Tour in Malesia

Breve passaggio a Singapore e Dubai. In mezzo 19 giorni di Malesia peninsulare, tra città rurali e metropoli moderne
Scritto da: filippolgaia
tour in malesia
Partenza il: 06/04/2012
Ritorno il: 30/04/2012
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Breve passaggio a Singapore e Dubai. In mezzo 19 giorni di Malesia peninsulare, tra città rurali e metropoli moderne, tra mare e giungla. 2400 kilometri in pullman, treno, taxi, motoscafi, traghetti, risciò… Sei isole, due oceani in una terra dove la naturale gentilezza della gente ti permette di entrare nelle loro diverse origini, culture e religioni. Il miglior battesimo di turista per caso per nostra figlia di 9 anni.

Non approfondirò il viaggio Roma-Dubai-Singapore limitandomi a dire che abbiamo scelto di viaggiare con Emirates per un discorso di rapporto qualità/prezzo. Ne è valsa la pena. Non parlerò della prima giornata a Singapore che non ci siamo goduti per la stanchezza e l’acquazzone preso (l’unico). Ma voglio cominciare il racconto da quando è iniziata la nostra vacanza on the road.

8 aprile 2012 h 10:40 In viaggio tra Singapore e Melaka

Ci siamo lasciati alle spalle Singapore e con lei una stanchezza infinita. I giorni prima della partenza da Roma sono stati faticosissimi e i 20.000 km di aereo senza dormire ci hanno dato la botta definitiva. Un po’ mi dispiace di non aver capito questa città. Ma come esperienza ci insegna, le grandi città vanno sempre viste alla fine del viaggio. Solo dopo una lunga e approfondita conoscenza della gente e delle loro abitudini in zone più a misura d’uomo arrivi più preparato per affrontare queste metropoli popolatissime. Avremo tutto il tempo di decidere quanti gironi dedicargli alla fine del nostro viaggio, visto che da li riprenderemo l’aereo per Dubai e Roma. Ora si va in Malesia! Viaggiamo su un comodo pullman. Gaia si è subito presa un posto tutto suo e ascolta musica e gioca con la sua Nintendo DS. Le abbiamo concesso questa cosa anche per renderle sopportabili i lunghi trasferimenti che le faremo fare. Lei non sa cosa le aspetta. Mi sembra a suo agio e la lunga dormita di ieri (15 ore!) l’ha rimessa al mondo. L’impatto con Singapore è stato tosto. Poi ho letteralmente sbagliato zona per l’albergo prenotato da Roma, scegliendo una delle più autentiche, vero, ma è stato troppo per lei; troppa confusione, troppi odori, troppa gente, troppo rumore, colore…troppo distante dal suo mondo. Vedremo come se la caverà da qui in poi. Sono abbastanza sereno e sicuro che ora tutto sarà più alla sua portata.

Melaka. La scelta di questa vecchia perla d’oriente è stato il miglior modo di cominciare a conoscere questo paese. La città è piccola e si gira a piedi. Credo che domani cederò alla tentazione di prendere un risciò. Qui sono una specialità locale. Sono tutti coloratissimi e addobbati come alberi di natale. E forse, come consiglia la Lonely, aiutiamo a mantenere viva una tradizione che rischia di scomparire e alimentiamo il lavoro di queste persone che letteralmente si sudano il loro lavoro. Abbiamo mangiato benissimo in un ristorante pakistano, il Pak Putra, dove ci siamo deliziati con le specialità Ayam Tandoori. Peccato che non servano birra!

11 aprile 2012 h 10:40 In viaggio tra Melaka e Lumut diretti a Pulau Pangkor

3° giorno in Malesia – 5° di viaggio

Lasciamo Melaka e un pezzo di noi. Portiamo con noi un ricordo che si fisserà nel tempo perché questa città e la sua gente sono di quelli che lasciano il segno. Non potevamo approcciare meglio alla cultura malese. Colpisce subito come comunità malesi cinesi e indiane, conservando proprie culture, tradizioni e religioni, riescano a convivere pacificamente e a crescere sviluppando senza prevaricare, con unu occhio rivolto al passato e l’altro fortemente proteso verso il futuro. Ma ricorderemo con piacere anche dell’ora passata con Akim sul suo folle e coloratissimo risciò che tra sudore e memoria ci ha raccontato la storia della potente “Perla d’oriente” e ci ha fatto passare lo scrupolo di aver fatto una cosa troppo turistica, convincendoci invece di aver contribuito a mantenere viva una tradizione in via di estinzione oltre che a garantire un decente salario a chi ha cresciuto con soddisfazione 5 figli. Non dimenticherò mai la coraggiosa scelta di una cena a base di Satay Celup (senza sapere cosa veramente abbiamo mangiato) o di poter urlare al mondo intero che la puzza di un durian è di poco superiore al vischioso/dolciastro suo sapore! Qui dicono che se vedi Melaka vedi la Malesia… allora ci si prospetta un gran viaggio

