Castelli, Ville e Borghi della Valtellina e del lago di Como

A volte non bisogna andare lontano per trovare luoghi magici e affascinanti in grado di farci sognare isolandoci dal resto del mondo...
Scritto da: alvinktm
castelli, ville e borghi della valtellina e del lago di como
Partenza il: 12/04/2014
Ritorno il: 15/04/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
A volte non bisogna andare lontano per trovare luoghi magici e affascinanti in grado di farci sognare isolandoci dal resto del mondo del quale possiamo osservare la frenesia comodamente seduti su una panchina baciata dal sole e accarezzata da una brezza frizzante. E’ il caso dei castelli, delle ville e dei borghi scovati in questo viaggio a pochi chilometri da casa sospeso tra la Valtellina e il Lago di Como, arricchito da tappe culinarie indispensabili per allietare il nostro girovagare. Avendo appena affrontato un viaggio all’estero, per la precisione nella ‘capitale verde del presente: Copenaghen’, per questi quattro giorni di ferie primaverili abbiamo deciso di rimanere nelle vicinanze, eliminando così il costo del pernottamento, per riscoprire e svelare anche a voi le nostre bellezze ‘fuori porta’ (per chi venisse da lontano consiglio di consultare e scegliere uno degli agriturismi elencati nel sito, nei quali oltre che dormire si possono gustare le ottime specialità valtellinesi: www.valtellina.it/iutil/115/dove_dormire_mangiare/120/agriturismo/index.html).

PRIMO GIORNO

Iniziamo dall’escursione al CASTELLO DI MANCAPANE, adagiato su un pendio solivo nel comune di Montagna in Valtellina a due passi dalla città di Sondrio, capoluogo di provincia. Lasciata l’auto nel parcheggio adiacente il cimitero del paese, saliamo lungo la strada che conduce all’abitato di Santa Maria e dopo pochi tornanti, incontriamo le indicazioni per la fortezza proprio all’inizio di un ripido ma ben segnalato sentiero. Il tracciato si snoda tra grossi tronchi dalla corteccia rugosa, piante che inseguono flessuose la luce proveniente dall’alto, antichi muri in pietra di contenimento e fiumiciattoli che a causa della pioggia zampillano tra le fessure della roccia. In circa mezz’ora raggiungiamo la piccola casetta in pietra del Mulino di Cà Zoia, recentemente ristrutturato e ancora funzionante, la cui visita però è da effettuarsi previa richiesta alla Comunità Montana. Ancora pochi minuti di cammino e su una sporgenza formata dai due rami del torrente Davaglione, scorgiamo le mura di Mancapane. ll castello è costituto da una cinta muraria da cui spicca la grande torre alta più di 20 metri. Grazie alla particolare configurazione lo si può definire come un chiaro esempio di torre con recinto che aveva la funzione di guardia, segnalazione e difesa per uomini e animali. Le origini risalgono tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV secolo grazie al volere dei feudatari di parte Guelfa De Capitanei per controllare l’area sottostante. Da qui infatti si gode di una magnifica vista sui pendii che via via degradano fino al fondovalle. Purtroppo l’antico splendore è stato gravemente e irrimediabilmente danneggiato dai Grigioni durante la loro occupazione della Valtellina nel 1522. L’entrata al castello è consentito da un’apertura ad arco tutto sesto parzialmente ricostruita con sezioni in ferro e posta nel lato sud. Entrando ci si ritrova in uno spazio ristretto, piano, nascosto dalle possenti mura in sasso e dal quale si erge la slanciata torre. Anticamente, una scala in legno che si poteva retrarre per motivi di sicurezza (ostacolando così l’ingresso degli aggressori) conduceva alla porta ricavata a 6 metri di altezza. Le feritoie a forma di croce permettevano l’uso sia dell’arco che della balestra, mentre delle nicchie dotate di una piccola apertura permettevano di difendere la rocca tramite pietre, acqua e olio bollente, palle di ferro…Riposiamo sulla panchina in legno godendoci il piace tepore delle ore più calde della giornata e contempliamo le magnifiche tonalità che colorano le montagne. Il verde scuro dei pini compare qua e là come un’oasi tra quello più chiaro dei larici e tutto svanisce sotto una leggera coltre di neve sulle vette più alte.

