Trentino Alto Adige: Bolzano, Bressanone e il sole della Val di Fassa

Una settimana in Trentino con base a Pozza di Fassa a spasso per sentieri e portici affrontando l'incubo di ogni viaggiatore: le intemperie! Uno splendido viaggio alla scoperta di storia, cultura, architetture naturali e artificiali coccolati dalla bianca dolomite come dai colorati viali porticati di Bolzano e Bressanone
Scritto da: Lisa&Riccardo
trentino alto adige: bolzano, bressanone e il sole della val di fassa
Partenza il: 28/07/2014
Ritorno il: 03/08/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Ed è così che dopo un semestre di studi universitari/fatiche generali/sfighe/ma anche momenti divertenti decidiamo di prenotare le nostre vacanze in Trentino Alto Adige.

Destinazione: Pera di Pozza di Fassa, uno dei pochi luoghi trentini con due complementi di specificazione che dicono tutto, perché il resto è indescrivibile.

Budget: ridottissimo per spese universitarie, abbonamenti treno da pendolari, mia dipendenza da gelati.

Durata del viaggio: 6 notti.

Lunedì 28 luglio 2014

Arrivo a Pera, frazione di Pozza di Fassa (Trento) verso le 11.00.

Arriviamo alla “Piccola Majon”, affittacamere del posto che subito ci affascina per il carattere caldo e familiare. Un po’ intimiditi dalla pioggia, decidiamo di dedicare la giornata a pianificare i giorni seguenti, e così visitiamo l’affollato centro di Pozza di Fassa percorrendo il sentiero CAI 543B che connette la frazioncina al centro del comune addentrandosi nel primo bosco della Val di Fassa. Dopo un gelato facciamo tappa all’immancabile ufficio informazioni e ne usciamo con bellissimi opuscoli rendendoci conto di quanto attrezzata e ben organizzata sia la zona dove passeremo la nostra preziosissima settimana! Gli opuscoli ci informano di concerti (tra cui la rassegna “Suoni delle Dolomiti” che però non riusciremo a seguire nei giorni seguenti a causa del maltempo), visite guidate, eventi, ogni giorno in ogni paese (e frazione) della Val di Fassa. Noi, però, subito ci orientiamo verso l’immancabile carta dei sentieri (che riporta nomi di valli, sentieri e picchi tutti in ladino!), e consultando anche l’ottima piantina Kompass, già adocchiamo i percorsi che più ci incuriosiscono.

Martedì 29 luglio 2014

Al risveglio, il disastro, l’inevitabile: piove, piove molto. Le nefaste profezie di ogni previsione meteorologica consultata e non, si avverano! Nella disperazione però ci rendiamo conto che la zona non offre solo grandi panorami e vedute: i paesi di Pozza e Vigo sono dei grandi centri in cui caffetterie e negozi caratteristici fanno da padroni. A noi però interessa di più visitare magari qualche museo, conoscere un po’ di storia di Trentino e Sud Tirolo: decidiamo di andare a Bolzano.

Dalla Val di Fassa si arriva a Bolzano lungo la strada del Passo Costalunga, strada bellissima, a tratti un po’ ripida e con qualche tornante ovviamente, ma con passaggi in gole e punti panoramici memorabili. In particolare si passa giusto a fianco del lago di Carezza, un lago dalle acque verdi/blu (assolutamente da vedere!) di cui parlerò più avanti.

Arriviamo a Bolzano verso le 11.00. Dalla Val di Fassa ci si arriva in un’ora e un quarto più o meno, con traffico medio. Noi abbiamo trovato un po’ di confusione all’ingresso della città, ma siamo riusciti comunque a lasciare la macchina in un parcheggio multipiano (10.50 euro di più o meno 7 ore). Subito ci dirigiamo al Museo Archeologico dell’Alto Adige (ingresso ridotto studenti credo fosse 7 euro, intero credo 9), dove ci aspetta una coda di un’ora almeno per entrare, durante la quale leggiamo notizie storiche e artistiche della città dall’immancabile guida del Touring Club. Non rimpiangiamo l’attesa: il museo è fantastico, ci rimaniamo oltre 2 ore. Il museo è interamente dedicato alla celeberrima mummia Otzi, il cosiddetto “Uomo del Similaun” vissuto 5000 anni fa, conservatosi tra i ghiacci fino al suo fortuito ritrovamento nel 1991. Il museo contiene moltissimi oggetti appartenuti ad Otzi, e fornisce spiegazioni in italiano, tedesco, e inglese che risultano interessanti ad ogni età. All’interno del museo sono presenti anche attività per i bambini e uno spazio per le famiglie. Davvero fantastico, consigliato caldamente!