12 aprile 2012 h 20:10 Pulau Pangkor – Coral Bay – Daddy’s Cafè

Aspettando lo tsunami. Cena di pesce sulla spiaggia dove oggi ci siamo goduti una giornata di mare. Ieri il viaggio per quanto lungo è stato agevole. Ho imparato una cosa: qui ti puoi fidare, nessuno tende a imbrogliarti. Se ti avvicinano o è per aiutarti o per offrirti un servizio senza impegno o inganno. Accetti o rifiuti guadagni sempre un sorriso. Così prima di arrivare avevamo già un alloggio a prezzo scontato, prima di cambiare mezzo sapevamo già dove andare e cosa prendere. Siamo arrivati in tempo per fare un bagno al tramonto nelle acque tiepide e color smeraldo di Teluk Nipah, mentre Olga faceva l’indispensabile primo bucato. Oggi ci siamo alzati tardi, abbiamo fatto una ricca colazione e affittato 2 scooter per girare l’isola. Ho fatto il pieno con 1€! La benzina costa circa 25 nostri centesimi al litro… Guidare a sinistra con un motorino 4 marce senza frizione con il cambio a sinistra e la pedalina che funziona al contrario…residui della mania di unicità del Regno Unito. Ma io vado come un treno merci, e placido mi arrampico per le strade di Pangkor che improvvisamente vengono inghiottite dalla giungla. Una grande giostra tutta per noi e qualche scimmia che sedute sul ciglio non si scompongono al nostro passaggio. Poi la spiaggia. Un angolo di paradiso. Ringrazio il mio amico “messicano” del suo prezioso consiglio. Una giornata di puro relax. Qualche bagno, un po’ di sole, una spremuta di frutta esotica. Gaia ha messo alla prova il suo acerbo inglese e ha trovato subito dei compagni di gioco: 2 bambini inglesi e 4 scimmie! Vederla così felice e a suo agio in questo “altro mondo” mi appaga come nulla potrebbe. Prima del tramonto abbiamo ripreso i nostri scooter e abbiamo rifatto il giro al contrari per andare a vedere un vero kampung (villaggio) di pescatori: Teluk Gedong. Esperienza per la quale posso affermare che questa isola va vista! Avrei voluto fare decine di foto ma mi sono fermato per non profanare questo angolo di realismo. Chi vuole capire o immaginare deve vedere con i suoi occhi e soprattutto sentire con il cuore. Cosa che io non riesco a offrire con una foto. Ed ecco qui a chiudere la giornata aspettando lo tsunami…Solo ora ho capito bene cosa volesse dirmi il tipo del report. Vuoi per la mia pessima conoscenza della lingua vuoi per il loro modo di parlare, quando lui mi ha detto che le autorità lo obbligano a metterci a conoscenza del rischio, io ero convinto che facesse riferimento al disastro di qualche anno fa! Ancora ora non ho capito bene cisalpina sia successo. Qui non ho trovato un internet point ne una wifi. Domani sarà il caso di far sapere a tutti che l’unica onda anomala su questa isola l’ho creata io nel mio primo tuffo dell’anno.

14 aprile 2012 h 11:30 In viaggio da Pulau Pangkor a Pulau Penang – Georgetown

6° giorno in Malesia – 8° di viaggio

Ormai i meccanismi di ripartenza sono ben oliati. Sveglia (io) alle 8 doccia, barba e sveglia per le mie ragazze. Lo zaino 2, il guardaroba pulito, è pronto dalla sera prima, chiudiamo lo zaino 1, il cargo, e alle 8:55 siamo pronti per la nostra ultima ricca colazione al Nipah Villa. Alle 9:30 prendiamo il nostro taxi rosa confetto che ci porta al jetti che alle 10 in punto salpa diretto a Lumut. Sbarchiamo alle 10:45 giusto in tempo per acquistare i biglietti per B’worth, stazione di cambio sulla terraferma per Penang. Sri Maju, non la migliore ma con poco meno di 45 RM (11€) non ci possiamo lamentare. Il pullman con file da 4 è comunque comodo e sempre troppo aerocondizionato. Ieri la giornata è stata di puro relax al mare.Abbiamo raggiunto a piedi Coral beach e ci siamo piazzati sulla spiaggia sotto la gentile ombra di un albero di mango. Un po’ soffro. Lo spirito da backpacker si è risvegliato e dopo un giorno fermo il secondo fremo per ripartire. Per fortuna la giornata è splendida e restituisce alla baia quei colori da cartolina. Olga si concede come una devota al sole, mentre Gaia protetta dal suo mutino passa le ore in acqua. Ne sentiranno la sera leccandosi le ferite. Io solo ombra. Oggi per Gaia niente amichetti ne’ scimmie. La giornata scivola via così e a parte un divertente giro delle due baie e degli isolotti in banana boat ci siamo goduti la pace di questo incantevole posto. Per non sentirci troppo pigri abbiamo fatto una passeggiata fino all’assurdo Lin Je Kong Temple votato più alle fantasie disneylandiane di chi l’ha costruito che a Buddha. La sera l’abbiamo passata sulla passeggiata marina di Teluk Nipah che, forse perché è venerdi, si è animata con un mercatino e bancarelle per mangiare. Abbiamo fatto la migliore cena sull’isola assaggiando 4 specialità locali spendendo solo 16 RM (1,5€ a testa!). Gaia ha attirato l’attenzione della figlia della cuoca. Ha provato a comunicare con lei a gesti e le ha fatto vedere il suo diario di viaggio. La bellissima bambina era affascinata e curiosa delle piccole foto che arricchiscono il suo taccuino. Allora ho fatto una foto a lei e a Gaia per poi stamparla sotto il suo meravigliato sguardo.Quando ha capito che era un regalo per lei ha cominciato a zompettare felice mostrando il suo trofeo a tutta la famiglia. È stato un modo per avvicinarci a loro e malgrado solo una sapesse l’inglese siamo riusciti a parlare e condividere qualche minuto di piacevole conoscenza reciproca. Abbiamo scoperto che Gaia è un nome usato dall’etnia malese! Un’insolita serata per chiudere in bellezza la nostra visita a Pulau Pangkor.

Ore 15:20. Siamo al Segara Ninda Homestay. Deliziosa residenza di un mercante di legname tailandese del secolo scorso. Ottima sistemazione per 120 RM è la migliore fin ora. Ci rinfreschiamo prima di immergerci in questa metropoli tra antico e moderno.