Circa 500 metri più in basso, su un cucuzzolo di terra e roccia che domina il fondovalle valtellinese dove le acque del fiume Adda avanzano lentamente disegnando dolci anse e lunghi rettilinei, sorge il CASTELLO GRUMELLO, la meta successiva. Qui il tempo sembra essersi fermato, il rumore del traffico e delle attività umane non disturbano il fascino di questo luogo dove centinaia di anni di storia sopravvivono a fianco del moderno stile di vita ricordando all’uomo di oggi le proprie origini. Il castello Grumello fu fondato da Corrado De Piro all’inizio del 1300 e dopo aver ospitato diversi personaggi illustri dell’epoca, passò nelle mani di Teobaldo De Capitani nel 1372. Il complesso rappresentava un perfetto esempio di ‘castello gemello’ formato cioè da due distinte fortezze contrapposte: una militare con l’imponente torre all’ingresso e l’altra residenziale dotata di diverse aree abitabili e di una grande sala con camino. Purtroppo del passato sfarzo oggi rimangono solo dei ruderi perché nel 1526 il Grumello fu quasi totalmente abbattuto dai Grigioni al pari di altre fortificazioni valtellinesi. Sulle antiche rocce del dosso Grumello levigate dall’acqua, il ghiaccio e il vento furono incise delle coppelle, ovvero dei piccoli incavi emisferici che testimoniano la presenza di comunità primitive: incredibile come in pochi metri quadrati sia concentrata così tanta storia. Dal Dosso del Grumello si gode di una vista eccezionale sui dolci pendii boschivi delle Alpi Orobie. A oriente si eleva il possente gruppo dell’Adamello mentre il versante retico è ricoperto di terrazzamenti su cui si sviluppano i brevi filari dei vigneti. Qui le viti di nebbiolo producono le preziose uve dalle quali si ricavano i più famosi vini valtellinesi.

Per ulteriori informazioni consultate questo sito: http://www.fondoambiente.it/cosa-facciamo/Index.aspx?q=castel-grumello-bene-fai

Prima di continuare la nostra avventura ci concediamo una gustosa pausa alla pizzeria ‘La Pecora Nera’, sulla statale 38 in località Tresivio, dall’ambiente accogliente e informale, giovane e vivace. https://www.facebook.com/pages/La-Pecora-Nera-pagina-ufficiale/155246794568804?sk=wall&filter=12

Entriamo a Sondrio e seguendo le indicazioni per il paese di Ponchiera giungiamo ai piedi del colle che ospita il CASTELLO MASEGRA che nella sua visione d’insieme somiglia più a un’elegante villa che a un vero e proprio maniero con guglie e torri. La storia del Masegra risale al lontano 1048; negli anni subì delle modifiche strutturali importanti anche a causa delle diverse funzioni a cui fu destinato, ovvero militare e residenziale. Passò dalle mani dei De Capitani (gli stessi già citati nella storia dei castelli Grumello e Mancapane), poi ai Beccaria, ai Grigioni e in particolare alla famiglia Salis di Soglio grazie alla quale venne valorizzato l’aspetto abitativo dell’edificio. Gli ultimi proprietari furono i Guicciardi i quali nel XX secolo lo regalarono allo Stato che purtroppo lo destinò a caserma e poi a Distretto MIlitare degradandone la struttura. Ora il Castello Masegra è tornato agli antichi splendori grazie a importanti interventi di restauro che ne hanno valorizzato sia gli interni che gli spazi esterni. Che bello sarebbe possedere delle stanze all’interno del castello per guardare ogni mattina il sole sorgere sulla cittadina di Sondrio e la sera godersi il tramonto dominando la pianura sottostante.

