Baja California Sur d’inverno, on the road

Posto stupendo, clima ideale, mare da sogno, ecc ecc ecc. OK, tutto vero, ma vorrei che questo mio racconto possa essere un aiuto pratico, per chi intende andare in Baja, per cui cercherò di essere sintetico e di andare al sodo. L’itinerario di base ha previsto arrivo e partenza da Los Cabos, all’estremo sud della penisola, sia per motivi...
Scritto da: gregor76
baja california sur d'inverno, on the road
Partenza il: 19/12/2009
Ritorno il: 08/01/2010
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
Posto stupendo, clima ideale, mare da sogno, ecc ecc ecc.

OK, tutto vero, ma vorrei che questo mio racconto possa essere un aiuto pratico, per chi intende andare in Baja, per cui cercherò di essere sintetico e di andare al sodo.

L’itinerario di base ha previsto arrivo e partenza da Los Cabos, all’estremo sud della penisola, sia per motivi logistici che di spesa. Documentandoci abbiamo infatti notato che il 90% delle attrattive sembrano concentrarsi nello stato sud, la Baja California Sur appunto, per cui abbiamo deciso di abbandonare l’affascinante idea iniziale di un viaggio “solo andata” da S. Diego a Cabo San Lucas, scegliendo invece di fare il “round-trip” con partenza ed arrivo a Los Cabos. Sulla scelta hanno influito anche considerazioni di carattere economico: affittare un auto a nord, per esempio a Tijuana, e riconsegnarla a 1.800 km di distanza, a Los Cabos, veniva a costare praticamente il doppio. Alla fine la scelta si è rivelata azzeccata, perché ci ha permesso di risparmiare soldi e fatica e di goderci meglio i luoghi della Baja Sur, anche grazie al fatto di poter tornare in molti posti sulla via del ritorno, vedendo cose trascurate all’andata, approfittando di diverse condizioni meteo e, più in generale, potendo godere della piacevole sensazione di “tornare a casa”, in un luogo conosciuto, seppure solo pochi giorni prima, con persone “familiari”.

Prima di iniziare la descrizione del viaggio vero e proprio vale la pena spendere un po’ più di due parole sul trasferimento aereo dall’Italia al Messico. Sempre nell’ottica del risparmio (che viaggiando in altissima stagione, sotto Natale, è l’unico modo per spendere cifre normali) abbiamo optato per l’American Airlines, che ci offriva la tariffa più conveniente, tenendo conto che non volevamo assolutamente viaggiare con Alitalia, men che meno sotto le feste (scioperi, ritardi, guasti…). All’andata abbiamo volato British Airways, da Milano Malpensa a London Heathrow, e poi con il partner American Airlines da Heathrow a Dallas e da Dallas a Los Cabos. Quasi uguale il ritorno, ma con scalo intermedio a Chicago anziché Dallas. Il tutto per 1000 euro a testa.

Premesso che siamo partiti al mattino della grande nevicata che ha avvolto Nord Europa (Milano compresa) e Nord America, nonostante l’epopea di ritardi e corse tra un terminal e l’altro siamo incredibilmente riusciti a non perdere neanche un volo, e questo di per sé è già un mezzo miracolo.

Devo tuttavia sconsigliare caldamente di volare con American Airlines in particolare, e con transito in USA in generale. AA si è infatti rivelata una compagnia decisamente “cheap”, tra le peggiori con cui abbia mai volato, con cibo pessimo (che non stupisce) e servizi scarsi (alcolici a pagamento, film solo in inglese e spagnolo e che vengono trasmessi a orari prestabiliti, ecc ecc), per non menzionare lo sfruttamento del lavoro di persone anziane, con una media vertiginosa di povere hostess dalla chioma d’argento, che da noi si starebbero già godendo la giusta pensione da almeno dieci anni (ingiusto per loro e penalizzante per i clienti, con una poveretta che, ad esempio, non riusciva neppure a chiudere la cappelliera ma che in teoria ha la responsabilità della nostra sicurezza a bordo!).

Transitare per gli States è inoltre assolutamente da evitare: alla paranoia yankee post attentati (riusciti o meno) si sommano delle procedure senza senso che, oltre a stancare e infastidire, rischiano di far perdere anche le coincidenze più comode (tipo 4 ore). L’ESTA, il modulo che ora obbligano a compilare online prima del viaggio, e che dovrebbe sostituire il Visa Weaver (il vecchio modulino verde), è assolutamente inutile: mentre infatti nei paesi “normali” per i passeggeri in transito è previsto un percorso ad hoc che evita il controllo passaporti, per poter anche solo transitare negli USA viene richiesto di ottemperare a tutta la procedura di immigrazione, esattamente come se si volesse uscire a farsi un hamburger nel centro di Dallas. Questo implica la compilazione del caro vecchio modulino verde, la chilometrica coda per il controllo passaporti, retina, impronte digitali, terzo grado, controllo doganale, metal detector, ecc ecc. Al ritorno (dopo il tentativo di attentato di Natale) abbiamo scoperto (senza che nessuno di American Airlines ci avesse detto nulla prima di sbarcare) che a tutto ciò si aggiungeva l’obbligo di passare la dogana dopo aver ritirato il bagaglio, che noi credevamo dovesse andare direttamente a Milano, salvo poi reimbarcarlo appena varcata la soglia! Insomma: NON TRANSITATE NEGLI STATI UNITI!!! Se proprio dovete, diluite il viaggio (es. Se fate scalo a Chicago allungate di un paio di giorni e visitate la città, così da spezzare il viaggio e ovviare facilmente ad eventuali ritardi).

E finalmente il Messico! Arriviamo stanchi morti all’aeroporto internazionale di Los Cabos alle 21.00 circa (ora locale) e dopo 24 ore di viaggio tutto ciò che vogliamo è una doccia e un letto. Contrattiamo un trasferimento in minivan fino al nostro albergo, il Marbella Suites, che si trova al km 17 del Corridor, per un costo totale per 4 persone di 500 pesos (circa 30 euro). E’ una navetta, il che implica che dovrebbe fermarsi a scaricare altri passeggeri lungo il Corridor, ma ci siamo solo noi e dunque ci porta dritti in albergo! Iniziamo bene! Per la cronaca, al ritorno il taxi da Cabo San Lucas (17 km più lontano) ci costa 700 pesos (40 euro circa).

