Su e Giu per la Baja California

08/06/2008 – PRE-PARTENZA E’ ormai diventata un’abitudine consolidata (e molto sana!) quella di anticipare il viaggio a Malpensa il giorno precedente il decollo. Sarebbe inutile sommare i malefici influssi di una levataccia molto prima dell’alba alle già numerose ore di volo e sbattimento che ci aspettano negli aeroporti di mezzo mondo. ...
Scritto da: TripFabio
su e giu per la baja california
Partenza il: 09/06/2008
Ritorno il: 27/06/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
08/06/2008 – PRE-PARTENZA E’ ormai diventata un’abitudine consolidata (e molto sana!) quella di anticipare il viaggio a Malpensa il giorno precedente il decollo. Sarebbe inutile sommare i malefici influssi di una levataccia molto prima dell’alba alle già numerose ore di volo e sbattimento che ci aspettano negli aeroporti di mezzo mondo. Quindi: il volo intercontinentale è il 9 giugno, noi partiamo il giorno 8, per dormire nelle vicinanze dell’aeroporto e poterci svegliare all’indomani ad un orario potabile, belli freschi e riposati, pronti per affrontare il lungo spostamento.

Come d’abitudine ci appoggeremo al Malpensa House, che per 57,50 Euro ci mette a disposizione una camera doppia.

Da non sottovalutare l’effetto psicologico “allunga-vacanza” (si ha l’illusione ottica e mentale che il viaggio duri un giorno in più… Siamo veramente suonati!).

09/06/2008 MILANO MXP-PHILADELPHIA-SAN DIEGO Sveglia alle 7,00 (quindi neanche un orario da minatori), check-in a Milano MXP e poi US Airways per Philadelphia. Il volo scorre a meraviglia e il pilota ci fa un piccolo regalo: atterriamo con 45 minuti di anticipo. La baldoria per il regalo dura poco perché il successivo volo per San Diego partirà in ritardo di quasi due ore sulla tabella di marcia.

A San Diego incontriamo Laura, mexicana d.O.C., conosciuta tramite internet, che si è gentilmente offerta di venirci a sdoganare all’aeroporto per portarci a dormire a casa sua, a Tijuana. Gentilissima, perché in questo modo ci fa risparmiare un totale di tempo prezioso (saltiamo a piedi pari una notte in hotel negli USA, passiamo subito la frontiera messicana, facciamo immediatamente la FMT e soprattutto domani mattina saremo già in aeroporto alle 9,00 per ritirare l’auto).

Se avessimo dovuto seguire la trafila tradizionale, tra taxi, autobus, treni, attraversamento pedonale della dogana e controlli vari, probabilmente saremmo ancora fermi là.

Da notare poi che per domani abbiamo in programma sulla tabella di marcia già il primo grande spostamento, Tijuana – Bahia de Los Angeles, una bella sberla da 650 km per 9 ore abbondanti di auto… C’è una certa emozione nel varcare la leggendaria frontiera a Tijuana, che fino a questo momento avevamo visto solo nei film come “Traffic”; dagli USA al Mexico stasera è tutto tranquillo e così passiamo immediatamente senza controlli. Dall’altra parte della carreggiata, in direzione opposta (Mexico – USA) la coda e il caos sono impressionanti.

La FMT (forma migratoria para turista) è un documento che viene rilasciato ad ogni frontiera e costa 22,00 usd: è assolutamente necessaria per chi si trattiene oltre la città di Ensenada per più di 72 ore (quindi il nostro caso).

Piccola nota: durante tutto il viaggio né polizia né militari ce l’hanno mai chiesta; meglio comunque averla per evitare fastidiosi contrattempi in caso di controllo.

Espletate le formalità doganali, Laura ci porta a casa sua, una specie di reggia nel cuore di Tijuana: mobili antichi in stile messicano, un labirinto di stanze, 6 cani e un giardino di tutto rispetto, con un angolo di deserto in miniatura. Dopo due tacos siamo costretti a salutare e a ricoverarci a letto; ormai stiamo facendo “30 ore per la vita”. E domani inizia il vero viaggio.

10/06/2008 – TIJUANA-BAHIA LOS ANGELES (km 650) Dritti all’aeroporto di Tijuana a ritirare l’auto dalla National che ci propone un prezzo altamente competitivo e ben più vantaggioso: poco più di 500,00 usd, con un risparmio di circa 200,00 usd su quello della Thrifty; un’offerta “che non potevamo rifiutare”.

L’auto è una Mitsubishi Lancer bianca, 5 porte, molto più che decorosa, che verrà con noi fino a Los Cabos e ci riporterà a Tijuana il 26/6.

Lo spostamento di oggi è piuttosto ambizioso: Tijuana – Bahia Los Angeles, 650 km per circa nove ore di viaggio.

Appena usciti dall’aeroporto di Tijuana costeggiamo il confine Usa, lungo il quale è stato costruito un muro alto diversi metri e con tanto di filo spinato per tentare di arginare l’immigrazione, poi inforchiamo la Mxc1D, l’autostrada a pagamento (cuota) che costeggia il Pacifico. Purtroppo stamattina c’è una cappa di foschia che non ci saremmo mai aspettati e così per i primi 130 km, fino a Ensenada, addio colori dell’oceano, sembra di essere a Milano. Piccola sosta per fare rifornimenti di generi di prima necessità in un supermercato e si riparte subito.

I centri abitati che incontriamo lungo il tragitto, a volte anche distanti decine e decine di chilometri uno dall’altro, sono un po’ tutti uguali: case e basse, piccoli empori con le insegne dipinte, qualche motel, le immancabili chiesette. Fino ad Ensenada la strada è a due corsie per senso di marcia, poi si restringe e diventa una normalissima carreggiata a due corsie, a tratti dritta a perdita d’occhio, poi tortuosa e piena di dossi e guadi, ma comunque con il fondo sempre in buono stato (alla faccia di quello che avevamo letto).

Il paesaggio più bello è quello del Desierto Central: appena lasciato il piccolo centro di San Augustin cominciamo a vedere migliaia di cactus e “cirio” (curiose piante del deserto alte diversi metri, a forma di carota rovesciata). Le soste per le foto sono d’obbligo. Le vedute sono straordinarie, cactus e rocce gigantesche, sassi di dimensioni esagerate. Da registrare che, come dice il detto, “la mamma degli stupidi è sempre incinta”: la maggior parte di queste rocce è stata rovinata da milioni di scritte “dammòre” fatte con le bombolette spray (e quindi indelebili). Ma ci sono anche indirizzi completi e intere famiglie che si firmano; qualcuno ha addirittura pensato di utilizzare le rocce come insegna pubblicitaria per il suo negozio di fiori a La Paz, mille chilometri più a sud; ci andremo senz’altro.

Dopo circa 600 km imbocchiamo la Mxc12, altri 60 km arriviamo a Bahia Los Angeles e il Mar di Cortez appare davanti a noi. Ormai è quasi il tramonto e non ci resta che cercare un posto per dormire stanotte e domani (così recita il nostro programma di viaggio).

Apriamo il quaderno delle ricerche, frutto del nostro lavoro degli ultimi mesi, e tiriamo fuori il nome di Casa Diaz, il posto meno costoso in assoluto.

Hanno una stanza disponibile (e non è difficile capire perché!), una cabana sulla spiaggia, muri e soffitto scrostati, veranda stanca e cadente, bagno da dimenticare (tipo “Trainspotting), ma la posizione è favolosa e alla fine dobbiamo solo dormirci. Il prezzo di 250 pesos a notte, pari a 25,00 usd (meno di 8 euro a testa!) ci pare una cifra abbordabile per le nostre tasche. Segue una frugale cena in veranda e poi a nanna, dato che il tragitto di oggi e il fuso hanno compiuto l’opera.

11/06/2008 BAHIA LOS ANGELES-SANTA ROSALIA (km 400) Sveglia all’alba, anzi, prima (questa volta è vero). Non sono ancora le 5 e la nostra catapecchia, direttamente sul mare e rivolta ad est, viene investita dalle prime luci del mattino. Non ci possiamo far sfuggire l’alba sul Mar di Cortez.