Usciti dal museo ci dirigiamo verso la via dei Portici, antica testimone del passato medievale della città, caratterizzata dalla presenza di negozi negli antichi spazi ricavati lungo i porticati (rigorosamente coperti da volte a sesto acuto sproporzionate giusto il necessario per capire che il successivo gusto rinascimentale non ha intaccato l’estetica del posto) e da mille colorazioni che distinguono gli edifici l’uno dall’altro. Finestrature a sporto tirolesi e tetti spioventi e ricurvi regalano viste ed armonie sempre diverse ad ogni angolo che si svolta. Dopo un panino imbottito di weisswurst ed un piattino di wurstel con formaggio decidiamo di visitare il Monumento alla Vittoria, il cui museo, aperto da una settimana, aveva già contato 6300 visitatori. Ma con enorme dispiacere, troviamo chiuso. Scopriamo che l’orario di chiusura di chiese e musei si aggira tra le 17.00 e le 18.00 quindi consigliamo di prendersi per tempo!

Così, ci rechiamo al duomo della città, caratteristico per la sua unica navata ed il suo barocchissimo campanile che sembra fondersi nel grigiore del pomeriggio, ma anche lì veniamo accompagnati all’esterno dopo poco perché in chiusura.

E così dopo un’ultima passeggiata sotto una leggera pioggia, torniamo a Pera.

Mercoledì 30 luglio 2014

Piove. Ancora.

Decidiamo dunque di visitare Bressanone, a nord di Bolzano.

Per arrivarci dalla Val di Fassa si spende più o meno un’ora e mezza di auto, ma noi decidiamo di fare una tappa al lago di Carezza, che si trova per strada (la strada del Passo Costalunga).

Il lago è particolarissimo: assolutamente da vedere! Le sue acque sono verdi, blu, poi di nuovo verdi, verde smeraldo, un poco azzurre…indescrivibili. Due sono le possibilità di parcheggio: parcheggio di fronte (a pagamento, circa 1 euro/ora), completo di una struttura attrezzata con bagni, qualche negozio, ed un ristoro, o oppure stalli gratuiti per auto e moto lungo la strada, se si trovano liberi. La balneazione non è possibile, ma si può passeggiare attorno il lago lungo un sentiero che lo circonda e che consente di ammirare scenari spettacolari realizzati dall’acqua e dallo specchiarsi dei monti (o delle nuvole piovose come nel nostro caso, ma è ugualmente suggestivo). Un’esperienza più immersiva la si ha percorrendo il cosiddetto “Sentiero delle Saghe” che ripercorre, diretti dalle numerose illustrazioni disseminate lungo il percorso, la leggenda che narra la nascita del lago nonché la formazione del massiccio del Latemar. Il sentiero conduce inoltre ad altre due formazioni lacustri dette semplicemente “Lago di Sopra” e “Lago di Mezzo”, nella nostra breve visita riusciamo solamente a raggiungere il Lago di Mezzo: uno specchio argenteo ed immobile che si rivela solo a chi si spinge sulle sue rive in quanto nascosto dal bosco che lo circonda. La fama del lago di Carezza ha oscurato quasi completamente questi altri laghi ma visitarli è d’obbligo in quanto regalano un’esperienza di contemplazione unica. Mirabile anche in questo caso la cura che è stata messa nel rendere accessibile storia e leggenda del lago ai turisti: una terrazza sul lago stesso offre numerose spiegazioni e curiosità.

Ripartiamo poi (non senza voltarsi qualche volta) alla volta di Bressanone: seguiamo la superstrada, e lasciata la macchina (parcheggio a pagamento), passeggiamo per questa bellissima città di gusto austriaco. La nostra visita comincia varcando una delle porte della città, la porta del Sole: il centro storico è difatti contenuto all’interno delle antiche mura medioevali che ora non proteggendo più la città dalle invasioni barbariche si accontentano di conservarne la storia architettonica. L’estetica tirolese nonché l’impianto urbanistico medioevale urlano la differenza della città dalle altre sorelle storiche italiane, seppur in territorio italiano infatti essa rivendica la propria appartenenza al mondo austriaco, complice l’accento tedesco di passanti e commercianti. Visitiamo prima le sue vie principali tra cui le immancabili “Vie dei Portici” minore e maggiore (ci si impiega poco viste le ridotte dimensioni del centro storico), poi la Cattedrale di Santa Maria Assunta con la sua particolare facciata stretta tra due campanili e la sua maestosità controriformistica ed il vicino chiostro romano-gotico con affreschi datati tra la fine del XIV° secolo e l’inizio del ‘500.