Il Corridor è una strada a 4 corsie di circa 30 km che unisce le due cittadine di San José del Cabo e Cabo San Lucas, meglio note con il nome collettivo di Los Cabos. La strada costeggia il mare, ma è sera e col buio non vediamo nulla! Arriviamo esausti al Marbella Suites, l’unico albergo prenotato dall’Italia (per due notti). Il Marbella si rivelerà essere il miglior albergo in cui siamo stati durante tutto il viaggio! Un’offerta sul loro sito internet ci ha permesso di prenotare, un paio di mesi prima della partenza, una suite di due camere doppie con salottino e punto cottura (semplicemente un lavello e un microonde) per soli 40 euro a coppia! Non è un prezzo basso in assoluto (in seguito abbiamo speso anche molto meno) ma è un favoloso rapporto qualità prezzo. Il Marbella è infatti un albergo vero e proprio, con reception, ristorante, internet gratis, piscina ecc ecc., l’unico tra quelli provati con acqua potabile direttamente al rubinetto e con standard di pulizia/accuratezza di livello italiano. Ha una spiaggia mozzafiato, lontana dagli altri alberghi tanto da dare l’impressione di essere isolati e, sebbene attrezzata con i soli lettini, assolutamente meravigliosa. La piscina è grande e ci sono anche due jacuzzi riscaldate vista mare! Al ristorante si mangia molto bene (messicano) e i Margaritas pare siano molto rinomati! Insomma, ci è proprio piaciuto.

Il giorno successivo lo passiamo a coccolarci sulla spiaggia dell’albergo, un po’ perché siamo stanchi, un po’ perché la macchina l’avremo solo l’indomani, ma soprattutto perché sappiamo che ci aspetta un faticoso viaggio “on the road”. E poi la spiaggia è davvero da sogno e ci siamo praticamente solo noi: cosa si può volere di più?? Nel pomeriggio però decidiamo di fare un salto a San Josè del Cabo. Avremo la macchina solo il giorno successivo, dunque prendiamo l’autobus, tanto la fermata è proprio di fronte all’albergo e ne passa uno ogni venti minuti! Il costo del biglietto per SJC è di 17 pesos a testa (solo andata) e si paga direttamente al conducente; l’autobus è un po’ scalcinato ma decente. Se dovete andare nella direzione opposta vi troverete ad attraversare il corridor: fare molta attenzione, soprattutto con il buio, perché non ci sono semafori. Sulla mappa vediamo che il punto dove dovremo scendere (sulla Mex 1) è all’altezza della via Manule Doblado, che ci porta dritti in centro. La passeggiata è più lunga del previsto ma in una ventina di minuti raggiungiamo la piazza centrale. Il centro è carino, con il municipio, la chiesa e un paio di belle strade con negozi molto curati, bar e ristoranti di classe. Torneremo a fare due passi lì anche a fine viaggio.

Dopo questa prima giornata di coccole, con un bel cielo azzurro e 27°C, il 21/12 inizia finalmente la scoperta della Baja. Attendiamo all’albergo l’arrivo della nostra auto, affittata online da Europcar con largo anticipo, ma i ragazzi della consegna arrivano con un’ora e mezza di ritardo. Scopriremo poi che Europcar è la meno amata della zona, ma il prezzo trovato su internet era francamente imbattibile e, a parte qualche ritardo, soprattutto per la riconsegna, alla fine ci è andata bene. Abbiamo scelto una Renault Koleos – o equivalente – e l’equivalente si è rivelata una Dodge Nitro 2.5 automatica. A mio parere non un granché, ma adatta allo scopo: abbastanza nuova (30.000 km), alta da terra, comoda e con un buon bagagliaio (eravamo in 4!). USD$ 1.615 per 16 giorni a kilometraggio illimitato. Unici difetti veri i consumi (ma la benzina costa solo circa mezzo euro al litro) e il carattere da finto fuoristrada: tutto ok su strade bianche e sterrati facili, ma basta qualche centimetro di sabbia e si rimane piantati (come vedrete!).

Comunque, per quanto riguarda le strade, tenete presente che la Mexico 1 è solo a due corsie, ma ben asfaltata e poco trafficata (almeno fino a S. Ignacio), dunque i 100 km/h di media sono fattibili: consideratelo nel calcolare le medie per decidere le tappe. Gli sterrati vanno da molto buoni (strada bianca) a pessimi, dipende dove volete andare e se ha piovuto di recente (ipotesi rara).

Dopo una spesa veloce al supermarket Mega di San Josè del Cabo (sulla Mex 1, a SJC, all’altezza del bivio per l’aeroporto: molto grande e ben fornito di tutto) per mettere insieme un pranzo al sacco, si parte in direzione La Paz! Scegliamo di raggiungere la capitale della Baja Sur per la via più diretta, quella orientale: passeremo da Todos Santos sulla via del ritorno. La punta sud della Baja è infatti il punto dove l’unica strada, la Mexico 1, si biforca in un percorso ad anello proprio pochi chilometri a sud di La Paz. La strada est per La Paz non rivela luoghi di particolare interesse in cui fermarci, fatto salvo per il cartello che indica il superamento del Tropico del Cancro, presso il quale, con un pensiero ad Henry Miller, la foro di rito è d’obbligo. In realtà su questa strada c’è il bivio per una località di particolare interesse: Cabo Pulmo. Per arrivarci bisogna percorrere decine e decine di km di sterrato (pare accidentato) e sembra che sul posto non ci sia quasi nulla, se non una splendida barriera corallina, l’unica della Baja. Ma sappiamo che in inverno non si fanno immersioni in zona per via dei venti e delle correnti, per cui rinunciamo totalmente alla deviazione.