15 aprile 2012 h 22:45 In viaggio tra Georgetown e Kuala Besut

7° giorno in Malesia, 9° di viaggio

Alla fine una “sola”, se per 20€ si può definire tale, ce l’hanno data. A riprova dell’onestà di tanti, c’é la dimensione che ha preso la mia timida denuncia al momento della scoperta. È venuta anche una funzionaria del terminal e mi hanno dato un numero governativo per denunciare il fatto. Ma non credo di avere ora voglia di reclamare i miei diritti. Forse un giorno da casa troverò il modo di smascherare quel simpatico indiano dai modi furbi e, come ho imparato da queste parti, fargli perdere la faccia. Alla fine il danno è poca cosa e arriveremo lo stesso a destinazione. Oggi come previsto è stata una giornata impegnativa resa faticosa dal gran caldo. La mattina siamo andati a visitare il Kek Lok Si Temple. A parte il pacchiano contorno vale la pena. Il pomeriggio abbiamo completato il giro a chinatown e visto Little India e Colonial District. Nessuna città da me visitata nel sudest asiatico ha un patrimonio di architettura coloniale così vasto e ben conservato come Georgetown. Una nota speciale va al piccolo Tokong Han Jiang un tempio Teochew del 1870 che non viene nemmeno menzionato dalla Lonely Planet ma che merita una visita. Finiamo il giro giusto in tempo per tornare a prendere i nostri zaini lasciati in custodia della gentile signora della guesthouse e ritornare al Komtar dall’unico furfante della Malesia. Ora ci aspetta il versante orientale. Ore 23:55, le ragazze dormono. Per me sarà dura. Ma un viaggio di notte mi mancava e sono pronto a nutrirmi con gli occhi per sfamare la mia voglia di altri mondi.

18 aprile 2012 h 14:35 In pieno relax sull’isola Pulau Perhentian Besar – Abdul’s Chalet

10° giorno in Malesia – 12° di viaggio

Il mio primo pensiero è per Attilio che circa 10-12 anni fa mi parlò di questo paradiso. Il secondo ad Alessio e Chiara, Marco e Catia e tutti gli altri che mi hanno “obbligato” a venire qui. Il terzo è per la meraviglia in cui ci siamo immersi ieri e oggi. Credo di aver visto più pesci e coralli in questi 2 giorni che nelle mie due visite all’acquario di Genova e a quelli di Barcelona e Valencia messi insieme. Con una bella differenza: qui ci ho nuotato in mezzo! Le emozioni più forti sono state alla vista della prima tartaruga marina (ma anche alla seconda che ho accarezzato e accompagnato durante il suo pasto), lo squalo che mi è sfilato davanti come un lampo nella notte (brividi devo ammettere) le colonie di anemoni coi loro pesci pagliaccio e quel piccolo nemo che per difendere la sua casa mi ha attaccato colpendo la maschera, il pesce scatola, il pesce raggio di luna…ma soprattutto vedere Gaia e Olga completamente ubriache di commozione. Nuotare in queste acque limpide in mezzo a milioni di pesci coloratissimi che ti circondano incuriositi e per nulla impauriti e il colore turchese dell’acqua che miscelandosi con il verde intenso della vegetazione che si spinge fino alla spiaggia regala ai nostri occhi un colore smeraldo acceso da togliere il fiato. Tutto questo sarà uno dei ricordi più forti di questa vacanza. Abbiamo faticato a trovare una sistemazione ma a parte il primo giorno che ci siamo dovuti arrangiare, sono riuscito a trovare due notti da Abdul: posto incantevole. Ieri abbiamo fatto un giro dell’isola in barca per fare snorkeling nei posti più indicati. Oggi gita a Pulau Rawa. Per domani abbiamo appena preso una decisione folle: sveglia ore 7:30; checkout da Abdul; Colazione da Nia; da Lee per il briefing e partenza ore 9 con una famiglia di francesi conosciuti oggi con cui ci smezziamo una barca che ci porterà a Pulau Redang. Snorkeling fino alle 14; pranzo in barca e rientro per le 15:30 da Lee che ci offre una doccia prima di prendere l’ultimo taxi boat delle 16 per Kuala Besut. Da li taxi per Kota Barhu dove arriveremo in tempo per il mercato notturno di Medan Selera per assaggiare l’ayam percic, il nasi kerabu e il riso blu. Altra bella prova di forza per la nostra piccola backpacker! Ora però è il momento di godersi questo angolo di paradiso, fare qualche bagno in questa vasca a 30° e aspettare il tramonto per scegliersi il pesce da farci cucinare al bbq per poterlo mangiare seduti sotto un cielo di stelle e i piedi sulla tiepida sabbia di coralli: che vita!

