La nostra West Coast – Lui

Da San Francisco a Los Angeles passando per i grandi parchi
Scritto da: m.niselli
la nostra west coast - lui
Partenza il: 08/09/2011
Ritorno il: 23/09/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Abbiamo sognato questo viaggio per quasi un anno.

Mentre viaggiavamo abbiamo avuto l’impressione di vedere tutto quanto esiste sulla Terra.

Dopo due mesi ci sembra che la West Coast sia un ricordo sfolgorante distante anni luce da ora.

Siamo già pronti per la prossima meta, ma prima di andarci vogliamo raccontarvi quella vissuta così intensamente e ripercorrere ogni tappa.

COME E’ NATA L’IDEA DEL VIAGGIO?

Tutto è partito durante le vacanze di Natale, quando abbiamo iniziato a girovagare per le agenzie di viaggio in cerca di cataloghi utili per copiare gli itinerari. Volevamo un viaggio all’avventura ma non sapevamo con esattezza quali fossero le singole tappe da vedere. Grand Canyon? San Francisco? E poi? Abbiamo iniziato a spulciare i cataloghi e, facendo due conti, ci siamo accorti che il viaggio sforava il nostro budget ideale (al di sotto del 3000 euro per ciascuno). Ci siamo quindi affidati al web. Scheletro del viaggio era il tour proposto in uno dei viaggi “da brochure”. Tutto il resto era nelle nostre teste e nella nostra voglia di leggere i diari di viaggio per avere idee.

ITINERARIO

Tappa / Data / Partenza / Arrivo / km / tempo / Plan

1 Giovedì 8 settembre 2011 VCE San Francisco 0 0:00:00 Volo aereo

2 Venerdì 9 settembre 2011 San Francisco San Francisco 0 0:00:00 Visita città

3 Sabato 10 settembre 2011 San Francisco San Francisco 0 0:00:00 Visita città

4 Domenica 11 settembre 2011 San Francisco Yosemite Park 422 6:08:00

8.00 noleggio 9.00 golden bridge 9.30 Lombasrd street 15.00 visita zona sequoia 19.00 sistemazione in campeggio 20.00 cena

5 Lunedì 12 settembre 2011 Yosemite Park Lone Pine 485 7:36:00

8.30 partenza. 9.00 camminata. Vernal Falls. 13.00 Glacier Point. 15.30 Tioga Pass. 17.00 Città fantasma e visita. 16.00 ripartenza. 21.30 arrivo a Lone Pine

6 Martedì 13 settembre 2011 Lone Pine Las Vegas 465 6:44:00

7.00 sveglia 8.00 partenza 9.30 Furnace Creek 10.30 Badwater + Artist Drive 11.30 Dantes View 15.00 Las Vegas riposo e relax in albergo 21.00 cena e giro per Las Vegas

7 Mercoledì 14 settembre 2011 Las Vegas Bryce 389 4:31:00

Mattinata relax 13.00 partenza 17.00 arrivo allo Zion Park 20.00 arrivo all’albergo

8 Giovedì 15 settembre 2011 Bryce Page 346 5:44:00

7.00 sveglia 8.00 arrivo nel parco e visita 14.00 ripartenza per Page 16.00 arrivo a Coral Pink Sand 17.00 Ripartenza per Page 19.00 arrivo a Page

9 Venerdì 16 settembre 2011 Page Messican Hat 263 3:22:00

10.00 Partenza per Antelope 11.30 Visita Antelope 14.00 visita Diga e Horseshoe 15.00 Partenza per Monument Valley 17.30 Tramonto Monumenta Valley 19.00 Arrivo in Albergo

10 Sabato 17 settembre 2011 Messican Hat Grand Canyon 336 4:19:00

8.00 sveglia 9.00 visita con i Navajo (cavallo) 15.00 direzione Grand Canyon (visita south rim) 18.00 tramonto

11 Domenica 18 settembre 2011 Grand Canyon Needles 404 5:21:00

8.00 sveglia 10.00 Visita a Grand Canyon con Bus Navetta 14.00 giro in elicottero 16.00 Verso Williams e Route 66

12 Lunedì 19 settembre 2011 Needles Venice Beach 449 4:48:00

8.00 Partenza 14.00 Arrivo a Santa Monica

13 Martedì 20 settembre 2011 Venice Beach Venice Beach 109 2:13:00

Giornata al mare Hollywood Highway 1 Venice Beach/Malibu

14 Mercoledì 21 settembre 2011 Venice Beach Los Angeles 81 1:11:00

Universal Studios

15 Giovedì 22 settembre 2011 Los Angeles LAX 14 0:20:00 Volo aereo

16 Venerdì 23 settembre 2011 – VCE 0 0 Volo aereo

ORGANIZZAZIONE

· Prenotazione del viaggio: febbraio 2011

· Prenotazione alberghi: luglio-agosto 2011

· Prenotazione auto: pochi giorni prima di partire

CONSIGLI

1. Non andate nelle agenzie di viaggio per organizzare il tour: è molto più bello costruirselo con le proprie mani. Google Maps e booking.com sono siti ad hoc più che sufficienti.

PS: non dimenticate i diari: sono venuti in viaggio con noi ed erano sempre utili per una consultazione rapida.

2. Prenotate tutti i motel e gli alberghi da casa. Sarebbe stata una grande perdita di tempo e di energie mettersi a cercare un letto a tarda sera, dopo aver percorso centinaia di miglia e aver vissuto troppe emozioni. Dopotutto, in caso di improvvisi cambi di programma, si può sempre cancellare la prenotazione fino ad un giorno prima.

3. Noi abbiamo viaggiato con la US Airways, compagnia essenziale che fa il suo uso, ma nulla di più. Vale la pena prenotare molto prima e fare qualche scalo in più (magari al ritorno, all’andata sarebbe stato snervante). Prenotando prima i costi precipitano. Noi abbiamo pagato solo 800 € fra volo e assicurazione sanitaria.

4. Vi consigliamo la compagnia Hertz per il noleggio dell’auto (ottimo il Dodge Journey – la nostra Fiat Freemont)

5. Nel Sito NPS.gov ci sono le mappe di tutti i parchi. Stampatele: ve le danno ugualmente all’ingresso dei parchi ma la mattina prima di partire è bene pianificare le mete e sapere come muoversi

CON IL SENNO DI POI

1. Non fate la patente internazionale: è consigliata ma non obbligatoria. Noi non abbiamo mai incontrato una pattuglia. Per quanto riguarda l’assicurazione auto, la LDW comprende tutto. Inoltre non esiste un costo aggiuntivo per il secondo guidatore: è sufficiente che il primo guidatore faccia una “delibera” sul posto di noleggio nella quale autorizza un altro a guidare.

2. Avevamo sottovalutato il freddo in aereo: portatevi una coperta in pail per riposare e vestitevi bene. Non dimenticate inoltre cuscino e mascherina per ripararvi gli occhi dalla luce

3. Per quello che riguarda i documenti: ricordatevi di completare l’ESTA prima di partire.

COSA LEGGERETE IN QUESTO DIARIO

Durante il viaggio abbiamo scritto entrambi il nostro diario personale. Ogni luogo è stato condiviso ma anche vissuto in modo unico e diverso. Abbiamo deciso di mettere nel web entrambi i diari, per non far torto a nessuna sensazione e per non rovinare ciascun ricordo. I consigli per il viaggio posti in calce a ciascuna tappa sono gli stessi in entrambi i diari.

LA NOSTRA WEST COAST- MASSIMILIANO

GIORNI 1-2-3 SAN FRANCISCO

Siamo usciti di buon’ora. Abbiamo fatto colazione in un bellissimo locale vicino all’hotel, dove ci sono un sacco di magliette e trofei della squadra di baseball di San Francisco: i Giants.

Camminiamo tutta la mattina, attraverso China Town fino al quartiere della beat generation (che non ho capito bene che cos’è, ma la Marti ne era entusiasta). È una bella passeggiata… qualche bancarella cinese, una bella libreria, niente di più… questi luoghi non mi hanno detto molto: diciamo che abbiamo preso confidenza con la città.

