciano i rapidi tornanti e le serpentine. Il paesaggio è tutto bosco, prati, pochissime casette dai tetti appuntiti. Qui è talmente piacevole viaggiare (occhio solo alla benzina perché non ci son distributori) che in un batter d’occhio raggiungiamo Zabljak ed il Tara Bridge dove si trova il nostro B&B. Il panorama sulla gola è mozzafiato. Ancora di più lo è l’esperienza della zipline, davvero adrenalica! Sembra di volare, per quasi un km, sulle rocce, il bosco e sul fiume che scorre qualche centinaia di metri più sotto!! Wow, merita il bis! Birretta a bordo del canyon e a nanna presto perché la giornata è stata davvero dura.

DOMENICA 20 AGOSTO: ZABLJAK TARA BRIDGE – KOTOR

A parte l’odore nauseabondo che saliva dal ristorante sottostante, dormire in montagna, al fresco, ci ha rigenerati. Nello stesso ristorante puzzolente dobbiamo lasciare tutta la nostra roba (ci fidiamo bene!), che puzzerà allo stesso modo, perché la camera va liberata per le ore 10.00 ma noi abbiamo l’escursione di rafting. Giubbotto salvagente, casco, macchina fotografica subacquea, gommone e Via! Verso 10 km di rapide che… non ci sono! Più che rafting (credo che in estate ci sia troppa poca acqua) facciamo una gita in gommone lungo il fiume con un paio di soste cascata e tuffi. Piacevole e rigenerante, ma il rafting è un’altra cosa. Vabbè dai, un po’ di alternativa alla moto… e poi i panini che ci hanno dato erano spaziali! Nel pomeriggio raggiungiamo Kotor schivando, per fortuna, il temporale, ma saltando la tappa al monastero di Ostrog. La strada attraversa le montagne ed arriva in cima al fiordo: spettacolare! Viene da chiedersi: “ma perché andare sino in Norvegia!”. La strada serpeggia verso il livello del mare e ad ogni curva lo spettacolo si ripete. Tutto attorno all’immenso fiordo un susseguirsi di paesini in stile veneziano, sembra di essere sul lago di Como! Passiamo Perasto e raggiungiamo la nostra meta, Dobrota, a circa 4 km da Kotor (ideale soluzione lontano dal caos della città vecchia). L’hotel affaccia direttamente sul fiordo ed un tuffo è d’obbligo anche se l’acqua non è il massimo qui. Il proprietario dell’hotel, un simpatico ottantenne che parla bene italiano ed ogni incontro ci fa qualche battuta sagace, è gentile e ci ha tenuto il posto per la moto con i birilli! Ci fermiamo tre notti così almeno posso fare un po’ di bucato che stendo in terrazza (i bauletti iniziavano ad avere un odore strano 😉

Per cena raggiungiamo Kotor centro che è tutto un susseguirsi di chiese e palazzi in pietra chiara, molti ristrutturati, altri ancora completamente abbandonati. Tanto lavoro di recupero è stato fatto e tanto ancora da fare. A parte il fasto dell’epoca “veneziana” sarei curiosa di sapere di più su queste zone in epoca jugoslava. Ad un passo da Noi negli anni ’80, ’90, ’00 non ho mai sentito parlare. Il Montenegro era solo il nome di un noto amaro. In ogni caso Kotor e dintorni sono splendidi! Illuminata la vecchia città, coronata dalle mura che si arrampicano sulla ripida montagna circostante, sembra un presepio napoletano. All’interno delle mura ogni scorcio merita uno scatto. Arrampicarsi per qualche ripida scalinata secondaria porta a terrazze nascoste che dominano la città ed il mare. E poi gatti, gatti ovunque e ancora gatti dappertutto. Io resto qui a fare la gattara!

Lasciamo la moto alla porta del mare all’ingresso delle mura, sul marciapiede. Non è un parcheggio, ma tutte le moto d’Europa sono parcheggiate lì, metà concessionario e metà motoraduno. La polizia non dice nulla, anzi cammina serena e ci butta pure un occhio.

Quando la fame si fa sentire una tizia in abito tradizionale ci propone, stampato a mo’ di giornale, il menù dello Skorpio bar and restaurant. I prezzi non sono alti, la piazzetta con chiesa, pozzo ed orchestrina è carina, c’è un leggero venticello che fa scomparire la calura del giorno. Ci piace e ci fermiamo. L’attesa è lunga e la birra scorre, ma la zuppa di pesce e calamari servita nel pane è topperia pura! E poi niente …. torno in albergo con la febbre: giornata lunga ed impegnativa, due aspirine e a letto che domani devo essere nuova.

LUNEDì 21 AGOSTO: KOTOR E DINTORNI

Colazione da film in terrazza vista fiordo e andirivieni di navi da crociera. Anche qui come in Albania c’è l’invasione delle Vespe (che abbiamo imparato a neutralizzare bruciando in un tovagliolo di carta i fondi del caffè: efficace e puzzolente). Prendiamo la moto e puntiamo la vetta del monte Lovcen lungo la strada dei 50 tornanti (o erano 40?) affrontando chilometri di curve a serpentina. Partire come noi in maglietta, dati i 40 gradi di Kotor, è un attimino una vaccata: la salita e paggio la discesa sono piuttosto freddine. Ecco, una felpa e un foulard sarebbero stati utili.

