Retrospettiva di un viaggio a Lisbona

Saudade a go go
Scritto da: SilviaMan
retrospettiva di un viaggio a lisbona
Partenza il: 01/04/2019
Ritorno il: 03/04/2019
Viaggiatori: 4
Spesa: 500 €
Oh Lisbona, casa mia!, scriveva Fernando Pessoa… E mai esclamazione per me è stata più vera: si, perché nel momento in cui il mio piede ha toccato terra lisboeta e ho respirato l’aria della città, io mi sono sentita a casa. È strano come a volte noi riusciamo a ‘sentire’ certi posti, sentiamo che ci appartengono e che noi apparteniamo a loro, pur non essendoci mai stati. Nella mia ancora acerba storia di mobilità e vagabondaggio per il mondo, credo che questo mi sia capitato soltanto due volte: con Napoli e con Lisbona, due città tra loro anche molto simili e di sicuro le due città in cui io mi sono sentita davvero nel mio angolo di mondo. Non so dire come e quando sia nato il mio profondo amore per la capitale portoghese : forse una sera d’estate quando a casa di un’amica guardammo un documentario sul Portogallo e ne rimanemmo così affascinate da i iniziare a fantasticare di trasferirci seduta stante; forse quando ho scoperto il fado e la voce appassionata e malinconica di Amalia Rodrigues; e poi Pessoa, Tabucchi, Saramago e Wenders:un reticolo di immagini, suoni e parole in cui il mio cuore è rimasto avviluppato:prigioniero ma felice. Il mio viaggio a Lisbona è cominciato molto tempo prima della mia partenza, quando i miei compagni di viaggio neanche facevano parte della mia vita. Per anni sono andata alla ricerca dell’offerta giusta, ho stallkerato tutti i siti delle compagnie low cost a cercando l’occasione giusta: se voli da Napoli i prezzi dei biglietti possono raggiungere cifre esorbitanti e per una dandy squattrinato come me era indispensabile trovare ‘l’ offerta wooOoo’. Ma forse è stata so Un questione di momento giusto con le persone giuste:così ad Aprile siamo partiti, e da Capodichino per giunta. Non credo di poter descrivere Lisbona, di sicuro perché non posseggo grandi doti da scrittrice ma soprattutto perché credo che Lisbona, molto più di altre città, sia eterea. Lisbona è un luogo dell’anima prima ancora che un luogo fisico;è un’emozione fluida e continua;Lisbona è una suggestione, un tempo interiore che scorre morbido e lento;è un sentimento che ti assale all’improvviso e che non sai definire, un misto di malinconia, allegrezza e nostalgia, la saudade, che è andare via ma è anche ritornare, il nostos, il ritorno. E se è vero che si ritorna sempre dove il cuore è stato felice, oggi ritorno con i ricordi a Lisboa, prima di ritornarci di sicuro fisicamente.

COSE CHE HO AMATO DI LISBONA

L’ARRIVO: quando abbiamo sorvolato l’oceano e i miei occhi si sono riempiti di lacrime di fronte a quella bellezza così sconfinata e luminosa; Lisbona è nota come la ‘ciudad da luz’ la città della luce;ed è proprio l’oceano a conferirle quella luce, una luce che è solo sua, che vibra, è viva;una luce che accarezza le cose e le avvolge e gli dà respiro.

IL BRINDISI: la birra fresca che abbiamo bevuto sulle sponde del Rio Tejo, che sembra mare ma è un fiume, che divide la città in due ma la congiunge al mare; seduti sui gradoni di marmo di Caias da Colunas, considerata la porta della città, l’entrata immaginaria di Lisbona, abbiamo brindato all’inizio del nostro viaggio.

IL BACALHAU: che si dice i Portoghesi sappiano cucinare in 366 modi diversi, uno per ogni giorno dell’anno;quella con i pasteis de bacalhau è stata un’intensa e appassionata storia d’amore impastata di baccalà e formaggio fuso impanati.

LE VIUZZE E I VICOLETTI:stretti, tutti in salita, (Lisbona poggia su sette colli), dove 10 minuti a piedi del navigatore equivalgono a 10 km in termini di fatica.

I TETTI COLOR OCRA: che ammiravo dagli affacci degli splendidi miradouros, terrazze panoramiche dislocate nei punti più alti della città, dove le persone si ritrovano per stare insieme, parlare, abbracciarsi, bere una birra, ballare, guardare le barche che solcano il Tago e spingere lo sguardo verso l’orizzonte per diventare cielo e aria.

L’ELECTRICO 28:il nostalgico tram, diventato ormai una delle principali attrazioni turistiche della città. Siamo riusciti a prenderlo con un estremo colpo di fortuna, evitandoci la canonica lunga fa chilometrica;ci ha portati su, verso il castello di Sao Jorge. Sferragliando su e giù per quelle stradine strette si ha quasi sempre l’impressione di essere sul punto di spiaccicarsi al muro, ma questo, per fortuna, non accade e soprattutto è interessante notare come le persone per strada, invece, non si scompongano minimamente: macchina e uomo sono perfettamente sincronizzati, come impegnati nei passi di una danza a due, magistralmente eseguita, in cui nessuno dei due invade gli spazi dell’altro.