Il Masegra ha giorni e orari di apertura ridotti perciò è meglio consultate il sito internet prima di pianificare una visita: http://www.castellomasegra.org/

A conclusione di una giornata ricca di storia e cultura bisogna regalarsi una cena nella splendida scenografia medievale della Torre della Sassella (sito: http://www.torredellasassella.eu). Il ristorante sorge nella località omonima alle porte di Sondrio abbarbicato su uno sperone di roccia in compagnia del piccolo Santuario della Madonna della Sassella e di alcune abitazioni in sasso, completamente immerso nel tipico scenario dei terrazzamenti valtellinesi dove si produce l’uva conosciuta in tutto il mondo. Vi avverto, la Torre della Sassella non è proprio economica, ma l’atmosfera d’altri tempi che si respira nelle sue splendide sale è davvero unica e adatta a una serata speciale.

SECONDO GIORNO

La meta di oggi è davvero mistica e particolare; si tratta di un luogo isolato adagiato sulle rive del Mera, proprio dove il fiume getta le sue acque nel tranquillo lago Mezzola, poco distante dal lago di Como: sto parlando del TEMPIETTO DI SAN FEDELINO. Attraversiamo tutta la Valtellina per raggiungere la piccola località di Dascio, frazione del comune di Sorico (provincia di Como), dove lasciamo la macchina e ci avventuriamo in salita sull’antica mulattiera della Strada Regina tra boschi di castani, ponticelli, ruscelletti e gradini in pietra. Dopo più di un’ora di cammino raggiungiamo il punto più alto del percorso chiamato ‘belvedere’ dal quale, come suggerisce il nome, si gode di un panorama stupendo sul lago di Mezzola, le montagne della Valchiavenna, la riserva naturale di Pian di Spagna e sullo sfondo il monte Legnone che sorveglia Colico. Qui è d’obbligo una pausa, fra l’altro ampiamente meritata, per ammirare le meraviglie che ci circondano e lasciarsi coccolare dal calore del sole. Riacquistate le forze scendiamo lungo l’ultimo tratto di sentiero per arrivare finalmente all’intima insenatura sabbiosa che ospita il Tempietto. Attenzione, le dimensioni contenute non devono trarre in inganno sulla sua importanza. La costruzione rappresenta la prima testimonianza di architettura romanica dell’intera Lombardia eppure, nonostante il notevole simbolismo, ha mantenuto quel fascino solitario e bucolico tipico dei luoghi rimasti immuni dall’invasione turistica. Le auto infatti non possono turbare la tranquillità di questo lembo di terra che è possibile raggiungere in barca o in alternativa seguendo due sentieri (opzione che noi abbiamo scelto). Il luogo è dedicato a San Fedele, personaggio chiave nel processo di cristianizzazione di Valtellina e Valchiavenna che qui trovò la morte per decapitazione per volere dell’allora Imperatore Massimiano; per questo motivo i devoti, intorno all’anno mille, edificarono il tempietto in suo onore per ricordarne il sacrificio.

Pranzo al sacco, pennichella e siamo pronti a ripartire. Non ripercorriamo lo stesso sentiero dell’andata ma optiamo per un tracciato più pianeggiante ugualmente scenografico, che costeggia il fiume Mera e che si conclude nella frazione di Casenda nel comune di Samolaco in Valchiavenna (provincia di Sondrio). Questa alternativa ci permette di ammirare i ruderi della chiesa di San Giovanni all’Archetto e le caratteristiche ‘calchére’. San Giovanni all’Archetto, di epoca medievale e dall’abside in muratura romanica un tempo affrescata, sorge dove un tempo arrivava il lago di Como le cui rive oggi si trovano a diversi chilometri di distanza: incredibile. Le due ‘calchére’ (calcara), poco distanti, erano delle antiche fornaci nelle quali si cuocevano le rocce calcaree per ottenere la calce. La struttura non era altro che un cilindro chiuso da un tetto a cupola ricoperto da zolle di terra nel quale venivano ricavati dei buchi per far uscire i fumi della combustione: curioso e interessante.