E quando meno te lo aspetti, capita l’inaspettato. Mentre Martina è a guardare una pessima imitazione di una salumeria italiana, scorgo a lato di una grande chiesa la scritta “Nuova Porziuncola”. La cosa mi incuriosisce assai, chiamo Martina ed entriamo in questo caseggiato, che poi scopriamo essere una palestra. E con grande sorpresa all’ingresso troviamo la Porziuncola! Sì, una riproduzione tale e quale. Ci intratteniamo con un simpatico signore americano e gli spieghiamo cos’è la Porziuncola ad Assisi. Anche lui come noi sembra stupito al vedere una cosa del genere in una metropoli americana. Chi può essere il pazzo che fa una cosa del genere? Ricostruire chi la Porziuncola? Cos’è, Disneyland? Ecco che alla destra della porticina (dove ad Assisi Francesco si inginocchiava a pregare) sbuca una simpatica signorotta americana che con un italiano maccheronico ci saluta. È il vicesindaco della città, i cui nonni erano italiani. È stata lei tre anni a far costruire la chiesa, dopo essere stata ad Assisi a prenderne le misure. La spinta interiore di questa credente si sente: la sua volontà di voler portare Francesco qui è ammirevole, quasi che fosse… qualcosa di dovuto: “San Francesco deve essere a San Francisco” ci dice.

Lasciata questa splendida e potente signora ci incamminiamo fino alla Coit Tower, torre di San Francisco. E poi giù di corsa attraverso una bellissima scalinata nel verde e in mezzo alle ville fino al Pier 39. Una gran pacchianata, un mondo finto che però ci è piaciuto molto: negozi di souvenir e tanti ristorantini. C’è anche il Bubba Gump, ma c’è troppa coda e perciò mangiamo un sandwich (al tonno) in un altro ristorantino.

Continuiamo la nostra passeggiata lungo mare: vediamo i buffissimi leoni marini che si accavallano l’uno sull’altro sulle piattaforme galleggianti di fronte al Pier. Entriamo dentro il Pampanito II, un sottomarino della seconda guerra mondiale. È pazzesca la tecnologia: come poteva esistere un mezzo di questo genere 60 anni fa? Gli spazi sono strettissimi: il comandante aveva il lusso di una camera singola delle dimensioni del mio bagno di casa. Un libro e una foto della moglie sul comodino. I soldati semplici dormivano in camerate di 36 in una piccola stanza, su letti disposti su tre livelli.

Usciamo e troviamo di fronte una mostra di giochi antichi. Mi diverto a sfidare Martina con quei giochi che hanno divertito intere generazioni passate e che oggi a noi sembrano tanto stupidi: una simulazione di boxe, una gara di bici… Ci siamo divertiti con poco.

Il pomeriggio è passato in fretta: un ultimo giro per Girardelli Square e poi… una coda infinita per il cable car. Andremo a Lombard Street a piedi! Le ultime parole famose. Una salita interminabile, ma molto molto caratteristica. Ci siamo girati e… mozzafiato, la strada scendeva a capofitto verso il mare. E un cable car ci veniva incontro. Qui c’è scappata la “foto cartolina”.

Mi domando come possa esistere qui una strada come Lombard Street. Deve essere sicuramente l’invenzione di qualche riccone. Non ha senso di esistere. È scomoda, stretta…. Unica.

Stanchi morti ci siamo trascinati fino alla fermata del cable car: volevamo andare a mangiare alla Cheese Cake factory da Macy’s come abbiamo letto su tanti diari di viaggio: ma c’era più di un’ora di attesa e allora facciamo una cena veloce in un locale stile anni ’50 poco lontano dal nostro albergo. E poi a nanna.

L’indomani abbiamo assistito ad una festa di pompieri, polizia e tutti coloro che hanno dato una mano in quella data: due enormi camion dei pompieri avevano issato la bandiera “star & stripes”, sotto il comandante ha fatto un discorso strappalacrime e per concludere “god bless America”, l’inno americano. Eh si, non ci siamo fatti mancare niente. E visto che c’eravamo, mi son fatto un po’ di foto con tutte le camionette: pompieri, ambulanza, gruppo antibombe.

La prima parte della mattinata l’avevamo passata facendo shopping tra Abercrombie e Tiffany. Non proprio esaltante. Ma poi, all’avventura, su un autobus, giù fino all’oceano.

Alla fermata dell’autobus ci siamo fermati a guardare i tram: che forti, il comune compra tram da tutte le città del mondo e poi li fa funzionare qui. E così ogni tram è diverso dall’altro. E invece che essere trash sono diventati un’attrattiva.

Prima tappa il City Hall (ci siamo fermati attratti dal mega bandierone americano), poi Alamo Square, tanto decantata per le sue casette colorate. Non mi ha per niente colpito, tanto più che nel pomeriggio ne avremo viste centinaia di casette cosi!

Entriamo nel Golden Gate Park e veniamo subito bloccati da un omone che ci dice che da quella parte c’è un matrimonio. Lungo la strada, sbirciamo tra i rovi e vediamo le sedie tutte allineate con gli invitati che aspettano: un matrimonio in un parco, come nei film. Peccato che il tempo stia peggiorando, il sole da lasciando posto alla solita nebbia e a un vento fortissimo. Uff, è proprio vero che per trovare una giornata di sole a San Francisco bisogna proprio essere fortunati.

E qui l’incontro della giornata: chiediamo informazioni ad un tizio abbastanza ciccione, dal capello grigio. Di risposta ci invita a giocare a “horseshoe pitching”. Cos’è sta roba? Incuriositi saliamo sulla collinetta. C’è un gruppo di americani che beve birra e gioca a tirare un ferro di cavallo in un paletto.

In questi giorni mi ha colpito la familiarità del popolo americano: si avvicinano, ti coinvolgono, ti fanno sentire uno di loro. Ho provato una sensazione davvero di casa.

Ci siamo trasferiti alla casa dei fiori (una roba da Marti) e poi al museo della Scienza, all’interno di una struttura costruita da Renzo Piano. Lo spettacolo “Life” dentro il planetario è stato emozionante: eravamo sotto un immensa sfera a guardare uno spettacolo sull’origine della vita.

Cerchiamo il giardino giapponese, ma siamo un po’ stanchi di camminare. Una corsa stile “Usain Bolt” per prendere l’autobus (ormai abbiamo capito come funziona!) e giù fino all’oceano. IL mare è affascinante, l’oceano è potente. Le onde in fondo a questa spiaggia profondissima sembrano enormi, il vento tira forte, dall’altra parte del mare le Hawaii, il Giappone, la Cina. Io gioco un po’ con i gabbiani, la Marti sogna su quelle casette vista oceano.

Poi di nuovo sull’autobus attraverso case di mare fino alla città.

La sera cenetta nel locale dell’altra mattina dove tutti guardavano partita di football. E al punto della squadra di casa, olè tutti in piedi! Mi sono sentito proprio in America.

CONSIGLI:

1. San Francisco è una città fredda e umida. Obbligatori felpa, giubbotto, sciarpa, berretto e, perché no, anche i guanti (noi li abbiamo rimpianti).

2. Noleggiate la macchina il giorno della partenza da San Francisco: prima non serve a nulla, la città va scoperta e vissuta a piedi

DA NON PERDERE:

1. il Museo della Scienza con il suo Planetario (eccellente lo spettacolo Life), i suoi giardini, i suoi animali

2. il Pier 39 con i suoi negozi (non perdetevi il museo dei videogiochi e il sottomarino Pampanito)

3. uno sguardo sull’oceano in questa parte di mare infuriato (tutt’altro che Pacifico!!)

CON IL SENNO DI POI

Nulla da dire sul programma, non cambieremmo niente

YOSEMITE PARK

Dopo una sempre abbondante e ottima colazione siamo andati alla Hertz: ecco il nostro Dodge Journey. Che figata! Cambio automatico, altissima e spaziosissima. Ecco, l’unica pecca è il colore Gold. Un po’ retro! Ma siamo esaltati: carichiamo le valige, ci impratichiamo con il computer di bordo ed eccoci a scorrazzare su e giù per le vie di San Francisco fino al Golden Bridge: che imponenza! Qualche foto di rito, e poi via a Lombard Street. Non potevo non farla.

E poi uscire da San Francisco è stata un’impresa: il Bay Bridge su due piani e poi le autostrade che si intersecano luna sull’altra… abbiamo sbagliato un paio di volte, ma un po’ con il navigatore e un po’ di istinto ne siamo usciti. Ci siamo un po’ innervositi anche tra di noi, ma con un sorriso è passato tutto.

Eccoci on the road, sulle strade degli Usa. Spazi infiniti, desertici. Non mi aspettavo tutto questo “giallo”. Mi immaginavo la California verde, con le palme: e invece eccoci sue giù per queste colline, direzione Yosemite. Entriamo in un autogrill, come di quelli che si vedono nei film: prendiamo un po’ di coca, biscotti, acqua e porcherie… Manca solo che entri qualcuno per fare una rapina. Si mette alla guida la Marti, io mi metto a posto il sedile stile poltrona e mi godo il panorama. Cominciamo a salire: lo spettacolo è simile a quello delle nostre Alpi. Ma non si rivelerà così.

