In nord America in un tripudio di colori

Dalle cascate del Niagara alle balene di Tadoussac attraverso città e isolette
in nord america in un tripudio di colori
Partenza il: 20/09/2013
Ritorno il: 09/10/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Dalle cascate del Niagara alle balene di Tadoussac attraverso città e isolette. Poi la discesa costeggiando l’Oceano lungo una costa magnifica fino a una delle più belle città statunitensi… Un susseguirsi di emozioni vissute all’interno di un dipinto dai toni rossi e gialli degli alberi e i blu del mare.

Budget: Cifre da intendersi in totale (non a testa) viaggiando in 2;

Volo, pernottamenti, trasporti (affitto auto, assicurazione e carburante) e pasti: 3900€ Aggiungendo ogni altro tipo di spesa, dall’organizzazione del viaggio a casa fino al rientro, quindi incluse: guide, ingressi, souvenir, drinks: 4500€

Info generali: Prefisso internazionale: +1

Presa elettrica: presa americana con 2 lamelle verticali parallele

Fuso orario: 6 ore in meno rispetto l’Italia.

Volo: C’è parecchia scelta e la quantità di voli permette di scegliere gli orari più comodi. Mezzi di trasporto: Il viaggio è itinerante e le distanze sono davvero grandi, quindi ritengo che l’unico mezzo che permetta questo viaggio in tempi ragionevoli sia l’auto in affitto.

Accomodations: Il Canada non è di certo un paese economico, per non parlare del fatto che ad ogni prezzo che vediamo esposto vanno poi aggiunte le tasse, che nel caso delle sistemazioni per la notte non sono cosa irrisoria. Anche gli ostelli e i bed and breakfast difficilmente scendono sotto i 30 euro a testa. Se poi si cerca un hotel decoroso i prezzi salgono decisamente soprattutto nelle città. Per gli Stati Uniti è un po’ meglio, ma attenzione ai week end nei luoghi turistici, mentre Boston è decisamente cara. La cifra media di spesa è stata di 65 euro a camera escludendo dalla media l’hotel decisamente sopra la media di Niagara.

Pasti: sia il Canada che gli Stati Uniti offrono ovviamente ogni tipo di cibo per ogni budget. Si può spaziare dall’hot dog al “carrettino” nelle strade, alle numerose bakery che ormai hanno quasi tutte qualche tavolino e permettono di mangiare specialità da forno, dolci bevendo sia bibite che birra, ad ogni tipo di ristorante, per arrivare agli onnipresenti fast food. Ovviamente ad ogni prezzo c’è sempre da aggiungere le tasse e la gratuity o tip (quasi la nostra mancia: anche se in realtà è obbligatoria, visto che è parte integrante del salario di chi vi ha servito. Di solito per un servizio nella norma è il 15-18% a salire se vi siete trovati particolarmente bene, lo so non è una usanza che abbiamo nelle nostre corde, ma permettetemi di farvi notare che in questi paesi il coperto non si paga)

Telefonia: Ho approfittato delle numerose connessioni wi-fi, decisamente non è necessaria alcuna sim locale.

Venerdì 20

Ieri ho scritto questo post su fb: “viaggiare è un po’ come essere innamorati: ogni volta si sente il battito che sale, l’eccitazione che aumenta, lo stomaco in subbuglio… Sarà l’amore per il viaggio!”

Ora siamo in aereo, la vacanza è iniziata ufficialmente e finalmente mi sono rilassato. Ormai non è più il primo appuntamento e le emozioni di un certo tipo si limitano solo ai primi minuti, oh mamma: non è che sta diventando un rapporto di routine dove le emozioni lasciano lo spazio all’abitudine? Naaaaaa! È solo l’abitudine del volo aereo, non appena arrivati saltellerò nuovamente come un bambino che vuole scoprire e vedere tutto quello che c’è intorno. Ci si vede dall’altra parte dell’oceano!

Rieccomi. Lo so, vi avevo promesso che mi sarei fatto vivo in Canada, ma i panorami visti sorvolando Islanda e Groenlandia mi hanno costretto a riprendere in mano il diario e, soprattutto, la macchina fotografica! Ecco tornate le emozioni del viaggiatore: distese e distese di candido ghiaccio bianco che si alternano con quello grigio sporcato, credo, dalla lava dei vulcani. Stiamo sorvolando la Groenlandia e solo nella parte più occidentale c’è un po’ di spazio verde per costruire qualche casetta colorata. Ora di nuovo oceano sotto: l’ultimo tratto prima del Canada, ma mancano ancora quattro ore a Toronto.

Eccoci in hotel. Anche il panorama sopra il Canada è stato molto bello, ma soprattutto immenso. Permette di capire la grandezza di questo paese e quanto sia selvaggio il suo nord. Distese e distese di verde puntinato da migliaia di laghetti blu senza alcuna presenza dell’uomo.

La temperatura è molto meglio del previsto, fa molto più caldo rispetto l’Italia. Purtroppo l’aeroporto di Toronto è abbastanza distante dal centro e riusciamo ad arrivare in camera solo dopo tre ore dall’atterraggio. Complice il jet leg e la stanchezza riusciamo solo ad uscire a cena e poi crolliamo. Per domani è prevista pioggia tutto il giorno, dovremo goderci la città sotterranea e tutto quello che c’è da visitare al chiuso… 🙁

Sabato 21

Primo giorno “vero” in Canada. Purtroppo le previsioni si rivelano azzeccatissime e smette di piovere solo a brevi intervalli. Considerato il tempo iniziamo col visitare una galleria d’arte vicino l’hotel: la Richmond 401. Non è la classica galleria che tutti ci aspettiamo, ma si tratta di una vecchia struttura industriale recuperata. È quasi interamente divisa in piccoli ambienti in cui vari artisti hanno ricavato i loro laboratori e le loro esposizioni. È sabato e molti sono chiusi, ma noi più che altro siamo incuriositi dalla struttura dell’edificio.

Terminata questa visita che mi ha ispirato mille idee sugli arredi di eventuali appartamenti e uffici ospitati in ambienti simili, ci rintaniamo nel famigerato path. Si tratta di quella che in molti racconti viene descritta come la città sotterranea. Praticamente ogni metropoli canadese ne ha una: non è altro che una serie di corridoi che corrono sotto la città con negozi, ristoranti e altri esercizi commerciali su entrambi i lati. Non ci si rende conto di essere sotto terra, sembra di stare in un grande centro commerciale, ma sinceramente non la ritengo qualcosa di imperdibile anzi. Se il tempo lo permette molto meglio godersi l’esterno. Noi lo abbiamo utilizzato per raggiungere senza bagnarci il St Lawrence market. Questo è uno dei classici mercati gastronomici coperti delle grandi città: i diversi venditori stanno dietro le loro bancarelle per proporre i loro prodotti. Per chi vive negli Stati Uniti o in altri paesi dove la tradizione dei mercati non è forte come in Italia è sicuramente curioso vedere questo tipo di commercio al dettaglio. Qui probabilmente sono da più tempo abituati ai supermercati dove possono trovare tutto in un unico ambiente e sceglierlo da soli. Quando posso faccio volentieri “shopping” nei mercati locali anche in Italia e anche qui mi sono trovato a mio agio, scattando qualche foto e assaggiando qualche prodotto. Devo però dire che se avete poco tempo o non amate particolarmente i mercati potete tranquillamente evitarlo. Praticamente ogni grande città americana e canadese ne ha uno e potrete visitarne un altro molto simile. Finito di farci stuzzicare l’appetito da queste prelibatezze genuine (ad esempio l’unico prosciutto assaggiato durante il viaggio…) torniamo in centro per un decisamente più “etnico” hamburgher!! Gia che ci siamo compro l’ennesima tshirt da aggiungere alla collezione dell’hard rock cafè e poi facciamo rotta verso l’università.