A servizio fotografico terminato, con moltissima calma (abituarsi all’andazzo messicano non è così difficile) ci piazziamo sulla spiaggia davanti alla nostra reggia.

Quando dopo un po’ ci rendiamo conto che sono appena le 7 del mattino e noi siamo già distesi al sole sui salviettoni, ci prende un colpo: in Italia non sarebbe mai successo.

La Lonely Planet suggerisce “Playa la Gringa”, famosa per le tartarughe marine; la strada è asfaltata per i primi chilometri, ma gli ultimi sette sono di sterrato sassoso tra i cactus che mette a dura prova l’onesta auto.

Sulla spiaggia, di sabbia e sassi, siamo solo noi due e per puro culo riusciamo a vedere una tartaruga che si allontana in acqua.

Dopo esserci rosolati per qualche ora, ripartiamo all’attacco di altre spiagge dei dintorni, ma facciamo l’amara scoperta che la Gringa, assolutamente bella, è anche l’unica della zona (le altre sono tutte di sassi). Praticamente abbiamo già visto tutto e siamo solo a metà giornata e dato che abbiamo già pagato anticipatamente anche la seconda notte saremo costretti a bighellonare per far arrivare sera e ripartire domani.

Le nostre menti malate cominciano ad elaborare uno dei soliti piani diabolici… e a metterlo in pratica! Andiamo dal signor Diaz e gli diciamo che dobbiamo andarcene (per farci restituire i soldi, il che avviene puntualmente), poi chiudiamo baracca e burattini e ci dirigiamo verso sud, destinazione Santa Rosalia, in modo da diminuire il numero di chilometri per la trasferta successiva.

Addio Bahia Los Angeles, è stato bello, ma noi siam randagi e ce ne dobbiamo andare.

Tra l’altro Santa Rosalia era prevista nel nostro piano solo come sosta e non come tappa effettiva, quindi avremo qualche ora in più per darle un’occhiata.

Dopo oltre 400 km, dopo avere attraversato tutto il Desierto Vizcaino, cactus, piane desolate, vulcani spenti (Las Tres Virgenes) e catene montuose, dopo avere quasi toccato l’oceano Pacifico passando da Guerrero Negro, ci riaffacciamo sul Mar di Cortez proprio a Santa Rosalia, trovando rifugio al Motel San Victor, piccola e modesta struttura dal prezzo astronomico (si fa per dire…): 15,00 usd. Per le spese pazze, ci sarà tempo.

Si trova nel centro del piccolo abitato e la stanza è una specie di capanna dei minatori con due letti, uno durissimo e l’altro tanto molle che ti fa venire la schiena a banana. Tra i confort (compreso un ventilatore a pale e una specie di macchina del vento davvero infernale) c’è anche la tv. Peccato che il modello sia ampiamente superato (forse anni 60?). Proviamo a cambiare canale, ma esce una fiammata; meglio spegnere, qui è tutto legno, potremmo andare arrosto.

Piccola nota di colore: oggi arrivando a Guerrero Negro abbiamo dovuto spostare le lancette degli orologi, perdendo di colpo un’ora: qui il 28° parallelo segna anche la linea di cambiamento dell’orario per cui si passa dal Pacific Time (quello di Los Angeles e San Francisco, – 9 rispetto all’Italia) al Mountain Time (quello di Denver, – 8 rispetto all’Italia).

E intanto oggi abbiamo girato la boa dei primi 1.000 chilometri di viaggio.

12/06/2008 LORETO (km 200) Considerato che il nostro fuso orario è sballato, ma soprattutto che stiamo seguendo i ritmi della natura, la sveglia spontanea è anche stamattina prima dell’alba. Ne approfittiamo per fare due passi per Santa Rosalia, che è molto simpatica. Vorremmo andare a comprare qualcosa da mangiare alla famosissima panaderia “El Boleo”, ma tutti i messicani sono ancora a letto e anche i fornai.

Non ci resta che partire a stomaco vuoto. Il tempo non è dei migliori, ma costeggiando la Bahia Concepcion abbiamo ugualmente la percezione che ci siano dei posti bellissimi. Li rivedremo da vicino durante la risalita nel viaggio di ritorno (dovremo passare di nuovo da qui, la strada è una sola).

Grazie alla tirata di ieri, il viaggio di oggi è relativamente breve, circa 200 km e la tappa è Loreto, dove la nostra tabella di marcia prevede uno stop di due notti. In tarda mattinata arriviamo e possiamo contare su un’ampia gamma di sistemazioni. La scelta cade sul Motel Salvatierra, buona posizione, spartano quanto basta, prezzo abbordabilissimo (33,00 usd). Oggi dovremo arrangiarci alla meglio (anche perché non ci sono spiagge nelle vicinanze del paese) poi domani dedicheremo la giornata alla visita di Isla Coronado per vedere i famosi leoni marini. Per questo veniamo indirizzati da Arturo Fish Sport, una specie di agenzia che organizza le escursioni. Ma gli impedimenti sono troppi: viene richiesto un numero minimo di partecipanti (3 e noi possiamo contare solo su noi stessi), prezzo non proprio da amico (120,00 usd in due)… il bravuomo è comunque disposto a venirci incontro: se pagheremo l’equivalente di 3 quote, e quindi 180,00 usd, lui potrebbe anche chiudere un occhio e lasciarci partire in due! Alla faccia! Troppo generoso! Ringraziamo e promettiamo di ritornare entro sera per la prenotazione. All’uscita veniamo contattati da Fernando, un pescatore che ha visto il business, ha mangiato la foglia e ci offre la sua lancia per fare il medesimo giro al prezzo concorrenziale di 80,00 usd in due e per di più con partenza immediata. Questo è il classico incontro della domanda e dell’offerta, accettiamo subito e mandiamo idealmente Arturo a farsi friggere.

Il tempo di passare al motel a raccogliere il necessario e poi subito al porto, dove Fernando e la sua “Cinthya Fernanda” (la sua barca, anche se il nome potrebbe essere quello di una ballerina di night) ci aspettano.

Si salpa, la traversata per Isla Coronado dura circa mezz’ora. Il tempo non è favoloso e la sfiga si manifesta: nessun leone marino, saranno andati a mangiare, quindi grande buco nell’acqua. A parziale risarcimento ci viene proposto un bagno in una baia con la sabbia del colore del borotalco e l’acqua come quella di una piscina.

Tra l’altro esce (e non se ne va più) anche il sole. Pellicani, gabbiani e anche una razza. Peccato per i leoni marini, ma il posto è da favola, uno di quelli che ci renderanno orgogliosi di dire “io c’ero”.

La sosta in paradiso si prolunga per più di un’ora, poi il rientro a Loreto (che è un bel paesino molto tranquillo, con una bella passeggiata sul mare).

Per concludere degnamente la giornata, andiamo a cenare in una steak house poco distante dal nostro motel dove, seduti nel bel giardino esterno, sbraniamo mezzo pollo alla griglia a testa, con contorni e antipasti vari, bevande incluse, alla cifra stratosferica di 28,00 usd in due (tradotto; meno di 10,00 euro a testa). Wow! 13/06/2008 LA PAZ (km 350) Siccome ieri ci siamo brasati e visto che oggi è nuvoloso, dedicheremo la giornata di oggi al riposo della pelle e contemporaneamente allo spostamento verso La Paz. La trasferta non è pazzesca (350 km), abbiamo fatto ben peggio nei giorni scorsi. Però sarà un po’ la stanchezza, forse gli influssi del fuso, magari il caldo accumulato ieri (e stanotte), certamente la brasatura di Isla Coronado e il paesaggio che è piuttosto monotono… Insomma, la tratta risulta più pesante del previsto.

La Paz dovrebbe essere una delle tappe più interessanti del nostro viaggio e in effetti il suo biglietto da visita non è niente male: città affacciata sul Mar di Cortez e acqua azzurra. La nostra lista di hotel/motel ci porta ad avventurarci nel centro, che ben presto abbandoniamo per la scarsità di parcheggi. Ci viene in soccorso l’insegna del Motel Tijuana (un segno del destino?) che non rientra nella nostra bibbia e che ci offre una sistemazione se non principesca senz’altro decorosa alla comoda cifra di 35,00 usd per notte. Prenotiamo subito al volo due notti (magari ne aggiungeremo una ulteriore) poi andiamo alla scoperta delle famose spiagge, che si trovano fuori dal centro abitato, più a nord, oltrepassati il deposito carburanti e il molo dei traghetti; andremo solo per guardare, visto che la nostra pelle non ci perdonerebbe una nuova esposizione solare.