Entriamo al parco, e dopo una curva a gomito, ecco che ci si presenta davanti una immensa sequoia. Imponente, incredibile: più grande della statua della libertà, come un Boing 747. La più grande, la Grizzly Giant è alta 61 m. Che forza la natura! Mi chiedo: come da a stare in piedi una cosa del genere? Cominciamo il nostro trail attrezzati per la pioggia, che ci accompagnare per tutto il pomeriggio.

Ci spostiamo verso la Yosemite Valley: dopo una galleria ci compare in tutto il suo splendore, con le cascate belle piene. Sono tutto agitato, mi piace lo spirito di avventura. Arriviamo al nostro villaggio: carino, in mezzo al bosco. Svuotiamo la macchina e ci divertiamo a riempire la cassetta fuori dalla tenda: eh si, non si può lasciare niente di profumato in tenda. Pena: la visita di un orsetto. Così dicono, io non ci credo molto. A proposito di fame da orso: Super cena “all you can eat”. Che gordo. Mi piace l’America! Passiamo per la lodge 10 minuti: c’è un clima accogliente: oggi sono tutti collegati ad internet, mi immagino cosa poteva essere solo 10 anni fa. Un punto di incontro, di scambio, dove le persone si raccontavano le storie e le avventure di giornata. Oggi ognuno si fa i fatti suoi davanti a uno schermo di computer. Un po’ più triste. Io e Marti troviamo un divano comodo e ci adeguiamo agli altri. Io però presto crollo dal sonno.

L’indomani, dopo la solita eccezionale colazione, ci avviamo verso le Vernal Falls. Il parco è organizzatissimo: un bus navetta ci porta all’imbocco del sentiero. E durante l’attesa ci becchiamo anche un incontro con un piccolo cervo. La camminata è abbastanza lunga, tutta in salita: ma che spettacolo, che potenza la natura. Il verde del bosco, gli scoiattolini che si avvicinano a fare amicizia… e la massa d’acqua. Mi viene subito da pensare alla portata, alla velocità di caduta… ma mi lascio prendere e incontentabile come un bambino voglio salire fino su. La Marti non aveva molta voglia: ma la trascino fin su. Che potenza. Che potenza. Che potenza.

Il giro mi ha entusiasmato ma è stato altrettanto lungo. Dobbiamo saltare il lago in cui si specchia l’Half Dome (che poi dei compagni di viaggio italiani ci diranno essere non stati un granché: era quasi vuoto) e ci avviamo verso il Glacier Point. Non so cosa aspettarmi: arriviamo su, qualche passo a piedi… che spettacolo. Davanti a noi il l’Half Dome, le Yosemite Fall. Dominiamo la valle: sotto di noi il nostro villaggio, piccolo piccolo, e poi lì in fondo la cascata che prima abbiamo sfiorato con un dito. La sensazione è sempre quella di potenza, di grandezza. Che spettacolo il creato.

Ci avviamo verso l’uscita del parco, saliamo in cima, al Tioga Pass, fino a 3000 m dove (è un mistero) ci sono ancora dei pini. Al di là, il paesaggio muta in continuazione: rocce bianche, prati verdi, alberi alti, praterie. Una bellissima strada ci porta giù al Mono Lake.

Il tempo è tiranno, l’autunno è alle porte, le giornate sono troppo corte, e noi siamo troppo curiosi. Ad un’ora di strada c’è Bodie, la città fantasma: non possiamo non vederla. La Marti si spara su uno sterrato. Incredibile cosa spingono a fare i soldi: l’uomo è venuto qui in mezzo al deserto, al nulla, lontano miglia e miglia dalla vita per cercare il carbone. È una volta finiti i soldi, ha lasciato tutto all’abbandono. Il villaggio è tenuto benissimo: c’è la chiesa, il medico, la scuola.

Tutti esaltati ci rimettiamo in macchina: attraversiamo quelle che un giorno saranno le città fantasma. Strade costruite in verticale, solo per la gente di passaggio. Mi ricorda molto il cartone Cars e la Route 66. Per strada facciamo discorsi sui massimi sistemi, sui sogni, sul nostro futuro e ci facciamo una promessa: il mio sogno e il suo saranno lo stesso. Mangiamo in un Mc Donald, arriviamo a Lone Pine in un motel. Che è proprio come lo immaginavo: parcheggio e tutta attorno stanze con due piani. E ci stendiamo a letto.

CONSIGLI:

1. Fate il pass dei parchi subito: costa 80 $ e vi consente di entrare in tutti i parchi nazionali (sono esclusi solo la Monument Valley e l’Antelope Canyon, in quanto riserve Navajo)

2. Dormite in tenda all’interno del Curry Village: non è un campeggio europeo! Negli spazi comuni la gente si ritrova intorno al fuoco e si crea un’atmosfera unica. Inoltre si dorme in una vallata splendida: in tenda, immersi nel bosco a 2000 m di altezza. Il fast food messicano all’interno è eccezionale: si mangia un sacco a prezzo stracciato.

DA NON PERDERE:

1. Le Sequoia: sono uno spettacolo che noi europei non possiamo nemmeno immaginare. Non prendete il bus navetta all’interno del parco: si ferma poco e non vi fa vivere per niente il parco

2. Le Vernall falls: vale proprio la pena la passeggiata fino alla cima della cascata

3. Il Glacier point: panorama stupendo

4. Il Tioga Pass: paesaggi di montagna mai visti nelle nostre Alpi (non è vero che il Yosemite Park assomiglia alle nostre Alpi, è tutto un altro mondo!)

CON IL SENNO DI POI

A noi è sembrato perfetto

DEATH VALLEY

Questa mattina sveglia presto: colazione americana in un “postaccio”. Qulla omelette con frutta si rivelerà alquanto pesante.

La Marti entra in Death Valley e facciamo la foto di rito davanti al cartello. Lei è esaltatissima, aspettava questo giorno. Io un po’ meno, non ho grandi aspettative, sono già soddisfatto di ieri. Passiamo paesaggi diversi: cespugli, rocce, dune. Ci fermiamo a Stovepie Wells, dove avrei voluto dormire. L’esperienza della notte in deserto mi attirava, ma Marti aveva letto che c’erano gli scorpioni. Con il senno di poi abbiamo fatto bene: saremo arrivati tardissimo. Sembra un villaggio di un tempo che fu: il saloon, il motel, la pompa di benzina e nient’altro. Tanti corvi. La Marti si compra una pianta grassa: sarà la nostra Death Valley in casa. Proseguiamo e sulla sinistra ci compaiono le dune di sabbia. Rimango esterrefatto nel leggere che le condizioni per creare delle dune sono davvero particolari: sabbia, vento, montagne per bloccare la sabbia

A Furnace Creek entriamo nel Visitor Center dove ci consegnano mappa e giornale di viaggio: che organizzazione in questi parchi. Tutto è perfetto: strade, cartelli, informazioni, punti panoramici (mitici vista point).

Fa meno caldo di quanto ci aspettassimo: solo 36° C (non raggiungiamo i 100° F, uff), e il sole è coperto dalle nuvole. Pioverà mai qui nel deserto? Vuoi che succeda oggi? Scendiamo giù fino a Bad Water: che spettacolo della Natura. Una distesa di sale. E pensare che qui in in mezzo c’era un oceano. Pesci e piante, acqua, la vita. Lì in alto, 85, 5 metri sopra di noi leggiamo “Sea level”. Siamo sotto il livello del mare. Io mi faccio una camminata in questa distesa bianca a piedi nudi. Sentire le cose con la pelle, toccarle e farne esperienza, è tutta un’altra cosa.

Rimontiamo in macchina verso il campo da golf: niente di speciale, se non lo sterrato preso a 65 miglia orarie. Giriamo a destra sulla Artist drive. E’ qui che si può leggere la storia di questo posto. Saliamo in alto su una piccola stradina (asfaltata, uffa) e davanti a noi si aprono dei colori incredibili: il giallo in tutte le sue sfumature, il verde, il rosso… là in alto rosso che sembra sangue. Ci fermiamo ad Artist Palette (la tavolozza del pittore non a caso) a bocca aperta: il mutare dei colori, delle stratificazioni ci sta a dire quanto vecchio sia questo posto, e quanto sia mutato da quando sulla terra è nata la Vita.