L’Universtity of Toronto (U of T) è invece decisamente qualcosa di diverso da quello che siamo abituati ad avere nelle nostre città. Il campus, del tutto simile ad un castello, è concentrato e si sviluppa interamente in un parco stupendo. Anche se è sabato, le strutture sono aperte ed è possibile visitarle. Nei week end questi luoghi sono utilizzati per ricevimenti ed eventi privati, soprattutto matrimoni e si assiste a scene davvero curiose. Alcune sale sono usate ugualmente da alcuni studenti per lo studio e, anche se non ci sono lezioni in corso, ci si rende conto della differenza con le nostre università. Dopo aver acquistato anche qui la felpa col logo universitario, facciamo ritorno “a casa” passeggiando per le vie di Chinatown…

Oggi Toronto non ci ha particolarmente colpito, ma il tempo è brutto e noi, per limitare i danni, abbiamo cercato di concentrare oggi la visita di tutti i luoghi al chiuso sperando in una giornata migliore domani.

Domenica 22

Oggi sembra che il tempo sia leggermente migliorato, ma qui cambia ad una velocità impressionante, infatti durante la giornata il cielo si aprirà e annuvolerà almeno una decina di volte. Questo però ci consente di utilizzare il nostro nuovo mezzo per girovagare in città: saltiamo sulla bici in direzione CN tower! Questa torre è diventata il simbolo di Toronto dominandone lo skyline dall’altro dei suoi 553 metri. La torre è stata costruita dalla Canadian National (CN), ente nazionale che gestiva il sistema ferroviario e delle telecomunicazioni canadesi negli anni settanta. La società decise che era arrivato il momento di costruire una struttura in grado di rappresentare il Canada nel mondo. Sulla base di questo e, vista anche la necessità di poter trasmettere segnali radio-televisivi sulle lunghe distanze, venne deciso che si sarebbe costruita un’altissima torre polifunzionale. È possibile visitare la torre a due livelli: fermandosi a 360 metri dove c’è il ristorante che ruota, il pavimento in vetro (guarda il video della passeggiata sul pavimento in vetro) e la terrazza panoramica esterna oppure salendo fino a quota 447 metri.

Da qui sopra la vista spazia dal Rogers centre, lo stadio polifunzionale coperto utilizzato soprattutto per le partite di baseball, fino all’intero lago Ontario. È possibile vedere fino agli Stati Uniti ed è semplice riconoscere i luoghi principali della città come l’università visitata ieri o la city hall.

Questo credo sia decisamente il luogo più entusiasmante di Toronto, sarà anche per il mio amore per la verticalità, le torri e i punti panoramici, ma è il momento di lasciare il tetto del Canada per rinforcare le nostre biciclette e passeggiare un po’ tra la vecchia York. Il cielo però è tornato ad essere grigio e ci sono lavori in corso ovunque. Sembra che nell’ultimo paio di anni abbiano deciso di rifare completamente Toronto, ma la città è tutta un cantiere e continua a non entusiasmarci.

La Old York è la parte più vecchia della città: il luogo da dove è nata la moderna Toronto. Questa zona è ricca di testimonianze storiche, è infatti qui che sorge il St.Lawrence Market visto ieri, il vecchio ufficio postale e il Distillery district dove ci godiamo una seconda colazione. Per un amante di archeologia industriale come me è un piacere godersi una pausa in questi caffe circondati dai vecchi magazzini che un tempo ospitavano la più grande distilleria dell’impero britannico nel XIX secolo. Oggi questo complesso è stato completamente ristrutturato e accoglie numerose gallerie, negozi e locali. Finita la pausa riprendiamo le bici per gironzolare tra i quartieri residenziali di Toronto un po’ meno presi d’assalto dai turisti. Passiamo per Cabbagetown dove oggi sorgono numerose casette vittoriane al posto dei campi di cavoli (cabbage in inglese) di un tempo. Continuiamo la nostra passeggiata attraversando church st. e il gay village ornato da bandiere arcobaleno e baretti simpatici. Il nostro giro tra l’interpretazione “torontese” dei village di New York si conclude a Yorkville: una zona oggi costosa e ricca di locali esclusivi, ristoranti alla moda e numerose boutique.

Ripassiamo davanti la U of T e pedaliamo fino alla nostra prossima tappa: il Kensington Market. Questo quartiere è forse quello che mi è maggiormente piaciuto di questa città. È la zona più autentica e multiculturale, persino un po’ decadente. Si vede un po’ di tutto: bar tavola calda curati, bancarelle del mercato, negozi di dischi frequentati dai punk, qualche spacciatore e molti tipi stravaganti. Decidiamo di assaporare per bene questa zona e ci addentriamo nelle viuzze strette. Questa sera dormiremo in un hotel con vista sulle cascate del Niagara, ma Cri non lo sa ancora, quindi ne approfitto per fare provviste in una bakery così da poterci gustare un buon aperitivo in camera.

È quasi ora di rientrare a prendere l’autobus per Niagara, così ci tuffiamo nuovamente nella downtown dei turisti per scattare qualche foto alle famosecity hall (la New e la Old).

L’autobus non è esattamente il mezzo perfetto per raggiungere il nostro hotel a Niagara, ma non vogliamo spendere il prezzo assurdo per il biglietto di 24 ore della navetta visto che l’hotel sarà a un minuto a piedi dalle cascate. Ecco quindi che ci aspetta una lunga passeggiata fino all’albergo, ma la fatica viene ripagata dalla vista del 34esimo piano con tanto di jacuzzi in camera.

La sera non possiamo esimerci da una passeggiata lungo le cascate per ammirarne la grandezza e la potenza anche di notte.

Credevo di poter vedere le cascate in meno tempo, ma sono così possenti e spettacolari che meritano di essere viste in ogni modo e da ogni angolazione.

È vero, sono super sfruttate turisticamente, ci sono alberghi e attrazioni ammassate su ogni lato, ma rimangono una delle bellezze da vedere nel mondo. Mi capita più di una volta di immaginarle nel mezzo del nulla: se le avessero circondate da un parco anziché dal cemento sarebbero senza dubbio ancora più belle. Sia americani che canadesi hanno creato ogni tipo di attrazione, ma devo dire che quelle che ruotano davvero intorno alle cascate non le deturpano così tanto. C’è la possibilità di imbarcarsi sulla mind of the mist e navigare fino alla base delle cascate, prendere un ascensore e scendere a piedi fino alle rocce dove cade l’acqua con tutta la sua potenza (guarda il video rimanendo all’asciutto) o passeggiare ai bordi della cascata trovandosi a pochi centimetri dal punto di caduta dell’acqua. Ovviamente non mi faccio scappare nessuna di queste esperienze a mio avviso difficili da descrivere. Vedendole dall’esterno è facile giudicarle come la solita trappola per turisti, ma quando ci si trova sommersi dagli schizzi che arrivano impetuosi le emozioni che si provano sono indescrivibili. Terminiamo la nostra esplorazione delle cascate sul lato americano dopo aver attraversato a piedi il rainbow bridge. Prendiamo un altro autobus fino a Buffalo dove abbiamo prenotato l’auto che ci accompagnerà per il resto del nostro viaggio.