Poi ce ne torniamo a Pera.

Giovedì 31 luglio 2014

Sole!

Dopo aver lasciato la macchina al parcheggio P3 (gratuito) di Vigo di Fassa (da Pera si raggiunge in meno di 10 minuti), prendiamo la funivia che porta al Rifugio Ciampedie (mt.2000). Il rifugio si può raggiungere anche a piedi percorrendo i sentieri 544 o 544b ma noi decidiamo di risparmiare le energie per spenderle nei rifugi successivi.

Dal Ciampedie, “rifugio” turistico collocato in un verde pianoro dall’erba meticolosamente falciata che d’inverno è meta di sciatori, lungo il sentiero 540 arriviamo in 40 minuti al Rifugio Gardeccia (mt.1949), che come il Ciampedie offre diverse strutture turistiche e spazi per bambini. Il sentiero per il Gardeccia, infatti, è facilmente percorribile quindi molto frequentato (anche da passeggini, portatori di iPad e telefonatori dal fiato allenatissimo).

Dal Gardeccia proseguiamo per la strada forestale verso il Rifugio Vajolet (mt. 2245 – affiancato dal più piccolo Rifugio Preuss che, costruito su uno sperone di roccia affacciato alla valle, si fa notare da distante). Ora si comincia a respirare aria di Dolomiti: all’uscita dal bosco di larici si apre una bella vista sulla vallata percorsa fin ora, incorniciata dalle Crepe di Larsec, alto massiccio frastagliato ed ispido, abbracciato dal gruppo delle Coronelle e dal Mugoni. Procedendo verso il Vajolet, alla nostra sinistra si impongono la Cima Catinaccio e le celeberrime Torri del Vajolet che si mostrano di lato, quasi delle enormi dita che puntano al cielo coperto di nubi; tra di esse e la Cima Catinaccio (dall’aspetto di un enorme dente molare) un rocciosissimo valico porta tramite via ferrata al rifugio Re Alberto (mt. 2621) da cui le Torri si mostrano imponenti e protettive in un calcareo trittico come le dita di una mano chiusa con il palmo verso il cielo innalzando il piccolo rifugio. La gran quantità di persone che raggiungono quest’ulteriore meta non mina assolutamente la bellezza del posto, né la preziosità del panorama. Dopo un pranzo veloce, continuiamo alla volta del Rifugio Passo Principe (m 2600), presso cui si arriva in circa un’ora e un quarto tramite agevolissima mulattiera. Qui il numero di frequentatori è molto minore, come più raccolto appare anche lo stesso rifugio, punto di partenza per la via ferrata che conduce alla vicinissima Cima di Antermoia e per il sentiero facile che conduce invece a Lago di Antermoia ed omonimo rifugio. Il paesaggio che si presenta davanti a noi è…lunare: roccia e punte meravigliose. Un incanto. Il piccolissimo rifugio di legno è contenuto quasi interamente nella dura roccia dello stretto valico, le immancabili panche di legno addossate alle pareti esterne ci offrono la possibilità di contemplare il magico gruppo del Catinaccio in tutte le direzioni: verso nord una rapida discesa attraverso ghiaia e neve conduce in una conca circondata da ripide pareti, ad est si erge solida la Cima di Antermoia, a sud invece si contempla il lungo sentiero percorso. Purtroppo a causa dell’orario di chiusura della funivia (18.30) siamo costretti a tornare frettolosamente al Rifugio Ciampedie ripercorrendo la strada dell’andata.

Venerdì 1 agosto 2014

Sembrerebbe sole!

Partiamo alla volta di Mazzin (m 1372), comune limitrofo a quello di Pozza di Fassa in direzione Canazei.