Arrivati a La Paz si capisce subito che siamo nella capitale, perché benché le costruzioni rimangano basse e ben distanziate, la periferia è di una certa importanza e fa capire che non si tratta del solito paesotto (come invece nel caso di tutte le altre località). Nonostante la struttura reticolare l’orientamento in città non è immediato, anche perché i cartelli con l’indicazione dei nomi delle strade sono spesso assenti o nascosti. Se a questo si aggiunge un minimo di traffico (che per gli standard della Baja può considerarsi “caotico”) e la strana accezione messicana del termine “precedenza” (nel senso che la danno TROPPO, e ci si trova tutti fermi all’incrocio senza sapere chi deve passare) può anche capitare di saltare qualche incrocio. Nulla di grave, comunque, perché dopo poche ore tutto diventa familiare. Alloggiamo nella Posada Luna y Sol per 65$ a camera (doppia), e devo dire che la scelta è stata valida. Le camere sono al primo piano, collegate da una terrazza, e gli spazi comuni ben rifiniti, colorati e impreziositi da piastrelle e inserti dipinti a mano. Le camere sono spaziose e comode e a disposizione degli ospiti c’è la macchina del caffé americano, il frigorifero e la boccia dell’acqua da cui poter riempire liberamente le proprie bottiglie. Questa opportunità l’abbiamo ritrovata in tutti gli alberghi, fino alla fine del viaggio, e ci ha consentito di comperare pochissime bottiglie di acqua, a tutto beneficio di ambiente e portafogli.

La posizione della Posala Luna Y Sol è molto comoda, a poche centinaia di metri dalla Marina e dall’inizio del Malecon, ma al tempo stesso lontano dai rumori del lungo mare.

La posada è gestita da due ragazzi giovani e simpatici, che gestiscono anche l’agenzia Mar y Aventuras, organizzando escursioni alle isole per snorkelling e canoa. Prenotiamo subito una gita all’Isla di Espiritu Santu, con snorkeling con i leoni marini, per poi cenare nel piccolo ristorantino della Marina, vicinissimo alla posada, il Dock Cafè: cucina messicana di carne e pesce, senza infamia e senza lode.

L’indomani, 22/12, ci troviamo presto nel cortile della posada e conosciamo Miguel, la nostra guida per Espiritu Santu, che si rivelerà simpatico e molto preparato. Nonostante il cielo velato e la temperatura tutt’altro che torrida (18-23°C) la gita all’isola a bordo della panga (nome delle tipiche lancia della Baja) è stata bella: abbiamo visto una spiaggia mozzafiato, incorniciata da rocce rosse e ocra, e lo snorkeling con i leoni marini è stato un’esperienza esaltante e indimenticabile. Il tempo, come dicevo, è stato insolitamente “freddo” per tutta la prima settimana di viaggio, a causa di un anomalo fronte di aria fredda proveniente da nord: decidiamo quindi di lasciare subito La Paz per Loreto, con la speranza di poter godere delle famose spiagge di La Paz al ritorno, con un clima più adeguato.

I circa 390 km che separano La Paz da Loreto sono per i primi 4/5 pressocchè privi di interesse. Da segnalare il posto di blocco militare appena pochi km a nord di La Paz: per noi è stato sufficiente procedere a passo d’uomo, sorridere, scendere dall’auto e aprire il bagagliaio spiegando che eravamo turisti italiani e non ci hanno creato alcun tipo di problema. Al ritorno non ci hanno neanche fermato: pare infatti che cerchino trafficanti di droga e armi che viaggiano verso nord; se non siete narcos non dovreste avere problemi.

Lungo la strada si attraversano le città di Ciudad Constitucion e Ciudad Insurgentes, su una vastissima mesa (altopiano) dove pare si concentri la quasi totalità della produzione agricola della Baja Sur. A mio parere le due località non hanno davvero nulla che meriti una pur breve sosta, per cui il consiglio è di procedere senza indugi: a ritmo sostenuto in circa di 4 ore potete essere a Loreto. Fate attenzione al bivio per Loreto a Ciudad Insurgentes, che è nei pressi di una rotatoria in mezzo alla cittadina ma non è ben segnalato. Pur chiamandosi sempre Mexico 1 da lì la strada riparte letteralmente (ricomincia la numerazione chilometrica) e appena fuori dall’abitato il panorama migliora (cactus, cespugli); in breve inizia la discesa dall’altopiano verso il mare e i paesaggi si fanno mozzafiato: dietro ogni curva picchi scoscesi, costoni rosso/ocra e, via via che si avanza, percorrendo in parte le montagne di Agua Verde, i primi sprazzi dell’azzurro del Mar di Cortez. Quando la strada arriva al mare il paesaggio è spettacolare: la baia di Loreto è punteggiata di splendide isole e può ricordare alcuni scorci della nostra Sardegna, con mare turchese e totale assenza di fabbricati. Le foto panoramiche sono ovviamente di rigore.

Arrivati a Loreto siamo piacevolmente colpiti: la cittadina è piccola ma ordinata, piena di negozietti e con una bella piazzetta centrale su cui si affaccia la vecchia missione gesuita.

Loreto è adagiata al centro di una splendida baia, con davanti un meraviglioso arcipelago (Isla del Carmen, Isla Coronado, ecc.). Ha un piccolo lungomare (Malecon) e sembra in piena espansione turistica: sotto Natale stavano rifacendo parte della pavimentazione del centro e della piazza del municipio e se già adesso è carina immaginiamo che tra 4 o 5 anni possa essere una vera chicca. Al momento, però, pare che a Loreto, come nel resto della Baja, la crisi economica stia colpendo durissimo: non so quanto siano attendibili le voci che parlavano di un -90% di arrivi per le feste natalizie, ma di sicuro abbiamo potuto riscontrare di persona quanta poca gente ci fosse in giro. Su tutte le guide turistiche avevamo letto che le feste di Natale sono per la Baja California l’altissima stagione, con arrivi prevalentemente dagli USA, tanto da rischiare, senza prenotazione, di non trovare posto negli alberghi. Sulla scia di queste informazioni ci eravamo portati anche tenda e sacchi a pelo, ma non abbiamo mai avuto necessità di usarli: in tutte le località c’era piena disponibilità di posto e anzi, in molti alberghi e B&B le camere venivano offerte con forti sconti, fino al 50%.

Inoltre non abbiamo visto campeggi per tendisti, ma solo qualche scalcinata struttura per i camper, e francamente data l’escursione termica notevole credo che una notte in tenda si sarebbe rivelata un esperienza “agghiacciante”! Appena entrati in città ci dirigiamo senza indugio sul Malecon, alla ricerca del B&B Baja Outpost, di cui avevamo letto benissimo sia su internet che sulle guide (www.Bajaoutpost.Com). Le aspettative non sono state disattese e il Baja Outpost è diventata la nostra “casa” a Loreto, tanto che abbiamo deciso di pernottarci anche sulla via del ritorno.