Il pullman passa per il centro di Buffalo che non sembra essere male, ricorda un pochino Philadelphia, mentre invece i sobborghi nel quale si addentra prima di raggiungere l’aeroporto non sono nulla di raccomandabile. Vediamo spesso le classiche scene da film con il bar all’angolo con le vetrine protette da reti metalliche e molti brutti ceffi parcheggiati davanti con le loro auto e moto, per fortuna è giorno.

Ritirata la macchina, rientriamo in Canada e percorriamo la Niagara Parkway da Fort Erie fino a Niagara on the Lake dove ci fermiamo per la cena. La strada corre sul lato canadese del fiume lungo un susseguirsi di ville e case da sogno da un lato e i loro pontili per le barche dall’altro e, quando si arriva nei pressi delle cascate, il vapore è visibile da chilometri.

Niagara on the lake è una cittadina molto carina, peccato esserci arrivati solo col buio. Passeggiamo un po’ nel centro, ceniamo in uno dei numerosi ristoranti e, dopo cena, incontriamo per la prima volta nella nostra vita una puzzola!! Proprio quella dei cartoni animati, se ne andava in giro allegramente tra le vie del centro. Lasciamo il nostro nuovo amico alla sua passeggiata serale e riprendiamo a guidare: dobbiamo raggiungere Gananoque. Domani da lì partiremo per la crociera alle mille isole.

Martedì 24

Fortunatamente la sveglia non suona troppo presto: la partenza della crociera è prevista per le dieci.

Le Thousand Island sono una costellazione di oltre 1800 isole che si sviluppa nell’intero tratto di fiume San Lorenzo che scorre qui. C’è ne sono di ogni dimensione e forma, alcune con fari, altre con piccoli ponticelli. Su quasi ognuna sorge qualche casetta che vanno dalle più minuscole alle residenze più lussuose. Non mancano di certo le curiosità che vengono svelate dalla voce del narratore durante la crociera. Su un totale di quasi 1900 isole naturali non manca chi ha deciso di farsi costruire l’unica isola artificiale di tutto l’arcipelago. Queste isole sono per metà canadesi e per metà statunitensi: infatti questo è anche il più grande confine non sorvegliato. Era utilizzato per questo come perfetta via di contrabbando durante l’epoca del proibizionismo, si dice che i subacquei trovino spesso bottiglie di cognac da diverse centinaia di dollari. È anche presente il ponte tra due stati più corto del mondo che collega due isolette una canadese e una americana, mentre l’imponente Thousand Island Bridge “sorvola” il San Lorenzo collegando i due stati con una autostrada.

Su una delle isole si trova anche il Boldt Castle: una grande villa in stile gotico costruita da un arricchito americano come regalo d’amore per la sua signora, morta prima che la residenza fosse terminata.

Si può scegliere tra due crociere: da un’ora o da due ore e mezza, inoltre è possibile visitare o no il castello. Per poter godere davvero del panorama consiglio di optare per la crociera più lunga che si spinge più in profondità nell’arcipelago.

Rientrati dalla crociera ci fermiamo a pranzare a Gananoque: un paesino davvero piacevole, ma con un centro molto piccolo, praticamente sviluppato intorno ad una sola via.

Lasciamo Gananoque per percorrere la Thousand Island Parkway fino ad Elizabethtown. Questa strada segue la costa frastagliata del San Lorenzo regalando panorami da cartolina su tutte le mille isole.

Ci piacerebbe riuscire vedere l’Algonquin Park, ma è troppo fuori strada e non si può sempre vedere tutto, così ripieghiamo sul Frontenac Provincial Park prima di dirigerci verso Ottawa. Questo piccolo parco ci è stato consigliato all’ufficio del turismo di Toronto e si rivela molto gradevole. Ci sono numerosi laghetti, torrentelli e percorsi che vanno dalla mezzoretta al paio di giorni. Ci facciamo consigliare dal renger all’ufficio del parco e partiamo per la nostra passeggiatina di un’oretta abbondante. Ci troviamo completamente immersi nella natura proprio tra i paesaggi che si vedono di solito fotografati quando si cercano le immagini del Canada. Riusciamo a vedere una diga, ma niente castori, in compenso vediamo numerosi scoiattoli e una famigliola di caprioli.

Finita la nostra passeggiata ci avviamo verso Ottawa, stasera si dorme in prigione! La vecchiaprigione di Ottawa, dopo un periodo di inattività, è stata rilevata da Hostelling International con un contratto particolare che ha permesso che la prigione fosse convertita e usata come ostello a patto che gran parte della struttura fosse preservata come l’originale in quanto edificio storico. Inoltre viene data la possibilità a gruppi esterni di visitarla, oltre ai tour organizzati dal personale dell’ostello. È uno degli edifici maggiormente infestati dai fantasmi, infatti nella struttura era presente anche il braccio della morte e la forca per le esecuzioni. Le celle sono alquanto anguste e decisamente non è un’esperienza per tutti dormirci dentro, ma io volevo provarla ugualmente, per la gioia di Cristina.

Venerdì 25

Rieccoci in sella alle nostre biciclette. Prima tappa Parlament Hill: l’edificio senza dubbio più rappresentativo della Capitale del Canada. Una serie di torri e guglie sovrastate dal caratteristico tetto in rame custodisce il cuore dell’attività politica del paese. La visita del complesso è gratuita e permette anche di vedere dal vivo le sedute di Camera e Senato. Le visite guidate durano circa 45 minuti e terminano alla base della Peace Tower sulla quale è poi possibile salire per conto proprio. Dalla cima della torre il panorama spazia su tutta Ottawa fino al di là del fiume, nel territorio del comune di Gatineau. Dopo la visita passeggiamo nei giardini del parlamento ammirando anche da fuori la struttura circolare della biblioteca. Questo è senza dubbio il luogo più bello di tutto il complesso. Migliaia di libri ordinati sugli scaffali di acero chiaro di cui si sente tuttora il profumo.

È ora di pranzo e finalmente assaggiamo uno degli hot dog dai carrettini ambulanti del centro seduti in una delle piazzette lungo Spark st.: la via dello shopping e degli uffici di Ottawa. A quest’ora sono numerosi gli impiegati che si godono la pausa pranzo al sole circondati da nuovi edifici in acciaio e vetro accostati a vecchi palazzi storici con i colori dell’autunno a fare da cornice a tutto.

Dopo un po’ di relax e qualche foto e ora di risalire sulle bici per attraversare il ponte e recarci a Gatineau. Ottawa è una città interamente a misura di bicicletta: le piste ciclabili corrono ovunque e i numerosi parchi lungo il fiume rendono ancora più piacevole la pedalata. Devo dire che siamo stati fortunati, a parte il primo giorno a Toronto, stiamo trovando giornate splendide con un caldo incredibile: e pensare che siamo partiti dall’Italia con mille paure per il freddo. Visto il tempo abbiamo deciso di non chiuderci in nessuno dei numerosi musei di Ottawa, ma di goderci la città assieme ai suoi abitanti. Siamo però riusciti ad ammirare quasi tutti i musei dall’esterno. Gli edifici sono già di per se opere d’arte: granito rosa intervallato da guglie di vetro per la National Gallery, l’aguzzo profilo in calcestruzzo del War museum del tutto somigliante ad una razza e il museum of Nature con i suoi archi gotici tra i quali fa capolino un cubo in cristallo.

Da questo lato del ponte siamo in Quebec per la prima volta durante questo viaggio.

Ci fermiamo nella zona del Museum of Civilization per ammirare anche le sue forme simili alle onde del mare. Ci godiamo a pieno il parco e riusciamo a concederci addirittura un gelato con panorama su Ottawa.