Ancora attoniti per quello che abbiamo visto, rimontiamo in macchina: io mi butto a fionda giù per il canyon. Che figata questa stradina stretta: Marti ha un po’ di paura, io faccio fischiare anche le ruote. Mi son divertito.

Ci fermiamo allo Zabriskie Point. Anche qui lo spettacolo è mozzafiato: il nero, il bianco, il rosso. Come diavolo hanno fatto a formarsi?

Andiamo su fino a Dante’s View, coppia di italiani i viaggio di nozze, mangiamo il panino.

Lascio il parco con un grande interrogativo. San Francesco è riuscito a scrivere la sua lode al creato sperso tra gli Appennini umbri: cosa gli avrebbe mai ispirato tutta questa bellezza?

Partiamo verso Las Vegas. Io non ho grandi aspettative, la Marti esaltatissima.

CONSIGLIO:

1. Partite presto la mattina. Noi siamo stati fortunati: la temperatura non è mai salita sopra i 35° C. In generale può fare molto molto più caldo.

DA NON PERDERE:

1. Badwater

2. Artist’s drive

3. Zabriskie point

4. Dante’s View

5. Le dune di sabbia a Stovepipe Wells

CON IL SENNO DI POI

Sarebbe stato bello dormire all’interno del Parco, ma Stovepipe Wells è troppo distante dallo Yosemite Park, soprattutto se, nel tragitto, si va a visitare anche la città fantasma di Bodie. Per fortuna abbiamo pernottato a Lone Pine, alle porte del deserto. Sarebbe stato un guaio arrivare nel deserto a tarda notte e guidare al suo interno col buio sarebbe stato molto pericoloso.

LAS VEGAS

Vedi il diario di Martina

CONSIGLI:

1. Partite da uno dei due capi della Strip, ovvero dal Luxor hotel oppure dal Tropicana hotel (ai poli opposti della Strip): così facendo vi gusterete tutti gli hotel, anche se noi vi consigliamo di partire dal lato del Tropicana. Da qui si entra in tutti gli alberghi della nuova Las Vegas, molto più fastosi di quelli a sud.

2. Non è necessario dormire lungo la Strip: noi abbiamo dormito al Trump, unico con la jacuzzi in camera a prezzi ragionevoli e senza il via vai della gente che gioca ai casinò

DA NON PERDERE:

1. Lo spettacolo delle fontane al Bellagio

2. L’interno del Venetian Hotel (pazzesco vedere Rialto con le macchine che passano sotto!)

CON IL SENNO DI POI:

Siamo usciti dall’albergo alle otto di sera, pensando che la città si animasse di notte. Uscite anche prima, all’interno degli hotel si perde la cognizione del tempo… e non basta mai. Giocate al casinò appena arrivati e non pensate di rimandare a fine serata: avrete macinato chilometri e chilometri e sarete troppo stanchi

ZION CANYON E BRYCE CANYON

Usciamo da Las Vegas e attraversiamo il deserto, la Marti alla guida. Lì in lontananza vediamo anche un bel temporale, che ci sfiora appena. La Marti pensa che sia un tornado, ma la tranquillizzo dicendo che è troppo piccolo. Anche se io un tornado non l’ho mai visto! Con gran stupore l’autostrada entra in un canyon. Che spettacolo! Corriamo sopra il letto del fiume, seguendo tutte le S che nel corso dei millenni ha creato.

Il sole scende in fretta, entriamo nello stato dello Utah, dove tra l’altro c’è un diverso fuso orario. E d’improvviso sono le 19.00.

Entriamo allo Zion Canyon e l’asfalto comincia a farsi rossastro, e poi sempre più intenso. A destra e a sinistra si innalzano massici rocciosi, rossi. Piamo piano prendiamo quota. Lo spettacolo dall’alto è stupendo. Un tunnel lungo e buio ci porta fuori dal parco e facciamo le ultime foto.

Arriviamo al nostro motel e fuori fanno 6 gradi: mi aspettavo tutt’altre temperatura e invece ci troviamo ben oltre i 2000 metri. Mi tolgo le infradito e mi metto dei pantaloni lunghi. Accendiamo il riscaldamento in camera a bomba: che errore! CI sveglieremo alle tre di notte tutti sudati (saranno stati 35° C, a momenti facevamo la fine della rana in pentola. Il posto è isolato da tutto, in mezzo alla prateria. Un motel, un market e una steakhouse. Appunto. Entriamo e mi ordino una bella bistecca da 14 once. Che spettacolo: era tanto che non ne mangiavo una così buona.

Questa mattina ci siamo svegliati: le previsioni chiamavano bruttino, apriamo insieme la tenda della finestra e… che tempaccio! Ma là in fondo uno spiraglio di azzurro; ci prendiamo un hamburger e un muffin e via verso il Bryce Canyon. Passiamo attraverso la carinissima Bryce Canyon City, dove la sera fanno anche il rodeo (che purtroppo non abbiamo visto). Entriamo come al solito attraverso l’organizzatissimo ingresso e sulla destra l’immancabile Visitor Center. “Luchi luchi” e nel frattempo esce il sole. Ci fiondiamo fuori, rimandando le spese a dopo.

Arriviamo al Sunset point e lo spettacolo è mozzafiato. Hoodles tutto attorno a noi, nell’anfiteatro del Bryce. Ci facciamo le foto di rito, in mezzo ad un’orda di cinesi. Incontriamo di nuovo la coppia di sposini romana… ma che svampita! Ci incamminano verso il Navajo Loop Trail, immergendoci in mezzo ai pinnacoli. Entrambi siamo esaltati: non sappiamo dove guardare. Ovunque è uno spettacolo. Scendiamo giù per la gola, fino all’interno del canyon. Ci guardiamo intorno e ci chiediamo come sia possibile che si origini un posto del genere. Gli hoodles sono tutti alti uguali, tagliati in maniera orizzontale allo stesso modo. E anche le colorazioni seguono un andamento orizzontale. Che ci sia stato il mare qui? Si, ma co me ha fatto a creare queste guglie? Lo scopriremo dopo al Visitor Center. Io mi avventuro su una guglia. Voglio troppo la foto li sopra: la Marti dice che sembro un indiano.

Risaliamo il canyon pestando questa terra argillosa bagnata e immaginiamo l’acqua scorrere già per questi stretti cunicoli: che potenza che deve avere e come ha scavato. Ritorniamo all’auto e ci facciamo tutta la valle fino a sud, facendo tutti vista point. Si assomigliano un po’ tutti, i nostri preferiti rimangono quelli che danno sull’anfiteatro.

Torniamo verso il Sunrise point, dove c’è un general market. Ci sbaffiamo un hot dog, ci stampiamo la ormai ricercatissima monetina del posto e la Marti si compra una felpa.

Torniamo al Visitor Center dove prendiamo un po’ cartoline, ci guardiamo il video sul parco: una volta qui c’era un oceano perché l’America del nord era divisa in due. Il mare ha sedimentato i vari strati, dando le diverse colorazioni. E poi il fiume ha scavato, creando le forme che oggi vediamo.

Ci mettiamo al volante e passiamo attraverso il Red Canyon, un posto che passa inosservato viste le bellezze che ci stanno intorno. Facciamo qualche foto dalla macchina, e passiamo sotto ad un arco naturale.

Arriviamo al Coral Sand Dune che diluvia: cosa facciamo? Beh entriamo! Lo spettacolo è imponente. Magnifiche dune di sabbia rossa erosa dalle rocce li in fondo vengono depositate in questa valle (vedi effetto Venturi). Ci avventuriamo per le dune, io ne vedo una più in alto e voglio a tuti i costi scalarla. Una faticaccia, ma l’emozione li in alto è tanta.

CONSIGLI:

1. I parchi sono tutti ad alta quota (ben sopra i 2000 metri). Soprattutto durante la notte la temperatura scende (attorno ai 3-5 °C). Vestitevi “a cipolla” per fare le escursioni.

2. Non è necessario prendere il bus navetta: si può accedere con la propria auto a tutti i Vista Point (per chi fa un giro breve, Sunset e Sunrise point sono i migliori: si ammira tutto l’anfiteatro)

DA NON PERDERE:

1. La camminata in mezzo agli Hoodos (Navajo Loop Trailer)

2. I Visitor Center di ciascun parco: sono grandi, pieni di informazioni e aiutano a capire meglio il luogo in cui ci si trova. I video sono davvero un valore aggiunto.