Il proprietario è Leon, un cinquantottenne brasiliano simpatico e navigato uomo di mondo.

Leon ha scelto Loreto come meta finale di un percorso che lo ha portato da Israele agli Stati Uniti, fino alla Baja California, dove ha messo su l’Outpost. A fargli compagnia i due bellissimi bambini, Josè Leon e Veronica, e la dolcissima Cleo, la fedele labrador.

Leon ci fa un forte sconto sull’affitto di due palapas, capanne in bambù con tetto di palma all’interno delle quali ha ricavato delle confortevoli e suggestive camere doppie con bagno.

Lo sconto, più che alla crisi, è dovuto al fatto al momento il luogo era un po’ sottosopra perché Leon sta facendo dei lavori di ristrutturazione e ampliamento, con la costruzione anche di una piscina. Abbiamo speso 48 USD$ per palapa, una buona colazione inclusa ed eravamo gli unici ospiti.

Leon è stato una fonte inesauribile di suggerimenti e informazioni sulla Baja e mi sento di consigliare a tutti il suo Outpost per il soggiorno a Loreto.

Per quanto riguarda i ristoranti, a Loreto abbiamo sempre mangiato bene, sopra la media.

La “Palapa”, a due passi dal malecon e dall’Outpost, è semplice ma pulito e abbiamo mangiato dell’ottima cabrilla (cernia) a prezzi contenuti. Lo consiglio, soprattutto per pranzo, ma tenete presente che la sala è letteralmente una palapa, dunque una grande tettoia di foglie di palma. Questo non è certo un difetto, ma se vi capita una giornata freddina e ventosa, come a noi, potreste preferire un luogo più riparato. Il Mediterraneo, sul malecon, è considerato il ristorante più bello e costoso di Loreto: noi ci abbiamo fatto la cena della vigilia di Natale mangiando alla carta del buon pesce (ma non eccelso) e spendendo un po’ più della media, ma senza esagerare (circa 2.000 pesos in 4, + o – 120 euri). Il posto che invece vi consiglio vivamente è Mita y Gourmet, vicino alla piazza del municipio.

Il posto è molto carino, con tavoli all’aperto riscaldati dai classici “funghi” e un bravo chitarrista che ci ha allietato con un repertorio discreto ed elegante. Qui abbiamo gustato il miglior pesce del viaggio e anche degli stupendi Margaritas frozen. Servizio ottimo e prezzo assolutamente nella norma per il servizio ricevuto, circa 1.000 pesos in 4 (si può pagare con carta di credito). Ci abbiamo cenato due sere di fila! Lo shopping a Loreto è forse il migliore della Baja Sur, tanta scelta di negozi, prezzi in pesos e non in dollari e qualche boutique di artigianato locale che proponeva pezzi alquanto unici! Curiosate tra i negozietti intorno alla Missione e non ve ne pentirete! A Los Cabos lo shopping risulta spesso dozzinale mentre a Todos Santos, che in effetti essendo dimora di artisti offre negozi pregevoli, troverete sicuramente i prezzi più alti! Durante il primo soggiorno a Loreto abbiamo rimandato la gita alle isole per via del tempo freddino (15-22 °C) e del mare un po’ mosso, che ci avrebbero impedito di goderci la giornata. Siamo invece andati a visitare la missione di S. Javier.

Il bivio per S. Javier si trova 2/3 km a sud di Loreto, sulla Mex 1, ed è ben indicato. Dopo i primi 19 km di asfalto, la strada diventa sterrata e si inerpica per le montagne della Sierra della Giganta per altri 15 km circa. Il paesaggio è strepitoso e la strada ben percorribile, meglio se con un auto un po’ alta da terra, a patto di mantenere andature moderate (max 40 km/h). Foreste di cactus saguaro (che qui chiamano cardones), avvoltoi, bestiame allo stato brado e piccoli guadi: tutto contornato da un cielo azzurrissimo e un silenzio surreale. Lungo la strada ci fermiamo a vedere delle pitture rupestri, carine ma nulla in confronto a ciò che vedremo in seguito. La missione in sé non è molto diversa da quella che potete comodamente visitare nel centro di Loreto, ma il paesaggio e il senso di avventura valgono assolutamente le due ore (tra andata e ritorno) e lo sballottamento dello sterrato.

Viste le condizioni meteo non ideali decidiamo di ripartire subito per Mulegè, sperando anche per Loreto di poterci godere il mare al ritorno, sempre che il tempo migliori.

Il tratto di costa tra Loreto e Mulegè, in prossimità di questa ultima, non è altro che la famosa Bahia Conception, un luogo magico punteggiato da spiagge mozzafiato e assolutamente all’altezza della sua fama. Purtroppo il clima rimane freddino, ma la bellezza dell’acqua è tale che il bagno di Natale non ce lo leva nessuno! Da segnalare la suggestiva Playa El Requeson, con una lingua di sabbia che a seconda della marea consente di camminare fino all’isolotto antistante; Playa El Coyote, quasi chiusa, con acqua bassissima ma cristallina dove abbiamo fatto il bagno; e Playa Santispac, semplicemente bellissima e impreziosita da una piccola laguna di mangrovie ricca di fauna avicola. Sulle spiagge si arriva con grande facilità, dopo pochi metri di sterrato, tanto che generalmente si trovano camper e roulotte di americani direttamente sull’arenile. In generale, comunque, abbiamo trovato sempre pochissima gente e l’atmosfera era davvero rilassata e piacevole.

A Mulegè scegliamo di dormire all’Hotel Serenidad (www.Serenidad.Com), che troviamo circa 3 km prima di arrivare al paese, ben indicata dalla Mex 1. Il posto è molto carino e grande, le camere spartane ma ampie e pulite, mentre i lettoni king size sono i più comodi in cui abbiamo dormito in tutto il viaggio. Inoltre il luogo mantiene le promesse del nome e un silenzio avvolgente ci regala delle belle dormite.