Così raggiungiamo Playa Tecolote, dove contrattiamo per il tour di Isla Espiritu Santo, domani, per vedere i leoni marini, con la speranza di essere più fortunati di ieri a Loreto.

Effettivamente le spiagge di questa zona lasciano veramente a bocca aperta e ci sarà davvero da sbizzarrirsi nei prossimi giorni.

Segue un piccolo giro a La Paz, città tranquilla, con un bel centro storico e un malecon (lungomare) molto bello.

14/06/2008 LA PAZ Per la prima volta dall’inizio del viaggio, oggi non ci alziamo per fare caricare i bagagli in auto per macinare un sacco di chilometri, ma restiamo a La Paz per fare il tour di Isla Espiritu Santo. In teoria questo dovrebbe essere il giorno dell’incontro con i leoni marini, uno dei momenti clou del nostro viaggio in Baja California e quindi per oggi abbiamo molte aspettative (sperando di essere più fortunati che a Loreto).

Il tour parte alle 10,00 da Playa Tecolote, una ventina di chilometri più a nord di La Paz, che si raggiunge agevolmente in auto su una strada completamente asfaltata, passando vicino al terminal dei traghetti e costeggiando alcune spiagge da sogno (Playa Pitchilingue, Playa Tesoro…).

Puntuali come due svizzeri alle 9,30 siamo davanti all’imbarco, manca mezz’ora alla partenza, ma non c’è ancora nessuno. In realtà, ma dovevamo pensarci subito, gli orari messicani sono piuttosto elastici: sono passate abbondantemente le 10,00 quando arrivano i responsabili e quindi ci fanno salpare dopo le 11,00, una volta verificato che chi ha prenotato ha mollato la storia e ha tirato il pacco.

Ci va di lusso, la barca è tutta solo per noi due, una specie di viaggio autogestito, senza dover avere a che fare con americani vocianti o altro. L’equipaggio-comandante-pilota è Saùl, mexicano ovviamente, che ci illustra tutte le particolarità del tragitto.

Il giro è uno spettacolo da cartolina, non si può venire da queste parti e lasciarsi scappare questa occasione. Espiritu Santo è un’isola che cambia metro dopo metro: scogliere colorate dai minerali, spiagge bianche, faraglioni a picco sull’acqua, grotte marine e naturalmente un mare assolutamente strepitoso dal blu all’azzurro al verde.

I gruppi di pellicani e gabbiani non si contano, una baia dalle acque verdi e azzurre ospita un villaggio di pescatori, mentre sotto di noi il mare è talmente limpido che riusciamo a vedere interi branchi di pesci tropicali e anche un pesce palla. Ma il top ci aspetta dietro l’angolo: oltre la sommità più settentrionale dell’isola si trovano los Islotes, che sarebbero solo alcuni anonimi massi di granito sporgenti dal mare, se non fosse che qui vivono beatamente circa 400 leoni marini e oggi ci sono proprio tutti.

Lo spettacolo è indescrivibile, passiamo vicinissimi, anche se dobbiamo cautelativamente restare a distanza di sicurezza perché questa è la stagione della nascita dei cuccioli e soprattutto i maschi, che sono abbastanza incazzati, potrebbero risultare pericolosi; normalmente è possibile nuotare in mezzo ai leoni marini.

D’accordo, ci sono i turisti che rompono un po’ le palle, ma alla fine vengono solo per guardarli mentre gli animali fanno i loro porci comodi.

Il tour prosegue verso una baia con spiaggia bianca e mare trasparente dove dovremmo pranzare, ma ci sono già ben 10 persone e il nostromo decide di portarci in una località balneare più tranquilla e meno affollata. Ne sceglie un’altra dove siamo davvero soli e in quattro e quattrotto viene allestito il tavolo delle vivande per la “comida”, insalate di pesce freddo molto gustose e panini (naturalmente il tutto compreso nel prezzo della scampagnata, 55,00 usd a testa).

Non ci resta che salpare di nuovo per portare a termine la circumnavigazione dell’isola, ma c’è ancora il tempo per un’ultima sosta, per infilare le pinne (gentilmente offerte dalla direzione artistica) e fare snorkeling tra i pesci tropicali. Un momento indimenticabile.

Al rientro dobbiamo solo coronare degnamente la giornata sfruttando fino all’ultimo il sole sdraiati a Playa Tecolote.

15/06/2008 LA PAZ Fedeli alla nostra promessa, dedicheremo un’intera giornata alle spiagge dei dintorni di La Paz. Siccome non c’è che l’imbarazzo della scelta e visto che sulla sabbia di Playa Tecolote abbiamo già dato, per non farci mancare niente inizieremo da Playa Balandra.

Che è la più bella, modestamente. Difficilmente si può vedere qualcosa del genere in qualche altro posto del mondo: una baia quasi rotonda di acqua azzurra, fonda non più di un metro in ogni punto, circondata da monti ricoperti da cactus e naturalmente sabbia bianca candida.

Se dovessimo fare una classifica delle spiagge più belle del mondo (quello che abbiamo visitato finora, naturalmente) questa entrerebbe senz’altro nella “top ten”. Restiamo qui tutto il giorno. E chi si vorrebbe più muovere? Oggi è festa e Playa Balandra viene usata dalle famiglie locali per la gita domenicale; così capita che mentre i bambini giocano in questa grande piscina naturale senza pericoli, gli adulti depositano sulla spiaggia numerosi contenitori extra-large, simili a delle bare (grandi almeno tre volte quelli classici italiani) ripieni di cibo e birra. Con l’esaurimento delle scorte di cibo si chiudono i festeggiamenti, vengono richiamati i bambini, segue una veloce raccolta dei rifiuti prodotti e quindi tutti a casa. Qui il divertimento è direttamente proporzionale alla quantità di cibo a disposizione.

I messicani sono piuttosto “maranza”: auto truccatissime (abbiamo visto anche tubi di scappamento con illuminazione), radio a palla. Arrivano in auto fin sulla spiaggia, infischiandosene del parcheggio, spalancano le porte e pompano la musica al massimo, per fare il bagno a tempo di house martellante o cullati dalle canzoni dei mariachi.

Cena a base di pesce al “Terramar”, un piccolo ristorante direttamente sul malecon al tramonto, una figata pazzesca per un prezzo assurdo (in senso buono) 23,00 usd in tutto, meno di 8,00 euro a testa.

Poi, rientrati al nostro covo, ci piazziamo fuori a beccare il fresco. Sentiamo la sirena della polizia, che diventa sempre più forte… si fermano davanti a casa nostra… i poliziotti cominciano a filtrare nel cortile… uno, due… cinque pulotti, che ci dicono che stanno cercando un uomo armato che pare si sia rifugiato da queste parti…

Meglio andare a letto. Evidentemente, anche La Paz ha i suoi problemi.

16/06/2008 CABO PULMO (km 150) La Paz e il suo malecon ci sono piaciuti molto, ma oggi dobbiamo proprio dare l’estremo saluto. Vogliamo fare un salto all’internet point in centro, c’è un posto nel parcheggio sul malecon dall’altra parte della strada rispetto a noi e abbiamo la brillante idea di parcheggiare in senso opposto rispetto a tutte le altre macchine. Che sarà mai… Ci allontaniamo per non più di 15 minuti e al ritorno dalla nostra passeggiata (infruttifera, zero internet point) troviamo due sorprese: una bella multa sul parabrezza e la sparizione della targa anteriore. Praticamente qui funziona che i vigili ti piantano la contravvenzione e fino a quando non la paghi, non ti mollano la targa (con i relativi problemi di circolazione e soprattutto rendendoti riconoscibilissimo come “farabutto che non paga le multe).