CON IL SENNO DI POI:

1. Fermatevi una intera giornata allo Zion Canyon. Noi ci siamo passati velocemente al tramonto ma i colori e il paesaggio meritavano davvero una sosta prolungata

2. Cercate di arrivare di sera (verso le ore 19) a Bryce Canyon City. Ci hanno detto che c’è un simpatico rodeo

PAGE E ANTELOPE CANYON

Lasciate le dune di sabbia ci dirigiamo verso Page. Poche miglia prima di arrivare: ecco che lì in basso davanti a noi si apre il Lake Powell. Che contrasto quell’azzurro con le rocce gialle circonstanti. Ci godiamo il tramonto abbracciati su una colina che domina il lago e scendiamo giù verso la diga. Impressionante, il ponte passa a pochi metri e cogliamo l’occasione per fare delle foto (ma torneremo!). Più avanti un altro View Point.

Page è stata fondata nel 1957, a seguito della costruzione della diga. Non è una città moderna, ma una classica cittadina on the road, la cui fortuna non è solo la diga ma è di trovarsi in un punto centrale tra Grand Canyon, Monument Valley, Bryce Canyon e Zion Canyon.

Arriviamo al nostro Travelodge Motel (un postaccio al piano terra sulla strada), posiamo le valigie e andiamo alla ricerca di un tour per il giorno successivo. Tutto pieno. Infatti c’è stato un temporale che ha allagato il canyon e perciò i tour sono stati rinviati. Siamo un po’ delusi. Come riorganizzare il nostro giro?

L’indomani sveglia molto presto: alla ricerca del tour! Alle sette e mezza siamo in strada. Proviamo la prima e poi la seconda “agenzia di viaggi”: niente. Una era al completo, l’altra aveva giri nel tardo pomeriggio. Entriamo nell’ultima e… eccolo lì, prenotiamo il giro delle 12.15. Brava Marti: avevi ragione.

Facciamo colazione e ci dirigiamo verso Horshoe Bend, un posto dove il fiume Colorado fa una curva a 270°. C’è un po’ da camminare, Martina è un po’ stanca ma le faccio coraggio. Come al solito la fatica viene ripagata. Facciamo tante foto, io mi sporgo sulla gola per sentire sul volto l’aria che viene da sotto.

Cosa facciamo ora? Manca ancora un po’ alla scampagnata all’Antelope Canyon. Ci dirigiamo allora verso la diga, visitiamo il museo dove c’è uno splendido plastico del lago incuneato tra i canyon. Ci vediamo il solito video e aspettiamo per il nostro giro guidato: exciting! Scendiamo con un ascensore fino sopra la diga. Passeggiamo sopra questo arco immenso. La guida, un simpatico americano pancione che camminava sempre all’indietro, ci spiega i materiali con cui è costruzione e a cosa serve. Innanzitutto è una riserva d’acqua, in secondo luogo serve a produrre energia. Con un secondo ascensore scendiamo all’interno della diga, dove fa molto freddo (la temperatura sul fondo del lago è di circa 8° C e funziona da climatizzatore per gli ambienti interni). Faccio un’altra scoperta: attraverso la diga passa l’acqua! Scendiamo fino alla sala turbine.

Quasi ci siamo: prima di andare al nostro giro facciamo un ultima tappa al supermercato a fare provviste…

Siamo puntuali a mezzogiorno al meeting point: ci danno un biglietto azzurro e montiamo sulla jeep con un giovane indiano navajo, un’altra coppia di italiani, una di austriaci, una di canadesi. Ci avviciniamo alla grande centrale a carbone ed entriamo nella riserva. Qui la strada è sterrata. La jeep comincia a “bumpare” e Martina che è in fondo sente tutti i salti (che ridere, c’era così tanto vento che quasi non riusciva a parlare). Arriviamo all’ingresso del canyon: è molto affollato, ma lo spettacolo è comunque unico. Che forza il vento, che forza l’acqua! Hanno eroso queste rocce con forme sinuose ed hanno scavato per una profondità di 35 m. La guida ci fa vedere alcuni fori fatti da National Geografhic per le telecamere nel 2001: spazzate via. E’ incredibile poi la velocità con cui muti il canyon. Due settimane il livello della sabbia era due metri più sotto: dopo ogni pioggia il canyon è diverso.

L’indiano Navajo è un ragazzo come noi: guida l’auto, sa usare perfettamente la macchinetta fotografica (anzi insegna a Martina come regolare esposizione e tempi), sogna di venire in Italia la prossima primavera. Ha iniziato a lavorare in banca, poi è tornato tra le sue cose.

Ci sbaffiamo un bel panino a McDonald’s e ci dirigiamo verso la Monument Valley.

CONSIGLIO:

1. In questo posto non è necessario prenotare motel: ce ne sono tantissimi a prezzi abbordabili

DA NON PERDERE:

1. Il tramonto sul Lake Powell: c’è una stradina che sale poco prima di Page, sulla sinistra, che conduce ad un Vista Point mozzafiato

2. Il Vista Point sul fiume Colorado che si trova qualche kilometro a sud della diga: da questo punto si apprezza l’inizio del Gran Canyon e il fiume Colorado. Nemmeno sul Grand Canyon si riuscirà a scorgere la voragine e il fiume così da vicino

3. Una foto con la testa a strapiombo sull’Horseshoe Band

4. La visita alla diga: ottimo passatempo prima della gita all’Antelope Canyon

CON IL SENNO DI POI

1. Avremmo prenotato il tour qualche giorno prima per riuscire a vedere il famoso fascio di luce a perpendicolo all’interno del canyon (alle undici circa). In caso contrario basta andare in una delle agenzie che organizzano i tour di buon’ora: un posto si trova sicuramente. Le agenzie sono quattro e sono tutte vicine: alla disperata ce n’è una quinta in prossimità dell’Antelope Canyon. Noi abbiamo perso parte della mattina alla ricerca di un posto e ci siamo dovuti accontentare del tour di mezzogiorno e mezzo. Non abbiamo visto il fascio di luce di cui sopra ma il canyon è ugualmente stupend.

MONUMENT VALLEY

Cambio alla guida: l’ingresso in Monument Valley è imperiale, e il sole al tramonto ci aiuta. Facciamo foto da diverse angolazioni, lo spettacolo con cambia. Splendido.

Ci dirigiamo verso il nostro motel a Mexican Hat, passando per il nulla assoluto. Solo un piccolo villaggio di indiani che si rivelerà vitale. Qui scopriamo che ho sbagliato la prenotazione e che ci hanno già caricato i 92 euro, ma soprattutto che sono pieni e in tutta Mexican Hat non c’è un buco libero (è l’inizio del week end). La gestrice del posto, dopo un paio di chiamate, ci trova una camera a Haichita.

La sua dipendente, una donna indiana, ci porta verso questo posto. Mai avremmo pensato di dormire dentro la casa di un indiano. Martina è un po’ preoccupata, lo so. Ma non lo da a vedere. Poi mi spiega che ha accettato quella camera solo perché il temporale che ci ha seguito tutto il giorno è li in fondo che freme di scaricare. La camera è piccola: c’è un congelatore, un ventilatore, un letto matrimoniale con le ruote e la testa finta, una tv enorme stile anni ‘80 e una radio ancora più grande. Probabilmente qui vi è cresciuto un piccolo Navajo, andato in cerca di miglior fortuna.

Riusciamo appena in tempo a raggiungere l’unico ristorante e ad ordinare i nostri hamburger che si scatenano lampi e fulmini. Il clima è suggestivo: la gente si porta sotto la tettoia e stiamo tutti vicini, là in parte il vecchio cowboy che carica la carne sulla griglia (griglia a dondolo, mai vista prima). Conosciamo anche una tedesca che conosce bene l’italiano e ci facciamo due chiacchiere: la poveretta era stata al Bellagio, ha vissuto a Long beach, ha una casa a Saint Tropez, e starà ben 4 settimane in America. Noi ci sentiamo felici lo stesso.

Finito il temporale torniamo verso “casa”, nel buio più totale. Ma anche questa sera niente stellata. Scarichiamo le valigie, e si scatena un altro temporale.

La mattina, dopo la solita colazione in stile americano (frittata!, patatine e orange juice), entriamo nella riserva indiana. Niente mappa Nps, vabbè.

Ci troviamo al punto d’incontro con l’indiano che ci porterà in giro a cavallo: ha il cappello da cowboy, i jeans (dopo capiremo il perché) e una camicia. Con una jeep raggiungiamo il punto di partenza. Prendiamo confidenza con gli indiani mentre preparano i nostri cavalli. Uno invita Martina a salire a pelo: che ridere, è impacciata, non sa come fare! Beh, io forse sarei peggio. Lei è molto intraprendente e le riescono subito queste cose.

