Madagascar, l’isola dei lemuri

Madagascar, un itinerario nell'isola dei lemuri che ci ha portato a scoprire un mondo fatto di affascinanti etnie, natura selvaggia e animali meravigliosi.
madagascar, l'isola dei lemuri
Partenza il: 27/10/2017
Ritorno il: 11/11/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
L’affascinante isola dei lemuri aveva catturato la mia attenzione da tempo. Da troppo tempo! Raggiungere il Madagascar è stato ciò che avevo desiderato da oltre venti anni; si, hai capito bene, venti anni. Questo tarlo si era insinuato nella mia mente e aveva iniziato a scavare profonde gallerie. “Questa è l’occasione giusta” mi ero detto. Poi, difficoltà incontrate nell’organizzazione del viaggio, prima, e l’infame ritorno della peste sull’isola, appreso ad una settimana dalla partenza, mi stavano convincendo a rinunciare anche questa volta al mio sogno. Temevo potesse succedere qualcosa; temevo potesse accadere qualcosa di spiacevole alla mia compagna. Ma il mio desiderio di visitare il Madagascar stava prevalendo sulle paure. “Ora basta, si parte!“. Determinato più che mai a raggiungere l’affascinante lembo di terra dell’Oceano Indiano ho sconfitto la malasorte, mi sono premunito dei medicinali per la peste bubbonica e per quella polmonare (non ne bastava una) e abbiamo raggiunto Antananarivo, la capitale del Paese.

Antananarivo, la città dei mille soldati

Antananarivo significa “città dei mille soldati” e riviene proprio dal numero di combattenti in forza al sovrano fondatore Andrianjaka. La Capitale sorge su un’altura dell’altopiano centrale a 1300 metri di altezza sul livello del mare. Chiamata familiarmente Tana, Antananarivo può essere visitata tranquillamente a piedi per meglio carpire il fascino che sprigiona la capitale malgascia. È qui che più prendono corpo i problemi del Madagascar, un Paese tra i più arretrati al mondo. Sono in molti a vivere nella miseria in mezzo a sporcizie d’ogni genere trovando riparo in baracche di fortuna. I più sono arrivati dalla campagna in cerca di fortuna e di lavoro. Ma non hanno trovato né l’una né l’altro. Elevato è anche il tasso di criminalità. Su indicazione della guida, teniamo ben chiusi i finestrini della nostra auto durante gli spostamenti. Ad Antananarivo c’è pure un traffico incredibile che incentiva l’attività dei venditori ambulanti. Infatti, per strada si vende di tutto: occhiali, docce, accessori per auto, cinture. Persino cani e pappagalli! È il regno degli ambulanti. Per altro verso, definirei Antananarivo la “Cuba africana”. Le vecchie auto americane circolanti a Cuba lasciano il posto alle auto d’epoca francesi. È così che si vedono circolare in gran quantità Renault 4 e 5, Citroën Dyane e 2 CV. Sono per lo più impiegate come taxi. La città può essere divisa in due aree: la città bassa, animata dai mercati e dai negozi, e la città alta con strade strette e lastricate che portano al Palazzo della regina. Più lontano il mercato artigianale meta di turisti in cerca di ultimi souvenir prima di lasciare questo splendido Paese.