Quindi andiamo alla centrale dei vigili e dopo un’ora di coda, dopo aver pagato 19,00 usd (credevamo molto peggio…) riusciamo a sdoganare la targa e, dopo averla riavvitata, possiamo ripartire. Destinazione Cabo Pulmo.

Il tragitto non è particolarmente lungo, ma la strada è per buona parte tortuosa e così perdiamo un bel po’ di tempo. Siamo incuriositi da Los Barriles, ci fermiamo e andiamo a dare un’occhiata alla playa: capita così durante il viaggio, ti fermi per uno sguardo ad un posto che non viene neanche preso in considerazione dalle normali guide, e succede che trovi un paradiso inaspettato. La spiaggia, che è bellissima, bianca, larga, il mare di colore turchese, onde di tutto rispetto e piuttosto freddino, meriterebbe molto più di una sosta, ma per noi zingari il tempo è sempre tiranno. Se avessimo più tempo ce ne sarebbero di posti da vedere e che invece ci toccherà tralasciare… Si riparte e all’altezza di Santa Cruz (qui la maggior parte dei paesi hanno nomi di “santi”) inforchiamo la strada per Cabo Pulmo, che è asfaltata per un buon tratto. Avevamo letto che l’ultimo tratto, di circa una decina di chilometri, risulta percorribile solo con un fuoristrada: c’è molta poesia a volte sulle guide, la strada è certamente “dirty”, sterrata, ma non proibitiva se fatta con le dovute precauzioni.

Dopo diversi chilometri percorsi (oggi tocchiamo il traguardo intermedio dei 2.000 chilometri di viaggio) mangiando polvere e senza vedere altro che cactus e monti, arriviamo su un’altura dalla quale la veduta è fenomenale: sotto di noi c’è un mare blu turchese che risalta ancora di più sul paesaggio desertico.

Non ci resta che trovare un riparo per la notte e non dovremo faticare troppo visto che si tratta di un piccolo gruppo di case con solo tre possibilità di pernottamento. La prima sistemazione, il Cabo Pulmo Beach Resort, è molto bella ma anche molto cara; la seconda, il Bahia Bungalows, è sold out; la terza… beh, scegliamo quella, non c’è altro. Si tratta della mitica vecchia Nancy, un’arzilla signora americana sulla settantina che ha un piccolo ristorantino con annesse alcune cabanas molto mooolto spartane.

La nostra (che paghiamo la bellezza di 45,00 usd) è fatta di frasche di legno grossolanamente cementate all’esterno, con il tetto di foglie di palma e le porticine di legno. Il pavimento è praticamente un optional, mentre nella veranda all’esterno è appesa una comoda amaca, un vero tocco di classe. Il cesso (e chiamarlo così è quasi un complimento) naturalmente è esterno e in comune con gli altri abitanti.

E con questa sistemazione ci siamo guadagnati il distintivo di “randagi veri”, visto che non avevamo mai dormito in un posto simile prima d’ora.

Resto del pomeriggio sulla spiaggia, completamente deserta e selvaggia.

E per cena? Ma da Nancy, naturalmente, che dal suo cuoco ci fa cucinare un meraviglioso filetto di tonno (34,00 usd).

Poi all’imbrunire, a nanna nella nostra reggia, dato che da queste parti c’è ben poco da fare, una volta calate le ombre della sera.

17/06/2008 LOS CABOS (km 150) La sveglia nella catapecchia di Nancy non ci coglie particolarmente di sorpresa: il tetto di foglie di palma intrecciate ha tanti di quei buchi che mostrano perfettamente il cielo e la luce entra a fasci come nelle fumose discoteche di una volta. Non c’è bisogno dell’orologio per orientarsi sull’orario. Stanotte poi ci hanno tenuto compagnia un sacco di animali, animaletti e uccellini.

Colazione, compresa nel prezzo (la vecchia si è proprio rovinata) a base di frutta fresca e fette di pane fritto e imbevute di ultra dolce sciroppo d’acero, cucinata direttamente da Nancy con le sue mani.

Il nostro piano di viaggio avrebbe previsto ben due notti a Cabo Pulmo, ma evidentemente non siamo fatti per rispettare gli schemi (neanche se li abbiamo fatti con le nostre mani) e così ancora una volta stravolgiamo i progetti e salutiamo.

Una piccola sosta sulla spiaggia di La Rivera, a pochi chilometri, per un’ora di sole e poi si salpa per San Josè del Cabo e Cabo San Lucas (definiti in una parola “Los Cabos”), la parte più meridionale della Baja California, quella più turistica e americanizzata.

Sulla strada una tappa d’obbligo è quella per la foto al “Tropico del Cancro” che passa proprio di qui; il monumento che lo celebra fa veramente pena (è praticamente una palla di ferro… non sono stati molto fantasiosi), ma sapere che per ritrovarlo bisognerebbe essere a Taiwan o in India o in Arabia o nel Sahara, è già piuttosto emozionante.

San Josè è un enorme paesone, molto trafficato, con una vasta periferia e hotel sempre più lussuosi mano a mano che ci si avvicina al mare.

Siccome è in corso l’operazione “trovare un riparo per la notte” dalla consultazione del quaderno delle ricerche risulta che, strano ma vero, le sistemazioni sono più a buon mercato a Cabo San Lucas che non a San Josè del Cabo, per cui decidiamo rapidamente di mollare quest’ultima per tentare la fortuna nella città dell’arco.

A questo punto stiamo percorrendo il cosiddetto “Corredor”, la costa compresa tra le due località turistiche, fatta di spiagge e mare bellissimi, ma purtroppo costellata di hotel di lusso sul mare che hanno rovinato il paesaggio. Nonostante la maggior parte delle spiagge di questa zona sia ad esclusivo uso e consumo dei ricconi americani, riusciamo ad individuare alcuni posticini “free” in cui tornare domani.

Arrivati a Cabo San Lucas puntiamo sulla downtown, la parte vecchia della città, non troppo distante dalla zona turistica, ma abbastanza decentrata per avere prezzi meno pompati. Scegliamo l’Hotel Mar de Cortez, bella struttura, pulita e curata, con un bel posteggio riservato e protetto, bella stanza a due letti con veduta sulla piscina (che ovviamente non useremo mai) alla onestissima cifra di 61,00 usd a notte. E noi ne faremo qui due.

Quindi subito al porto per andare a vedere il famoso El Arco, dove si può arrivare solo via mare e senza troppa difficoltà, dato che sono decine le imbarcazioni che partono ogni ora. Dal loro fondo di vetro si possono vedere i pesci tropicali che popolano il fondale e si può scegliere tra numerose compagnie di water taxi che per 12,00 usd ti portano vicino alle scogliere, a Playa de l’Amor, a Playa del Divorcio, e naturalmente a El Arco, proprio dove il mar di Cortez si incontra con le acque tumultuose dell’Oceano Pacifico. Fa una certa impressione essere vicino a El Arco, dopo che lo abbiamo visto per anni solo nei documentari o sui libri o sui desktop dei computer. Sugli scogli c’è anche una colonia di leoni marini, una decina in tutto; bello spettacolo, che tuttavia ci lascia un po’ indifferenti, dato che tre giorni fa ne abbiamo visti 400 in un colpo solo.

Ci sarebbe anche la possibilità di farsi sbarcare su la Playa de l’Amor per sostare e poi prendere un water taxi per il ritorno nelle ore seguenti, ma oggi il mare è particolarmente inferocito e le operazioni di sbarco/imbarco sono piuttosto difficoltose (ne sa qualcosa quell’allegra famigliola di americani che è sbarcata sotto i nostri occhi a rischio della vita). In più sulla spiaggia, che non è neanche tanto spaziosa, ci sono già centinaia di turisti… no, grazie, niente casino, preferiamo andare a finire la giornata in un posto meno affollato, quindi andiamo alla spiaggia del Medano, piena di gente, ma è talmente vasta da offrire tanta sabbia per tutti.

Cabo San Lucas è piena di americanazzi di ogni forma e peso (i “gringos”, come li chiamano qui) e tutto è costruito su misura per loro.