Montiamo sui nostri cavalli, Brownie e Charlie. Sellati per fortuna. E cominciamo una piacevole passeggiata in mezzo alla valle. Senza macchine, solo noi tre e i nostri cavalli. Splendido. L’indiano ci fa annusare i profumo della sua terra, ci racconta la storia dei suoi paesaggi. Noi prendiamo confidenza con i cavalli e cominciamo ad andare più veloci. La Marti è lanciatissima, io ho il culo rotto. Però che figata andare al galoppo. Ci siamo sentiti dei veri cowboy.

Andiamo al Visitor Center, coi sono un sacco di robe indiane. Il posto è stato costruito bene, integrato bene con la valle. Mangiamo una enorme insalata e montiamo sul nostro Dodge per il giro sullo sterrato della valle. Non abbiamo grosse aspettative, pensavamo che il bello della valle fosse fuori. Invece è sorprendente girare in mezzo a questi massicci rossi, sulle note di Ennio Morricone. Io ne approfitto anche per fare un po’ di fuoristrada. la sera prima aveva piovuto e il terreno era pieno di pozzanghere: risultato macchina inzozzata di rosso.

CONSIGLI:

1. Arrivate al tramonto: l’impatto con le grandi rocce rosse è spettacolare.

DA NON PERDERE:

1. Una cavalcata in mezzo alla valle in compagnia di un indiano: costa un po’ ma la sensazione di libertà è assoluta e unica.

2. Una cena a Mexican Hat: lungo la strada c’è un ristorante dove un cowboy cucina carne sopra ad una griglia dondolante

3. Un giro con la propria auto all’interno della riserva. La strada è sterrata e se non ha piovuto si può fare con qualsiasi auto. Non prenotate un tour organizzato dagli indiani: non ne vale la pena.

CON IL SENNO DI POI:

1. Prenotate l’alloggio per la notte molto molto presto: vale la pena dormire nell’unico hotel all’interno del parco. Pensiamo che svegliarsi con le rocce davanti sia impagabile.

2. Vicino alla Monument Valley c’è la Valley of God: ci hanno detto essere una valle sperduta e purtroppo non abbiamo fatto in tempo di vederla (tra l’altro c’è anche un bed & breakfast)

GRAND CANYON E ROUTE 66

A metà pomeriggio ci avviamo verso il Grand Canyon, ci fermiamo a comprare qualche acchiappasogni sulla strada e poi benzina a tuba City. Le strade come sempre sono belle, larghe, senza traffico. Arriviamo al Grand Canyon giusti per il tramonto

A Desert View recupero la mappa e il giornalino (gli ultimi), saliamo su una vecchia torre e ci godiamo lo spettacolo del Grand Canyon al tramonto. Ci spostiamo verso un altro View Point e riusciamo a vedere l’imbrunire. Spettacolo mozzafiato.

Ci avviamo verso il Red Feather Lodge con il buoi che cala. Senza una nuvola. Mettiamo giù le valigie e andiamo a mangiare un posto dove c’è scritto che fanno musiche dal vivo. Sembra bello, ma il cowboy suona per mezz’ora e poi spegne tutto. Che tristezza. Ci consoliamo con una coccola sulla poltrona massaggiante.

Ci svegliamo l’indomani: ormai siamo velocissimi a sbaraccare le valigie, montiamo in macchina attraversiamo boschi stupendi e parcheggiamo vicino al capolinea del bus. Vediamo anche la stazione dei treni: sembra d’altri tempi! Prediamo gli autobus, ci facciamo una camminata sull’edge of the canyon. Spettacolo mozzafiato, ma dopo tanto bellezze non ci stupisce più nulla.

Prima di passare al Visitor Center, dove vediamo un bellissimo video sul Grand Canyon, e una vecchia ci sgrida perché parliamo a voce alta, mangiamo un pollo fritto abbastanza schifoso nella zona turistica del parco: ma cosa ce ne frega. Da li a poco saremo stati all’eliporto per il nostro giro in elicottero.

Ci chiamano per nome (Massimiliano e Martina) e siamo tutti esaltati. Ci danno due numeri in mano. 1 a Martina, 5 a me. Entriamo dentro l’area di volo, ci scattano la foto e ci chiamano per numero. Il numero 1 davanti, vicino al pilota. NOO! La Marti vicino al pilota. Io le sono dietro di spalle. Avrei pagato non so cosa per essere lì davanti. Le pale cominciano a girare, il pilota aspetta il via dalla torre di controllo. Ci alziamo mezzo metro da terra… e via! L’elicottero prende quota. Sotto di noi la foresta del Grand Canyon. Poi curva e puntiamo diritti verso la gola del Colorado. Mi sale il cuore in gola. Lo spettacolo è mozzafiato. L’elicottero è pieno di vetri e non si sa da che parte girarsi. Un’audioguida ci racconta la storia del Grand Canyon: è impressionate quanto abbiamo scavato il fiume. Qui si vede uno scorcio del centro della terra. Più il fiume scava e più trova strati nuovi. Anzi, vecchi. Per tornare indietro l’elicottero ruota in picchiata attorno a una grande roccia. Che esaltazione.

Ci dirigiamo verso Williams: entriamo al Visitor Center per farci fare delle dritte sulla ruote 66. Facciamo un pezzo di autostrada ed usciamo a Seligman, dove imbocchiamo la strada Madre. Ci imbattiamo subito in dei negozi caratteristici, con la pompa di benzina di un tempo. E i personaggi di Cars. Io mi faccio la foto con Cricchetto. Mettiamo su una colonna sonora degli anni 50 e corriamo sulla strada che ha fatto la storia dell’America. Non è rimasto molto, ma si respira di tanto in tanto quello che fu. Passiamo per posti desolati, qualche negozio di souvenir per i turisti e niente più. Ci godiamo il sole calare…. E la temperatura finalmente salire.

Arriviamo a Kingman per il tramonto. Purtroppo il museo è già chiuso e proseguiamo per Oatrust. La strada si fa più stretta, più dissestata. Comincia a salire: dobbiamo passare una montagna. Sono un po’ preoccupato anche perché la luce è ormai poca, vedo Martina un po’ tesa al volante. Scolliniamo e lo spettacolo davanti a noi è sorprendete. Un tramonto infuocato, con tutte le scale dei colori dal nero passano per il blu il viola l’arancio e per finire al rosso. Che spettacolo.

Alla ripartenza La macchina fa uno strano rumore. Siamo soli, in mezzo al nulle per raggio di 50 km. Che imprudenti. Scendiamo e poco più avanti troviamo strada non asfaltata. Invece entriamo Oatrust. Un villaggio rimasto come un tempo, con tutti i negozi di una volta. Peccato sia buio, di giorno deve essere molto caratteristica. Arriviamo finalmente a Needle, dove al primo motel entriamo. Costa poco, è confortevole, ed ha pure la piscina, Dopo una lunga giornata ci facciamo un po’ di coccole nella spa, mangiamo da Denny’s e andiamo a nanna.

CONSIGLI:

1. Cercate di arrivare al tramonto: da Desert View (dove tra l’altro c’è un’antica torre Navajo) è davvero romantico

2. Tenete gli occhi sulla strada mentre guidate: è pieno di animali selvatici (vedi incontro con vacche e cervi)

DA NON PERDERE:

1. Il giro in elicottero nel Grand Canyon: fantastico (Tour Papillon: se avete fortuna e vi danno il numero 1, farete un giro a fianco del pilota)

2. La stellata nel Grand Canyon

3. Route 66: Seligman e Oatrust, paesi che hanno mantenuto l’atmosfera di un tempo

CON IL SENNO DI POI:

1. L’albergo qui ci è costato molto: sicuramente vale la pena dormire dentro al parco (Williams dista 80 km). Se volete dormire ugualmente a Williams (da dove per altro si decolla con l’elicottero) si spossono trovare prezzi più ragionevoli.

2. Non vale la pena fare la vecchia Route 66 da Seligman a Kingman. Non c’è nulla da vedere: guadagnate tempo e portatevi avanti. A Kingman c’è un museo che non abbiamo visto e Oatrust va assolutamente vista di giorno (anche perché di notte è avventuroso: pieno di tornanti non illuminati e senza alcun guard-rail).

LOS ANGELES

Subito dopo Barstow ci fermiamo ad un outlet. La Marti è alla guida e guarda caso ha parcheggia di fronte al negozio della Guess. Proviamo jeans, scarpe, giubbetti, vestitini. Alla fine ne usciamo senza troppe ferite dopo 45 minuti. Facciamo spesucce alla Tommy Hilfinger (bellissimo maglioncino per me), alla Polo Ralph Lauren (maglietta), occhiali e anche una pentolina con cui la mia Marti mi farà le omelette.