Per contro lo spettacolo sul fiordo e, oltre, il mare aperto è da non perdere. Ci si trova improvvisamente in alta montagna, ed anche i ristoranti/baracchini nei pressi della vetta abbandonano il pesce di qualche km più giù per offrire formaggi sostanziosi, salsicce varie, piatti robusti di carne. Manca la polenta, dai le spalle al fiordo e pensi di essere a Livigno! Scendiamo per la stessa strada diretti al mare di Budva. C’è un tunnel che collega Kotor al mare aperto della costa di Budva. Appena dopo il tunnel mi scongelo. Due parole su Budva: anch’essa sembra Lloret de Mar! Condomini, cemento, casinò, discoteche. Saltiamo a piè pari e puntiamo la famosa Sveti Stefan. La spiaggia, molto fotogenica (miglior spot per la foto, però, dalla strada principale e non dalla spiaggia) è di sassolini rosa. L’affaccio, lato sx, sull’isolotto-resort di tutte le cartoline è gratis, con docce e bagni liberi e gratuiti. 10 euro l’eventuale noleggio di sdraio e ombrelloni. Lato dx, invece, è inspiegabilmente considerato il top del top: accesso riservatissimo ed esclusivo a 100 euro la coppia (?). Chiaramente votiamo per il lato povertà che, in ogni caso, è bello a prescindere.

Stante i prezzi contenuti del Montenegro possiamo pranzare nell’esclusivo e costoso Bistrot della spiaggia dove un insalata ci costa come ad Amsterdam, ma si può fare.

Nel pomeriggio torniamo alla nostra spiaggetta sul Fiordo fronte hotel, un po’ di relax, e con il clima un po’ più umano dell’ora del tramonto ci dedichiamo (di nuovo) all’esplorarazione di Kotor e dei suoi angolucci suggestivi dove i gatti si mettono in posa per farsi fotografare con la città sullo sfondo.

Esiste anche un simpatico museo dedicato al gatto dove il prezzo di 1 euro pagato per il biglietto di ingresso è utilizzato per finanziare le cure ed il sostentamento dei gatti di Kotor. Ne vale la pena, se non altro per la destinazione dei fondi. Il museo consta in due stanze ricavate in un vecchio refettorio dove sono esposte numerose e curiose stampe datate ‘800, ‘900 a tema felino. Ci fermiamo per cena in un’altra invitante piazzetta, ma il clima cambia in un nano secondo: si alza un vento gelido che fa arrivare improvvisamente l’autunno. Finiamo veloci la nostra cena e torniamo in hotel congelati (a 40 anni non ho ancora imparato ad essere una chioccia previdente e portare la felpina. Ah ah ah. Incoscienza da adolescenti per tutta la vita!)

MARTEDì 22 AGOSTO: KOTOR E DINTORNI – PENISOLA DI LUSTICA

Nonostante il vento di ieri notte stia ancora soffiando tesissimo, non rinunciamo ad una corsetta piacevolissima ed esplorativa lungofiordo. Mi mancava l’allenamento! Dopo tanta inattività ho l’agilità di un cancello di ghisa. Da Dobrota arriviamo fino al porto turistico e ripieghiamo appena prima di rimanere sommersi dallo sbarco dell’orda di crocieristi. Segue nuotata ristoratrice che, prima di colazione, ci mette una fame da lupi. Al già robusto menù della colazione in terrazza aggiungiamo anche le uova! Dedichiamo la giornata all’esplorazione della poco abitata e ancor poco sviluppata penisola di Lustica. Ci si perde facilmente per stradine che si addentrano nella macchia mediterranea, in un saliscendi deserto interrotto solo dalla presenza (improvvisa) di cavalli e mucche.

1° tappa: spiaggia di Plavi Horizonti. Anche se piuttosto affollata, si tratta di una mezzaluna di sabbia finissima, acqua cristallina e bassa, circondata da fitta e verdeggiante boscalglia: merita assolutamente una sosta ed un tuffo.

2° tappa: Mirista. Pranzo nell’unico ristorante che troviamo, costoso, ma vuoi mettere il piacevole lusso di pranzare a pelo d’acqua? Inoltre il personale è molto disponibile nel darci preziosi consigli per organizzare, privatamente, la visita alla Grotta Azzurra (l’alternativa sarebbe un trasporto intruppati su barconi con 100 persone e megafono). Ci godiamo in tranquillità il pranzo in penombra e poi aspettiamo il nostro personale caronte che, per 30 euro, ci porterà da soli alla grotta azzurra.

3° tappa: Grotta azzurra. Caronte si butta con il suo barchino nelle tranquille acque della piccola baia di Misista. Su ogni piccolo isolotto ci sono alcune graziose chiesette. Man mano che ci avviciniamo al mare aperto la costa diventa sempre pi rocciosa e aspra. Usciti dalla baia il barchino da 30 euro affronta una bella sfida con il mare! Per fortuna abbiamo dei sacchetti impermeabili per la borsa perché nel giro di un minuto siamo fradici, bagnati da gavettoni di acqua gelata, alte onde e spruzzi.

Ci mettiamo in costume… tanto, bagnati per bagnati, ed affrontiamo mezz’ora di mare (strano che non sto male) fino ad arrivare alla Grotta che si apre maestosa dopo una bassa galleria nella roccia.

L’acqua è onestamente di un colore spettacolare, di un azzurro fluorescente, quasi chimico. Impossibile non provare l’impulso di tuffarsi dove tutto, anche le persone in acqua, sembrano blu.

Appagati ci prendiamo un’altra mezz’ora di schiaffi di onde (più fredde perché il solo incomincia a tramontare), ci asciughiamo un po’ sul molo ed in moto puntiamo Rose.