Da Casenda degli amici ci hanno riportato a Sorico dove avevamo parcheggiato l’auto. In alternativa bisogna organizzarsi con l’autobus oppure scegliere di percorrere un solo tracciato.

Per saperne di più sul tempietto di San Fedelino visitate il sito della Valtellina qui di seguito segnalato: http://www.valtellina.it/info/1142/tempietto_san_fedelino_novate_mezzola.html

Per cena ci fermiamo alla Trattoria al Boschetto in località Sorico, un ristorantino sulle riva dell’Adda vicinissimo allo sfociare del fiume nel lago di Como, dall’ambiente informale e allegro. Non ho trovato il sito internet per cui vi segnalo la pagina su Tripadvisor:

TERZO GIORNO

Il terzo giorno decidiamo di fermarci sulle rive del lago di Como. Qui è un vero piacere crogiolarsi al primo sole primaverile e bearsi dell’incredibile paesaggio che solo il lago può regalare, incastonato com’è fra le montagne le cui vette sassose decrescono in dolci terrazzamenti dove germogliano alberi d’ulivo e di limone, per poi allungarsi su strette insenature sabbiose perfette per rilassarsi. Ogni paese custodisce angoli nascosti, caratteristici, lontani dalle orde dei turisti che li invadono sia per le bellezze naturali che per le ville dei famosi attori americani. TREMEZZO che ospita villa Carlotta, è un piccolo gioiello abbarbicato sulla roccia dura; i suoi vicoli stretti e ripidi si fanno spazio fra le pareti delle case che sembrano caderti addosso a ogni passo. Pian piano si esce dal cuore del borgo ritrovandosi avvolti dalla vegetazione che ci accompagna fino alla vecchia torre e al terrazzo panoramico dal quale si vedono i giardini e le piscine delle abitazioni sottostanti: la vista ovviamente è splendida e indimenticabile.

Dopo la passeggiata e una piacevole sosta a uno dei tavoli dei tanti baretti vicino alla riva, entriamo a VILLA CARLOTTA che con i suoi 70000 metri quadri visitabili fra giardini e strutture museali rappresenta la cornice ideale per trascorrere un pomeriggio all’insegna di arte e natura.