Dopo la pausa attraversiamo questa volta l’Alexandra Bridge e lasciamo le nostre due ruote dall’altro lato del ponte. Qui entriamo nella cattedrale di Notre Dame: la chiesa più antica di tutta Ottawa. È la prima volta che vediamo una chiesa col tetto di questo colore: è come se fosse di alluminio grezzo. Anche il soffitto interno color indaco disseminato di stelle dorate è stupendo. Qui vicino sorgono altri due simboli della città: il Fairmont Chateau Laurier hotel, cugino del più famoso parente di Quebec, e il Rideau Canal. Questo canale lungo oltre 200km collega Kingston a Ottawa attraverso quasi 50 chiuse che permettono all’acqua di risalire di oltre 80 metri per ridiscenderne poi altri 50.

Tra salite e discese oggi abbiamo pedalato alla grande quindi decidiamo di cambiare mezzo preferendo la macchina per “l’escursione di oggi pomeriggio”. La meta è il Gatineau Parkche sorge sulla collina dietro Gatineau. Nella bella stagione il parco offre oltre 150km di sentieri e 90km di percorsi ciclabili, mentre in inverno si trasforma in comprensorio sciistico. Anche qui la vista sulle vallate del Quebec spazia per chilometri e i sentieri permettono di addentrarsi nella vegetazione alla scoperta di altri laghetti ai quali ormai possiamo considerarci familiari.

sabato 26

Oggi termina la nostra visita di Ottawa e con essa la nostra permanenza in Ontario, da stasera l’inglese diventerà sempre meno frequente e le persone parleranno sempre e solo maggiormente il francese man mano che ci addentreremo nel Quebec.

Dedichiamo la mattinata ad una passeggiata in centro e poi ci dirigiamo verso il ByWard Market. Questo non è in realtà un semplice mercato, ma si tratta dell’intero quartiere che ha il suo fulcro intorno al mercato. Tra le sue vie si sono concentrate numerose botteghe di artigiani, negozi e gallerie d’arte, mentre all’angolo tra Byward st e George st. si sviluppa il vero e proprio mercato coi prodotti freschi delle fattorie, i fiori e il pesce. Sicuramente in estate deve essere ancora più variopinto e interessante visto che le strade si riempiono di bancarelle. Finito il nostro “shopping” mattutino rientriamo all’ostello per approfittare della visita alla prigione, organizzata dallo staff e poi partiamo alla volta di Montreal. Bye bye Ontario, Quebec nous sommes en train d’arriver!

Rieccoci “on the road” tra i magnifici colori dell’autunno. Un’altra giornata di sole, siamo davvero fortunati. Questo vacanza ha come tappe principali le città, ma il viaggio tra una e l’altra ha sempre qualcosa di bello da regalare: crociere tra le isole, panorami mozzafiato, cascate, passeggiate tra i parchi. Anche il semplice guidare attraverso queste foreste è fantastico (Guarda il video). Oggi la tappa è breve e in meno di due ore siamo già a destinazione. Ci fermiamo alla periferia di Montreal, al Parc Olympique. È davvero molto avveniristico, soprattutto se si pensa che è stato costruito negli anni settanta. Spicca soprattutto la torre inclinata di 45 gradi, credo stia a simboleggiare la torcia olimpica piegata sul braciere rappresentato invece dallo stadio. Il complesso è stato convertito e arricchito con nuove strutture come il biodromo all’interno dell’ex velodromo e i giardini botanici dall’altra parte della strada.

Decidiamo di prendere la funicolare e di salire in cima alla torre. Il panorama spazia molto sulla campagna circostante la città, ma vista la posizione defilata, il centro città è visibile solo in lontananza. Se devo essere sincero non vale il prezzo del biglietto, molto meglio godersi qualche ora in più in quella che si rivelerà la più bella delle città visitate in questo viaggio.

Arrivati in hotel, ci prepariamo per la serata: Montreal è conosciuta per il modo di dire “joie de vivre” ed è assolutamente azzeccato. Un po’ in tutto il Canada, ma qui più che in ogni altro luogo, sono presenti sculture e opere d’arte ad ogni angolo. La città bilingue più grande al mondo è davvero un’esplosione di cultura e multietnicità. La voglia e la gioia di vivere si sentono e si apprezzano sul serio. Usciamo a cena e tra casette vittoriane, palazzi d’epoca e cattedrali illuminate, le strade sono piene di ristoranti e locali, uno dopo l’altro, tutti stracolmi di gente, c’è solo l’imbarazzo della scelta: in queste serate passate qui riusciremo a spaziare dalla Creperie francese al ristorante etiope.

domenica 27

Oggi di nuovo in bici alla scoperta di questa stupenda città. Subito dopo colazione pedaliamo fino al Marché Jean Talon: pensavo fosse più vicino, invece ci facciamo una bella pedalata! Non ci resta che integrare la colazione con un po’ di frutta fresca direttamente dalla bancarelle degli agricoltori. Finito il giro al mercato, girovaghiamo un po’ tra le strade di Little Italy, attraversiamo Mile End fino a raggiungere Plateau: il quartiere più giovane, vivace e creativo di Montreal. Non riusciamo a non passeggiate tra le sue casette con le scale a chiocciola lasciandoci tentare dalle sue librerie, piccole gallerie d’arte e dai caffè. In uno di questi conosciamo uno strano personaggio, quasi sicuramente un artista che, oltre al francese, l’inglese e il tedesco, parla anche l’italiano. Riesce a riassumerci la differenza tra Toronto e Montreal da sempre antagoniste e devo dire che pensandoci attentamente il suo esempio rende perfettamente l’idea. Paragona le due città alla maionese: entrambe le città hanno buoni ingredienti, forse quelli di Toronto sono anche migliori e la città è sicuramente più ricca dal punto di vista economico, ma è come una maionese che “non prende”. Gli ingredienti non legano bene l’uno con l’altro e si ha sempre la sensazione che qualcosa sia fuori luogo, mentre Montreal anche se più povera e con meno ingredienti riesce a legare perfettamente e sembra che tutto sia sempre al posto giusto. Pranziamo con lui in uno dei tanti caffè della zona e poi continuiamo il nostro giro in città.

Attraversiamo parchi con laghetti che creano degli angoli di città pacifici e rilassanti, piazze “arredate” fino a diventare una grande opera d’arte a cielo aperto, e grandi viali trafficati fino a raggiungere l’università Mc Gill. Passeggiando nel campus tra gli edifici vittoriano ci si rende conto che può essere tranquillamente paragonato ai più prestigiosi atenei americani, ma purtroppo questa volta non riesco a trovare l’ennesima maglietta… 🙁 Facciamo un capatina aChinatown e rientriamo in hotel per prepararci ad un’altra serata nella vita di Montreal!

sabato

Oggi niente bicicletta, passeggiamo semplicemente nella Vieux Montreal: la parte di città che più somiglia ad una cittadina d’oltralpe. Tra stupendi palazzi che fanno da cornice a viuzze acciottolate e piazze imperdibili, non può mancare, anche qui, la cattedrale di Notre Dame. I suoi famosi interni con le decorazioni in legno, le vetrate colorate, l’immenso organo e il soffitto blu notte meritano sicuramente di essere visti. A dire la verità tutto questo quartiere compreso il vecchio porto non può essere perso. Stanchi di camminare e di crogiolarci al sole torniamo a prendere la macchina per attraversare uno degli scenografici ponti che collegano la città alle isole nel San Lorenzo: voglio percorrere il famoso circuito di formula 1 “Gilles Villeneuve“. Si potrebbe percorrere anche a piedi, in bici o coi pattini, ma noi siamo troppo stanchi: preferiamo usare l’auto e dirigerci verso Parc du Mont Royal. Qui ci riposiamo un po’ e ci godiamo i suoi laghetti, gli scoiattoli e la vista sulla città assieme agli altri abitanti della città che oggi sono venuti numerosi al parco a fare una delle ultime grigliate prima che tutto venga ricoperto dalla neve.