4° tappa: Rose. Paesuccio carino ci ha incuriositi perché, come a Porto Palermo in Albania, esiste uno dei tanti tunnel destinati, durante la guerra, al rimessaggio dei sottomarini. Ci si può arrivare prendendo una strada sterrata sulla sinistra dell’ultimo tornante prima di arrivare in paese.

Speravamo di poterci fare una nuotata esplorativa ma direi di no. Fattibile dal lato logistico, ma non abbiamo fatto i conti con la maleducazione delle persone che hanno trasformato il bacino d’acqua del tunnel in una pattumiera. Peccato, si potrebbe valorizzare di più l’area che ha un certo fascino “bellico”, ma sta crollando a pezzi. Rientriamo in hotel, consueta nuotata nel fiordo, doccia ed ultima cena Montenegrina a Kotor con tanto di coccole ai gatti. L’ottuagenario ci consiglia il ristorante Bastion (l’originale vicino alle mura) considerato il migliore per molluschi e calamari. In effetti siamo molto soddisfatti. Durante la cena mi diverto a smentire un saputello francese che ordina per tutti i commensali, per fare colpo, la specialità del luogo: Il Montenegro! “Eh no, amico! Ti stai sbagliando” intervengo tutta tronfia. Anche il cameriere è tutto gongolante quando gli chiedo: “Vero che è il Raki la specialità locale? E che il Montenegro è un amaro Italianissimo?”.

Oltretutto racconto in un buon francese la storiella del Montenegro (del tizio italianissimo che lo ha creato perché in Montenegro aveva bevuto un buon liquore) e il cameriere, cui i francesi stavano palesemente sulle balle, mi offre pure il Raki. Italia 2, Francia 0. Il saputello francese annientato. (ridateci la Gioconda! E pure la Corsica. Non ve le meritate!). Olè.

MERCOLEDì 23 AGOSTO: KOTOR (Montenegro) – DUBROVNIK (Croazia)

Grazie ai consigli di altri viaggiatori facciamo frontiera nella più defilata dogana di Nivijca sulla SS516 anziché sulla SS8 (avevo letto di code chilometriche) scelta che ci dà anche modo di percorrere tutto il periplo del fiordo. A Nivijca non c’è un’anima e in circa 2 ore raggiungiamo la splendida Dubrovnik. Mare cristallino a pochi passi dalle mura cittadine, appartamento fantastico in centro storico, terrazzo con vista, parcheggio moto panoramico, proprietario dell’appartamento che sembra appartenere ad un “non tempo” ed essere uscito da un film di Emir Kusturica.

Un giorno felice. Mattinata al mare (spiaggia strepitosa a 273 scalini sotto la stanza), poi facciamo provviste di soldi e viveri al comodo market perché sfrutteremo l’appartamento e a terrazza per pranzo, cena e colazione. I ristoranti di Dubrovnik sono piuttosto costosi, meglio usare la cucina, dato che c’è e l’abbiamo pagata.

Nel pomeriggio percorriamo chilometri e chilometri sulle mura, fuori le mura, dentro le mura, sul castello, sulla scogliera, tra i vicoli, le chiese, le piazze i palazzi. La folla di gente in alcuni punti è davvero esagerata, soprattutto le centinaia di persone che vagano sfogliando cataloghi e cercando di matchare le immagini stampate con la realtà. Scopro che sono fanatici di una serie tv chiamata “Il trono di Spade”… Pazzi. (PS: tornata in Italia, un po’ incuriosita dai pazzi che vagavano per Dubrovnik, in un giorno di pioggia e di influenza, ho guardato per sbaglio un episodio. La Droga!! 7 Serie intere in poche settimane per poi scoprire che l’ottava e conclusiva serie sarà trasmessa solo nel 2019! Ma siamo matti? Subito, adesso devo sapere come andrà a finire! Non posso aspettare due anni! Necessito di spoiler subito!).

Dalla nostra terrazza godiamo di una vista sul mare e sui tetti. Osservando bene le tegole (alcune vecchie e tantissime nuove nuove) è facile capire come la città sia stata praticamente rasa al suolo e poi ricostruita dopo il recente conflitto per l’indipendenza della Croazia. Ci incontriamo con Sergio, un amico di mio marito, per un aperitivo, due chiacchiere sul viaggio che, con itinerario diverso, ci vede contemporaneamente e casualmente a Dubrovnik. Ceniamo con una bella spaghettata, ci godiamo l’estate all’aperto e studiamo un po’ i conflitti balcanici. Domani ci aspetta la Bosnia.

GIOVEDÌ 24: DUBROVNIK (CROAZIA) – MOSTAR (BOSNIA)

Colazione domestica nella fantastica luce del mattino di Dubrovnik e poi si va! Seguiamo una via più interna rispetto alla costa e la frontiera è subito lì: nessuno. Controllo veloce, un paio di timbri sul passaporto ed eccoci nel Paese che per noi adolescenti degli anni ’90 è stato “La Guerra In Bosnia”. Traffico pochissimo, vigneti ovunque, là dove possono radicare tra coste di colline brullissime, caldo afoso. Il navigatore ci fa perdere un paio di volte tra viti ed antichi monasteri.

Lungo la strada ci sono banchetti che vendono delle robe colorate dentro bottiglie e vasetti. Dovrebbero essere miele e succhi vari. C’è scritto “nettari”, il che vuol dire tutti e due.

Non ci sono città, ma solo microcentri. In due ore siamo a Medjugorje, la Lourdes locale.

C’è una grande chiesa bianca, un’arena esterna affollata da migliaia di fedeli che cantano e pregano imperterriti nonostante i 40 gradi all’ombra e una via crucis più o meno all’ombra.