Il marchese Giorgio Clerici nel 1600 fece realizzare quest’angolo di paradiso immerso nel verde costellato da statue e fontane. Bisogna però attendere fino agli inizi del 1800 per assistere al massimo splendore del luogo grazie al volere dell’allora proprietario Gian Battista Sommariva che trasformò il giardino in un parco romantico e impreziosì gli interni con i capolavori di Canova, Thorvalddsen e Hayez. Alla metà del XIX secolo il complesso venne donato dalla principessa Marianna di Nassau alla figlia Carlotta come regalo di nozze con Giorgio II, Duca di Saxe-Meiningen il quale, da appassionato botanico, sviluppò ancor di più l’architettura del vastissimo parco. Grazie al favoloso clima e alle caratteristiche del terreno, in primavera si può ammirare la splendida fioritura delle oltre 150 varietà di rododendri e azalee che dipingono il paesaggio con macchie di colori pastello dalle tonalità che spaziano dal bianco al rosso. Nel giardino all’italiana si può percorrere un labirinto di alte siepi, trovare refrigerio nella grande fontana e passeggiare all’ombra dei profumati pergolati d’agrumi. Nel giardino roccioso dove i fiori s’incastonano fra i sassi formando mosaici unici, si scattano fotografie meravigliose mentre nella verdissima e umida valle delle felci attraversata da un allegro ruscelletto, sembra di essere degli avventurieri. L’area dedicata agli alti bambù dal tronco liscio, flessuoso ma incredibilmente resistente è abbellita da cascatelle e ponticelli e l’atmosfera che si respira è quella del Giappone. La torretta nella parte più vecchia del giardino pare un piccolo avamposto militare inondato dal sole; da qui una collinetta dal fitto manto erboso svanisce al cospetto di possenti platani che dall’alto delle loro cime sembrano controllare i sudditi fatti di palme, fiori e arbusti. Dimenticavo, c’è anche un piccolo Museo degli attrezzi agricoli, ospitato nella struttura di legno della limonaia, che raccoglie gli strumenti un tempo utilizzati dai giardinieri della Villa. Grandi e piccini non si annoieranno di certo in questo parco meraviglioso e quando sarete stanchi di camminare potrete sedervi su una delle comode panchine o sdraiarvi sull’erba dell’altrettanto incantevole area picnic. Dai giardini si entra nella villa che pare un prolungamento del parco e dove la statua di Marte e Venere ci accoglie nel grande Salone d’ingresso. Qui s’inizia la scoperta della magnifiche stanze, arredate con mobili e oggetti d’epoca, fra cui la ‘Sala di amore e psiche’ con la copia della scultura del Canova, la ‘Sala di Romeo e Giulietta’ col dipinto ispirato alla celebre tragedia shakesperiana, la ‘Sala dei Gessi’ e la ‘sala Napoleonica’. Si passa poi al secondo piano, salendo l’ampia scalone o con il più comodo ascensore, dove un lungo corridoio detto ‘Galleria’ percorre tutto l’edificio. Su di esso affacciano la ‘camera di Carlotta’, il ‘Salotto Rosso’ e il ‘Salotto impero’, la ‘Sala dell’arazzo’, la ‘Sala da pranzo’ e lo ‘Studio di Giorgio II. Il pezzo forte del piano tuttavia, è a mio parere il balcone dal quale si godono vedute mozzafiato sul giardino sottostante e il romantico lago di Como con la stretta penisola di Bellagio i cui fianchi aspri della montagna degradano via via dolcemente fino al paese.

Per maggiori informazioni visitate il sito internet: http://www.villacarlotta.it/home.php?pag_id=9&sez_id=13&lang_id=1

Per ristorarsi, l’incredibile cornice dell’Isola Comacina con la sua Locanda è assolutamente perfetta e alla fine della cena si assiste al particolare rito del fuoco, una sorta di cerimoniale che dicono, allontani la cattiva sorte. Che ci si creda o no, la scenografia è pittoresca e il posto incredibilmente romantico: ve lo consiglio! Sito internet: http://www.comacina.it/isola.html

QUARTO GIORNO

L’ultimo giorno di vacanza lo dedichiamo in parte alla riva orientale del lago di Como. Per la precisione guidiamo fino al suggestivo abitato di VARENNA e, dopo aver passeggiato sulla romantica passerella stretta fra il lago e le case del centro storico dai colori vivaci, entriamo a VILLA MONASTERO. Il giardino è meraviglioso, costeggia il lago per quasi due chilometri fino alla vicina frazione di Fiumelatte e oltre ad accogliere una ricca varietà di specie botaniche regala degli scorci indimenticabili sul lago di Como, che lambisce fino quasi a immergersi. Grazie al clima particolarmente mite, qui crescono specie esotiche come le palme africane, le yucche, le agavi, i più comuni agrumi e oleandri, un’incredibile collezione di rose inglesi e poi querce, oleandri, sempreverdi e il tutto è arricchito da statue tempietti e fontane. Interessante anche la ‘Casa Museo’. La villa nasce dalla trasformazione di un antico monastero del XII secolo in elegante dimora per volere della famiglia Momico nel 1600, si susseguirono diversi proprietari fino a quando i milanesi De Marchi la donarono nel 1939 allo Stato affinché divenisse un Museo, lo stesso che oggi abbiamo il piacere di visitare. Sito internet di Villa Monastero: http://www.villamonastero.eu/index.php/it/