L’Araben’ny Fahaleovantena, il Viale Indipendenza, è il fulcro della Città Bassa. Gli edifici ricordano il periodo della colonizzazione francese. Qui la vita è frenetica, ovunque regna il caos e lo smog rende irrespirabile l’aria. In questa parte della città ci sono i mercati. Noi visitiamo il colorato mercato dei fiori e il mercato dei tessuti con molte bancarelle che vendono i lenzuoli da usare in occasione della Famadihana, la cerimonia della riesumazione delle salme. È una cerimonia molto sentita in Madagascar; una vera e propria festa che si svolge durante la stagione invernale, tra giugno e settembre. La festa dura tre giorni. E’ una festa molto costosa che obbliga, spesso, i familiari ad indebitarsi. Il primo giorno è il giorno della grande riunione familiare dove si riuniscono tutti i familiari che accorrono dalle loro abituali dimore. Il secondo giorno viene aperta la tomba di famiglia e le spoglie del defunto vengono portate a casa. Per l’occasione, vengono prelevati anche tutti gli altri antenati sepolti nella tomba di famiglia. Parenti ed amici rendono omaggio ai defunti e chiedono loro protezione in cambio. Si crea un dialogo tra i due mondi, il mondo dei vivi e quello dei morti. Poi, le ossa vengono avvolte nei nuovi lenzuoli comprati per l’occasione a testimonianza che i parenti non si sono dimenticati di lui. Alcuni lembi delle vecchie lenzuola vengono prelevati dalle giovani donne come amuleto di fertilità. Il terzo giorno è il giorno della grande festa. Si balla con le ossa del defunto sulla testa, si gioisce, si mangia e si beve birra e rum. È un’occasione speciale per riabbracciare il corpo del caro estinto. Le ossa vengono condotte al sepolcro. È una processione a suon di musica che si svolge al tramonto. Vengono portate in spalla per sette giri intorno alla tomba. Poi vengono inumate. Oggi circa la metà della popolazione malgascia è cristiana; tuttavia i malgasci non hanno abbandonato i propri riti e le proprie credenze animiste. Le religioni cristiane non osteggiano questi riti attribuendone loro un significato che esula dalla religione. Per tali motivi la tradizione della riesumazione ancora resiste allo scorrere del tempo.

Ma torniamo ad Antananarivo. La parte alta della Capitale conserva i più importanti monumenti storici. Il più interessante è certamente il Palazzo della Regina, conosciuto con il nome di Rova, la rocca. Dai suoi 1500 metri domina tutta la città. Il palazzo è ancora in ristrutturazione a seguito del rovinoso incendio del 1995 che ne provocò la distruzione quasi completa. Poco distante si trova il Palazzo Andafiavaratra che ospita un museo con collezioni dell’epoca Merina. Ma anche alcuni oggetti del Palazzo della Regina scampati alle fiamme.

Il Viale dei Baobab

Passeggiare sul Viale dei Baobab è un sogno. Strani alberi cresciuti in fila. Alberi dal tronco liscio e tozzo. Sono alti. Hanno una chioma curiosa. Sembrano essere piantati al contrario, con le radici nel cielo. Il Viale dei Baobab si trova nella regione del Menabe, nella parte occidentale del Paese, non molto lontano dalla città di Morondava e sulla strada per raggiungere il Parco Nazionale degli Tsingy de Bemaraha. Lo raggiungo percorrendo la Strada Nazionale numero 8, una pista in terra rossa che offre spettacoli indimenticabili. Scene di vita d’altri tempi. Villaggi di capanne dell’etnia Sakalava, carri trainati da zebù, ragazze dai vestiti sgargianti con in testa recipienti per l’approvvigionamento dell’acqua. Il momento migliore per visitare il Viale è sicuramente al tramonto, quando il cielo infuocato esalta le strane forme di questi mastodontici alberi.

Tsingy di Bemaraha, la foresta di pietra

La visita ai parchi è stata la motivazione che mi ha fatto desiderare così a lungo la visita di questo Paese. I primi parchi sono stati istituiti all’epoca della colonizzazione francese al fine di scoraggiare la deforestazione effettuata dalla popolazione in cerca di nuovi terreni da coltivare o per garantire nuovi pascoli agli zebù, principale fonte di sostentamento del popolo malgascio. Tsingy di Bemaraha era tra i parchi che volevo assolutamente vedere in occasione del mio viaggio in Madagascar. Formazioni di roccia calcarea dalla strana forma a pinnacolo, immersi in una natura rigogliosa. Un labirinto impenetrabile che assomiglia ad una foresta di pietra con un numero incredibile di guglie che escono dal terreno. La parola Tsingy deriva dal modo di camminare in punta di piedi adottato dall’antica popolazione che abitava questi luoghi che consentiva loro di non procurarsi i tagli provocati dalle pietre che formano gli Tsingy, affilate come lame. Raggiungere il Parco di Bemaraha non è impresa semplice. Un percorso avventuroso che dalla città di Morondava conduce al villaggio di Bekopaka, base di accesso agli Tsingy. Circa duecento chilometri di piste sconnesse e polverose. Due fiumi, lo Tsiribihina e il Manambolo, da attraversare a bordo di rudimentali chiatte formate da due barche unite tra loro da assi di legno sulle quali far salire i fuoristrada. Un’esperienza meravigliosa che vale, da sola, il viaggio in Madagascar. Il Parco di Bemaraha ospita due aree dove poter ammirare le particolari formazioni: i Grandi e i Piccoli Tsingy. Noi ovviamente li abbiamo visitate entrambe.