Noi eravamo di strada, ed una preghiera non guasta mai, ma credo che per fare un pellegrinaggio, qui, apposta, occorra tanta, ma tanta motivazione data dalla Fede. Per come sono fatta io: o il miracolo è certo oppure mi devono rimborsare il viaggio. La collina dell’apparizione della Madonna è lontana dalla chiesa, ci vuole circa 1 oretta di cammino, forse di più. Con stivali da motociclista, pantaloni e tutto il resto credo che con Maria ci si possa incontrare magari un’altra volta.

Arriviamo a Mostar, cuore dei Balcani all’ora di pranzo. Il nostro B&B è ad un passo dallo Stari Most, ma il navigatore ci porta all’ingresso sbagliato, quello sul retro. Abbiamo perciò accesso da una sorta di garage all’aperto tra secchi di vernice, viti, rottami, detersivi e pezzi di ricambio vari dove lasciamo la moto. Emergiamo dal seminterrato, usciamo nel giardino e siamo lì dove oriente ed occidente si incontrano. Il ponte, restaurato dopo essere stato abbattuto durante il conflitto, è carico di fascino. Tutto attorno minareti, caravanserragli, case dallo stile ottomano. In fondo scorre il fiume color smeraldo, più in là le colline. Alle spalle la Mostar moderna ed occidentaleggiante in parte ricostruita, in parte ancora visibilmente crivellata dai colpi di mitragliatrici, mortai e granate là dove correva l’ex linea del fronte. Ci sono ancora in piedi diversi scheletri di edifici lasciati come monito. In alcuni fori sono ancora visibili i proiettili incastrati.

Affamati pranziamo in uno dei tanti ristoranti affacciati sul fiume. Con pochi euro si va di cevapcici (salsiccette) e birra. Intano sul ponte i “celebri” tuffatori stanno organizzando la colletta per esibirsi nel salto di ben 25 metri! Anche i visitatori possono tentare l’impresa, oppure familiarizzare con il fiume da altezze meno importanti. Presso la spiaggetta sotto lo Stari Most ci sono diverse piattaforme dalle quali fare prove da altezze via via crescenti. Noi chiaramente ci andiamo “a giocare” anche perché lo spot permette di realizzare foto bellissime.

Siamo gli unici “non del posto” e ci divertiamo un sacco, anche se i tuffi post cevapcipi non sono proprio consigliati 😉

Nel tardo pomeriggio facciamo una passeggiata nella zona ovest e poi nel centro pedonale a est. Ci imbattiamo in un cimitero islamico dove restiamo scioccati dal numero di lapidi con data del decesso 1993. Tantissimi uomini e donne morti poco più che adolescenti. Trovare 1977-1993 fa pensare: son nati come noi ma non hanno vissuto oltre…

Per fortuna la guerra è finita e nelle strade che hanno visto la fame e la sofferenza oggi ci sono negoziati in stile turco che vendono gingilli molto graziosi.

In una delle due torri dello Stari Most si può salire e vedere (oltre ai tuffatori da una posizione preferenziale) un’interessante mostra fotografica dei giorni del conflitto. Salendo le scale della torre, al mezzanino c’è una piccola caffetteria tradizionale (si serve caffè turco e spremuta di limoni e basta. No wi-fi solo parole vere!) che merita una sosta. Vuoi perché il gotha delle persone che visitano Mostar passa da qui, vuoi perché è davvero piacevole chiacchierare con il gestore, un uomo dagli occhi di ghiaccio che sarebbe stato interprete d’eccellenza per un film di spionaggio ambientato durante la guerra fredda. Da come si comporta secondo me può essere stato benissimo un ex militare, un’ex combattente, un’ex spia. Scappato dalla Bosnia ha vissuto per 20 anni in Italia, ecco perché riesce a chiacchierare con noi con ampiezza di vocabolario ed un forte accento slavo.

La conversazione è interessante. Scopriamo che, come tanti altri che abbiamo incontrato in questo viaggio, dalla Macedonia alla Croazia, dal Montenegro alla Bosnia, è un nostalgico del vecchio Generale. Inoltre, è intollerante al turismo di massa che porta a Mostar persone che sono convinte di fare una gita shopping da Dubrovnik (in effetti è vero, è pieno di persone ignoranti)!

Facciamo tardi e per cena, uniformandoci ai giovani del posto (siamo 4G, del resto, 4 volte giovani), facciamo un picnic ai piedi del ponte. Poi un caffè, un paio o forse piu’ di giri di raki in locali in cui suonano “musiche balcaniche”, poi, non so come, ci troviamo amici di tutti e siamo alla discoteca “the cave” a ballare in ciabatte e canotta (Inguardabili!). Sergio Sostiene che io abbia ballato anche il sirtaki (?). Io non mi ricordo 😉

Comunque serata bellissima, vivace. La sofferenza si è trasformata in movimento.

VENERDÌ 25 AGOSTO: MOSTAR – SARAJEVO

La proprietaria del B&B si è superata e ci regala la miglior colazione del viaggio, 10+.

Inoltre, non ci par vero, l’aria del mattino è bella fresca ed il viaggio di circa due ore e mezza fino a Sarajevo, vola. Per quasi tutto il tragitto costeggiamo il fiume con poco traffico.