Anche se un po’ fuori paese, il Serenidad è a poche centinaia di metri dalla Mex 1 e dispone di piscina e ristorante, per cui abbiamo fatto colazione sempre lì (tipica messicana, uova, toast, ecc ecc). Anche loro avevano prezzi stracciati per via della crisi, quindi abbiamo speso 490 pesos a camera a notte (meno di 30 euro). Nelle 3 sere che abbiamo trascorso a Mulegè abbiamo mangiato in paese a Las Casitas (messicano classico, buono ma non eccezionale e la band che vi suona sarebbe da evitare!) e Los Equipales (messicano, meno costoso e più buono del primo, ci abbiamo mangiato due volte). Mulegè è una cittadina davvero minuscola, 4 strade in croce, che sorge a un paio di km dal mare, sul versante di una vallata attraversata da un fiume contornato da una rigogliosa palmerie e un faro. Sul versante opposto sorge la missione, dalla quale si gode un bel panorama (e un bel tramonto).

Visto che il tempo rimane variabile rimandiamo ancora il mare e dato che a Mulegè non c’è nulla da fare decidiamo seguire il consiglio di Leon e fare un trekking per vedere le pitture rupestri della Sierra de Guadalupe: una scelta azzeccata che ci permetterà di trascorrere una giornata stupenda.

La nostra guida è Salvador Castro (tel 01 615 15 30 232 – cell. 615 161 49 85 – mulegetours@hotmail.Com). Salvador è una guida ufficiale dell’INAH, l’Istituto Nazionale di Antropologia y Historia, gli unici autorizzati dal governo messicano a portare i turisti nei siti archeologici. Diffidate delle guide non autorizzate: al momento per Mulegè il riferimento unico è Salvador. Noi abbiamo prenotato la gita la sera prima, chiamandolo al telefono! La giornata prevede 9 ore circa di escursione, con trasferimento da Mulegè ad un rancho nel cuore della Sierra de Guadalupe (sulla cui proprietà c’è il canyon con le pitture), attraverso decine di chilometri di deserto e un trekking abbastanza impegnativo di circa 4 ore, con pranzo al sacco fornito da Salvador, per un costo di 700 pesos a persona (500 per Salvador e 200 per il proprietario dal rancho).

Lungo la strada che ci porta al rancho, Salvador si ferma per illustrarci dettagliatamente i vari tipi di cactus e arbusti che popolano il deserto: scopriamo così che il deserto in realtà tale non è e che dalle numerose varietà di vegetali gli indios erano in grado di trarre acqua, nutrimento, medicine, coloranti, veleni ecc. Una lezione decisamente interessante! Arrivati al rancho e versato l’obolo ci dirigiamo a piedi verso il canyon. Il paesaggio è di una bellezza struggente e la giornata splendida (finalmente!) regala colori di una brillantezza senza pari. Il trekking si rivela di media difficoltà e alterna tratti rocciosi a sabbia e ghiaia, salite e discese. La parte più impegnativa e divertente è però quella a nuoto! Arrivati ad un certo punto, infatti, per arrivare alle pitture occorre mettersi in costume e nuotare per qualche decina di metri nella gelida acqua del torrente! Macchine fotografiche e vestiti galleggiano all’asciutto grazie alle sacche stagne fornite da Salvador.

Le pitture sono belle e meritano la visita (lungo il canyon visitiamo due diverse grotte dipinte, la Cueva S. Patricio e la Cueva la Trinidad): considerate che alcune risalgono addirittura a 14.000 anni fa! Un’esperienza che vale la pena non perdersi, a patto di sentirsi abbastanza coraggiosi da affrontare un lungo trek e le gelide acque del torrentello.

Arrivati a questo punto del viaggio si impone una scelta di itinerario fondamentale: vale la pena spingersi a nord fino a Guerrero Negro? Tutto dipende dalle balene: se sono arrivate dal nord pare che Guerrero Negro sia uno dei posti migliori al mondo dove avvistarle. Ci dicono che a fine febbraio/marzo nella laguna di Ojo de Liebre possono essercene anche più di 1700! Sfortunatamente, però, noi siamo all’inizio della stagione: telefoniamo all’agenzia Malarrimo, a Guerrero Negro, e ci dicono molto onestamente che al momento nella laguna sono state avvistate solo 7 balene. Fatti due conti in termini di tempo, chilometri e spesa decidiamo di non andare fino a Guerrero: pernotteremo un’altra notte a Mulegè per visitare in giornata S. Rosalia e S. Ignacio.

La gita alle due località si dimostra però meno interessante del previsto, finendo con l’essere, in buona sostanza, la giornata meno interessante di tutto il viaggio. s. Rosalia è una ex città mineraria che porta ancora il segno del suo passato: le coste sono trascurate, piene di rottami rugginosi, e anche il centro della cittadina ha un aria piuttosto dimessa. Complice probabilmente il fatto di averla vista di domenica, S. Rosalia ci delude non poco, fatta salva la chiesa costruita da Eiffel (quello della torre a Parigi), che comunque come sappiamo non deve certo a quest’opera la sua fama. s. Ignacio è più accogliente e sorge nel cuore di una grande palmerie, vicino a un fiume, nel bel mezzo del deserto del Vizcaino. La missione in sé non è molto diversa da quelle di Loreto o S. Javier e la cittadina si riduce a 4 vie e una piazza. A conti fatti le due località possono costituire senza dubbio una piacevole sosta per chi viaggia per o da Guerrero Negro a Mulegè, ma non meritano certo un’escursione dedicata né un pernottamento. Così come non la merita il paesaggio del Vizcaino, sicuramente bello ma non così diverso dal resto della Baja Sur.

Sulla via del rientro a Mulegè decidiamo di far visita anche a Punta Chivato, località spesso menzionata in termini lusinghieri da guide turistiche e racconti di viaggio.

Sarà stata la giornata poco fortunata o forse le soverchianti aspettative, ma anche Punta Chivato, pur bella, ci delude un poco. Per arrivarci occorre percorrere circa 25 chilometri di sterrato facile in mezzo a un bel paesaggio desertico. Il bivio dalla Mexico 1, a nord di Mulegè, non è però segnalato né si è rivelato facile da trovare. L’accesso si trova nei pressi della località di S. Bruno, ma per imboccare la strada giusta, dopo molto cercare, abbiamo dovuto chiedere a una guida del’ente turismo locale, che il fato ha voluto si trovasse in una roulotte proprio a poche decine di metri dal bivio cercato.

Punta Chivato è una zona in forte espansione e per quanto mal collegata sta vedendo il rapido fiorire di complessi turistici e case private (di statunitensi). Al momento è praticamente un cantiere a cielo aperto e anche la famosa Posada de Las Flores sta costruendo in zona. L’unico accesso al mare che abbiamo trovato è alla fine della baia, in prossimità del faro: la spiaggia è bella ma a mio parere non vale la fatica di raggiungerla, specialmente se si pensa che le stupende spiaggie della Bahia Conception sono a poche decine di metri dalla Mex 1.