Serata a coronare la giornata con una solenne beccata di pesce al ristorante “El Pescador”, 310,00 pesos in due, 31,00 usd pari a 10,00 Euro scarsi a testa… prezzi in linea con l’Italia…

18/06/2008 LOS CABOS – EL CORREDOR (km 50) Ormai il nostro scarno guardaroba è agli sgoccioli, quindi se vogliamo proseguire il viaggio senza puzzare come i caproni e senza dover andare a riesumare le magliette sporche e sudate, urge un bucato. Fortunatamente vicino all’hotel c’è una lavanderia a gettoni che fa al caso nostro e la gentile lavandaia, forse un po’ per compassione, forse per disinfettarci, abbonda particolarmente in detersivi e ammorbidenti. Adesso siamo profumatissimi.

Poi si parte per El Corredor, quel tratto di spiagge hotel pluristellati che si trova tra Cabo San Lucas e San Josè del Cabo.

Chiaramente non riusciremo a sfruttare tutta la sabbia esistente (30 km), ma faremo del nostro meglio. La prima tappa è a Bahia Santa Maria, a pochi chilometri da Cabo San Lucas, spiaggia libera (una delle poche) a semicerchio, adagiata in una baia circondata dalle rocce, dove il caldo è infernale e non ci sono ripari, ma l’acqua è talmente fredda da consentire solo una rapida infusione nel mare.

Pochi chilometri e siamo a Playa Chileno, stesse caratteristiche della precedente (caldo esagerato & acqua freddissima), ma con alcune varianti, come i bagni, le docce e ombrelloni rustici fatti di foglie di palma; ci sono anche diverse palme che forniscono almeno un po’ di riparo dal sole cocente, il che non guasta. Anche questa è una spiaggia frequentata da gente del posto e così assistiamo allo spettacolo già visto e rivisto del “restaurante a la playa”, con le famigliole che arrivano attrezzate con ogni bendiddìo e si nutrono fino ad esplodere.

Il nostro tour termina a Playa Cabo Real, dove ci siamo solo noi, mentre il Pacifico si gonfia e riversa le sue onde verdi e gigantesche davanti ai nostri asciugamani.

Cotti come due arrosti, esaurito il tempo a disposizione (ma non le spiagge da vedere, ce ne sarebbero diverse altre) ritorniamo alla base dove ci aspetta un’ultima volta il restaurante “El Pescador” per una nuova indimenticabile mangiata di pesce low cost (31,00 usd in due).

19/06/2008 TODOS SANTOS E… (km 150) Terminata la nostra esperienza nella parte più “americana” e commerciale della Baja California, dopo avere dedicato un’oretta allo shopping, facciamo fagotto e voltiamo la prua della macchina a nord, verso Todos Santos, dove il nostro programma prevede uno stop di due notti.

La strada è piuttosto scorrevole, da una parte il deserto con i cactus, dall’altra, poco distante, l’Oceano Pacifico.

Abbiamo grandi aspettative per Todos Santos, abbiamo letto racconti di viaggio che ne parlavano in termini entusiastici: dovrebbe essere un centro turistico molto particolare, circondato da piantagioni di frutta tropicale e con belle spiagge, per il bagno e per il surf, poco distanti.

La maggior parte di queste ultime si trova a sud della città, ma per raggiungerle bisogna percorrere sempre alcuni chilometri di sterrato. Con la nostra auto ufficialmente non potremmo, ma non è solo una questione contrattuale, perchè queste strade mettono veramente a dura prova il nostro carro. In fondo ad una di queste “dirty road” (l’auto sta facendo versi e rumori da sfasciacarrozze) riusciamo ad arrivare a Playa los Cerritos: non male, larga, con mare violento e quindi paradiso per i surfisti, non troppo adatta per il bagno, ma un’ora di sole ce la meritiamo tutta. Quando poi leggiamo che questa spiaggia tra tutte quelle di Todos Santos è una delle più belle, meglio raggiungibili e sicure per il bagno, restiamo a bocca aperta. Forse ci siamo abituati troppo male negli ultimi giorni, saremo diventati troppo esigenti, ma non credevamo che fosse così complicato raggiungere il mare da queste parti. Proseguiamo verso Todos Santos e dovremmo incontrare gli sterrati per almeno altre tre spiagge. Vediamo quello per Playa San Pedrito, ma le condizioni del sentiero sono proibitive quindi lasciamo perdere; per quanto riguarda le playas di Las Palmas e Punta Lobos… beh, abbiamo già avuto culo a trovare la prima e, dato che da queste parti le indicazioni stradali sono pressoché inesistenti, involontariamente, le saltiamo.

Arriviamo infine a Todos Santos, il paesino è carino, ma è anche turistico all’ennesima potenza: i negozietti di souvenirs sono tutti uguali uno all’altro, l’Hotel California è una mezza bufala e, nonostante la leggenda che lo vuole “sacro ispiratore” della omonima canzone, pare, secondo alcune fonti, che non abbia nulla a che spartire né con gli Eagles né con la loro famosa canzone. In compenso, per chi vuole trastullarsi nel dubbio e riposare nelle sue camere, i prezzi arrivano anche a 250,00 usd a notte (questa si che è una follia). Un giro alla chiesa di Nuestra Senora del Pilar e… voilà abbiamo già finito.

Abbiamo già trovato e prenotato (a parole) un modesto motel (il Miramar, 30,00 usd a notte), ma stiamo seriamente cominciando a considerare che due pernottamenti a Todos Santos forse siano troppi; e così le notti passano rapidamente da due a una.

Poi, considerata l’oggettiva difficoltà per raggiungere le spiagge e che il paese è già stato setacciato, ancora una volta il famoso piano, il progetto di viaggio va a farsi benedire: si va verso La Paz, ci era piaciuta tanto, ci sarà pure ancora qualcosa da vedere e altrimenti c’è Playa Balandra (the best). Quindi alla fine zero pernottamenti, Todos Santos adios! Arrivati a 20 chilometri da La Paz, al bivio per Cabo Pulmo, ci rendiamo conto che abbiamo percorso proprio tutte le strade asfaltate della Baja California, primato di cui andremo piuttosto orgogliosi.

Decidiamo di non andare all’hotel Tijuana dove siamo già stati alcuni giorni fa: fatalità a poca distanza da quello, proprio sulla strada principale, si trova l’hotel San Bernardino, dignitoso, due letti, bagno, TV e aria condizionata all’onesta cifra di 75,00 usd per due notti. Non potevamo trovare di meglio.

Quel che rimane del pomeriggio viene immolato sulla sacra sabbia di Playa Balandra, mentre per cena la scelta cade sul “Laureles”, ristorante di pescado y mariscos direttamente sul malecon (ci era stato consigliato giorni fa dal nostromo Saùl, quello del trip a Isla Espiritu Santo). Mangiato benissimo e speso una cifra da non credere (29,00 usd).

20/06/2008 LA PAZ E DINTORNI (km 120) Stamattina ci lasciamo guidare solo dalla cartina e dal nostro naso, dato che andremo alla scoperta di una zona non troppo distante da La Paz e che non viene descritta nelle guide turistiche.

Quaranta chilometri a sud-est della città scopriamo La Ventana, un piccolo abitato sul mare con una spiaggia bianca molto ampia, probabilmente usata solo dai locali per le loro scampagnate/abbuffate. Ci siamo solo noi e i pellicani.

Un’ora di sole e poi la fame di viaggio che ci divora prende il sopravvento e ci spinge a rimetterci in viaggio e ad arrivare, dopo alti 20 chilometri a Bahia de los Suenos. La strada è asfaltata per buona parte, solo gli ultimi due chilometri sono sterrati, ma ben battuti e quindi molta polvere ma no problem con la macchina; tra l’altro l’ultimo tratto è un rettilineo in mezzo ad un bosco di cactus giganti e fioriti, praticamente un vero e proprio viale di cactus.

Bahia de los Suenos tiene fede al suo nome: spiaggia bianca e mare azzurro trasparente, di turismo neanche l’ombra, quindi, sosta doverosa.