Descrivere Sarajevo non è affatto semplice anche perché nella memoria collettiva è ricordata per due guerre e per un’olimpiade invernale datata 1984: il successo e poi la disfatta (1992-1996). La città è’ tante cose, persone, odori, forme. Io ne ho un ricordo di ragazzina (Vasco che cantava “Generale” nel 1995 a S. Siro durante il tour “Rock sotto l’assedio” dedicato alla resistenza di Sarajevo) di posto lontano anni luce dalla mia adolescenza serena. Io suggerisco di andarci perché è una città che va vista, scoperta, esplorata, vissuta. Ha tante facce e tante anime. La notte è fredda, di giorno caldissima; sulle colline sembra di stare in Baviera, il centro è una copia di Istanbul o Ankara, lungo il viale è Vienna, poi ad un certo punto finisci tra lapidi di un cimitero ebraico, poi sembra la periferia di Mosca.

Lungo il fiume si sviluppano tre architetture: ottomana, asburgica, comunista. La popolazione è in prevalenza musulmana, ma deve essere non proprio praticante perché le birrerie sono decisamente più affollate e numerose delle moschee (che sono 200!).

In ogni caso, a 22 anni dal conflitto, qui la situazione ancora tanto chiara non è: caso Kosovo su tutti. Frase captata, dove non so, ma molto significativa: “A Sarajevo ci si chiede ancora il perché di tutto”. Sì, perché la maggioranza è nostalgia dei tempi di Tito (suggerisco una visita al locale Tito’s per farsi un’idea); perché serbi e musulmani trovano facilmente la pace condividendo la baklava con il miele che fa da collante. Il nostro hotel (Michele) è una perla d’altri tempi: patrimonio immobiliare 1/3 di Sissi, 1/3 Sultano, 1/3 Zar. Il trattamento principesco, il garage (cui si accede da una porticina dopo una salita con pendenza 15%) è tutto per noi. Come a Mostar le cantine/garage sono un cumulo di roba ed una sorpresa continua. Qui troviamo una 500 anni ’60 ed un velocifero 50cc da far impazzire i collezionisti e gli appassionati di moto vintage!

Visitiamo Sarajevo con due “Neno Free Tour”, il primo storico, il secondo legato al recente conflitto. E’ un modo per vedere e capire la città in modo completo, giovane, diretto, senza filtri. Consigliatissimo.

Si cammina tanto visitando chiese, moschee (le uniche mai viste con il muezzin che urla ancora a squarciagola senza megafono) sinagoghe, mercati, caravanserragli, birrerie, ex-fronte, palazzi crivellati, punto di unione west/est, collina dei cecchini, memoriale dei defunti, rose di Sarajevo, luoghi storici salienti (sparatoria di Francesco, ponte di Romeo e Giulietta, sedi del potere di ieri e oggi che sono stati snodi cruciali nei periodi dei conflitti), centro muslmano, nuova zona commerciale. La spiegazione è interessante e completa.

Soste pappa/idratazione a: Sarajevsko birreria (da visitare), Dvara restaurant (ottima cena tipica in ambiente tradizionale), Kolobara Han (verdure grigliate enormi, assaggi di Tufajie – dolce di mela con granella – ), caffè turco. Totale chilometri camminati oggi: 24, una mezza abbondante. Abbiamo saltato il museo del Tunnel e la visita delle colline, dovremmo tornare (magari in inverno per sciare a poco prezzo).

SABATO 26 AGOSTO: SARAJEVO – BELGRADO

Un bel paesaggio montano ci accompagna al fresco fino al confine (deserto) con la Serbia. Ovunque mucche, covoni, trattori, profumo d’erba tagliata e miele. Dopo il confine, segnato da un lago, eccoci nella regione chiamata, dal tempo dei romani “Pannonia”. Un’infinita pianura afosa e caldissima con campi di granoturco a perdita d’occhio. Oltre al granoturco, ad ogni incrocio, camion di meloni, angurie e peperoni giganteschi (in tutta onestà non ho idea di come funzionino le vendite. Se all’ingrosso, come credo, o al dettaglio – che però significherebbe il marcire della merce prima della fine della catasta -). Nei pressi di Belgrado, raggiunta (finalmente!) l’autostrada, la pianura agricola lascia spazio ad un’ampia zona di capannoni industriali. La Bosnia soffre di un isolamento economico che la Serbia, invece, non ha. Belgrado spinge, da un lato, verso l’Unione Europea (tantissimi gli investimenti italiani – Fiat, Ferrero, Intesa – e tedeschi) dall’altro è forte il fronte Russofilo. Il caso Balcani perciò è ancora aperto. Raggiungiamo Belgrado alle due del pomeriggio di sabato 26 agosto. Ci sono 45 gradi e la città è deserta. La moto bolle e raggiungere l’hotel Nevsky è come arrivare in un’oasi. Ci fermiamo un paio di notti e lasciamo l’Africona a riposarsi nel blindassimo garage interrato. Prima di uscire ci sdraiamo per un paio d’ore a “pelle d’orso” sotto al condizionatore. Per scollarmi i pantaloni da moto dalle cosce ci impiego un quarto d’ora!

Prima tappa: bancomat (anche qui onnipresente l’italianissima Banca Intesa). Non serve molto perché il costo della vita è davvero basso.

Seconda tappa: centro città. Recupero edilizio e ristrutturazioni in pieno svolgimento dopo i bombardamenti NATO, un cantiere in ogni dove. Un po’ come Praga dopo la caduta del Muro, Belgrado si sta rifacendo il look in chiave europea. Già molti i locali di tendenza ed i negozi delle grandi catene pronti per ospitare, a breve, i turisti dei weekend low cost e non solo.

Terza tappa: palazzi liberty del centro, pranzo con un gelato Top da Crna Ovca (che vende il cono a peso!), poi camminata sotto al cielo di ombrelli rossi di Manifactura.