Anche questa giornata, in questa fantastica città è finita, ma dopo cena vogliamo tornare al parco per salutarla dall’alto ed è qui che Montreal ha in serbo l’ennesima bella sorpresa per noi. C’è un punto panoramico abbastanza famoso, infatti troviamo molte auto parcheggiate e sono in tanti a godersi il panorama, ma oltre gli abitanti di Montreal c’è anche una allargatissima famiglia di procioni che invece si gode ogni tipo di cibo che gli viene offerto… Non avevo mai visto un orsetto lavatore dal vivo e qui c’è ne saranno forse venti: alcuni intenti a rovistare nei rifiuti e altri che “bussano” e si arrampicano direttamente sulle gambe delle persone alla ricerca di qualcosa di buono. Sono voracissimi, ma anche molto “gentili” con le loro manine tese non hanno alcuna strana reazione, sembrano decisamente abituati a questa usanza.

Dopo aver salutato i nostri nuovi amici, rincasiamo: domani mattina dovremo salutare Montreal e dirigerci verso l’ultima città canadese che ci rimane da visitare.

domenica

Il programma di oggi non prevede nessuna “grande visita” in particolare, ma solo il trasferimento a Québec City seguendo il San Lorenzo e godendoci i paesini e i panorami che sorgono sulle sue rive. Ma come è stato finora, è proprio quando ci aspettiamo di meno che il Canada ci regala le emozioni più belle. Lungo la strada ci fermiamo numerose volte per scattare fotografie o per goderci il nostro pic nic. I laghetti e i colori degli alberi danno vita a paesaggi autunnali stupendi. Ci fermiamo al parc National de la Mauricie, uno dei migliori e meglio gestiti del Québec. È davvero ben organizzato e sarebbe belle potersi fermare qualche giorno godendoselo anche dalla canoa, ma forse l’autunno non è proprio l’ideale: non ho idea di quale possa essere la temperatura dell’acqua ora e la sera credo faccia un po’ troppo fresco per dormire in tenda, ma rimedieremo in futuro. I grandi laghi e i laghetti di questo parco ammirati dai suoi punti panoramici somigliano in molte occasioni ai fiordi norvegesi. Passiamo in questo luogo incantevole qualche ora che vola in un attimo ed è già ora di rimettersi in marcia. Ci fermiamo per la “merenda” a Trois Rivieres e arriviamo a Québec poco prima di cena: la cittadina è tanto bella quanto piccola. Ci rechiamo nella città alta per la cena e la troviamo praticamente deserta: forse è un po’ tardi per le abitudini canadesi o forse è un periodo di bassissima stagione, ma siamo quasi gli unici a goderci questo antico centro illuminato.

lunedì

La piccola cittadina sorge su uno sperone di roccia posizione che in antichità doveva avere una grande valenza dal punto di vista militare considerando anche le mura che cingono il centro. Questa città e il suo centro antico inserito dall’Unesco nella lista dei Patrimoni dell’umanità vanta numerosi primati, ma non sto ad elencarveli visto che sono indicati su qualunque guida turistica. La nostra visita inizia nella città alta dove staremo fino a pranzo, per poi prendere la funicolare e spostarci nella città bassa, forse ancora più carina della parte in cima la collina. In ogni caso, tutta la città vecchia è stupenda ed è chiaro il perché di tutti questi turisti in visita, però ci chiediamo dove si rintanino la sera. Credo sia la città più turistica di quelle visitate, infatti non riesco a coglierne gli aspetti più autentici e meno commerciali come cerco di fare di solito. Dalla città bassa prendiamo il traghetto che collega Québec con Levis sull’altra sponda del San Lorenzo. Durante la traversata si godono piacevoli scorci su Québec e una volta arrivati quella che si trova è una piacevole cittadina principalmente residenziale con molte abitazioni graziose adagiate sulla collina.

Finita la nostra passeggiata rientriamo in hotel e cerchiamo di uscire prima questa sera, ma anche cambiando orario la situazione non cambia: non c’è quasi nessuno in giro. Per la nostra seconda serata a Québec optiamo per la città bassa che, a mio avviso, si conferma più carina di quella alta. Qui tutti gli edifici sono d’epoca e si integrano bene con le piazzette e le viuzze acciottolate. Nella città alta invece mi ha meravigliato la presenza di almeno un paio di edifici moderni che stonano fortemente con il resto del quartiere. Anche la permanenza nell’ultima città Canadese di questo viaggio è giunta al termine, domattina ci sposteremo verso Tadoussac, sempre seguendo il San Lorenzo, immersi in questo quadro che racchiude tutte le tinte del giallo e del rosso.

Martedì 1

Eccoci nuovamente alla guida, ma la prima tappa di oggi è davvero vicina: poco a nord di Québec c’è un “super ponte” che collega la terraferma con l’Ile d’Orleans. Quest’isola lunga non più di venti chilometri era conosciuta nell’antichità come isola di Bacco per i suoi ottimi vini. Quest’oasi di pace ha mantenuto il suo carattere rurale e sono ancora numerose le piccole aziende che producono vino o sidro di mele. Accanto a queste, lungo la strada che corre lungo tutto il perimetro dell’isola, si trovano ogni tipo di piccoli produttori agricoli, numerose botteghe di artigiani e artisti e qualche cioccolateria. Percorrere questa strada che attraversa i villaggi dell’isola e i campi coltivati è già qualcosa di imperdibile. Noi abbiamo fatto alcune soste lungo la strada per qualche visita, ma quelle che ci rimarranno maggiormente nel cuore sono sicuramente la produzione di sciroppo d’acero e la sidreria dove abbiamo pranzato. Oltre ai prodotti dal meleto, questa tenuta produce numerose mostarde che abbiamo degustato prima di concederci due grandi taglieri con tutte le specialità, serviti nella terrazza con panorama sul fiume.

Lasciamo questo paradiso a malincuore e torniamo sulla “terraferma” per fermarci quasi subito ad ammirare le cascate di Montmorency, prima di continuare il nostro viaggio verso Tadoussac. Facciamo tappa per la consueta merendina a Baie St. Paul: l’ennesimo paesino con il centro sviluppato attorno l’antica strada acciottolata sulla quale sorgono oggi caffè e botteghe di artisti. Pare che qui in Canada se la passino proprio bene e che l’artista sia una attività che permette di vivere e sbarcare il lunario.