Il ritorno verso La Paz viene effettuato direttamente nel forno crematorio, l’aria è talmente calda che nelle nostre bottigliette d’acqua potremmo fare il thè. Naturalmente, da veri amanti del brivido, per provare fino in fondo l’emozione del “vero deserto”, i nostri finestrini sono completamente abbassati (da notare che non sappiamo se l’aria condizionata della nostra auto funzionasse o meno, perchè durante tutto il nostro viaggio – Tijuana-Los Cabos e ritorno – non l’abbiamo mai accesa, neanche per un minuto): in questo modo il deserto entra direttamente nell’abitacolo e l’aria bollente ci arde vivi, prosciugandoci anche le viscere.

Chi riesce a indovinare dove siamo andati a trascorrere le ultime ore del pomeriggio? Esatto, al santuario di Playa Balandra, che ormai è un “must”.

Degna chiusura davanti ad un enorme piatto di pescado al Laureles; siamo stati trattati così bene ieri sera, perché cambiare? (25,00 usd) 21/06/2008 BAHIA CONCEPCION (km 500) E’ il giorno dell’addio definitivo a La Paz, dove alla fine, tra una storia e l’altra, abbiamo trascorso ben cinque notti del nostro viaggetto. Ci ricorderemo per sempre del suo malecon, il passeggio sul mare, di una bellezza unica, ce l’avessimo noi… Il trip punta decisamente verso nord, si riattraversa la Ciudad Insurgentes per arrivare a Bahia Concepcion, passando per Loreto. Nel frattempo il contachilometri arriva a 3.000. Durante lo spostamento di oggi siamo stati fermati due volte per i controlli dei militari: la Baja California, da nord a sud (fatta eccezione per l’estremo sud, forse per non rompere i coglioni ai ricchi turisti americani) è piena di posti di blocco dei militari, postazioni fisse in mezzo alla strada, dove nella migliore delle ipotesi si limitano a fare solo alcune semplici domande (da dove vieni, dove vai, cosa stai facendo… ecc.). In altri casi, soprattutto durante la risalita verso nord, ti fanno scendere dall’auto e scatta la perquisa del mezzo (come è successo a noi in entrambi i casi di oggi).

I controlli durano pochi minuti e, a meno che non si stia trasportando un cadavere, si risolvono senza intoppi. A questo punto se qualcuno dovesse viaggiare con qualcosa di illegale… beh, sarebbe veramente da coglioni. Dobbiamo dire poi che i messicani hanno un modo molto pittoresco di guidare: praticamente non sanno andare per strada. La Mxc1 è disseminata di croci con fiori e ceri, a volte piccoli mausolei (ma anche di carcasse di auto capovolte, bruciate o finite in fondo ad un dirupo) che ricordano qualcuno che si è scrociato e non è più tornato a casa quella sera. Che sia il risultato di tutta quella birra che devono da queste parti? Le strade della Baja California sono purtroppo anche piene di rifiuti, vere e proprie discariche a cielo aperto. Abbiamo notato che i rifiuti vengono accumulati in mezzo al deserto delegando poi il vento allo spargimento della monnezza, qua e là, ovunque. Capita così di essere attirati dall’infiorescenza rigogliosa di un cactus e una volta avvicinati per scattare una foto da premio Pulitzer, si scopre che non è altro che il brandello di un sacchetto di plastica colorato.

Tra infinità di cactus e maestosi canyon, arriviamo finalmente, dopo oltre 500 chilometri, in prossimità della Bahia Concepcion, una grande insenatura sul versante del Mar di Cortez.

Quello di oggi è stato quasi un viaggio della speranza, un caldo infernale, fortunatamente il nostro frigo da viaggio è sempre colmo di ghiaccio e bottiglie di acqua fresche (sconsigliamo vivamente a tutti di percorrere le strade della Baja California senza abbondanti riserve di acqua; altrettanto caldamente suggeriamo di mantenere il serbatoio costantemente pieno, dato che tra una pompa di benzina e l’altra ci possono essere molti molti chilometri).

L’hotel Buenaventura, una bella struttura a ferro di cavallo, si trova sulla omonima playa, vicinissimo alle spiagge più belle della zona. Una bella camera molto rustica con due letti maxi e bagno a 20 metri dal mare ci viene offerta per 60,00 usd a notte; siccome vogliamo fermarci tre notti, ci sentiamo in dovere di tirare sul prezzo e così otteniamo un descuento (55,00 usd a notte). Benissimo.

Debilitati dal lungo viaggio, facciamo solo un tour fotografico per le spiagge vicine poi ci buttiamo a rosolare su quella davanti al motel.

Per la cena, la proprietaria ci consiglia un ristorantino sulla spiaggia a Playa El Burro, a 15 km da qui, dove la favolosa cena a base di pesce ci viene servita su un tavolino di plastica all’aperto, al tramonto, direttamente sulla sabbia. Bertha è il nome del ristorante, praticamente una baracca di legno sulla baia, dove facciamo una delle più grandi beccate di pescado della nostra vita al prezzo assurdo di 240,00 pesos (circa 24,00 usd, 8,00 euro a testa). Una pura follia.

22/06/2008 BAHIA CONCEPCION (km 150) Notte infernale, quella che abbiamo appena passato: la nostra stanza è diventata a poco a poco una fornace e i nostri letti due vasche di sudore. Dato che era impossibile dormire, siamo usciti nel cuore della notte e ci siamo piazzati sul marciapiede della veranda. Andando contro i nostri rigorosi principi, spinti dalla necessità di dover dormire qualche ora, abbiamo fatto violenza a noi stessi ed abbiamo acceso il condizionatore, un ordigno spaventoso che tuonava come un cannone; nonostante il tuono, vuoi per la stanchezza, vuoi per la freschezza riconquistata, siamo finalmente riusciti a prendere sonno.

In effetti Bahia Concepcion, posto bellissimo, ha il piccolo e quasi insignificante handicap di essere una baia praticamente chiusa rispetto al Mar di Cortez e circondata dai monti della Sierra Coyote che arrivano anche a 1200 metri e che quindi sono una barriera naturale alle correnti d’aria. Durante il giorno la temperatura diventa elevatissima (almeno 38 gradi) e fa si che l’acqua si scaldi in maniera esagerata (in alcune insenature sembra il brodo di Natale), per poi evaporare durante la notte, formando una cappa di afa che non si dissolve neanche durante il giorno seguente, grazie anche all’assenza di vento.

Avviso a tutti gli utenti: questo succede adesso in giugno, non osiamo pensare che fornace possa diventare questo posto in agosto.

Mattina seguente alla coperta di Punta Chivato, località a circa 30 chilometri a nord di Mulegé, consigliata da Saùl, il capobarca dell’escursione a Isla Espiritu Santo. La ricerca purtroppo dà esito negativo, la strada indicata dalla nostra mappa nella realtà non esiste e così, scornati, facciamo dietro front e cominciamo a setacciare le spiagge della baia.

Partiamo da Playa Coyote, che è divisa in due, una parte occupata dalle abitazioni dei pescatori e un’altra più solitaria sul fondo di piccolo golfo, naturalmente con acqua azzurro-verde. Le due spiagge sono collegate da una pista sabbiosa tra la montagna e il mare lunga alcune centinaia di metri e che tutti percorrono tranquillamente in auto. Siccome non ci sembra il caso di rischiare le sospensioni della fedele Mitsubishi, abbiamo la brillante idea di farcela a piedi: sarà una delle peggiori scelte della nostra vita, ci costerà litri e litri di sudore. Giunti sul posto, esausti, ci buttiamo in acqua e qui proviamo la sensazione del cappelletto in brodo: a occhio e croce il mare sarà almeno a 37 – 38° e non soffia un filo di vento, Tralasciamo Playa El Burro (dove torneremo a mangiare anche stasera) e Playa Escondida e scegliamo invece Playa Santispac: quasi deserta, sabbia bianca e mare turchese. Anche qui l’acqua è incredibilmente calda e dato che il sole non sta scherzando (è quasi l’una del pomeriggio), non potendo resistere più a lungo, a meno che non si voglia morire giovani e arrosto, andiamo a fare un salto nella vicina (30 km) Mulegé.

Il paesino è molto caratteristico, si trova in una valle piena di palme ed è attraversato da un fiume, il ché lo rende quasi una rarità da queste parti.