20 aprile 2012 h 06:30 Kota Bharu

12° giorno in Malesia -14° di viaggio

Ieri è stata una giornata intensissima. Redang valeva l’ammazzata prevista. Come fondali, flora e fauna, le Perhentian non si battono, ma abbiamo visto e toccato spiagge di rara bellezza. Ho anche notato, navigando lungo costa, che ci sono anche interessanti e apparati resort in alternativa a quelli più grandi e classici frequentati dai grupponi provenienti da Singapore. Mi hanno colpito due in particolare che avevano un aspetto vagamente selvaggio e curato allo stesso tempo. Uno su Redang, ma quello che mi ha colpito di più e sull’isola che è a metà strada per le Perhentian: Pulau Lang Tengah. Uno scrigno segreto in mezzo al mare dove sembra regnare la pace più assoluta. Mi riprometto, carta alla mano, di localizzare e segnalare al prossimo viaggiatore. Il viaggio di rientro e verso Kota Bharu è andato benissimo: la sempre gentile Lee ci ha offerto una doccia e prenotato il taxi boat sul suo pontile e ci ha accompagnato all’imbarco salutandoci con il suo sincero affetto. Una bella persona, un’autentica malese che rimarrà nei nostri ricordi con tanta simpatia. Arrivati in 35′ a Kuala Besut sul molo ho subito trovato un tassista con cui ho fatto la mia prima trattativa (lui: 70; io: 60; finale: 65. Come da Lonely Planet!) per arrivare qui. Il Suria Hotel fa schifo ed è di uno squallore indescrivibile. Ma io sono ancora pregno di tanta bellezza assorbita in questi giorni che non mi faccio condizionare da questo aspetto. Siamo qui di passaggio per una notte con un solo scopo: riuscire ad arrivare al Taman Negara con il treno per Jerantut attraverso la foresta sulla famosa “Jungle Railway”. Kota Baruh ci appare come il nostro hotel: brutta da morire. Per fortuna ci riprendiamo divertendoci a curiosare tra le bancarelle alimentari del mercato notturno dove mangiamo benissimo spendendo meno di 2€ a testa. Da provare assolutamente il pollo Ayam e i Murtabak! Rientrano presto in albergo per spalmarci sulla pelle offesa dal sole un gel all’aloe vera comprato in farmacia. Le chiappette delle mie ragazze sembrano pomodori maturi. Io, visto il mio risveglio anticipato, mi leggo un po’ la guida per immaginare le prossime tappe e le possibili soluzioni di viaggio e alloggio. Ma ormai, dopo la giungla, ci rimane il tempo solo per le 3 grandi: Kuala Lumpur, Singapore e Dubai.

20 aprile 2012 h 22:55 Kota Bharu

12° giorno in Malesia – 14° di viaggio

Giornata di imprevisti e sorprese. Ci siamo mossi presto per andare alla stazione degli autobus di Jln Hamzah in “periferia” dove, secondo la Lonely Planet, ci sarebbe dovuto essere un box biglietteria dei treni; dopo aver capito di aver fatto un giro a vuoto abbiamo cercato un taxi che ci portasse al tourist info. È qui che abbiamo avuto la fortuna di conoscere Zaki. Puro malese al 100% tutto simpatia, disponibilità e cortesia. Quando ha compreso il nostro obiettivo ci ha dato una serie di informazioni fondamentali: 1) la guida non è aggiornata nemmeno sulla corretta posizione del tourist info. 2) il venerdi è giorno di festa in Kelantan. Quindi uffici chiusi. Ma lui ci porta comunque nel posto giusto per due buoni motivi: toglierci lo scrupolo e farci vedere un posto bellissimo: Kampung Kraftangan. Chiaramente gli uffici sono chiusi e allora Zaki prende il suo telefono e si da da fare. Alla fine le tanto agognate informazioni sui treni ce le trova lui: purtroppo (ad averlo saputo primaaaa) il treno della mattina parte alle 7. Poi ce ne sono uno alle 19 e uno alle 20:15. Tutti e due arriverebbero in piena notte e poi, come ci dice il buon Zaki, ci perderemmo una delle cose per cui vale la pena svegliarsi presto e prendere quello delle 7: il canto degli uccelli nella Jungle Railway. Però mica ci va di passare un’altra giornata qui! Ne tanto meno arrivare di notte a Jerantut. E da quello che ho capito, muoversi con i bus sarebbe un’ impresa ancora da capire quanto realizzabile tra coincidenze e orari. Ecco invece che la di scelta Zaki di portarci li si rivela perfetta.Scopriamo che all’interno del complesso c’è il noto Zecsman’s Design: ci iscriviamo ad un corso di Batik! Abbiamo giusto il tempo di tornare nel nostro squallido albergo per fare alla meglio gli zaini e cambiare sistemazione nell’albergo accanto dove spendendo meno troviamo una stanza dignitosa. Poi giretto, spuntino e via a sporcarci le mani da Zecsman. Tre ore di puro divertimento e sfogo creativo. Alla fine Zec ci ha portato in albergo i nostri lavori finiti e fissati. Appena li abbiamo visti, ci siamo quasi commossi da quanto siamo stati bravi. Un’esperienza che sommata al mercato notturno e alle prelibatezze gastronomiche danno un gran valore a questa cittadina e al nostro passaggio. Chiaramente domani mattina Zaki sarà qui sotto alle 6 per portarci a Wakaf Baruh a prendere il treno. A proposito: questa mattina quando lo abbiamo ingaggiato semplicemente per la corsa in taxi, ci ha chiesto i 10 RM da tariffa. Dopo tutta la giostra e le telefonate fatte per noi mi sono offerto di pagare di più. Non c’è stato verso. Malese al 100%!

21 aprile 2012 h 7:30 In viaggio da Wakaf Baruh a Jerantut

13° giorno in Malesia – 15° di viaggio

Compleanno del mio “nipotino” Davide (Auguri!). Alla fine ce l’abbiamo fatta. Siamo sul treno. Alzataccia alle 5. Zaki puntuale alle 6 ci prende sotto l’albergo per portarci alla stazione di Wakaf Baruh dove arriviamo in meno di mezz’ora. Ci salutiamo e questa volta riesco a dargli una “mancia” che per fortuna accetta. Chi dovesse passare qui può chiedermi il suo numero e magari portargli i miei saluti. Alle 6:45 apre la biglietteria. Il treno è un “Ekspres” con sola seconda classe. Partenza ore 7:15 (puntuale). Arrivo previsto per le 13:45. Le carrozze sono dignitose, meglio di molte prese negli ultimi anni tra Napoli e Pisciotta. Il viaggio è cominciato e io sono piazzato al finestrino con gli occhi spalancati e il torace aperto come alla prima di un film tanto atteso. Ed è già cinema-veritá: villaggi (kampung) con le tipiche case in teak, mercatini variopinti, strade di campagna con ordinatissimi bambini e bambine in divisa diretti alla loro ariosa “Ekolah” (scuola), vitelli liberi al pascolo nei campi ma anche nelle bordure delle strade e nei giardini. E risaie, piantagioni di caucciú, di palma da olio, di canna da zucchero, un campetto da calcio in mezzo a un accenno di foresta con un prato da fare invidia a Wimbledon con pali e traverse fatti in bambù. E tanta tanta natura con un verde esplosivo. Questo è “il viaggio”.