Lungo la strada il paesaggio cambia: il giallo e il rosso lasciano spazio ai sempreverdi della taiga che caratterizza queste latitudini e questi climi. Se non fosse per le dimensioni, questo paesaggio somiglierebbe alle nostre Alpi. Oggi ce la siamo presa davvero comoda e raggiungiamo Baie Ste Catherine che è già buio. Da qui salpa il “traghettino” che collega i due lembi della 138 troncata di netto sui due moli alle rive opposte del Saguenay. La traversata dura pochissimo e in un attimo siamo aTadoussac. Il nostro delizioso B&B è in cima alla collina ed ha una vista stupenda.

martedì

Oggi è un gran giorno: sarà la prima volta che vedremo le balene dal vivo. Sono stato in numerosi luoghi turistici dove vengono offerte escursioni per avvistare i delfini e un paio di volte ci sono anche cascato, ma non ho mai visto nessun delfino in nessuna di queste occasioni. Ho avuto invece la fortuna di vederli in altre occasioni inaspettate, quando hanno deciso di tenermi compagnia nuotando accanto alla barca su cui ero. Devo dire che avevo qualche dubbio anche a riguardo di questo whale watching, credevo che al massimo avremmo visto qualche piccolo esemplare da lontano, con la solita fortuna che ho in queste situazioni… Invece dopo circa mezzoretta di gommone arriviamo sul punto di avvistamento e nemmeno il tempo di capire che siamo arrivati e sentiamo già il primo spruzzo! Questo è il segreto del whale watching: la prima cosa da cercare e più facile da avvistare è il caratteristico fiotto che la balena emette quando esce in superficie per respirare. Avvistata la prima, ci siamo messi sulla sua rotta e abbiamo spento il motore lasciando che fosse lei ad avvicinarsi ogni volta che emergeva per respirare. Dopo due o tre sbuffi l’abbiamo avuta davvero vicina: vedere questi animali, soprattutto a questa distanza, è davvero emozionante. Passiamo poco meno di un’ora spostandoci da un gruppo di balene all’altro fino a vedere la balena azzurra: l’animale più grande al mondo. Questi esemplari non sono così comuni e non è facile avvistarli nemmeno qui nel San Lorenzo, ma il Canada ha voluto farci l’ultimo regalo prima di lasciarci sconfinare negli Stati Uniti con un altro bellissimo ricordo. Dopo le numerose balene facciamo rientro verso il Saguenay per cercare i beluga e le foche. Riusciamo ad avvistare anche i primi, ma da un po’ lontano, mentre riusciamo ad avvicinarci molto alle foche che si dondolano al sole sulle rocce. Purtroppo è arrivata l’ora di rientrare al porto, verrebbe voglia di stare tutto il giorno in acqua per vedere questi animali in ogni modo possibile.

È giunta l’ora di salutare questo magnifico paese e incamminarci verso gli Stati Uniti.

Dalle cascate del Niagara alle balene di Tadoussac attraverso città e isolette. Il Canada è stato per noi un susseguirsi di emozioni senza sosta, lungo il San Lorenzo che in questa stagione veste colori magnifici e offre panorami degni di un dipinto.

Grazie Canada! L’avventura continua negli Stati Uniti… Oceano Atlantico, stiamo arrivando!!! La strada è ancora lunga, ma noi ci siamo presi i nostri tempi e abbiamo quasi tre giorni per raggiungere la costa statunitense. Sarà per la dimensione delle strade, l’assenza di traffico o la comodità della nostra super Chevrolet Impala, ma guidiamo senza alcuna fatica per quasi 700km fermandoci solamente poco prima della frontiera per la cena. In tarda serata riusciamo ad arrivare a Newport dove passeremo la notte. Siamo solo a cento chilometri da Bar Harbor: beh molto meglio avremo più tempo per goderci la costa e i suoi mille fari.

giovedì

Siamo abbastanza vicini a Bar Harbor, quindi perché non fermarci sulla strada a Bangor per vedere la casa dove vive Stephen King? Dopotutto si trova in una bella via residenziale di questa cittadina arricchita grazie all’industria del legname. La casa è decisamente una bella casa, ma nulla di così imponente come ci si potrebbe aspettare da un personaggio divenuto così famoso. Tutta la casa è perfettamente visibile dall’esterno attraverso la alquanto curiosa recinzione decorata con ragnatele in ferro battuto e il cancello è addirittura spalancato. La differenza tra nord americani e italiani su questo è abissale. Ogni casetta indipendente in Italia è circondata da una recinzione che si solito comprende una siepe per aumentare la privacy, mentre sia in Canada che negli Stati Uniti sono davvero rare le case con una recinzione. Di solito il praticello che circonda la casa arriva fino alla strada ed è accessibile a tutti.

Scattate le foto di rito continuiamo verso Bar Harbor. Questa cittadina turistica sorge su una penisola rocciosa che si protende nell’Atlantico. Qui troviamo numerosi turisti e anche parecchi italiani, ma il paesino è davvero stupendo. Gli esercizi commerciali si concentrano sulla via centrale, mentre percorrendo il sentiero che corre sul lungomare non si può che rimanere a bocca aperta per tutte le bellissime casette. Ognuna con una vista spettacolare e col prato curatissimo che finisce col lambire gli scogli. Vorremmo fare un giretto all’interno dell’Acadia National Park che occupa quasi tutta l’area della penisola, ma è chiuso a causa dello “shutdown”. Ci spiegano in pratica che il governo ha tagliato i bilanci e non ha trovato l’accordo con l’ente dei parchi, costretto quindi a chiudere praticamente tutti i parchi d’America. Non è una grossa perdita per noi, però mi immagino chi aveva programmato in questo periodo un viaggio nel south west: Bryce, Zion, Yosemite, Sequoia e forse anche il Grand Canyon chiusi, non rimane molto da vedere in quella zona…

Noi riusciamo ugualmente a raggiungere una bellissima spiaggia sabbiosa all’interno del parco, dove ci rilassiamo un pochino, prima di lanciarci alla ricerca del primo faro della vacanza giusto in tempo per il tramonto.

Ci godiamo il sole tuffarsi nell’oceano proprio seduti ai piedi del Bass Harbor lighthouse e con questo spettacolo ancora negli occhi, andiamo alla ricerca di un posticino dove dormire. Questa sera saremo fortunati e troveremo un carinissimo e curatissimo b&b proprio appena fuori Bar Harbor.

Torniamo a cena in centro, ma come al solito la troviamo deserta, malgrado la guida indichi questa località come quella dove tutti si riversano la sera. Il primo giorno sulla costa del Maine è terminato, ma questa zona ci piace tantissimo, per fortuna abbiamo guadagnato del tempo nel viaggio da Tadoussac e ora possiamo goderci questi luoghi molto più tranquillamente.

venerdì

Oggi non c’è un vero e proprio programma, dobbiamo solo costeggiare l’oceano verso sud fermandoci dove più ci piace. La costa è frastagliata e seguire tutto il litorale richiederebbe giorni, quindi si devono fare delle scelte. Noi vogliamo sicuramente vedere il Pemaquid Light e arrivare a Freeport per la notte. Domani all’apertura, dovremo scatenarci nella nostra giornata di shopping sfrenato nel primo outlet della vacanza!

La strada è stupenda e concede panorami e scorci bellissimi. La danza delle maree poi, gioca brutti scherzi alle barche intrappolate nel fango, ma i paesaggi che crea risultano spesso surreali. I paesini che si incontrano lungo di la costa e i loro porticcioli sono uno più bello dell’altro. È inutile elencare dove ci siamo fermati, credo che ognuno con la guida in mano e seguendo il cuore debba scegliere da sé dove fermarsi.

La costa è disseminata di fari, ed è difficile scegliere quali meritino la lunga deviazione dalla strada principale. Il Pemaquid Light però, è sicuramente da non perdere, anche se è uno dei luoghi più turistici dello stato. Chissà perché questi edifici hanno, e hanno sempre avuto, un fascino così particolare? Fatto sta che non si può fare a meno di fotografarli, o almeno ammirarli quando si incontrano, in qualunque parte del mondo ci si trovi. Noi siamo fortunati, arriviamo quasi all’orario di chiusura e i turisti non sono molti. Abbiamo anche la fortuna di assistere ad un matrimonio gay celebrato proprio nel prato davanti il faro, Cri è super contenta ed emozionata per questa nuova esperienza.