Onorata comunque santa Lonely Planet e visitate le tre località è arrivato per noi il momento di tornare sui nostri passi, iniziando un lento percorso a ritroso che ci porterà fino a Cabo San Lucas.

La giornata del 28 dicembre è dedicata dunque ad un pigro trasferimento Mulegè-Loreto.

Il clima sta lentamente migliorando: dal 30 dicembre le temperature massime si alzeranno per tornare nella media stagionale di 27/29°C, ma il 28 siamo ancora sul tiepido.

Ci fermiamo quindi a Playa Santispac e Playa El Requeson, dove trascorriamo una piacevole mattinata, ma ci rimane il rammarico di non aver potuto godere di una bella giornata di mare “estiva” nella Bahia Conception.

Arriviamo a Loreto nel pomeriggio, appena in tempo per goderci il rituale della pesca dei pellicani presso il piccolo porticciolo del paese.

Lo spettacolo è entusiasmante: ci saranno forse un centinaio di pellicani, che a gruppi di 7/8 si tuffano contemporaneamente da diversi metri di altezza in pochi metri d’acqua per catturare i pesci che abbondano all’imboccatura del porto. Quelli già sazi se ne stanno pigramente adagiati sulle barche ormeggiate in compagnia di aironi bianchi e cormorani. Dopo qualche centinaio di scatti fotografici ce ne torniamo a casa, da Leon, dove ci aspettano le nostre palapas.

Chiacchierando con Leon scopriamo che nei giorni della nostra assenza sono state avvistate un paio di balene azzurre (il più grande mammifero del pianeta) proprio nella baia di Loreto, a largo dell’Isla del Carmen. Tenuto conto che il tempo non è ancora “da mare” decidiamo di annullare la gita alla Isla Coronado in programma per l’indomani e andare a “caccia” di balene all’Isla del Carmen. Leon ci organizza l’uscita in mare con Quiqui, il suo barcaiolo di fiducia, e alle 8.30 salpiamo sulla panga come novelli Achab in cerca di Moby Dick. La fortuna non è però dalla nostra e trascorriamo diverse ore in giro per l’arcipelago, con una giornata freschina, senza vedere non dico le belene, ma neppure qualche delfino.

Ci consoliamo con un secondo snorkeling con i leoni marini nei pressi dell’Isola di Monserrat. A differenza di La Paz qui siamo soli e l’esperienza ha un non so che di più autentico: ci divertiamo un mondo! Dopo il “bagnetto” Quiqui ci porta a pranzare in una spiaggetta da sogno sulla costa sud-occidentale dell’Isla del Carmen. Sabbia come talco e mare smeraldo, come da manuale: peccato che possiamo stare solo un’ora, per evitare che il mare si ingrossi rendendo difficoltoso il rientro.

La mattina del 30 dicembre, di buon ora, salutiamo Leon e partiamo per il lungo (e noioso) trasferimento verso La Paz. Un po’ per la confidenza maggiore con strada e macchina, un po’ perché la fresca mattinata promette finalmente una giornata estiva e un po’ perché le foto le avevamo fatte in abbondanza all’andata, sta di fatto che stavolta le medie di percorrenza scendono notevolmente, con punte ben oltre i 130 km/h. Questo ci consente di arrivare a La Paz per l’ora di pranzo: la giornata si conferma finalmente splendida e calda e mollati i bagagli alla Posada Luna y Sol ci affrettiamo a raggiungere le rinomate spiagge della punta di Pichiligue. Playa Balandra ci accoglie nel picco di bassa marea, lasciandoci un po’ sbigottiti.

Non avevamo letto da nessuna parte di questo fenomeno, ma questa splendida baia cambia completamente aspetto nei vari momenti della giornata. Come abbiamo appurato la mattina seguente, Playa Balandra al mattino appare come una calma laguna color smeraldo, contornata da spiagge bianche, con acqua calda e poco profonda. Col passare delle ore, tuttavia, la baia si svuota completamente, e la linea del bagnasciuga si sposta di svariate centinaia di metri, fino al limite esterno dell’insenatura. In questa fase per arrivare al mare si cammina sul fondo asciutto della laguna: una cosa incredibile che vale la pena di vedere.

Nel pomeriggio abbiamo visitato anche la vicina Playa Tecolote, la più attrezzata, bella ma ventosa.

Il giorno successivo, l’ultimo dell’anno, come anticipato decidiamo di trascorrerlo completamente a Playa Balandra: la giornata è finalmente estiva e da qui alla partenza il nostro viaggio si trasformerà in una vera vacanza balneare.

Approfittiamo dell’alta marea per goderci un’oretta di canoa nella splendida baia, sul fondo della quale di lì a un paio di ore ci troveremo a camminare. La canoa ce la affitta Benjamin, il simpatico amico che incontriamo sulla spiaggia e che si divide tra Balandra e Tecolote per affittare le canoe: 100 pesos (5,5 euri) per un’ora di divertimento sono decisamente ben spesi! Dopo 10 giorni di viaggio e 2.000 km ci concediamo finalmente di trascorre la giornata in un piacevole ozio da ombrellone, sorridendo ai messaggi di buon anno che iniziano ad arrivare dall’Italia, che sappiamo avvolta nel gelo: ci pare incredibile salutare l’anno in costume da bagno.

Tanto relax ci fa sopravvalutare il problema della cena del 31 dicembre, e quando alle 5 del pomeriggio iniziamo il giro dei ristoranti di La Paz per prenotare un tavolo troviamo ovviamente tutto pieno. Ci accontenteremo del modesto Rancho Viejo, sul malecon, che francamente non mi sento di raccomandare nonostante altri turisti per caso lo acclamassero tra i buoni ristoranti di La Paz (cameriera simpatica e prezzi bassi, ma bassa qualità del cibo e dubbie condizioni igieniche). Festeggiamo l’anno nuovo sul bel terrazzo della posada con una bottiglia di vino bianco! Approfittiamo della calma del primo giorno del 2010 per un facile trasferimento a Todos Santos, dove arriviamo ben prima di pranzo: sono tutti a letto dopo i bagordi della serata e sulle strade non c’è quasi nessuno.