Ore 11:50 abbiamo appena superato Gua Musang e i suoi monumentali affioramenti calcarei. Siamo quasi al confine tra Kelantan e Pahang e il treno ci sta lentamente portando verso il Taman Negara. La fitta vegetazione ha preso il sopravvento giá da un pezzo e ci trascina fuori dal tempo evocando atmosfere da avventure tropicali. Le ragazze un po’ leggono, un po’ dormono cullate da questo dolce rollio delle tre carrozze della KTM. Un viaggio veramente piacevole!

Ore 16:30 Kampung Kuala Tahan – Durian Chalet. Il treno è arrivato circa 20′ in ritardo. Non molti ma abbastanza per perdere l’ultimo battello che da Kuala Tembeling portava qui. Peccato, anche se ci siamo risparmiati tre ore di hardseat e uno scrollone tropicale. Il taxi in un’ora per 70 RM ci ha semplificato le cose. Per 60 RM a notte abbiamo preso una camera decente e pulita. Nulla di che. Ma il villaggio è tutto mediocre. Volevamo andare al Traveller’s ma è troppo lontano. Fa caldo ed è umidissimo. Olga poi non è in forma. Abbiamo incontrato i Parigini con cui abbiamo smezzato la gita a Redang. Erano madidi di sudore intrisi di fango e segnati dalle sanguisughe. Insieme a queste premesse ci hanno dato anche la triste notizia della parziale chiusura del Canopy Walkway! Credo ci fermeremo 2 notti per avere una giornata intera e qualche ritaglio. Gaia é fuori a giocare con i figli dei proprietari. Ormai, sicura del suo inglese, si lancia a stringere amicizia appena ne coglie l’occasione. Giustamente, stare sempre e solo con i genitori è un po’ noioso… Ore 21, siamo giá a letto. Siamo giustamente stanchi e domani vogliamo essere in forma per fare sia giungla che fiume. Siamo scesi a Kampung dove ho preso info per andare a KL e poi abbiamo scelto una delle chiatte-ristorante lungo il fiume guidati dal buon naso di Olga. Un posto molto suggestivo per la sua posizione, proprio di fronte a un ramo del fiume che viene inghiottito nella giungla. Da li si capisce tutta la sua potenza e grandezza. Al passare di una barca prendo consapevolezza delle dimensioni di alcuni alberi lungo la riva opposta…sbalordito faccio le dovute proporzioni con quello che c’è oltre e un brivido mi sale lungo la schiena. Ammetto che tanta forza della natura, forse perché mai vista così da vicino, incute un po’ di timore. Ma all’improvviso ogni paura scompare alla vista di uno spettacolo imprevisto; sopra i due corsi del fiume, unici spazi che la fitta vegetazione cede al cielo, si aprono due scenari diversi: a nord dove la luce è già più bassa e le nuvole più dense, su uno sfondo argentato si disegna con un semi-arco perfetto un vivace arcobaleno; mentre a ovest, dove le nuvole si sciolgono sotto gli ultimi raggi del sole, tutto diventa oro. La giungla improvvisamente diventa una sagoma nera perfettamente ritagliata su uno sfondo oro e uno argento. Purtroppo le pile che ho comprato a Kota Baruh erano esaurite e non ho potuto immortalare questo regalo di benvenuto fatto ai nostri occhi dal Taman Negara. Ma queste immagini fanno parte di quella serie di ricordi che si fissano nella memoria come tatuaggi sulla pelle. Abbiamo mangiato bene e speso meno di 3€ a testa. Poi, torcia in mano, siamo ritornati verso il Durian cantando “ci son due coccodrilli…” per aiutare Gaia ha superare la paura della strada buia. Mi chiedo cosa le rimarrà di questa esperienza. Mi ringrazierà o me la farà pagare? Ora sembra felice, e questo mi basta.

23 aprile 2012 h 10:30 In viaggio da Kampung Kuala Tahan a Kuala Lumpur via Jerantut