Dedichiamo la mattinata alla visita della parte più significativa del Parco, i Grandi Tsingy. Per raggiungerli percorriamo una strada, anche questa sterrata, trasformata in fango scivoloso dalla pioggia della notte precedente. Le condizioni della pista mettono a dura prova le abilità dell’autista e le capacità del nostro fuoristrada. Raggiunto comunque l’ingresso del Parco iniziamo la scalata. Percorriamo un primo tratto immersi nella foresta dove avvistiamo alcuni esemplari di lemuri sifaka, rettili, camaleonti e piccoli roditori. A mano a mano che saliamo, il percorso si fa sempre più duro. Attraversiamo passaggi stretti e caverne buie; saliamo piccole scalette di ferro; percorriamo passaggi sospesi nel vuoto. Per guadagnare la vetta è necessaria l’imbracatura e i moschettoni da scalata. Poi arriva lui, il ponte sospeso. Oscilla davanti ai miei occhi. Detesto il vuoto. “Cadere sugli alti e taglienti pinnacoli carsici non deve essere il massimo” ho pensato. Mi faccio coraggio; sguardo alto, fisso davanti a me; inizio l’attraversamento. Metto a dura prova le mie vertigini. Ma riesco nell’impresa. Al di là del ponte, ci attende uno spettacolo paesaggistico di spettacolare bellezza; distese di punte acuminate davanti ai miei occhi. Sembrano lambire il cielo. Stupiscono per bellezza e impatto visivo. È, questo, un percorso lungo e faticoso, anche a causa del gran caldo e dell’umidità del luogo, ma ne vale veramente la pena. Una passeggiata avventura in perfetto stile Indiana Jones. Dopo una breve sosta per rifocillarci in un locale di Bekopaka e scattare qualche foto agli abitanti del villaggio, partiamo per il tour pomeridiano alle piccole formazioni. Simile per la conformazione al fratello maggiore, ridotto di dimensioni ma con un labirinto dai passaggi strettissimi molto suggestivi. Stanchi delle fatiche della giornata, raggiungiamo comunque la vetta. Lo scenario è simile a quello al quale abbiamo assistito la mattina ma meno eccitante per la vastità più ridotta.

Isalo National Park – Il Colorado Malgascio

Isalo National Park è tra i parchi più affascinanti del Madagascar. Situato nella parte centro meridionale del Paese è la destinazione ideale per gli amanti del trekking. Per il suo paesaggio viene chiamato anche il Colorado Malgascio. Vette rocciose modellate nel tempo dall’azione del vento e delle piogge si alternano a pianure aride e gole profonde scavate da fiumi, ricolme di vegetazione lussureggiante. Il modo migliore per scoprire il Parco dell’Isalo è camminare lungo i sentieri ben tracciati che possono essere portati a termine in poche ore o in più giorni. Lasciato il fuoristrada ad uno dei punti di accesso imbocchiamo un sentiero che procede in salita fino a raggiungere la “Collina dei Desideri“. Il luogo è così chiamato per la presenza di mucchietti di pietre. La tradizione vuole che ogni viaggiatore posi un sasso ed esprima un desiderio. Se si dovesse avverare il viaggiatore dovrà fare ritorno in Madagascar. Notiamo alcune tombe dei Bara, la tribù locale che mantiene l’antico rito della sepoltura dei morti nelle grotte del Parco. Lungo il percorso ci imbattiamo in un feretro abbandonato, forse per il luogo di sepoltura considerato non più idoneo. Tra i cespugli si fanno notare gli insetti stecco, abili nel mimetizzarsi tra i rami della pianta che li ospita. Ne vediamo anche due in accoppiamento, in un complicato gioco ad incastri. Ci arrampichiamo su un’altura per ammirare un panorama a 360 gradi sul Parco, osservando il percorso sottostante che attende di essere scoperto. Percorsi i primi tre chilometri, raggiungiamo una piscina naturale formata da un torrente. Per il colore dell’acqua viene chiamata la “Piscina verde”. La vegetazione intorno è ricca di palme. Un bel bagno rinfrescante è necessario per riprendere le forze. Altri quattro chilometri ci attendono per la “Valle di Namaza“. Il sentiero inizia a scendere fino a raggiungere una foresta delimitata da uno stretto canyon invaso dai simpatici lemuri catta – i lemuri dalla coda ad anelli – e dai lemuri bruni. Risaliamo quindi l’alveo del fiume per due chilometri dove ci sono due piscine naturali: la “Piscina Azzurra o Piscina degli Innamorati” e la gelida “Piscina Nera“.