Todos Santos è una località che ha suscitato in noi emozioni contrastanti. E’ considerata una delle località più turistiche e affascinanti della BC, e in effetti gli alti prezzi (intorno ai 100 dollari americani a camera a notte) sembrano confermare questa valutazione. Complice forse il fatto di averla visitata il primo di gennaio, quando tutto era praticamente chiuso, ha noi è sembrato un posto quantomeno sopravvalutato. Todos Santos è una cittadina non molto grande, abbarbicata su una collina vicino al mare, da cui tuttavia è quasi impossibile scorgerlo. Inoltre, a separarla dalle spiagge c’è una grandissima e rigogliosa palmerie, ricca di coltivazioni. Questo la rende una città a vocazione agricola e non marittima (come invece dovrebbe essere Pescadero, 10 km a sud, che però non abbiamo visitato). Il centro storico si riduce a quattro o cinque isolati di strade asfaltate, mentre nel resto del paese le strade sono in terra battuta e molto dissestate (anche quelle che sembrerebbero decisamente centrali). A Todos Santos non c’è ovviamente un lungo mare e per accedere alla spiaggia occorre aggirare la palmerie: non ci sono indicazioni, la strada è lunga da fare a piedi e le due strade sterrate (a nord e a sud della palmerie) che conducono a Playa la Poza e Playa Tortugas sono strettissime e accidentate. Le spiagge (che poi in realtà è un’unica lunga spiaggia con due accessi) sono senza dubbio molto belle, con la vista di un bel promontorio a sud, sabbia ocra e mare azzurro. Il mare qui è però l’Oceano Pacifico, quindi tutti i cartelli vietano di fare il bagno per la pericolosità della risacca. Dalla riva abbiamo assistito al meraviglioso spettacolo di un branco di mante che saltavano sull’acqua per predare, esperienza molto emozionante che ci è ricapitata a Los Cabos, anche se da molto più lontano. Bellissimo anche il tramonto sul mare che è stato forse il più magico di tutto il viaggio! La scarsità di indicazioni e la particolare morfologia del terreno, unite alla scomodità delle strade sterrate, hanno reso non proprio facile l’orientamento iniziale e la ricerca delle posadas che avevamo visto su internet, tanto che ad un certo punto ci siamo piantati con la macchina in un banco di sabbia a diversi chilometri fuori dal paese. Per fortuna abbiamo trovato un simpatico ragazzo con un pick up 4×4 che ci ha aiutato a disincagliare la macchina e tutto si è risolto in poco più di un’ora.

La prima posada che abbiamo visto, Flora del Mar, sembrava molto bella ma anche molto fuori mano rispetto al paese (è per cercarla che ci siamo incagliati!) e in ogni caso non aveva posto. La scelta è caduta su “Las Casitas B&B”. Il bed and breakfast è gestito da una energica signora canadese che vive ormai da molto tempo a Todos Santos. Le Camere sono pulite e curate, così come il giardino, e il tutto ha un aspetto variopinto e originale (lei è anche un’artista e una disegnatrice di gioielli). Il prezzo non è economico (circa 100 dollari americani) ma assolutamente in linea con tutti gli altri di Todos Santos, ed ha il vantaggio di essere ad un solo isolato dalle strade asfaltate del centro storico. Memorabile la luculliana colazione a base di frutta, spremute fatte in casa e waffles con sciroppo d’acero.

Per la cena posso segnalare solamente gli unici due posti che erano aperti il primo dell’anno. Uno è il ristorante italiano “Tre galline”, gestito da una signora dall’accento forse veneto e che sembrava molto promettente, ma nel quale non abbiamo cenato perché era al completo. L’altro è il ristorante del famosissimo Hotel California. La leggenda narra che questo sia l’albergo che ha ispirato l’omonima canzone degli Eagles, ma non si sa per certo se sia vero. In ogni caso il ristorante dell’albergo è veramente bello e curatissimo, con un menù di sofisticata cucina internazionale (e italiana), un bellissimo patio, musica e atmosfera romantici e suggestivi. Lo consigliamo, per una spesa che non ricordo ma che non mi pare si discostasse dalle solite cifre (circa 1.000 pesos per 4 persone).

Per tirare le somme, non dico che Todos Santos non meriti una visita, perché è sicuramente qualcosa di diverso dal resto della Baja, ma personalmente non spenderei lì più di due mezze giornate (e una notte).

La mattina del 2 gennaio partiamo dunque alla volta di Cabo San Lucas, meta finale del nostro viaggio: avremo a disposizione la macchina per qualche altro giorno, ma da qui in avanti il viaggio on the road si trasforma in una vera e propria vacanza, anche se non avremo comunque il tempo di annoiarci. Per Cabo, come la chiamano i locali, abbiamo prenotato l’albergo già da La Paz, unica volta da quando abbiamo lasciato San Josè del Cabo. Pare infatti che i giorni tra Natale e la Befana costituiscano il picco turistico per questa autentica enclave USA in terra messicana, e dato che dobbiamo trascorrevi ben 5 notti non volgiamo rischiare di rimanere “a piedi”.

L’idea sarebbe quella di tornare a farci coccolare al Marbella Suites, ma è al completo, per cui scegliamo l’Hotel Mar De Cortez in via Vincente Guerrero: posizione centralissima vicino alla Marina, piscina, prezzi decenti (806 pesos la camera doppia standard a notte, meno di 50 euro, tra i più bassi a CSL). Arrivati a Cabo si percepisce subito la differenza rispetto al resto della Baja California: la località è effettivamente un feudo USA, tanto che i prezzi sono espressi in dollari americani e le insegne di alcuni locali hanno il tocco kitsch tipico del west americano. Nei pressi della Marina è possibile trovare Starbucks, Johnny Rockets e molte altre catene americane, ma alla fine, dopo tanto deserto, un po’ di eccessi yankee divertono più che infastidire.