Ci fermiamo per il tramonto a Boothbay Harbor, dopo di che continuiamo a guidare fino a Freeport fermandoci a cena lungo la strada. Questa sera non siamo molto fortunati e dobbiamo cercare un pochino più del solito il motel dove fermarci, ma alla fine lo troviamo a Brunwick: qualche chilometro prima della nostra destinazione.

sabato

Finalmente mi posso scatenare e strisciare la carta di credito in ogni angolo di questo gigantesco colosso di marche. Non fraintendetemi, non sono un malato di shopping, ma all’estero è l’unico luogo dove spendo parecchio in vestiti. Credo che ormai i prezzi in Italia siano diventati folli ed insostenibili, quindi ne approfitto avendo la possibilità di viaggiare. Come immaginavo la permanenza all’outlet è decisamente più lunga di quanto previsto, ma ora dobbiamo ad abbandonare questo paradiso del risparmio. Non mi preoccupo più di tanto però, entro sera saremo ad un altro outlet: quello di Kittery.

Decidiamo di incamminarci verso Portland e di fermarci a pranzare in città. Complice il cielo grigio o forse gli occhi abituati a bellezze fuori dal normale, ma questa cittadina non ci colpisce a prima vista. Dopo pranzo passeggiamo tra le sue strade e giungiamo a conclusione che deve essere colpa del tempo, siamo stati troppo fortunati in questa vacanza e ci siamo abituati a vedere tutto col cielo terso. Il centro di Portland sembra quasi il North End di Boston senza i grattacieli sullo sfondo. Gli edifici in mattoni rossi ereditati dal suo passato portuale, assieme alle residenze vittoriane conferiscono alla città più grande del Maine l’atmosfera di un grande paese.

La giornata non è delle migliori, quindi decidiamo di evitare di fermarci nei vari paesini sull’oceano famosi soprattutto per le loro spiagge e ci dirigiamo direttamente verso i fari: le vere stelle incontrastate della costa. Ci fermiamo a visitare il Portland Head, appena a sud di Portland e poi continuiamo il nostro viaggio verso Kittery fermandoci al Nubble light. Il primo è il più vecchio dei 52 fari ancora funzionanti nel Maine ed è, a mio avviso, anche il più bello, ma allo stesso tempo il più turistico di quelli visitati. Il Nubble light invece, si rivela il nostro preferito. Questo sorge su un isoletta situata appena al largo di Cape Neddick e grazie alla sua posizione non ci sono persone che ci camminano vicino. È una delle mete più fotografate di tutto il New England ed è sicuramente più scenografico rispetto al precedente anche se, obbiettivamente meno bello. Questo è uno dei luoghi più romantici che abbia mai visto e ci rimarrà sicuramente nel cuore per molto tempo.

Ormai all’imbrunire e con questa immagine negli occhi, continuiamo il nostro viaggio verso Kittery per qualche altra compera: nel baule della macchina c’è ancora qualche posticino… Finite le ultime spese, siamo esausti: lo shopping è più stancante che visitare una intera città a piedi!

domenica

Ripartiamo al mattino e decidiamo di dirigerci immediatamente in hotel così da sistemarci e uscire più tardi, visto che purtroppo sta piovendo. Per fortuna abbiamo la macchina quindi decidiamo di fare un giretto perlustrativo della città con l’auto fermandoci nei soliti luoghi dove l’acquisto della T-shirt è un must per un “ossessivo compulsivo” delle magliette come me. Le nostre tappe sono la Boston University e l’hard rock cafè, ma tra le due ci fermiamo a pranzo in uno dei tanti sport bar nei dintorni dello stadio. Visto che è domenica e i Pats giocano fuori casa, non vogliamo perderci lo spettacolo dei tifosi che guardano la partita davanti a birra e hamburger. Questi bar sono incredibili, ci sono decine di schermi con almeno tre programmi sportivi e partite in contemporanea.

Finito anche noi di tifare per non so bene chi, ci avviamo verso north end per fare un giretto al Quincy Market e berci qualcosa di caldo prima della seconda “tappa t-shirt” all’hard rock.

Finiti i nostri acquisti e il nostro giretto rientriamo in hotel e ci prepariamo per la cena speranzosi che le previsioni di sereno per domani siano attendibili.

lunedì

Per fortuna non piove più e sembra che il cielo stia per aprirsi. Entro domani mattina dobbiamo restituire la macchina, quindi ne approfittiamo ancora oggi per raggiungere Cambridge e spingerci fino a Salem.

Prima tappa il M.I.T. (Massachusetts Institute of Technology) dove optiamo per il “self guided tour”. Devo dire che non si rivela una visita entusiasmante. A parte la classica visuale esterna del cortile col cupolone sullo sfondo e la zona dei laboratori, non c’è molto degno di nota. L’università non si può si certo definire bella, anche se stupisce per le sue dimensioni. Forse seguendo un tour guidato diventa interessante ascoltare aneddoti e statistiche legate a questo mostro della tecnologia.

Pochi chilometri più in là, sempre su Massachusetts avenue, visitiamo un altro gigante della formazione universitaria americana: la Harvard University. Questo invece, è il classico ateneo visto e rivisto nei film ed è davvero affascinante. Qui ci imbuchiamo ad un tour guidato da una studentessa del secondo anno e devo dire che visitare un’università con qualcuno che ti racconta tanti episodi curiosi e ti svela qualche aneddoto è tutta un’altra cosa. Come in ogni università c’è la scaramanzia legata all’ingresso principale da cui uno studente può passare solamente due volte nella sua carriera se vuole davvero laurearsi: la prima volta che entra nell’università e la seconda dopo la consegna delle lauree. Esistono un sacco di storielle tipo questa, più o meno serie, legate ad ogni angolo dell’università e, tra una e l’altra un oretta di tour vola via in men che non si dica.

Al termine delle due visite devo ammettere che mi sono reso conto da solo della differenza tra gli studenti dei due atenei. I “Mittici” (come li ho soprannominati) sono i classici nerd tecnologici. Quasi nessuno veste in modo accettabile, tutti col loro bello zainetto, credo che dentro abbiano anche la merenda. Gli “stilosi” di Harvard invece, con le loro belle felpette e le borse a tracolla si possono riconoscere facilmente da lontano.

Lasciamo quest’area piena di cervelloni, dopo aver ovviamente svaligiato entrambi i bookstore con le magliette e ci dirigiamo verso Salem, divenuta famosa per le vicende sulle streghe… Acquistiamo qualcosa da mangiare alla bakery di fronte ad Harvard per goderci l’ultimo pic nic della vacanza e forse dell’anno. Da casa continuano a dirci che sta facendo un freddo incredibile in Italia, mentre qui, anche oggi, è uscito uno splendido sole. Salem deve la sua macabra fama ai famigerati processi contro le streghe condannate al rogo alla fine del 1600. La memoria di questi eventi ha indubbiamente segnato la memoria di questa città, infatti si possono trovare almeno una decina tra siti e musei legati alle streghe. Questo passato riemerge ancora più prepotente in questo periodo di preparazione ad Halloween con addobbi alle case ai limiti dell’orrido (forse anche oltre i limiti…)

A noi non interessa visitare nessun “luogo stregato”, quindi ci accomodiamo sul prato del Derby Wharf per mangiarci i nostri panini prima di farci una passeggiata tra gli edifici storici di questa cittadina. L’importante passato nell’industria navale emerge prorompente degli edifici affacciati sul lungomare come la custom house, il west india goods store e diversi magazzini e depositi in mattoni. Il centro della città invece, si sviluppa intorno Essex street: il corso pedonale su cui si affacciano i numerosi negozi di souvenir e le case più antiche. Comprata anche qui la maglietta e lo scheletrino da appendere in aereo per halloween rientriamo a Boston per riconsegnare la macchina. Dopo oltre 4000 chilometri ci separiamo dalla nostra fedele compagna e rientriamo in hotel. Siamo esausti e decidiamo di non uscire questa sera, quindi ceniamo prima di rintanarci in camera.