Anakao – Villaggio di pescatori

Anakao è situato a quaranta chilometri a sud di Tuléar, la principale città del Madagascar sudoccidentale. È un piccolo villaggio di pescatori dove il ritmo delle giornate è scandito dal rumore delle piroghe che solcano le acque del mare della Baia di Andavoke. Piroghe dai colori accesi appartenenti agli abili pescatori della tribù Vezo, l’etnia dominante della regione. Raggiungiamo Anakao con una barca a motore. D’altra parte, non esiste una strada che collega il piccolo villaggio a Tuléar. Ad accoglierci una spiaggia bianchissima dalla sabbia soffice completamente deserta e un’acqua cristallina color turchese. Siamo difronte ad un altro Paradiso del Madagascar. Si avvicina subito una donna col viso coperto da una pasta di corallo, usata per proteggersi dai raggi solari molto forti da queste parti. Ci invita a seguirla nella sua boutique di oggetti d’artigianato. La ringraziamo e le spieghiamo che abbiamo bisogno di rosolare al sole per qualche ora. Più lontano, pescatori sistemano le reti e le piroghe per la battuta di pesca del giorno seguente. Bambini che giocano con modellini di piroghe costruite artigianalmente con legnetti e un pezzo di plastica a far da vela. Vanno fortissimo spinte dal vento. Infatti, in poco tempo i bambini raggiungo l’estremità opposta della baia per inseguire le loro imbarcazioni giocattolo. Il giorno seguente con un sole che spacca le pietre decidiamo di fare un’escursione in quad per perlustrare meglio la zona. Lasciata la costa, seguendo un’accidentata pista sabbiosa, raggiungiamo un villaggio fatto di capanne di legno e paglia. Gli abitanti vivono di pastorizia. Nel villaggio infatti si aggirano tranquille mandrie di zebù, capre e montoni. Ci dirigiamo verso un pozzo costruito dai francesi. La situazione è desolante. Gli animali si abbeverano nei pressi del pozzo ed inquinano inesorabilmente l’unica fonte a disposizione del villaggio. Ignari, gli abitanti continuano a prelevare l’acqua caricandola su un carro trainato dai buoi. Scene di altri tempi. Qui il tempo sembra essersi fermato. Infine, raggiungiamo un villaggio sul mare. Ad accoglierci bambini festosi desiderosi di farsi fotografare. Sorridono alla visione delle loro immagini proiettate dallo schermo della macchina fotografica. In un angolo alcune donne fanno il bagno dopo essersi procurate un po’ d’acqua trasportata con secchi colorati sulla testa; mentre l’angolo opposto è riservato agli uomini che si lavano nello stesso modo. Questa è normalità in Madagascar. Ci sediamo su una duna di sabbia e ci gustiamo ancora una volta un tramonto che ci regala questa vacanza.

Con queste mie parole spero di averti fatto apprezzare questa terra incantevole, vero patrimonio mondiale. L’atmosfera che ho respirato nella Terra rossa è qualcosa di magico che rimarrà a lungo nel mio cuore

brani tratti dal blog viaggiatorenonpercaso.com

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