Ripartiamo dopo il solito hamburger (questa volta made in Burger King): fanno 35°C, il sole a piombo. Siamo nel deserto. Cominciamo ad avvicinarci a Los Angeles e le corsie dell’autostrada aumentano. Tre, quattro, cinque. Non le contiamo più. Io mi piazzo sulla terza, ma che a volte diventa la prima, poi torna ad essere la seconda. Boh. Ci affidiamo al nostro navigatore e arriviamo a Venice Beach. Senza sole: avevamo pregustato tutto il giorno una bella svaccata sulla spiaggia, il caldo: e invece nuvola e 19°C.

La via dell’hotel è stretta, buia, ci sembra di essere a Napoli. Per fortuna non dobbiamo pagare il parcheggio, anche se dobbiamo fare qualche passo per trovare un buco.

Mettiamo giù le valige e ci fiondiamo sul lungomare. Strano. Ci sono molti senza tetto che vendono disegni fatti usi tappeti, braccialetti, chi canta, chi suona, chi ha un cartello con scritto “I want to take a beer”. Come dice Marti, il clima è surreale, tutta quella ricchezza e tutta questa povertà. Dall’altra parte negozi con montagne di felpe, magliette e souvenir, occhiali. Non vedo Marti particolarmente lanciata, anzi sento che mi stringe forte. Si sente insicura. Facciamo il lungomare fino alla fine e torniamo indietro. Non compriamo nulla. Siamo pieni di souvenir!

Venice beach non ci ispira molto per mangiare e allora decidiamo di spostarci. Con l’autobus a un dollaro a testa ci spostiamo verso Santa Monica, dove c’è un bellissimo Pier, dove finisce tra l’altro la Route 66. Facciamo un giretto, qualche fotuzza: ci affascina molto il cartello end of the trail route 66. Tentiamo di fare più di una foto, ma ahimè la luce è traditrice. Ci sono anche le montagne russe e il la ruota panoramica, ma sono già chiuse. Non è più estate. Il sole alle sette è già tramontato e fa piuttosto freschetto. Finiamo il nostro giro tra le bancarelle e arriviamo fino in fondo.

Ci fermiamo nel punto dove Forrest Gump decise di tornare indietro. Rimango a guardare un tipo che con un stereo scassato e malfunzionante muove le braccia con un giubbetto in pelle e una maschera . L’ho osservato anche il giorno dopo. Mi ha messo molta tristezza. E mi ha fatto pensare al mio stato di “privilegiato”: io in questi giorni ho speso tanti soldi, mi son divertito. E lui è li a perdere la sua dignità per pochi centesimi di dollaro.

Andiamo a mangiare da Bubba Gump, dove prendiamo subito confidenza con il meccanismo. Go Forrest Go, siamo a posto. Stop forrest Stop, chiamiamo il cameriere. Ordiniamo due eccezionali insalate (la mia con i lamponi). Riprendiamo l’autobus e torniamo verso l’hotel camminando per vicoli bui e stretti.

(Marti è lanciatissima: e il suo amichetto le da pure corda! Quante ciacoette)

La mattina successiva ci mettiamo in macchina presto alla scoperta di Los Angeles. Facciamo colazione a Lazy Daizy, un posticino carino dove mangio un’ottima macedonia. Ci spostiamo verso Rodeo Drive. Marti è esaltatissima. Parcheggiamo il nostro Dodge nel parcheggio pubblico e ci avventuriamo per queste vie superlusso. Entriamo ancora una volta alla Guess, ma non compriamo nulla.

Rimontiamo in macchina verso Hollywood, ma prima ci imbattiamo in un mega supermercato per riccone. Arriviamo alla Walk of Fame, ma rimaniamo un po’ delusi. Una lunga strada con le stelle per terra. E neppure una mappa.

Il sole splende, abbiamo voglia di mare. E ci mettiamo in viaggio per Santa Monica e Malibu. 30 km, in mezz’oretta dovremmo esserci. Peccato che ci siano un semaforo ogni 100 m. Al 50esimo semaforo sono distrutto: e per fortuna che c’è il cambio automatico. Arriviamo all’autostrada e il sole sparisce dietro alle nuvole formate dall’oceano. Che sfiga.

Arriviamo a Malibu, mangiamo in un bel locale dove ci godiamo lo spettacolo dell’oceano che sbatte contro la scogliera. Scorgiamo anche un branco di pellicani, e una simpatica banda anatroccoli che va a pesca sotto l’acqua. Esce il sole e ne approfittiamo per metter ei piedi in acqua. E’ gelida. E ci sono degli americani che a petto nudo stanno facendo il bagno. Ci spostiamo verso Santa Monica ma il sole ci lascia. Ci facciamo la nostra passeggiatina, e ci godiamo il panorama dell’oceano dall’alto della ruota panoramica.

Scendiamo e io voglio a tutti i costi andare in pattini. Per 7 dollari noleggiamo un paio di Rollerblade (anche il tandem non era una cattiva idea). Ci divertiamo un scacco, arriviamo fino Venice Beach. Marti è anche più brava di me. Torniamo in macchina, siamo parecchio stanchi. Ma ci facciamo un giretto nel centro di Santa Monica: molto carica, ricorda Lignano. Ci mangiamo un trancio di pizza: mai avrei pensato di mangiare pizza qui. E non era neppure malvagia. Torniamo in hotel e facciamo un pre-valigia.

Il giorno dopo ci svegliamo presto: ci aspettano gli Universal Studios. Facciamo colazione in un postaccio a Venice beach, dove ci tirano una fregatura fotonica (22$).

Ci facciamo la nostra oretta di autostrada, ed entriamo: organizzatissimi. Arriviamo alla cassa e ci prendiamo il biglietto che permette di tagliare le code. Per un giorno spacchiamo. Ci facciamo il tour degli stage: niente di speciale, fico solo il cinema 4d di King Kong. Mi becco pure lo scatarro di un T-rex. Andiamo al cinema di Shreck e a Jurassick Park: niente di più delle nostre giostre di Gardaland (anche se la discesa p molto lunga). E poi la mummia, una specie di Mammuth al buio. Si viene sparati ad alta velocità e si va pure all’indietro. Carino. Chiedetelo alla Marti: nella foto della giostra aveva una faccia terrorizzata. Dopo due volte ho lo stomaco un po’ ribaltato, meglio vedere uno spettacolo.

Lo spettacolo più fico è stato sicuramente il Water World. Nell’attesa gli attori si divertono a bagnare i visitatori con qualche “tricks”. Lo spettacolo è mozzafiato: barche e moto d’acqua che vanno e vengono, fuoco, fuochi pirotecnici, esplosioni. Addirittura una aereo che plana sull’acqua. Usciamo dallo spettacolo bagnati ed esaltati. Mangiamo un panino al volo e ci spariamo o a vedere Terminator. Altro spettacolo stupendo, 4D. Con gli attori che entrano ed escono dallo schermo.

Andiamo a vedere un’altra volta lo spettacolo di Water World, i blues broter e poi quello degli animali. Bello, ma mi fanno un po’ di pena. Facciamo anche la giostra degli orrori. Marti era terrorizzata, stretta a me. Non aveva tutti i torti. La giostra era proprio fatta bene e faceva proprio paura.

La sera mangiamo all’Hard Rock e ci facciamo una passeggiata tra i negozietti del parco. Chiudiamo e valigie. E andiamo a nanna.

Stiamo insieme e ci addormentiamo con una lacrimuccia di commozione per quello che abbiamo vissuto insieme in questa nostra avventura.

CONSIGLI:

1. Un navigatore è necessario: non ci si può muovere senza

2. Evitate il più possibile le strade del centro. C’è un semaforo ad ogni isolato, non se ne viene più fuori!!

DA NON PERDERE:

1. Il Pier di Santa Monica e un giro sulla ruota panoramica

2. L’outlet di grandi firme a Barstow

3. Una giornata agli Universal Studios

4. Una pattinata sulla spiaggia in vero stile Baywatch

CON IL SENNO DI POI

1. Non dormite a Venice Beach: costa molto e non c’è nulla da fare di sera (almeno in settembre quando c’è la nebbia). Santa Monica è stupenda e offre molto di più.

2. Il Vip Pass agli Studios non ci è servito tranne che per il giro in trenino fra i set cinematografici. Per il resto non c’era molta coda sulle giostre

COSTI

Circa 3000 euro a testa.