Ci sono diversi negozi di souvenir, ma noi passeremo il tempo all’internet point che naturalmente…È chiuso! (oggi è domenica). Una sfiga micidiale, così facciamo solo due passi e rientriamo nel nostro hotel per una siesta per poi spaparanzarci sulla spiaggia qui davanti. Serata, come promesso, a ingozzarci di pesce a basso costo dalla mitica Bertha a Playa El Burro.

23/06/2008 BAHIA CONCEPCION Cielo coperto, che sfiga! Proprio oggi che avevamo destinato la giornata a El Requeson, quella spiaggia poco distante dal nostro hotel e che molte volte è stata piazzata sulle copertine delle riviste di viaggi.

Le palle girano a vortice, ma non possiamo assolutamente restare rinchiusi in hotel e così usciamo e cominciamo ugualmente il giro che avevamo in mente.

Prima sosta a Playa Armenta, spiaggia di sabbia bianca, le ormai classiche quattro-cinque palapas per riparare il cranio nelle ore più calde, mare azzurro-verde trasparente e naturalmente acqua calda come il brodo di Natale. La strada che scende fino alla spiaggia è uno sterrato nemmeno troppo preoccupante che percorriamo in scioltezza. Anche qua siamo gli unici utenti, insieme ad un paio di gabbiani e quindi sembrerebbe di essere naufraghi su un’isola deserta, se non fosse che ogni tanto i camion american-style strombazzano dalla strada vicina.

Il cielo si è ormai ripulito e siamo particolarmente fortunati perché a poche decine di metri davanti a noi sta sguazzando un branco di delfini.

Spostamento a Playa la Perla, poco distante, anche questa di sabbia bianca, palapas, mare azzurro, solitaria; questa volta gli unici a farci compagnia sono alcuni avvoltoi, come nei film western.

Ormai vedere posti favolosi come questo sta diventando una routine.

Rapido giro a Mulegé per le scorte (acqua, benza, frutta) per il grande viaggio di domani, il giorno dei due deserti, 700 km in stecca da fare tutti di un fiato e attraversando il desierto Vizcaino e poi il desierto Central.

Visto il viaggio impegnativo di domani, è meglio dare una controllata alle gomme: ci fermiamo da una specie di gommista che è sdraiato in piena siesta e non sprizza una gran voglia di lavorare: ci fa capire che se non lo avessimo interpellato, lasciandolo alla sua pennica, gli avremmo fatto molto più piacere di quei due dollari che gli abbiamo dato come mancia.

Poi arriva il clou della giornata, Playa El Requeson, unica nel suo genere. La spiaggia, una delle più famose della Baja, è bianca candida e quando la marea è bassa emerge una lingua di sabbia lunga un centinaio di metri che divide in due la baia e sulla quale si può camminare fino a raggiungere l’isola di fronte, praticamente un ponte bianco nel mare azzurro verde.

Ci sono alcuni campeggiatori che hanno capito tutto della vita: hanno piazzato sulla sabbia delle tende da campeggio “trasparenti”; non le avevamo mai viste, ma dobbiamo ammettere che sono una figata pazzesca perché questi signori stanotte, pur essendo riparati, dormiranno davvero sotto le stelle. Potremmo anche farci un pensierino, magari per uno dei nostri prossimi viaggi… E’ questo il nostro saluto al Mar di Cortez. Andiamo volentieri (ma anche un po’ malvolentieri, visto che è l’ultima volta) a dare l’addio al nostro ristorante preferito, Bertha, dove ci esibiamo in un’altra memorabile abbuffata di pesce a buon mercato (24,00 usd).

24/06/2008 BAHIA CONCEPCION-SAN QUINTIN (km 750) Oggi sarà una giornata di puro spostamento, molleremo definitivamente (e non senza ripianti) il Mar di Cortez, masticheremo più di 700 chilometri in un botto e ci piazzeremo per gli ultimi due giorni sulla costa del Pacifico.

La sveglia (stavolta abbiamo dovuto fare uno strappo alla regola) suona maledettamente presto, alle 6,30, carichiamo i bagagli e abbandoniamo il nostro forno crematorio (che si riempiva di api nel pomeriggio…). Si ripercorre la Mxc1 al contrario, passando per Mulegé e sostando a Santa Rosalia per un prelevamento di contante. Il bancomat ci dà buca a entrambi e dato che anche ieri ci aveva già mollati a piedi, siamo costretti a ritirare contante con la carta di credito (una nuova emozione, piuttosto “costosa”); investiamo parte del contante alla famosa “Panaderia El Boleo”, celebrata in tutte le guide turistiche e che ci vende delle paste ripiene di crema “atomica”.

Poco dopo iniziamo la grande traversata del primo dei due deserti di oggi, il desierto Vizcaino, monotono e pesante non offre niente di particolarmente interessante, meno male ce lo togliamo dai piedi subito. Arriviamo a Guerrero Negro, dove recuperiamo un’ora di tempo (cambio del fuso tra la Baja California Sur e la Baja California Norte in corrispondenza del 28° parallelo, spostiamo le lancette indietro di un’ora). Entriamo poi nel “vero” deserto, il desierto Central, con cactus e vegetazione tropicale secca… e caldo infernale naturalmente. Ma nonostante questo ce la prendiamo comoda e facciamo un milione di soste per completare un servizio fotografico sulla flora del deserto… e quando ci ricapita ancora? C’è anche tempo per un picnic seduti sul baule della macchina, sicuramente i pochi automobilisti che nel frattempo sono passati ci hanno preso per due fuori di testa (che poi non è un’immagine così lontana dalla realtà).

E intanto il contachilometri azzera allegramente il suo quarto giro: e fanno 4.000 chilometri, finora.

Come all’andata, il nostro tratto di oggi prevede un buon numero (almeno quattro) posti di blocco militari, con la differenza che mentre all’andata si limitavano a farci solo alcune domande, oggi ad ogni posto di blocco ci fanno scendere dall’auto e scatta la perquisa in piena regola, con i soldati che mettono le mani dappertutto nell’abitacolo, nelle borse, nel baule. E’ chiaro cosa stanno cercando e tutti questi controlli dovrebbero scoraggiare quelli che vogliono provare a fare i furbi; non dovrebbe essere piacevole essere beccati con le mani nel sacco, qua non si scherza.

Arriviamo finalmente sulla costa del Pacifico dopo più di 700 chilometri, siamo ormai a poca distanza dal posto dove dormiremo stanotte; un salto a vedere una spiaggia e magari a prendere un po’ di sole, ma l’aria è fredda (strano ma vero) e anche se c’è il sole, siamo costretti ad andarcene. E pensare che solo ieri boccheggiavamo e ci mettevamo in ammollo nell’acqua quasi bollente (qui invece l’oceano è freddissimo, addio bagni marini).

Non ci resta che andare a cercare il riparo per la notte: ed ecco magicamente il Motel Chavez a San Quintin, due lettoni queen, bagno e tv al prezzo di 35,00 usd. Una meraviglia.

E’ probabilmente il posto con il miglior rapporto qualità prezzo che abbiamo trovato finora nel nostro pellegrinaggio messicano.

Per non parlare della cena nel ristorante a fianco: 20,00 usd (in totale, per due) per pollo alla griglia e bisteccona con un trionfo di patate fritte.

25/06/2008 ENSENADA (km 200) Ci svegliamo a San Quintin nella nostra reggia a buon mercato e il tempo fa schifo: sembra di essere a novembre, cielo completamente coperto e addirittura… freddo! La trasferta prevista per oggi è di normale routine, non più di 200 chilometri per Ensenada. Abbiamo deciso di fare un “rientro intelligente”: grande tirata ieri, molto meno strada oggi, ancora meno prevista per domani, l’ultimo giorno di Mexico on the road.

Siamo indecisi su dove fare il nido questa notte: Ensenada ha senz’altro molte opportunità, anche a buon mercato, ma si tratta sempre di una città e pare anche abbastanza rumorosa.

Proviamo ad uscire e a dirigerci verso nord, percorrendo sempre la Mxc1 (quella gratuita, non la cuota, che è a pagamento e si chiama Mxc1D). Ci fidiamo della Lonely Planet che recita testualmente “La Fonda, la più bella spiaggia dal confine USA a Ensenada”; gran bel biglietto da visita, andiamo a vedere di cosa si tratta.