15° giorno in Malesia – 17° di viaggio

Lasciamo la giungla pluviale per tuffarci in quella d’asfalto, ultima tappa della Malesia. Ci passeremo 4 giorni pieni. Ieri ho prenotato 5 notti al Radius International Hotel che mi avevano consigliato Fabrizio e Angela perché effettivamente, come anche scritto nella Lonely Planet, c’era un’offerta che lo rendeva competitivo con molti di categoria inferiore. Ho anche acquistato un volo KLIA – Singapore per il 28 mattina per avere circa 12 ore per visitarla ancora un po’ senza arrivare il giorno prima. Ho pensato che sono meglio 4 giorni a KL e 2 (in totale tra prima e ultima parte de viaggio) che 3 e 3. A Singapore è più facile ripassare e comunque ho più voglia di Malesia. Forse mi hanno anche condizionato le orde caciarone e un po’ demenziali dei tanti gruppi di singaporesi incrociati nella nostre tappe e anche il maggior costo della vita rispetto a qui. Siamo a fine vacanza e a fine budget… Ieri è stata una giornata particolare. In realtà abbiamo fatto due “assaggi” senza abbuffarci di tanta offerta. Abbiamo lasciato dormire Gaia fino a esaurimento. Ne aveva bisogno, povera cucciola, perché la stiamo veramente strapazzando tanto. Quindi ci siamo tuffati in giungla poco prima di mezzogiorno tutti bardati come Totò e Peppino a Milano: pantaloni lunghi ficcati dentro i calzini, scarpe chiuse e doccia di Deet sulle braccia e sui vestiti. Gaia ha subito indossato il prezioso regalo della nonna: il cappello-zanzariera. Un pelo esagerati per quel poco che abbiamo fatto, ma da quanto ho capito dipende dalle condizioni meteo. Il giorno prima aveva piovuto e le condizioni degli amici parigini la dicevano lunga su come il fango possa prendere il sopravvento. Noi siamo stati fortunati perché la giornata era di sole pieno. Malgrado tutto comunque se ci si vuole inoltrare bisogna attrezzarsi bene e oltre un certo raggio è consigliabile una guida. Gaia all’inizio era rigida dalla tensione e non è stato facile avanzare. Poi pian piano prendendo confidenza con fango, insetti e varani si è sciolta e ha cominciato anche lei a rendersi conto della bellezza del posto. Ci sono alberi immensi con radici affioranti alte come me e piante con foglie grandi una piazza e mezzo. Un verde continuo, tono su tono, che lascia passare solo pochi raggi di sole che esaltano alcuni scorci creando bellissimi giochi di luce sulle alte fronde. Il suono della giungla è un concerto: canti di uccelli si sommano a quelli di cicale malesi (come quelle alle Perhentian che fanno un suono incredibilmente potente e acuto) grilli, e chissà cosa. Non si vede un animale, ma la sensazione è quella che siano loro a vedere noi. Ti senti milioni di piccoli occhi puntati contro.

Poi siamo arrivati al Canopy Walkway che per il 90% era percorribile. Olga ha preso coraggio e, scortata dall’intrepida figlia, lo ha fatto tutto. Grande! Certo si è persa uno spettacolo da mozzare il fiato perché la vista è molto suggestiva e la sensazione di vuoto data dalla sensibile altezza (40mt?) anche a me ha creato qualche difficoltà. Gaia invece ne è uscita fuori talmente eccitata che mi ha chiesto di ripeterla! Alla fine del giro, vuoi per accontentare la richiesta di Gaia, vuoi per fare una cosa diversa e non ripetere lo stesso percorso al contrario scendiamo verso il fiume e ci infiliamo con un gruppo organizzato su una barchetta che ci riporta al via. Questo ci fa capire che sarebbe bello farci una gita perché la giungla vista dal fiume è notevole. Arrivati a Kampung KT andiamo a prendere info sulle gite sul fiume. Ne acquistiamo una che parte un’ora dopo: Rapid shooting and Orang Asli. Giusto il tempo per toglierci i vestiti infangati e metterci in abbigliamento da rafting. Saliamo su questa barchetta lunga 8-9 mt e larga 80 cm solo noi tre e Crecko il nostro timoniere che con il suo fuori bordo da 40cv comincia a risalire il Sungai Tembeling. Noi, giubbotti indossati, siamo schierati nel seguente ordine da prua a poppa: Gaia, Olga e io. Le rapide sono divertenti e non sembrano, come ci avevano assicurato, pericolose. Gaia urla di gioia e paura. Ridiamo come matti e dopo 5 minuti siamo zuppi dalla testa ai piedi. Ne facciamo altre e dopo circa mezz’ora di risalita ci fermiamo in un’ansa tranquilla del fiume ormeggiando su una spiaggia di finissima sabbia. Siamo arrivati al villaggio Batek, una tribù di Orang Asli (letteralmente “popolo delle origini”) del ceppo che viene definito “negrito”. Sono di piccola statura, di pelle scura e con i capelli ricci e crespi. Sembrano africani anche se i lineamenti del volto sono diversi. Saliamo verso il villaggio con un po’ di timore dato dalla sensazione di intrusione e invadenza ma poi mi rendo subito conto che loro sono abituati, anzi, che stanno purtroppo prendendo nostre brutte abitudini snaturando il contesto tribale. Come ci spiega Crecko loro prendono delle offerte sia dalle guide sia dai turisti a cui vendono anche souvenir. Con i soldi hanno cambiato qualche abitudine alimentare e oltre a comprare riso e pomodori in scatola notiamo buttate qua e là cartacce di merendine, lattine, bottiglie, pacchetti di sigarette… insomma, uno scenario non proprio “originale”. Però Crecko ce la mette tutta e fa bene il suo lavoro. Ci fa vedere le capanne, ci spiega usanze e tradizioni e poi con l’aiuto di un indigeno ci fanno vedere gli strumenti per accendere un fuoco e come fare delle frecce avvelenate per la caccia. Poi ci cimentano nell’uso della loro lunghissima cerbottana. Questa parte è stata sicuramente interessante e piacevole. Ma si capisce bene che questo villaggio è qui solo a scopo turistico. I veri Orang Asli sono li in mezzo alla giungla a vivere di ciò che la natura offre e di caccia, spostandosi, come loro abitudine, di villaggio in villaggio. Senza farsi sentire, senza farsi vedere. Proprio come le loro letali frecce. Risaliamo sulla nostra barca e prima di rientrare facciamo una sosta all’altezza di un ruscello che sfocia nel grande fiume. Qui Crecko si prende cura di Gaia e la porta a prendere dei sassi colorati che sfregati con acqua su una roccia tirano fuori una vivace tintura con cui lui si diverte a truccarle il viso. Una piacevole chiusura per questa piccola gita sul fiume che vive e convive con questa antichissima giungla. La sera la chiudiamo come la precedente. Stesso ristorantino sulla chiatta e “ci son due coccodrilli…” In conclusione sono contento di aver “visto” la più antica foresta pluviale del pianeta, ma per conoscerla bene e apprezzarla a fondo si deve venire qui organizzati per entrare dentro e possibilmente dormirci una notte su uno dei capanni di osservazione o in un accampamento organizzato con guide autorizzate. Per noi piccoli turisti per caso, va bene così. Ora andiamo nella capitale.