Tappa quattro: la fortezza ed i suoi giardini, zoo e museo militare, vista sublime sul Danubio e sulla convergenza tra quest’ultimo e la Sava.

Cammina, cammina, rischiamo anche oggi di fare, involontariamente, un’altra mezza… Perciò… IDEA!! Perché non noleggiare una bici? Lungo il fiume ci sono vari centri di noleggio (noi scegliamo Markoni Sport nei pressi delle Piscine e della palestra fighissima Sky fitness con vista sul Danubio). Così le distanze, ed i tempi, si accorciano sideralmente. Percorriamo il lungo Danubio che offre un bel colpo d’occhio sulla città: le cupole in stile asburgico della cattedrale, i ponti, gli splavovi dove fare un aperitivo. Inoltre, pedalando si sente meno il caldo. Ceniamo benissimo ad un prezzo irrisorio in Ulica Skadarska in una kafana dal carattere autentico, non turistica (diffidate da quelle con l’orchestrina), in cui il proprietario parla solo serbo. Passeggiata per centro, schottini di raki a go go e poi il lusso del sonno con condizionatore!

DOMENICA 27 AGOSTO: BELGRADO

Oggi ci concediamo una giornata di sosta. Approfittando delle ore meno calde della mattina ci dedichiamo all’esplorazione della città in bicicletta con un po’ di saliscendi: i vialoni, i tram, i palazzi, San Sava (enorme), Trg Republique, il lungo Danubio e l’infinito ponte Branco che ci porta in direzione dell’isolotto di Malo Ratno Ostrovo e del pittoresco quartiere di Zemun. Si costeggiano i vecchi fasti di epoca e stile comunista: il Palazzo dello Stato e l’imponente hotel&casino Yugoslavia. Sotto al ponte Branco hanno allestito una specie di autodromo dove si sfidano agguerrire le vecchie Yugo. A mezzogiorno l’asfalfto è l’Inferno e noi (intelligentemente) siamo nel forno della comunistissima Novi Beograd dove ombra non ce n’è a pagarla. Attraversiamo il ponte Ada con la ciclabile che ci porta alla spiaggia cittadina di Ada Ciganlija, affollata più dell’Idroscalo durante una festa di peruviani. Qui gli amanti dello sport hanno tutto: nuoto, volley, bici, corsa, moto d’acqua ecc. Trovato un baretto con sdraio, ombrellone, bibite fresche e doccia, ci pialliamo su un dondolo ombreggiato per tutto il pomeriggio. Nonostante la folla c’è molto più senso civico che in Albania. Prima del tramonto ritroviamo la forza per riprendere la bici ed innestarci sulla ciclabile europea n. 6 del Danubio che, costeggiando il fiume e la rinnovata area degli ex magazzini e depositi, ora ristoranti, abitazioni o locali di tendenza, ci riporta in centro. Dopo l’aperitivo fa ancora caldo, perciò sfruttiamo la nostra Suite in hotel e ceniamo con pizza e birra e A/C approfittando dell’ottima pizzeria d’asporto Picerija Kli Kli poco distante.

LUNEDì 28 AGOSTO: BELGRADO – PLITVICE JAZERA

530 chilometri circa di autostrada, frontiere e soste varie (tra cui una in cui ancora al bagno ti fanno pagare la carta igienica (!). Considerando che “il ciclo lo sa – quand’è il momento meno opportuno” compro per un soldo tutto il rotolo ed accesso illimitato al wc). In Serbia un caldo che uccide, arrivati in Croazia un freddo. Il tourist center Marko è a 10 chilometri dai laghi di Plitvice: piscina, ristorante e bella stanza. Un’oeretta di sole tra un nubifragio e l’altro mi permette un po’ di relax in piscina (pianifico il giro di domani), seguito da una ricca cena a base di ciccia che mi rimette al mondo. Fuori diluvia.

 

MARTEDÌ 29 AGOSTO: PLITVICE, LAGHI

Una meraviglia. Oltretutto ci vuole la felpa! Dopo giorni di caldo disumano, non sembra vero. Il parco è molto grande, l’ideale è dedicarvi un’intera giornata per fare anche qualche trekking oltre alle “classiche” passerelle. Non vi è da nessuna parte un controllo accessi o biglietti, se non per utilizzare il traghettino. Chi ha poco tempo potrebbe anche fare “il portoghese” e buttare un’okkio a scenari pazzeschi sui laghi inferiori, gratis e dall’alto (per chi arriva da Zagabria lasciare la 1 per la 42 e proseguire per Plitvica Selo, vi troverete in alto rispetto alla waterfall e potrete percorrere a uffo una buona parte dei sentieri).

Ma questo lo abbiamo scoperto solo dopo. Noi abbiamo pagato il biglietto (costoso, circa 20 euro a testa) e ci siamo goduti la giornata.

Entrati dall’affollatissimo ingresso 2 prendiamo il Bus che ci porta alla stazione 3, così ci togliamo dalla ressa. Iniziamo a percorrere le passerelle, piene di gente. Da qui però solo pochissimi si inerpicano per la collina, nel bosco, dove siamo soli. Ogni tanto gli alberi si aprono lasciando intravedere lo spettacolo dei laghi. In ogni caso, anche dalle passerelle, si gode dello splendore di 50 sfumature di verdazzurro su laghi, cascatelle, pozze.

Il perimetro si può anche fare tutto a piedi, ma noi preferiamo fare la crociera sul Lago Jazero dal P2 fino al P3 (portate un k-way perché fa freddo, c’era gente in maglietta con le labbra blu e la pelle di cappone), ed è ora di pranzo.

