In bici lungo il Mincio

Due giorni in sella dal Benaco al fiume Po
Scritto da: anniaffollati
in bici lungo il mincio
Partenza il: 14/08/2012
Ritorno il: 15/08/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
14 e 15 Agosto 2012. Cosa c’è di meglio che faticare in un periodo dell’anno dedito solitamente al riposo e all’ozio? Con temperature diurne proibitive e le probabilità di essere rinfrescati da un temporale pari a quelle di imbattersi in un orso polare nel bel mezzo della pianura padana? L’impresa questa volta è ardua ma non impossibile. Percorrere tutto il fiume Mincio in bicicletta. Tempo previsto: due giorni. Chilometri totali? Centosettanta circa. In sella, si parte.

Indice dei contenuti

Siamo un po’ fuori allenamento ma, abitando in zona, un paio di volte all’anno ci facciamo in bici la ciclabile Peschiera – Mantova (http://www.turismo.mantova.it/index.php/itinerari/scheda/id/22). Questa volta, volendo andare oltre, ci prefissiamo di raggiungere il Po e attraversarlo. Un po’ perché non l’abbiamo mai fatto prima, un po’ per vedere gli effetti reali del terremoto che a fine Maggio ha investito quei territori.

Primo giorno

Lungo il primo tratto, da Peschiera a Mantova, mi accompagnerà Sonia, mia compagna nella vita e nei viaggi. Partiamo da Peschiera, poco oltre località Sette Ponti, di fronte al casello dall’autostrada, dove il lago di Garda convoglia le sue acque nel fiume Mincio. Non mi soffermerò a decantare le solari bellezze paesaggistiche che la cittadina può vantare, anche perché è già molto conosciuta e personalmente la preferisco nelle nebbiose serate d’inverno, quando è possibile aggirarsi in centro con il lusso di non incontrare anima viva. Dopo pochi chilometri si arriva alla località Scarpina di Ponti sul Mincio. Paesino in cui ho abitato per anni e il cui centro dista dal fiume qualche migliaio di metri. Da visitare certamente questo, in qualsiasi momento dell’anno: vanta un castello scaligero del ‘200 e delle antiche fontane in perfetto stato di conservazione, dove chiunque ancora oggi può andare a lavare i propri panni. Sorpassandolo, si può avvistare in lontananza (ma nemmeno troppo) il centro di Monzambano, con la sua settecentesca chiesa di San Michele e poco dietro il castello – scaligero anch’esso. Ne incontreremo un altro poco più avanti, a Valeggio sul Mincio; in realtà però non si tocca il centro di Valeggio bensì il meraviglioso Borghetto (uno dei Borghi d’Italia) che, completamente ristrutturato di recente, è invaso ogni fine settimana, in ogni stagione, da folle di turisti armati di macchine digitali e videocamere pronte a catturare l’atmosfera retrò di questi luoghi. Passato il Ponte visconteo, costruito nel XIV secolo, si ritrova dopo poche centinaia di metri il fiume sulla destra. Qui le acque del Mincio si fanno un po’ più stanche e la corrente, man mano che si prosegue verso la città sarà sempre meno forte. Usciamo per l’ultima volta dalla provincia di Verona – l’avevamo già fatto in precedenza arrivando a Ponti sul Mincio da Peschiera – e incontriamo il paese di Pozzolo che dista da Borghetto una decina di chilometri. Giunti qui ci si imbatte sulla sinistra in un centro sportivo di tutto rispetto, che può vantare dal campo da calcio alla pista delle bocce e, per chi avesse problemi con la bici, anche di un quadro con strumenti per sistemare qualsiasi problema meccanico si possa avere. Tra Pozzolo e Marmirolo, sulla sinistra ci si imbatte spesso in ville antiche con giardini meravigliosi alimentati da canali paralleli al fiume. Sono presenti anche tantissime corti agricole, alcune abbandonate, altre in piena attività: vi accorgerete della presenza di parecchie porcilaie già a decine di metri di distanza. Osservando il pigro scorrere del fiume, è un piacere anche cogliere il variare della fauna locale: da qui in poi è facile scorgere, intenti nella pesca, aironi bianchi o cinerini, anche se non mancano gabbiani, cigni e svassi, tipici dell’area lacustre. Arrivati relativamente vicini a Mantova, decidiamo di entrare a Soave, piccolo paese che si trova lungo il canale in cui qui, tra dighe e sbarramenti, è irregimentato il fiume. Poche case, qualche negozio e una chiesa… nessuno in giro ma in effetti è Ferragosto e il clima non è dei più invitanti: quasi 40 gradi! Usciti da Soave, dopo circa 5 Km in percorso si fa sempre più verde: si procede tra canali e ponti in legno – davvero un paesaggio da sogno – per altri 4-5 Km e un po’ a sorpresa, passando per la Darsena Canottieri, si sbuca sulla spiaggia del lago Superiore di Mantova, sotto il Ponte dei Mulini. Da qui, Piazza Sordello dista solo qualche centinaio di metri. Passiamo davanti al Castello di San Giorgio, entriamo in piazza Sordello dall’adiacente piazzetta che ospita la basilica palatina di Santa Barbara per vedere i danni riportati dalla cupola e poi andiamo a rilassarci all’ombra degli antichi giardini posti dietro a Palazzo Ducale.