D’altro canto a Cabo si ha la possibilità di godere di tutti i comfort del capitalismo occidentale e comunque il paese è posizionato nei pressi di un promontorio meraviglioso e a due passi da spiagge di incredibile bellezza. L’Hotel Mar De Cortez è facile da trovare, comodo per visitare Cabo a piedi e le persone che ci lavorano si dimostrano sempre simpatiche e disponibili. Tuttavia non ci ha soddisfatto a pieno perché è lontano dalle spiagge (si può comunque arrivare a piedi a quella sul lato destro del porto e del faro, che, a dispetto della posizione, è molto bella e offre uno snorkeling che non ha nulla da invidiare ad altri posti più isolati). In più il suo difetto maggiore è la rumorosità: dalle camere, pulite ma molto molto spartane, si sentono tutti i rumori della corte interna, il vociare degli ospiti, le macchine in strada e, incredibile ma vero, un paio di fastidiosi galli che non si limitano a cantare all’alba, ma iniziano già alle due della notte! Ciononostante è bastato munirsi di buoni tappi per le orecchie e il resto della vacanza è trascorso piacevolmente tra bagni al mare e cenette al porto.

Segnalo in ordine sparso le cose interessanti fatte a Cabo San Lucas e dintorni.

Tra i ristoranti provati segnaliamo Pronto, piccolo ristorante italiano sulla Marina di Cabo: il cuoco è di Como e la cucina veramente ottima, a prezzi più che abbordabili, in linea con gli altri ristoranti della città. Per chi ha voglia di hamburger e patatine segnalo il sempre valido Johnny Rockets, sulla Marina accanto al grande centro commerciale, fast food stile anni ‘50 con cibo di buona qualità (per essere junk food). Il Mi Casa (http://www.Micasarestaurant.Com/) è un ristorante di cucina tipica messicana che si affaccia sulla piazza del municipio. Il posto è davvero singolare e molto allegro, con i mariachi ad allietare gli astanti, ma è talmente famoso (danni della Lonely) da risultare molto affollato, tanto che all’ingresso c’è un vero e proprio negozio di souvenir marchiati “Mi Casa”. Prezzi altini, qualità buona ma non eccelsa, servizio fin troppo rapido! Un ristorante molto simile ma meno caotico dove abbiamo mangiato bene è il Pancho’s, sulla via che dalla piazza del municipio va verso la Marina: per me è da preferire al Mi Casa.

Noi comunque una giornata l’abbiamo passata nella spiaggia del caro vecchio Marbella Suites, cenando nel discreto ristorante dell’albergo, vista mare e lontano dal caos di Cabo: splendida cabrilla alla plancia e ottimi Margaritas e uno staff sempre molto cordiale! Altre due spiagge molto belle si trovano sempre sul Corridor, a 10/15 km da Cabo: si tratta di Playa Santa Maria e Chileno Bay (ben segnalate), entrambe belle e ottime per uno snorkeling meraviglioso, che ci ha permesso di vedere a pochi metri dalla riva pesci angelo, pappagallo, napoleone, barracuda e mille altre specie tropicali! Playa S. Maria è la classica spiaggia libera, mentre Chileno Bay è una Playa Publica, attrezzata con ombrelloni di palma, bagni, docce, il tutto GRATIS! (grande segno di civiltà!). A largo di Chileno Bay abbiamo finalmente avvistato le balene, anche se da molto lontano, e le mante. Assolutamente da non perdere a Cabo San Lucas è la gita a El Arco. Potete andare con una qualsiasi delle decine di barchette che partono dalla Marina e che non farete fatica a trovare, dato che la passeggiata del porto è letteralmente costellata di chioschetti che propongono ogni tipo di attività turistica, dalle immersioni alla pesca d’altura. Il costo è di circa 12 dollari americani a persona e per quanto sia la cosa più turistica da fare in questo caso ne vale veramente la pena. La panga vi porterà fino alla punta estrema della baia di CSL, dove potrete ammirare L’ARCO, un vero e proprio spettacolare arco di roccia che segna anche il punto di incontro tra Oceano Pacifico e Mar di Cortez. Nella gita potrete anche vedere l’ennesima colonia di leoni marini e, se non sapete nuotare, potrete ammirare qualche pescetto tropicale dal fondo vetrato dell’imbarcazione. Fatevi lasciare dal barcaiolo a Playa del Amor, che si trova sul “versante-Mar-di-Cortez” del promontorio. Da lì un corridoio di sabbia vi permette di raggiungere con pochi passi Palya del Divorcio, sul “versante-Oceano-Pacifico”. Entrambe le spiagge sono mozzafiato e da Playa del Amor potete fare anche dell’ottimo snorkeling. Noi siamo rimasti lì due ore, ma se avessimo chiesto di rimanerci tre ore non ci saremo pentiti. Unica avvertenza è quella di portarsi da bere, perché sulla spiaggia ovviamente non c’è niente. Chi volesse fare immersioni può rivolgersi al Manta Diving, sul lato destro della Marina, quasi alla fine della strada che corre parallela al porto in direzione della basa militare della Marina Messicana. Personalmente ho rinunciato perché per circa 100 dollari americani proponevano immersioni in pochi metri d’acqua vicino a El Arco (ho visto le stesse cose facendo snorkeling). Probabilmente vale la pena andare con loro a fare immersioni a Cabo Pulmo, ma in inverno non le fanno per via dei venti e delle correnti.

L’ultima cosa che vi consiglio di vedere, se avete un po’ di tempo, è l’area protetta di El Estero. Si trova a San Josè del Cabo, alla fine della strada che percorre tutta la Zona Hotelera, ma non è ben segnalata: un punto di riferimento può essere il maneggio (che affitta anche quad) che si trova a due passi dall’ingresso. El Estero è specie di bolla temporale fuori dal tempo e dallo spazio.

Si tratta di un oasi faunistica ricavata sulla foce del fiume che costeggia San Josè (estero significa estuario): un posto avvolto nel silenzio dove abbiamo ammirato da pochi passi di distanza aironi, picchi, cormorani e molte altre specie di uccelli acquatici. Tra tutti, però, il più emozionante da vedere è stato il colibrì, che abbiamo letteralmente tempestato di foto mentre ci svolazzava intorno in cerca di polline.

Con questa immagine finisce il racconto della vacanza, che spero possa essere utile a quanti desiderano visitare la Baja California. Per noi l’esperienza è stata decisamente positiva: la natura è di una bellezza indiscussa e la gente simpatica e accogliente; il clima in inverno pressocchè ideale (a parte la sfortuna dell’anomalo freddo dei primi giorni) e i costi assolutamente abbordabili (voli a parte). Che altro dire: buona Baja California a tutti e …Que viva Mexico! A&O



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