Lasciata la macchina, saliamo a piedi la strada forestale per la ripida Val Udai con l’ambizioso progetto di raggiungere il Rifugio Antermoia (progetto che affonderà qualche ora dopo). Dopo circa quaranta ripidi minuti, giungiamo alle Cascate di Soscorza, alte cascate che si fanno sentire da distante portando a valle l’acqua dei nevai di quote più alte, e decidiamo di proseguire dopo una breve pausa spuntino. La strada si fa sentiero nel bosco, che prosegue sempre più ripido fino a portarci dopo quasi due ore di muscoli a pieno regime al pian di Udai, dove la verde bellezza della vallata che ci si apre a sorpresa innanzi (tanto era ripido il sentiero!) rinfranca il nostro spirito (affaticato pure quello). Ci dedichiamo una sosta, spesa contemplando il blu acceso del cielo contrapporsi al verde smeraldo del pian Udai che pian piano si mitiga nel biancore dolomitico del Catinaccio di Antermoia. Decidiamo poi di scendere la Val di Dona, rinunciando così di vedere il Lago di Antermoia perché sarebbe stato troppo lontano da raggiungere. Arriviamo così al Rifugio Dona (mt. 2100) in 20 minuti dove mangiamo ammirando il verde delle vallate che ci circondano, e pensiamo già subito di scendere perché nuvole mal promettenti ci si avvicinano sempre di più. Decidiamo di scendere per la strada forestale che connette il Rifugio Dona a Mazzin. È un’esperienza che NON consiglio di fare. Si tratta di una strada forestale a tratti in cemento estremamente ripida, dunque pericolosa in discesa. Per fortuna il tempo ha tenuto, non so come saremmo scesi sul cemento bagnato. Diciamo che abbiamo testato i nostri nervi ecco!

Sabato 2 agosto 2014

Mattinata soleggiata!

Stanchissimi dalle fatiche dei giorni scorsi (maledetta Val di Dona!), decidiamo di concederci una giornata di poca fatica e gran soddisfazione: andiamo sul Sass Pordoi in funivia. Arriviamo a Passo Pordoi verso le 11, affrontando in macchina i 27 tornanti passando una moltitudine di ciclisti dai polpacci d’acciaio (che mi fanno sentire un po’ una schiappa).

Lasciamo la macchina al parcheggio del Passo, e prendiamo la funivia: in pochissimo arriviamo sul Sass Pordoi, e in altrettanto poco tempo lassù arriva lo spietato abbraccio delle sue nuvole, che non ci lascia più godere appieno del panorama spaziale che ci si è presentato davanti. Un po’ infreddoliti, decidiamo di muoverci e di seguire il sentiero che in circa 20 rocciosissimi minuti ci porta al Rifugio Forcella Pordoi. Il panorama, anche attraverso le nuvole, è meraviglioso. Per il freddo siamo costretti a muoverci, a ritornare all’impianto della funivia, e quindi a scendere, promettendo a noi stessi però di ritornare di nuovo lì a pensare all’imponenza, alla maestosità, alla preziosità di questo bellissimo regalo della natura.

Domenica 3 agosto 2014

Giorno della partenza. Sigh.

Decidiamo di non affaticarci troppo per affrontare il viaggio di ritorno in macchina più tranquilli.

Ci regaliamo allora il lusso di una nuova salita in cabinovia.

Ci dirigiamo verso Pozza, e lasciamo la macchina in località Meida, dove prendiamo la cabinovia che in poco tempo ci porta sul Buffaure (mt. 2000 ca.). Decidiamo di passeggiare tranquillamente e goderci il panorama su Pozza, e poi di scendere verso la Malga Giumella (o Jumela), nell’omonima Val Jumela. Seguiamo quindi le indicazioni che ci fanno scendere all’interno del bosco e arrivare in circa tre quarti d’ora alla malga. La malga offre piatti tipici dal gusto impareggiabile serviti da ragazze in graziosi abiti tirolesi, e una veduta sulla valle al cui solo ricordo sento pace e tranquillità su di me. Lo scenario è lo stereotipo della valle trentina: prati verdi, monti in lontananza, silenzio, profumo d’erba, aria fresca e leggera.

Ed è con questa immagine che voglio concludere questo diario, augurando a tutti coloro che vorranno passare una settimana al contatto con la natura di poter vivere a pieno, conquistarsi, o semplicemente ammirare con rispetto la Val di Fassa in tutta la sua preziosa maestosità.



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