Meglio portare il pranzo al sacco perché i self service sono affollati, costosi e di qualità infima. Noi non siamo stati così furbi e ci è toccato un hamburger da far schifo ai maiali.

Pomeriggio dedicato alla parte bassa dei laghi ed all’inflazionatissima Big Fall che si raggiunge facendo a botte con le persone per stare sulle passerelle e non cadere.

Comunemente insofferenti alla folla, certi di non aver ancora visto il panorama stampato sul biglietto di ingresso, decidiamo di andarlo a cercare. A sinistra della Big Fall c’è una scalinata di pietra. Percorretela tutta, passate in un tunnel di roccia e vi troverete su una strada asfaltata (il punto di arrivo dei “portoghesi” cui consigliamo il mordi e fuggi), camminate verso destra, superate l’area della cascata, e reimmettetevi sul sentiero sterrato. Da qui si apre una serie di punti panoramici stupendi dove siete i soli visitatori (non fermatevi al balconcino ma andate 80 metri più il là sullo sperone di roccia: lì il panorama è top).

Ritorniamo all’ingresso per recuperare la moto. Anche oggi percorsi 18 km, ci meritiamo un po’ di sole in piscina.

Per cena volevamo assaggiare il maialino allo spedo, ma niente. La sera spesso le griglie si spengono perché la maggiorate dei visitatori c’è in giornata e non pernotta. Approfittatene quando vedete lo spiedo girare ed il profumino vi stuzzica, altrimenti ogni lasciata è persa!

MERCOLEDÌ 30 AGOSTO: PLITVICE – KRK

Tre ore su strade che conosce solo il navigatore, itinerario deserto ed in mezzo alla campagna (il Far West Croato). Poi autostrada, ponte a pagamento, isola di KRK (abbiamo affittato un appartamento nel paesino di Polje, tranquillo alla noia, tanto da poter lasciare le porte aperte). Mare, sole e picnic a Sîlo, 2km sotto, (occorre cercare la spiaggia di sassolini dei camperisti, ampia e attrezzata, altrimenti troverete solo scogli).

La stagione volge al termine, l’isola non è affollata, ed è popolata da turisti “alla mano e selvaggi”, molti i camperisti in cerca di natura incontaminata piuttosto che di lusso e confort. Mare blu cobalto, collina brulla. Qui quando il vento tira è forte. Chi vuol vivere la natura (bici, passeggiate, nuoto, snorkeling) può certamente scegliere quest’isola piena anche di spiagge per nudisti e per cani. Per cena raggiungiamo il grazioso abitato medioevale di Dobrinj e ceniamo nella piazzetta al gustoso Konaba Zora (i gusti e le culture si incontrano: pasta con gulasch, calamari e polenta …. – dovrei dirlo a mia nonna che mi ha cresciuta a polenta e qualsiasi cosa, ma da brianzola, mai con il pesce!)

Dal romantico parchetto adiacente alla piazzetta si vede, dall’alto, la costa illuminata.

Strade buissime e deserte. La moto sfreccia sotto ad un soffitto di stelle che, da noi, raramente capita di vedere.

 

GIOVEDì 31 AGOSTO: KRK

Una bella e lunga dormita, ricca colazione preparata con cura e consumata nella quiete del terrazzino di casa, infine moto! Oggi attraversiamo tutta l’isola in direzione sud fino a Baška (Nva Baška). Le strade, saliscendi tra boschetti e viti, sarebbero ideali per una bella pedalata. Lasciamo la moto all’ingresso del campeggio nudista FKK (okkio che si vede di tutto! Altro che luci rosse!) e da lì prendiamo a piedi il sentiero (modalità pista per capre: on) sterrato/pietraia ed abbastanza impegnativo che, a picco sul mare, porta alla paradisiaca cala di Vela Luka, ciottoli bianchi-tondi-levigati-perfetti e mare blu tra pareti di roccia bianche. Ci si può arrivare anche in barca, ma vuoi non fare un trekking di 5 chilometri, 2 ore piene e col sole a picco? Dai, non sarebbe da noi! Rispetto ai sentieri della mia amata Liguria qui si sente poco il profumo della macchia mediterranea. Suppongo perché sia troppo brullo, quasi non c’è vegetazione. Per fortuna arriviamo che ancora i taxi boat non hanno scaricato centinaia di turisti (contatene venti in arrivo ogni 10 minuti) e ci rilassiamo tra sole e lunghe nuotate (La baia è raccolta ed il mare piatto e trasparente come una piscina. Gli attacchi di panico, di cui ultimamente soffro in mare, qui non li ho).

Se non avete portato il pranzo al sacco, c’è un solo ristorante che, in caso, affitta anche sdraio e ombrelloni. Nonostante il monopolio ed i prezzi alti rispetto al resto dell’isola, il tonno al trancio è squisito. Svacco tutto il pomeriggio. Poco prima del tramonto, a malincuore, faccio per avviarmi di nuovo lungo il sentiero. Mio marito (che sa godersi la vita più di me) ha invece concordato con il titolare del ristorante 50 kune a cranio per un veloce rientro in gommone! E bravo Sergio! Pigrone! Ci fermiamo nel porticciolo di Baška per un aperitivo in uno dei graziosi localizzi affollati da gatti, poi rientriamo a casa tardissimo e ci facciamo due spaghi veloci che è già notte.