24 aprile 2012 h 23:30 Kuala Lumpur

16° giorno in Malesia – 18° di viaggio

KL è un altro mondo. L’Asia che era e quella che sarà. La dimostrazione più evidente della crescita di questo paese. Più moderna di Bangkok (quella che io ricordo) più umana di Singapore. Sono al 17° piano del Radius (grazie Fabrizio grazie Angela!) e le sfavillanti luci dei grattacieli ci lasciano senza parole. A noi che non abbiamo avuto altre occasioni simili, sembra pura fantascienza. Gaia mi adora per questo regalo. Dopo averla fatta dormire in bettole e capanne, in aereo e pullman, non le pare vero tutto questo. C’è anche la piscina! La sua prima parola al risveglio di questa mattina non è stata “ciao” o “buongiorno papo” ma, fissandomi alla gatto-con-gli-stivali-di-Shrek, mi ha chiesto: “tuffetto?” Come avrei potuto dirle di no… Colazione per strada e poi KLCC, Acquaria, Petronas Towers (da sotto) e qualche acquisto al Suria. Finalmente frutta.Forse ora ho capito dove va a finire tutto quel patrimonio che viene prodotto in zone rurali dove sono passato ma da cui non potevo goderne il “frutto”… la portano tutta qui! Rientro in albergo con la futuristica Monorail per mollare un po’ di cose e ritirare i 4kg di panni in lavanderia e ripartire per il Night Market a vedere com’è e a mangiare qualcosa. Finalmente un centro commerciale, non proprio commerciale; diverso dai grandi templi dedicati al culto dello shopping e per nulla diversi dai nostri (fatta eccezione per le sovradimensioni). Niente grandi firme, ne marchi global. Solo prodotti locali e di artigianato. Batik, sarong, pashmin e peltro legni intagliati, bigiotteria artigianale e cineserie varie. Insomma, quello che cercavamo e che più ci da soddisfazione nell’acquisto per noi e per piccoli pensieri da fare ad amici e parenti. Solo che arriviamo troppo tardi (alle 22 chiude) e rischiamo quasi di non mangiare. Decidiamo che vale la pena tornare e quindi facciamo solo un mezzo giro di ricognizione a parte una divertente parentesi: ad un certo punto sentiamo musica e applausi e ci accorgiamo di uno spettacolo di musica e danze tradizionali. Ci sediamo a guardare e ad un certo punto le ballerine si avvicinano al pubblico per coinvolgere 3/4 persone e una prende per mano Gaia che non oppone resistenza, anzi… si lancia con il suo solito sorriso in mezzo ai danzanti e viene bombardata di flash e applausi. Fantastica! Devo dire che qui, data la maggior densità di gente, accade spesso che qualcuno presti delle attenzioni alla nostra cucciola. In tantissimi le sorridono e molti si avvicinano per chiederle nome ed età. Qualcuno, sempre cercando un nostro consenso, le regala qualcosa. Abbiamo anche scoperto che Gaia è un nome usato qui in Malesia (chissà come si scrive, però) e questo insieme ad una loro dichiarata idea che lei sembri euroasiatica ma che abbia una pelle e un colore di rara bellezza, induce molti a manifestare il loro sincero apprezzamento. Confesso di essere un pizzico orgoglioso… Lei invece è sorpresa e meravigliata delle attenzioni e di tanta gentilezza. È vero ! Non ricordo di aver visto nessuno litigare con altri, ne’ di aver visto altri perdere la calma. Qui regnano serenità e rispetto per il prossimo. Anche in mezzo a questo folle e caotico traffico. È proprio un altro mondo.

27 aprile 2012 Kuala Lumpur

19° e ultimo giorno in Malesia – 21° di viaggio

Domani altra alzataccia per stare alle 7 all’aeroporto LCC-T (che è lontanissimo!) perché alle 8:25 lasciamo la Malesia per andare a Singapore dove passeremo l’intera giornata in attesa del volo che passata la mezzanotte ci porterà a Dubai, ultima tappa di questo nostro viaggio. Questi giorni a KL hanno già creato uno strappo con la Malesia. Questa è una di quelle metropoli che o la odi o l’ami. Io l’ho trovata piacevole. Quel giusto mix di caos asiatico, frenetico ma non aggressivo, vivace ma non chiassoso, con un modernismo audace ma non estremo. È, però, tutta un’altra Malesia. Non è quella delle atmosfere coloniali con forte presenza dei cinesi delle città della costa occidentale ne’ la realtà rurale e musulmana della costa orientale. È una grande città che dimostra il carattere tollerante del popolo malese che riesce a convivere con le diverse tradizioni culturali anche in questa forte proiezione per un futuro, usando parole della Petronas, “… migliore per tutti i malesi…”. Qualche dubbio mi rimane. Come sempre accade in queste città si vedono tracce di ricchezza esagerata ma anche scorci di povertà drammatica. Però mi rimarrà sempre il ricordo delle scolaresche che ieri abbiamo incontrato al museo della scienza Petrosains dove ho visto come nasce questa loro capacità di convivenza e rispetto reciproco delle culture e delle religioni. Classi che a partire dalle materne sono composte da tutte le etnie che rappresentano il paese. Bambine col tudong che giocano, parlano e ridono con le loro amiche dagli occhi a mandorla o con quelle dalla pelle scura e dagli occhi ancor più neri. Ragazzi musulmani e cinesi seduti su una panchina a guardare due coetanee piuttosto carine dalle chiare origini indiane. Forse è qui che nasce l’identità malese, è qui che si sviluppa la natura gentile di questa gente che ci ha accompagnato in tutta la Malesia. Delle diverse cose viste, vorrei ricordarne una in particolare: Rumah Penghulu. Una magnifica casa malese in legno portata qui dal Kedah e completamente ricostruita e restaurata, ospitata dal Badan Warisan Malaysia. Come mi è già successo visitando la Jim Thompson’s House a Bangkok, anche qui mi sono fatto catturare dal fascino di questi ambienti e mi sono perso nel tempo. È una casa bellissima, assolutamente originale e non influenzata dal pensiero occidentale come quella del magnate americano della seta. Qui c’è la testimonianza concreta degli usi e costumi dell’epoca in un contesto armonioso ed elegantemente semplice. La guida che ci ha accompagnato ci ha dato dei ventagli prima di entrare, ma sebbene fosse sotto un sole cocente non c’è stato bisogno di usarli. Niente aria condizionata ne doppi vetri o finestre in PVC. La casa era fresca e le stanze ben ventilate grazie ad una sapiente progettazione e all’uso di una serie di soluzioni: pennelli verticali con doghe orientate, tetti sovrapposti, grandi finestre con persiane regolabili e pavimento rialzato. Insomma, una piacevole ora spesa a due passi dal KLCC, in alternativa ai templi e ai mercati. Da non perdere.