Conclusa la visita di Villa Monastero, prendiamo il traghetto dal porticciolo di Varenna per approdare a Bellagio, la perla del lago di Como, un antico borgo caratterizzato da stretti vicoli e ripide scalinate il cui fondo è disegnato da migliaia di ciottoli levigati dal tempo e dal passaggio incessante dei turisti. Qui, protetti dall’abbraccio delle antiche abitazioni, si cammina allietati dai graziosi negozietti di souvenir, oggetti di artigianato, gioiellerie e qua e là compaiono eleganti ristorantini il cui profumo dei piatti appena serviti si trasforma in un irrinunciabile richiamo per l’affamato visitatore. A Bellagio si respira ‘aria di vacanza’, voglia di rilassarsi e rigenerarsi e di godere delle meraviglie che il lago di Como sa regala a ognuno di noi.

Sito internet dedicato a Bellagio: http://www.bellagiolakecomo.com/it Per ottenere informazioni sugli orari e sui costi della navigazione sul lago di Como consultate il sito internet: http://www.navlaghi.it/ita/c_orari.asp

Dopo aver girovagato senza meta e soprattutto senza fretta per le viuzze del paese (questo è il bello dell’essere in vacanza), ci immergiamo nello spettacolo di colori offerto dai GIARDINI DI VILLA MELZI, adagiati sulla lunga e stretta penisola che taglia in due il lago e più precisamente affacciati sul ramo d’acqua che bagna Como. La villa fu realizzata tra il 1808 e il 1810 da un grande architetto esponente del neoclassicismo, Giocondo Albertolli, il cui gusto sobrio ed elegante si riflette nell’intero complesso. Il proprietario era un certo Francesco Melzi d’Eril, per un periodo anche vice presidente della Repubblica Italiana con Napoleone, che scelse di soggiornare in questo paradiso fino al momento della sua morte. Inutile dire che i giardini sono favolosi, soprattutto in primavera quando le tonalità dei grandi arbusti di azalee e rododendri giganti compaiono come isole nel mare verde brillante fatto di prati tagliati all’inglese. Ogni angolo è unico, originale, profumato, tranquillo, convince il passante a sedersi e a riempirsi di quelle bellezze e serenità per le quali la villa fu concepita. Il parco Orientale affascina per il nascosto laghetto di ninfee e gli aceri giapponesi, proseguendo il bianco Chiosco Moresco dalla cupola azzurra invoglia a una sosta ‘a picco’ sul lago. Il lungo Viale dei Platani poi conduce alla sagoma raffinata e lineare della villa terminando nell’ampia terrazza abbellita da una vasca e da una piccola scultura; lì vicino si trova il piccolo museo, un tempo serra invernale per le piante di aranci, che oggi custodisce cimeli del periodo napoleonico. Poco più in là, si può curiosare nell’originale serra a gradoni ed entrare nella Cappella gentilizia, somigliante a un tempio, dal soffitto decorato, l’ambiente abbellito da sculture funerarie e l’altare sorvegliato dalla statua del Cristo Redentore. Noi abbiamo trascorso diverse ore a spasso per i sentieri degli splendidi giardini e vi assicuro che non ci siamo annoiati anzi, verso sera ne siamo usciti a malincuore.

Per saperne di più visitate il sito internet della villa: http://www.giardinidivillamelzi.it/

Il nostro tour tra le ville, i borghi e i castelli della Valtellina e del lago di Como purtroppo si conclude sul traghetto che da Bellagio ci riporta a Varenna. In quattro giorni abbiamo potuto visitare solo alcune delle stupende attrazioni offerte dal territorio nel quale sono nata e cresciuta, ma prometto di continuare questa personale scoperta rendendovi partecipi di tutti i prossimi viaggi.



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