VENERDì 1 SETTEMBRE: KRK – POSTUMIA

IO ODIO SETTEMBRE! Il 1° settembre è peggio del primo gennaio, il vero inizio dell’anno. Duemila telefonate di lavoro mi svegliano e mi fanno girare i cabasisi (oltre al ciclo che già mi esaurisce di suo), accompagnati da tuoni – chi sposta i mobili a quest’ora??? – lampi e acqua! Fuori è buio. Sento puzza di autunno imminente. Brutta giornata! Tutti i piani della giornata di sole-mare-spiagge inesplorate vanno in vacca e, per evitare di stare a casa a fissarci intensamente nelle palle degli occhi, mi metto al telefono con la Slovenia per anticipare il nostro arrivo a Postumia. Riusciamo a spostare senza costi la notte, d’accordo con il gestore dell’hotel (mentre tramite booking ci avrebbero fatto pagare tutta la tariffa), e perdiamo una notte qui a KRK (40 euro meno i 6 che trovo nel cassetto e diventano miei, fanno 34 euro persi, ma amen). Ci mettiamo in moto a prescindere, tanto il meteo prevede acqua a secchiate per tutto il we. Dopo un’ora, nonostante la tuta antiacqua, siamo fradici. Il casco, vecchio di 15 anni e già oggetto di progetto di sostituzione, è un colabrodo. Sotto ad una cascata d’acqua nemmeno le tute più costose reggono, è un dato di fatto.

Per uscire dall’isola un traffico infernale, il fuggi fuggi collettivo. Una coda da film apocalittico. Il pedaggio sul ponte è sospeso per non creare trippa fila. Almeno quello!

La strada per Fiume è, appunto, un fiume e si scivola parecchio. Incontriamo tanti altri disgraziati in moto e ci diamo forza reciprocamente anche se dai caschi escono le nuvolette col fumetto: #bestemmia. Alla frontiera Croazia/Slovenia la coda delle code. Ovviamente nessunissima intenzione di metterci in fila. Gli stessi automobilisti hanno davvero pietà per due gatti bagnati e si spostano appena ci vedono arrivare. Per fortuna non devo diventare scema a tirar fuori i documenti. Ci chiedono solo: “Italiani?” e ci fanno passare. Devo però pagare il casello dell’autostrada, mannaggia! Tolgo il guanto ed è un’esondazione. Ho le dita blu e non riesco ad afferrare nulla. Le carte di credito umide non funzionano. La casellante è mossa a pietà e mi offre amorevolmente del tè che ha in un termos mentre attende paziente che microchip e bande magnetiche varie diano segni di vita.

Ripartiamo, ma dobbiamo fermarci di nuovo per fare il bollino dell’autostrada slovena e cambiare le kune residue!! Uffa, ma vogliamo farla quest’Europa in modo definitivo????!!!!! Finalmente arriviamo all’hotel Sport di Postumia alle 13.00, insieme ad un altro gruppo di motociclisti in fuga dall’Austria. E’ gara a chi allaga più in fretta la hall.

Maria, la tipa con cui avevo parlato al telefono per cambiare la prenotazione, deve essere abituata ai motociclisti bagnati e ci esorta con: “la registrazione dopo! Dai! Asciugatevi”).

Siamo invece l’attrazione del giorno per un gruppo di vecchietti al bar che attaccano bottone offrendoci un po’ del loro vino rosso. Sentendo del nostro viaggio “balkanico” si lasciano prendere dai ricordi…. Inutile sottolineare che, anche qui, sono nostalgici della vecchia Yugoslavia. Maria insiste per farci mettere la moto nell’ampio “box attrezzato” e ci fornisce anche uno “scaldino” per far asciugare giacche, stivali e tutto l’ambaradam.

Doccia bollente che ci resuscita, tappa da un kebabbaro (il primo posto che troviamo per un boccone) per pranzo e passeggiata nella tranquilla, pulita ed ordinata città, fino all’ingresso delle grotte dove riusciamo a infilarci al volo nel tour delle 16.00 (partecipazione al tour obbligatoria). Sottolineo che si tratta dell’unico kebabbaro gestito da marito e moglie biondi e con gli occhi azzurri. Nella nostra breve permanenza in Slovenia non abbiamo visto un giargianese a pagarlo! L’ingresso delle grotte è in stile ottocentesco, la visita si effettua in buona parte su un trenino (non è una baggianata turistica, ma una necessità perché si percorrono chilometri di tunnel). Chiaramente è una meraviglia della Natura da vedere: tunnel e tunnel di stalattiti, organi, gallerie e laghi sotterranei, formazioni calcaree delle forme più fantasiose. Unico problema: fa freddo! Quasi tre ore a 10 gradi. Nonostante il piumino usciamo più o meno ibernati e umidi fino al midollo. Altra doccia bollente e cena super tipica da Štorja pod stopnicami che raggiungiamo a piedi. Dopo tutto il freddo di oggi polenta, carne e funghi sono inevitabili!

SABATO 2 SETTEMBRE: POSTUMIA – CASA

Anche oggi temporali a manetta in tutto il Nord-Est accolgono il nostro ritorno a casa in Italia. Appena valicata la frontiera orde di giargiani che si aggirano sporchi e disagiati con strani carrelli e bottiglie vuote. No words! All’ora di pranzo siamo già dalla suocera che ci consola per la fine della vacanza con un bel piatto di gnocchi al ragù e maglioni caldi. L’estate sta finendo (anche qui). Il nostro giro si chiude con un giorno di anticipo, così da brava massaia ho tutto il tempo per disfare i bauletti, fare lavatrici e sistemare un po’ di cosine prima di buttarmi a capofitto nella vita da imbruttita milanese. È ovvio che la mente è già sul pezzo… concentrata…

Alla prossima avventura!



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