Di seguito i prezzi pro-capite:

Viaggio aereo: 700 euro

Noleggio auto: 250 euro

Patente internazionale: 40 euro

Carburante: 150 €

Alloggio: 550 €

Vitto: 550 €

… e fin qui 2350

Poi gli sfizi:

Giro in elicottero 125 €

Giro a cavallo

Ingresso studios 90€

Tour Cavallo 50 €

Tour Antelope Canyon 25 €

Pass Parchi 80€

…. Poi un po’ di spese all’outlet…

…Sviluppate le foto, comprate un bell’album con la copertina dei viaggi e arrivate a 3000 €

MAPPE

Tappa / Data / Partenza / Arrivo / Link

1 Giovedì 8 settembre 2011 VCE San Francisco

2 Venerdì 9 settembre 2011 San Francisco San Francisco

3 Sabato 10 settembre 2011 San Francisco San Francisco

4 Domenica 11 settembre 2011 San Francisco Yosemite Park

http://maps.google.it/maps?saddr=Union+Square,+San+Francisco,+California,+Stati+Uniti&daddr=Strada+sconosciuta+to:Lombard+St+to:37.34728,-120.20913+to:Mariposa+Grove+

Rd+to:Yosemite+National+Park,+California,+Stati+Uniti&hl=it&sll=37.319936,-119.761963&sspn=1.338915,2.897644&geocode=FVqZQAId8zW0-Cm7QP3TjoCFgDG6tkyZtdlB_g%3BFc5GQQIdGhuz-A%3BFWvQQAIdkwm0-A%3BFdDfOQIdFsHV-CkPtfvFhk2RgDE4afNXAvU2JQ%3BFQRtPAIdEA7f-A%3BFeXqPwId52rf-CmvY_I4_vGWgDFu4slULj8hGQ&vpsrc=0&doflg=ptk&mra=dpe&mrsp=3&sz=9&via=3&t=m&z=9

5 Lunedì 12 settembre 2011 Yosemite Park Lone Pine

Http://maps.google.it/maps?saddr=Yosemite+National+Park,+California,+Stati+Uniti&daddr=Glacier+Point+Rd+to:Main+St+to:305+North+Main+Street,+Lone+Pine,+CA+93545,

+United+States&hl=it&sll=37.732304,-119.569831&sspn=0.020806,0.045276&geocode=FeXqPwId52rf-CmvY_I4_vGWgDFu4slULj8hGQ%3BFfqtPwIdomjf-A%3BFckQRwIdmAPo-A%3BFbuVLgIdn3r2-CnfGto7TYS_gDEPlEt18RRDlQ&vpsrc=0&doflg=ptk&mra=ps&t=m&z=8

6 Martedì 13 settembre 2011 Lone Pine Las Vegas

Http://maps.google.it/maps?saddr=305+NORTH+MAIN+STREET,+LONE+PINE,+CA+93545&daddr=Badwater+to:Artists+Dr+to:Dantes+View+to:36.31586,-116.22572+to:3128+

Las+Vegas+Boulevard+South,+Las+Vegas,+NV+89109,+United+States+(Trump+International+Hotel+%26+Tower+Las+Vegas)&hl=it&ll=36.335041,-115.9552&spn=1.356261,2.897644&sll=36.379279,-116.323242&sspn=0.677756,1.448822&geocode=FbuVLgIdn3r2-CnfGto7TYS_gDEPlEt18RRDlQ%3BFVjSKAIdYkoK-Sn96j7hER_HgDEViwBVJewp-w%3BFUQXKwId3nUJ-Q%3BFYiwKAIdnOgK-Sn_c7aFZx7HgDGlBrZt82lKqQ%3BFdQiKgIdSIkS-SkXuRPhp7LHgDF0ffTzdhUu8g%3BFSRIJwIdDrAi-SHKlNm8IWEbbynBvJeNFMTIgDHEHRHuFnKRpA&vpsrc=6&doflg=ptk&mra=dpe&mrsp=4&sz=10&via=4&t=m&z=9

7 Mercoledì 14 settembre 2011 Las Vegas Bryce

Http://maps.google.it/maps?saddr=TRUMP+INTERNATIONAL,+Fashion+Show+Drive,+Las+Vegas,+Nevada,

+Estados+Unidos&daddr=37.19594,-113.15638+to:UT-12+E&hl=it&ll=37.602264,-112.450562&spn=0.666944,1.448822&sll=37.257659,-113.196259&sspn=0.670022,1.448822&geocode=FQhLJwIdKpoi-SGCPlWALU0MACmVAqlAEcTIgDFZqRNu8gfKmA%3BFaSQNwId5F5B-SnJUauTRe7KgDGAoFQ8ia9anw%3BFYhUPwIdEvBP-Q&vpsrc=6&doflg=ptk&mra=dpe&mrsp=1&sz=10&via=1&t=m&z=10

8 Giovedì 15 settembre 2011 Bryce

Page

Http://maps.google.it/maps?saddr=UT-12+E&daddr=Strada+sconosciuta+to:UT-63+S+to:37.034317,-112.733545+to:Strada+sconosciuta+to:Strada+sconosciuta+to:

107+South+Lake+Powell+Boulevard,+AZ+86040+Page&hl=it&sll=36.923856,-111.475074&sspn=0.010515,0.022638&geocode=FS0nPwIdX6ZQ-Q%3BFYzHPQIddZ9Q-Q%3BFSjOOwIdJFhP-Q%3BFU0ZNQIdl9JH-Q%3BFWMaNAIdu6da-Q%3BFcppMwIdpP1a-Q%3BFdNOMwIdDk1b-SlBIyaEoxQ0hzExm_-AifezgA&vpsrc=0&doflg=ptk&mra=ps&t=m&z=9

9 Venerdì 16 settembre 2011 Page

Messican Hat

Http://maps.google.it/maps?saddr=N+Lake+Powell+Blvd&daddr=Strada+sconosciuta+to:Strada+sconosciuta+to:Monument+Valley+Rd%2FMonument

+Valley+Tribal+Park+Rd+to:US-163+Scenic+N+to:Strada+sconosciuta&hl=it&sll=37.126997,-109.890232&sspn=0.020975,0.045276&geocode=FeJbMwIdjDNb-Q%3BFUexMgIdBZta-Q%3BFZiYMwIdNNha-Q%3BFbZwNAId33dv-Q%3BFQrcNgIdn4dz-Q%3BFQ52NgIdKD1z-Q&vpsrc=0&doflg=ptk&mra=mi&mrsp=5&sz=15&t=m&z=15

10 Sabato 17 settembre 2011 Messican Hat Grand Canyon

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11 Domenica 18 settembre 2011 Grand Canyon Needles

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12 Lunedì 19 settembre 2011 Needles Venice Beach

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13 Martedì 20 settembre 2011 Venice Beach Venice Beach

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Walk+of+Fame+Art,+United+States+(walk+of+fame+art)+to:Malibu,+California,+Stati+Uniti+to:Colorado+Ave%2FSanta+

Monica+Pier+to:Venice+Beach+Suites+%26+Hotel,+1305+Ocean+Front+Walk,+Venice,+

CA+90291,+United+States&hl=it&ll=34.045263,-118.612175&spn=0.174383,0.362206&sll=34.096027,-118.341465&sspn=0.021785,0.045276&geocode=FXCgBgIdXDjw-A%3BFXYDBwIdViXw-CmXc0VTKbvCgDHx_uKnUCOwYA%3BFSpUBwIdCsHw-Cn_rnAECrvCgDH3PY2lSoKjBg%3BFd2rBwIdpVrx-Cntx5tl5LvCgDHcaPVqdAGI8A%3BFXw-CAIdks7x-CH04FILD8z3Lg%3BFRDgBgIdFxrr-Ck_1gj5qR3ogDFajOqycS23kw%3BFaDyBgIdQOHv-A%3BFZueBgId2Dfw-CHz-xu-IURPDA&vpsrc=6&doflg=ptk&mra=ls&via=1,2&t=m&z=12

14 Mercoledì 21 settembre 2011 Venice Beach Los Angeles

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Walk+of+Fame+Art,+United+States+(walk+of+fame+art)+to:Malibu,+California,+Stati+Uniti+to:Colorado+Ave%2FSanta+

Monica+Pier+to:Venice+Beach+Suites+%26+Hotel,+1305+Ocean+Front+Walk,+Venice,

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15 Giovedì 22 settembre 2011 Los Angeles LAX

16 Venerdì 23 settembre 2011 – VCE



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