L’ALFAMA: cuore antico della città, il quartiere più autentico e pittoresco, credo il più rappresentativo di sicuro quello che ho più amato. Un tempo umile borgo di marinai, l’Alfama custodisce l’anima tradizionale della città… ‘Alfama è un animale mitologico.. Spunto per sentimentalismi di vario colore..’, scriveva Saramago. Triste e seducente, è tutta sviluppata in verticale:un dedalo di viuzze larghe non più di qualche metro dove le case sono così vicine che davvero sembra a volte che i tetti stiano per toccarsi. Una delle cose che più mi ha colpito è stata la perfetta convivenza tra palazzi signorili, in stile manuelino, sontuosi e compositi, e case popolari con fiori ai balconi, panni stesi al sole ad asciugare come esuli pensieri(per parafrasare qualcuno) e i vecchi, che sembravano appena usciti dalle pagine di un romanzo di Marquez, seduti davanti agli uscì a chiacchierare di quel niente che sa di tutto.

BELÈM: il quartiere più monumentale, costruito per celebrare le imprese di Vasco da Gama, primo europeo ad arrivare direttamente in India, doppia do Capo di Buona Speranza. Si dice che la Torre di Belém, che Pessoa definiva un merletto intarsiato, sia stata costruita nel luogo da cui Vasco da Gama salpò con i suoi marinai; e che Il Moisteiro dos Jerónimos sorga sulle fondamenta dell’antica chiesetta in cui i marinai trascorsero la notte prima della partenza, pregando. Nel monastero, che è una delle cose più belle che io abbia mai visto, oltre alle spoglie dello stesso Vasco da Gama e del del poeta navigatore Luís de Camões, c’è la tomba del mio amato Pessoa, che credo aver contemplato per un tempo infinito, con profonda riverenza e commossa riconoscenza verso l’uomo e l’artista, lo scrittore e il poeta che è stato per me il Novecento. Tappa obbligata a Belém è stata l’antica pasticceria, la più antica della città. Completamente piastrellata di azulejos, è famosa per i pasti de Nata de Belém, costine di pasta sfoglia, ripiene di crema alla vaniglia, servite caldissime, appena sfornate, con una spolverata di cannella o zucchero a velo. I tortini tipici del Portogallo si possono trovare in tutte le pasticcerie della città, ma quelli di Belém sono probabilmente i più buoni anche perché avvolti da un’aura di mistero: si racconta infatti che furono i monaci nell’800 ad ideare la ricetta dei dolcetti che preparavano e vendevano per sostenersi. Quando il monastero venne chiuso, i monaci cedettero la segretissima ricetta alla vicina Fabrica da Nata, che da allora continua a tramandare la ricetta solo a pochi fedelissimi. Assaggiare uno di questi dolcetti, dalla crosta leggermente bruciacchiata, è un’esperienza davvero sublime: nella loro estrema semplicità racchiudono una delicatezza e una raffinatezza ineguagliabili.

IL CASTELLO DI SAO JORGE: situato sulla collina più alta del centro storico della città è una delle attrazioni più note della città e di sicuro il miradouro più incantevole. La vista da lassù è da togliere il fiato. Noi ci siamo saliti al tramonto e lo spettacolo che si è aperto davanti ai nostri occhi è stato di impareggiabile bellezza. Il vento era molto forte e sembrava che attraverso il vento la città ci parlasse. Sono rimasta ferma ad accogliere la sua voce in un incanto che sembrava senza tempo.

LA MUSICA:la musica è parte integrante dell’anima di questa città. Lisbona è luce, colori e musica. Per la musica c’è un rispetto sacrale: le case do Fado sono come dei templi solenni: durante le esibizioni degli artisti non ti servono neanche da mangiare, le luci si abbassano completamente, tutto per creare viva e piena compartecipazione. Abbiamo scoperto che alla fine delle esibizioni il pubblico non applaude ma sfrega leggermente le mani una contro l’altra producendo un fruscio soffuso che non spezza l’intensità e la sacralità del momento. Una nota particolare va anche al vinho verde portoghese, fresco e fruttato, che ha accompagnato le nostre cene e i nostri brindisi.

Forse 3 giorni sono davvero pochi per poter vedere ogni singolo scorcio della città, ma di sicuro a Lisboa basta davvero pochissimo per sedurvi, e una volta che vi ha incantato con la sua malia non riuscirete mai più a sciogliere l’incantesimo, ne vorrete farlo. E quando sarete ormai tornati a casa e saranno passati dei mesi dal vostro viaggio, all’improvviso in un afoso pomeriggio estivo sentirete un pungolo al cuore, quella strana sensazione, che non riuscirete a definire: quella è la saudade, quella è Lisbona.

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Caias Das Coluna

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Moisteiro dos Jeronimos

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Torre di Belém

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Miradouro de Santa Luzia-foto di Vito

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Castelo de Sao Jorge-foto di Roberta

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Torre di Belém

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Pastel do Bacalhau- foto di Vito



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