29 aprile 2012 in viaggio da Singapore a Dubai (con scalo a Colombo)

23° giorno di viaggio

Ormai i ritmi, i voli e i cambi di fuso sono talmente serrati che non riesco s trovare il tempo di aggiornare le ultime parti di questo diario. Provo a riassumere gli ultimi 2 giorni (mentre siamo inseguiti da una straordinaria alba vista da 10300 mt sopra l’oceano indiano). L’ultimo giorno in Malesia lo abbiamo dedicato ai templi: la mattina con un taxi siamo andati alle Batu Caves. Assolutamente da non perdere consiglio la mattina perché i 270 scalini con il caldo non sono uno scherzo ma soprattutto perché la luce naturale che entra nella grotta principale catalizza l’atmosfera mistica e psichedelica di questo santuario adorato dalla popolazione induista e dalle furbe scimmie (occhio alle loro mani leste!). Bello! Rientro spassoso col bus n°11 toccando con mano l’altro faccia di questa vivacissima città verso cinatown per vedere il più antico tempio taoista (lasciate perdere) e la bellissima moschea di Masjid Jamek Essendo venerdi, giorno di preghiera, sapevamo dell’apertura solo per il pomeriggio ma rispetto a quanto dice la LP l’orario corretto è dalle 15 e non 14:30. Ci siamo coperti con vesti e veli messi a disposizione per rispettare costume dovuto e, non potendo entrare dentro (accesso solo per i musulmani) abbiamo fatto un giro perimetrale. Per fortuna la bellissima moschea é tutta aperta e siamo riusciti a captare l’atmosfera di serenità e intimismo che i praticanti emanavano. L’architettura la rende tra le più belle che ho visto. Da non perdere. Rientriamo in albergo per farci un rigenerante tuffo in piscina e preparare gli zaini per l’ennesima alzataccia (ore 5) e lasciare definitivamente questo gentile paese. La sera la chiudiamo “sotto casa” cenando nell’animatissima e divertente Jln Alor. Ottima cena con 2€ a testa compresa la frutta. Questo é uno dei posti migliori per cenare a KL. Alle 6 della mattina seguente lasciamo l’albergo diretti all’aeroporto LCC -T vicino al KLIA (ci vuole 1ora di taxi e 80 RM) per prendere il nostro volo Tigrer Airways che ci porta a Singapore. L’efficienza del Changi Airport emoziona e rende semplice e piacevole ogni cosa. 50 minuti dopo siamo in centro e cominciamo il nostro giro nella Singapore futuristica che non avevamo visto. Questo ci cambia immediatamente il giudizio. L’Esplanade è incredibile apre la porta ad uno scenario che ci lascia senza parole: the Bay. Genio e fantascienza ai miei occhi da provinciale occidentale. Lascio alle foto il compito di illustrare quello che a parole non saprei come raccontare. Facciamo i turisti e prendiamo un battello per fare una crociera sul fiume per vedere anche il CBD e i Quay (Merlion compreso). Unico modo di concentrare in un’ora sola tante cose. Poi ci dirigiamo a piedi verso il Marina Bay attraverso il bellissimo ponte pedonale e andiamo sparati verso l’Artscience Museum per vedere la mostra su Andy Warhol: più di 260 opere che ripercorrono tutta la sua carriera artistica, comprese le serie su Marylin e sulle zuppa Campbel. Un’occasione da non farsi sfuggire, forse l’unica programmata prima della partenza. E mi faccio un applauso perché la mostra è imprendibile. Alla fine cediamo alla tentazione e ci lanciamo a folle velocità al 56° piano dello Skypark. Una spesa forse esagerata ma l’impatto è unico. Sospesi su un pontile di una nave che vola a 200 mt su una città che sembra non possa più arrestare questa sua tendenza all’elevazione architettonica. Da lassù, oltre all’impressionante panorama, si fanno notare i tanti cantieri aperti e la fitta giungla di gru all’orizzonte. Sono certo che se tornerò troverò un’altra città. Alle 00:55 salutiamo il sud-est asiatico per tuffarci in un altro assoluto esempio del pensiero dell’uomo moderno. Non ho aspettative, solo curiosità.

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