martedì

Ancora sole, per fortuna! Ultimo giorno intero di vacanza, vogliamo passarlo passeggiando tra le stradine e i parchi dei quartieri più vecchi di questa metropoli che si rivela davvero a misura d’uomo. Non starò a raccontare ed elencare ogni singolo luogo visitati. È davvero semplice organizzare una passeggiata che permetta di godersi al meglio Boston: basta seguire il Freedom trail. Questo percorso a piedi collega tutti i siti storici più importanti che hanno permesso alla citta di guadagnarsi il titolo di “culla della libertà”. Ogni guida, volantino, brochure o sito che parli di Boston riporta la mappa con la spiegazione di questo percorso in ogni particolare. Il percorso è davvero ben studiato e aggiungendo solo un paio di luoghi si ha una ottima panoramica della città. Noi abbiamo iniziato la nostra passeggiata da Copley square, luogo di arrivo della famosa maratona e sulla quale si affaccia la mastodontica Boston Public Library. Adoro visitare le grandi biblioteche delle città, all’interno si respira sempre un atmosfera che ha qualcosa di surreale.

Saliamo poi sullo Skywalk Observatory in cima al Prudential Center da cui si ammira un bellissimo panorama su tutta la città. Da quassù è facile riconoscere il MIT dall’altro lato del fiume, la Massachusetts State House e molti altri edifici importanti. Dopo essere scesi, ci fermiamo a fare colazione in uno dei tanti caffè presenti in questo quartiere commerciale. È bello vedere questi uomini e donne eleganti che vanno avanti e indietro sui marciapiedi tra i grattacieli. Ho sempre pensato che non deve essere male lavorare in un ufficio nel centro di queste grandi città così ben organizzate. Andare a lavorare in metro o in bici, poter fare quattro passi nelle pause o pranzare al parco: credo che la giornata lavorativa scivoli via veloce.

Continuiamo fino al Public Garden e da lì ci “riagganciamo” col Freedom Trail. A riguardo di questo percorso voglio solo consigliarvi di non perdere assolutamente la visita allaMassachusetts State House con la sua cupola dorata sotto la quale si prendono le decisioni che contano in Massachusetts. È invece incredibile come la Old State Housecon i suoi mattoncini rossi abbia potuto resistere così piccina “incastrata” tra questi giganti di cemento armato.

North end è sicuramente il quartiere più bello della città e uno dei più antichi, che ha saputo però, mantenere il suo carattere. Non poteva che essere invaso da ristoranti e negozi di alimentari italiani, per fortuna il nostro amore per il bello non si smentisce. Ci abbiamo fatto una capatina ieri, lo abbiamo visitato accuratamente oggi, ma ci torneremo per cena, se dovessi vivere a Boston mi piacerebbe abitare qui… Visto che torneremo qui questa sera, non vogliamo fare troppo tardi quindi rientriamo in hotel per prepararci alla nostra ultima serata americana.

Mercoledì

Anche se siamo stati fortunati e non siamo mai stati sommersi dai turisti, ieri qualcuno lo abbiamo visto. Per salutare Boston optiamo quindi per una passeggiata in un quartierino residenziale lontano dai luoghi famosi, quasi a voler fingere di essere “Bostoniani”. Scegliamo South End con la sua serie infinita di casette vittoriane a schiera e le sue piazzette. C’è anche qualche vecchio magazzino riconvertito in galleria d’arte, qualche negozio alla moda e alcuni caffè. Ci fermiamo in uno di questi a fare colazione tra gli abitanti del quartiere per poi continuare la nostra passeggiata fino al Public Garden. Crediamo sia uno dei luoghi più belli e rilassanti della città e torniamo qui per salutarla prima della partenza.

È giunta l’ora di rientrare in hotel, prendere i bagagli e avviarci in aeroporto. Anche questa avventura è finita!

Non so dire se ci abbia colpito maggiormente il Canada o il New England. Non mi sento di fare paragoni.

Di sicuro la costa del Maine è stata qualcosa di completamente inatteso. I fari sono davvero stati creati per essere fotografati, dipinti e raccontati, mentre i piccoli paesini coi loro porticcioli sono stati una vera sorpresa. Ci siamo emozionati in più di una situazione e di sicuro, anche avendo più tempo per esplorare questa costa non ci saremmo annoiati. Del Canada e dello spettacolo dei suoi colori ho già parlato prima, ma devo ammettere che ci ha colpito per le sue dimensioni che crescevano sempre di più man mano che salivamo verso nord. Probabilmente anche le foreste del Maine sono giganti, ma avendole attraversate di notte non ci hanno impressionato come quelle canadesi. Dell’entroterra del New England non abbiamo visto molto, ma credo sarebbe stato simile all’Ontario e alla parte meridionale del Quebec.

Siamo stati davvero fortunati con il tempo, ma ancora una volta mi sono reso conto che un cielo grigio, il freddo o, ancora peggio, la pioggia possono condizionare davvero molto l’aspetto di un luogo. Il periodo è stato perfetto per vedere il foliage: la ragione principale di questo viaggio. Purtroppo non è qualcosa che si può prenotare da casa e il rischio di arrivare qui e trovare ancora tutto verde o peggio tutto già spoglio è qualcosa da prendere in considerazione.

Una cosa davvero curiosa che abbiamo riscontrato è la grande differenza tra gli abitanti dell’Ontario e del Quebec. I primi sono molto più “americanizzati” anche se ci tengono ad essere canadesi, mentre i secondo sono “del Quebec”!! (Quasi a voler anche differenziarsi dai canadesi). Procedendo verso nord abbiamo trovato sempre meno persone che parlavano inglese fino a sparire quasi completamente, compresi i giovani da cui non me lo sarei mai aspettato.

Boston è davvero bellissima e a noi è sembrata anche molto vivibile. Non so dire se è solo l’impressione di due turisti che non devono cimentarsi col traffico e i servizi, ma se non fosse per il freddo in inverno sarebbe quasi in testa alla mia classifica di dove andare a vivere. Abbiamo però riscontrato che la città va a letto presto e la vita notturna si concentra soprattutto nei week end. Da una città così famosa e così vicina a New York mi sarei aspettato un minimo di rivalità in più verso la sua vicina che non dorme mai. Effettivamente però, Boston non è poi così grande: conta poco più di mezzo milione di abitanti. Forse, anche in questo caso, conoscendo i locali o i posti giusti, sarebbe semplice divertirsi, ma non è facile come mi aspettavo da una metropoli simile.

Alla fine del viaggio quindi, vince il titolo di miglior città Montreal con la sua gioia di vivere e la “maionese perfettamente riuscita”…

Indimenticabili invece: le cascate del Niagara, le pedalate a Ottawa, la passeggiata a Quebec, le balene di Tadoussac e i fari e i porticcioli del Maine. Se vuoi vedere altre foto guarda il racconto sul mio sito: http://www.viaggiatoreda2soldi.it/canada-e-stati-uniti-autunno-2013.html altre ancora sull’album di flickr: http://www.flickr.com/photos/99911502@N03/sets/72157636619094503/ per conoscermi meglio dai un’occhiata al mio sito: www.viaggiatoreda2soldi.it oppure seguimi su fb: https://www.facebook.com/pages/Viaggiatore-da-2-soldi/495879173806098

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