Dobbiamo dire che questa volta la Lonely Planet pesta terribilmente: la spiaggia di La Fonda non è granchè, è quasi ad uso esclusivo degli hotel sul mare (carissimi) e i comuni mortali possono raggiungerla a fatica.

Invece è a Playa La Mision, che si trova una spiaggia bella, anzi bellissima, larga e lunga, di sabbia finissima, anche se un po’ sporca (e qui bisognerebbe aprire un capitolo sullo scarso senso civico di quegli sporcaccioni dei messicani, ma non ne abbiamo il tempo), alla quale però la guida dedica poco più di un trafiletto. Cari signori della Lonely Planet, se ci volete come correttori o anche come redattori di guide di viaggio, noi siamo qua disponibili.

Siccome è uscito il sole e dato che oggi sarebbe l’ultimo possibile giorno di mare in Mexico, non ci pensiamo due volte e quindi fuori gli asciugamani.

Non essendoci possibilità in zona, per la ricerca dell’hotel facciamo ritorno a Ensenada, dove ci turiamo il naso e piantiamo le tende al Motel Bahia Inn, 45,00 usd per una claustrofobica habitacion doble in pieno rumoroso centro.

La città è un puttanaio a cielo aperto: casino, negozi di souvenir fatti con lo stampino, turisti americanazzi, mariachi che cantano nei locali, accattonaggio a non finire, night club, centinaia di farmacie che vendono viagra, con i farmacisti impegnatissimi ad acquisire nuovi clienti, tirandoli letteralmente dentro per le braccia.

Chissenefrega, dobbiamo solo mangiarci stasera e dormirci stanotte. Domani sera saremo già negli States e dormiremo a San Diego.

26/06/2008 POPOTLA-TIJUANA-SAN DIEGO, CA (km 150) Oggi ci aspetta il viaggio classico dei clandestini messicani, il passaggio della famosa frontiera di Tijuana. Ma prima di questo faremo una tappa a Popotla, piccola cittadina messicana ad una trentina di chilometri da Tijuana con una particolarità che non tutti conoscono: ci sono i Fox Studios, dove hanno girato le scene più spettacolari dell’affondamento del film “Titanic”.

Lo abbiamo scoperto durante i nostri studi pre-viaggio (tanto per sottolineare che, è vero siam randagi, ma non siam mica ignoranti come le talpe…).

Non possiamo farci sfuggire un’occasione del genere e anche se dobbiamo aggregarci ad un gruppo di grassi americani e ad una rumorosa scolaresca messicana, paghiamo 12,00 usd e entriamo.

Il giro comprende la visita di parte del set di Titanic, che ovviamente è stato trasformato in un museo (cosa ne sanno gli americani: sapevano già che avrebbero guadagnato fior di soldoni aprendo al pubblico la visita al set del film…), entriamo nella prima classe, nel locale caldaie e nella terza classe (c’è anche la famosa auto della notte d’ammòre di Rose & Jack), oltre a vedere buona parte dei modellini che sono stati usati nelle riprese. Questa location è stata scelta per il suo basso costo, ma anche perché sullo sfondo dell’oceano sono state costruite enormi vasche da milioni di litri d’acqua, dove sono state girate tutte le scene dell’affondamento.

Oltre a Titanic sono stati girati qui anche parti di film come “Master and Commander”, “007 Il domani non muore mai”, “Pearl Harbor”.

Dopo questa full immersion nel fantastico, prua dritta verso l’aeroporto, ed eccoci catapultati ancora una volta nel catotico centro di Tijuana, fedeli alla nostra tradizione, che richiede il transito in almeno una metropoli per ogni viaggio; quindi riempimento del serbatoio e restituzione dell’auto alla National dopo aver percorso 4977 chilometri; la quattroruote si è comportata bene; per quello che abbiamo fatto noi, non era assolutamente necessario un fuoristrada. C’è stato un momento di brivido lungo la schiena, nonostante il caldo, quando mentre ci trovavamo a Los Cabos, ci siamo accorti di un taglio nel copertone… ed eravamo solo a metà viaggio… comunque tutto è andato liscio.

Una volta appiedati ci attende il pellegrinaggio verso San Diego, passando da un mezzo pubblico all’altro, come Tarzan faceva con le sue liane, un rientro lungo, ma senza intoppi grazie anche ad una buona dose di fortuna per avere incontrato diverse persone molto disponibili e dispensatrici ottimi e preziosi consigli.

Per esempio, dopo avere lasciato la macchina, dovremmo prendere un taxi o un bus per andare dall’aeroporto di Tijuana fino alla frontiera di San Ysidro, passare un milione di controlli e poi affidarci agli autobus di cui non conosciamo nulla.

Primo colpo di culo: l’addetto della National si offre molto gentilmente di accompagnarci fino alla frontiera utilizzando la ormai non più nostra auto, quindi ce la caviamo con un ringraziamento.

Tra l’altro il ragazzo sa il fatto suo e non ci porta a San Ysidro, ma ad una frontiera pedonale USA molto meno frequentata e così quello che ci era stato presentato come un valico insormontabile diventa quasi una passeggiata: non c’è coda e, invece delle due ore che ci avevano preannunciato, ce la caviamo in meno di cinque minuti (forse un record, per questo confine universalmente noto per il suo casino).

Appena dopo il border c’è il capolinea degli autobus e qui abbiamo il secondo enorme colpo di culo: quel bravuomo dell’autista ci spiega che ci porterà fino al suo successivo capolinea e poi ci dà istruzioni precisissime per andare dritti dritti fino all’aeroporto di San Diego (dove noi dovremo tristemente prendere coscienza dei voli di domani) e ci consiglia un biglietto giornaliero da 5,00 usd, con il quale abbiamo il diritto di girare in lungo e in largo su tutti i mezzi pubblici per tutta la giornata.

Al capolinea prendiamo il “trolley” linea blu, praticamente la metro, che a differenza delle nostre, nonostante sia trafficatissima e utilizzata da ogni tipo di etnia, è incredibilmente pulita; gli americani avranno i loro difetti, ma quanto a senso civico ci danno un sacco di punti. Dopo quindici fermate siamo in pieno centro, ad American Plaza, due passi e siamo alla fermata del bus 992 (grazie ancora al signor conducente del primo autobus) che ci porta dritti in aeroporto, terminal 2. Un salto a verificare gli orari dei voli di domani mattina e poi con un taxi finalmente al Motel 6 Airport, prenotato dall’Italia via internet (90,00 usd per una vasta camera posta direttamente su un autolavaggio, a fianco della metro e in pieno corridoio di atterraggio dell’aeroporto…) per la nostra prima ed unica notte targata USA di questo viaggio.

Sono le 16,30 ed entriamo nella nostra cameretta; alle 13,00 eravamo all’aeroporto di Tijuana a consegnare l’auto.

Resto del pomeriggio totalmente svaccati in piscina (ce lo meritiamo), in attesa della cena da Danny’s, dove sbraniamo un Western Burger, un grattacielo di carne, cipolle fritte, insalata, pomodori e salse varie, perdipiù affogato in un mare di patate fritte. Una vera libidine per il palato e le papille gustative.

27/06/2008 SAN DIEGO-PHILADELPHIA-MILANO MXP Operazione rientro: sveglia che suona insistentemente alle 4,00, un’ultima occhiata ai bagagli (pochi, per la verità) e poi all’aeroporto con la navetta del Motel 6 che per soli 5,00 usd ci risparmia la scocciatura di prenotare un taxi e rischiare di rimanere a piedi (vedi Denver, scorso anno). Check-in e volo U.S. Alle 6,30 per Philadelphia, dove lo stop è talmente ridotto che quando arriviamo al nostro terminal, l’imbarco per Milano è già iniziato (atterraggio a Philadelphia alle 15,20 e imbarco alle 15,40!). Quindi volo con destinazione Italia.

Ed è già ora di pensare al prossimo viaggio.

Per info dettagliate spese e altro vedere il sito www.Tripfabio.Com Filo & Tripfabio



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