Come avevo avuto modo di notare altre volte, davvero una bellissimo percorso turistico: poche salite e discese, poco traffico (sono pochi i tratti d’intersezione in cui possono circolare le auto) e molto tempo per chiacchierare o ancor meglio guardarsi attorno senza la fretta di arrivare a destinazione.

Torniamo verso casa nel primo pomeriggio. Parziale: 90 Km circa (A+R)

Secondo giorno.

Il secondo giorno prevede di partire da Mantova ed arrivare a San Benedetto Po. Sarò accompagnato da Claudio, amico di una vita, mio complice nei viaggi più estremi. Mi armo di cartina e di indicazioni stradali scaricabili qui: Lasciamo l’auto nel parcheggio gratuito dell’Anconetta, sul lago di Mezzo, e capiamo subito che non sarà facile seguire per filo e per segno le indicazioni sulla mappa. Arrivati infatti a Bosco Virgiliano, dei passanti ci consigliano di seguire letteralmente il Mincio lungo il suo corso, senza zigzagare come previsto dall’itinerario. Ci dirigiamo quindi verso la periferia della città e accanto al circuito di motocross saliamo sull’argine del Mincio, che qui esce dal lago cittadino, e iniziamo la lunga strada che ci porterà sul Po. Arrivati al piccolo borgo di Andes, altra denominazione di Pietole Vecchia, città natale del poeta Virgilio, capiamo che è possibile proseguire per due direzioni: o lungo la ciclovia asfaltata che abbandona il Mincio e va verso Bagnolo San Vito (circa 6 Km), oppure rimanendo sull’argine è praticabile un’altra strada, non asfaltata e piena di buche ma molto più paesaggisticamente stimolante. La nostra decisione è ovvia. Percorriamo una decina di chilometri sobbalzando sulla sella ogni metro ma venendo accolti da scenari stupendi e selvaggi. Prima di arrivare a Governolo (paese in cui il fiume sfocia nel Po) sbagliamo strada un paio di volte e ci ritroviamo a girare su noi stessi in più di un’occasione malgrado verso mezzogiorno non sia piacevole con il sole che ci carezza la nuda pelle. Ci fermiamo a Governolo a riposare e a rifocillarci. Il parco nel quale sediamo si trova proprio di fronte alla famosa Conca di San Leone, progettata per collegare il fiume Mincio, in prossimità della sua foce, al canale navigabile artificiale Fissero-Tartaro. Tentiamo di visitare anche la chiesa e il campanile con l’orologio ma non è possibile avvicinarvisi, è tutto transennato causa terremoto. È davvero un paesino piacevole e si respira un’aria particolare, mi sembra di stare sul set di 900 di Bertolucci, film tra l’atro girato proprio da queste parti. Proseguendo verso sud, a causa di cartelli inesistenti, ci tocca portarci in spalle la bici fin sopra il ponte alle porte di San Benedetto Po. Passato il ponte in ferro (qui in Po è largo diverse centinaia di metri) ci dirigiamo verso l’osservatorio astronomico che conosciamo bene. Poi da lì entriamo in centro e nonostante sia giorno di mercato si respira rassegnazione tra le poche persone presenti. Come se il terremoto che durante ha colpito questo luogo avesse davvero dato un colpo micidiale alla morale degli abitanti. Ci sediamo in piazza in una gelateria e ci accorgiamo che gli archi per entrare in Piazza Matilde di Canossa sono in parte crollati e diversi edifici in paese sono imbragati, mentre il Monastero è chiuso e transennato. Ripartiamo dopo una mezz’ora, il tempo per mangiare qualche frutto e riempirsi le borracce, dopo aver tentato più volte di raggiungere le sponde del Po ed esserci riusciti in una sola occasione, decidiamo di non fare la strada a ritroso, ma di riattraversare il Po e di restare su un argine finché non si trovi qualche cartello utile. Arriviamo così alle porte di San Giacomo Po, luogo in cui, presso un centro di ritrovo per anziani (completamente autocostruito, autogestito e mantenuto) è stato girato nel 2007 da Ermanno Olmi il film “Centochiodi”, che seppur non sia a mio parere un capolavoro, è certamente portatore di spunti di riflessione. Qui scendiamo lungo l’argine del Po e incontriamo uno degli attori non professionisti presenti nella pellicola. E’ un piacere quest’incontro e resterei qui a lungo ma è ora di andare, anche perché da qui alla città mancano ancora una quindicina di chilometri abbondanti. Torniamo verso Andes e da qui entriamo in città da Cerese, raggiungendo in un baleno l’auto, sfiancati dal caldo soffocante ma felici per l’impresa compiuta. È davvero interessante notare come ancor oggi vi siano zone, anche nell’ iper produttiva e tecnologicamente avanzata pianura padana, in cui sia possibile perdersi in territori selvaggi e poco esplorati: davvero sorprendente.

Rientro a casa nel tardo pomeriggio. Parziale: 80 Km circa (A+R)

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Dal Benaco al fiume Po: in bicicletta lungo il Mincio.

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