Il sud ovest della Francia, mon amour

Tra castelli catari, mercatini e cassoulet. E il mistero delle foto di Edith Piaf con un campione di rugby
Scritto da: Andrea Misuri
il sud ovest della francia, mon amour
Partenza il: 19/08/2012
Ritorno il: 26/08/2012
Viaggiatori: 8
Spesa: 1000 €
L’appuntamento è per domenica pomeriggio. Siamo due coppie da Firenze, una da Reims e l’altra, in camper, arriva dalla Spagna. A Saint Pierre la Mer, località balneare del comune di Fleury, nella Languedoc-Roussillon, a metà strada tra il capoluogo Montpellier e il confine spagnolo. Milleseicento abitanti nei mesi invernali, venti/trentamila d’estate. Il mercato mattutino sulla passeggiata. Il luna park la sera. A mezzanotte è difficile trovare un bar aperto, e di wi-fi free non se ne parla proprio. Presso l’Ufficio per il Turismo, sono andati regolarmente a vuoto i tentativi per trovare un locale che ne fosse fornito. Saint Pierre la Mer è frequentato da famiglie. Una vacanza di riposo. Ci siamo ritrovati a casa di amici. Per scoprire le bellezze di questa regione, che dall’ampio Golfo del Leone corre in direzione sud fino alla penisola iberica. Duecento km di sabbia e di mare incontaminato. L’intero territorio sta vivendo un notevole sviluppo turistico e industriale. Lontani i difficili tempi dell’integrazione dei francesi provenienti dalle ex colonie. Oggi ci si apre a progetti urbanistici e culturali innovativi e Montpellier è la città francese dell’anno. E proprio il Montpellier Hérault Sport Club, un outsider in Ligue 1, ha vinto quest’anno il massimo campionato.

Secondo giorno

Dedicato all’organizzazione della piccola comunità che si è appena costituita. Cominciamo dal mercato. I barroccini vendono i prodotti regionali. I saucissons, piccoli salumi di asino, anatra, cervo, cinghiale. Con nocciole, pepe nero e rosa, formaggi, funghi. L’aglio è di Lautrec, dipartimento del Tarn: di colore rosa oppure viola (più forte). I meloni di Armissan, al banco della signora Cathy, con la quale scambiamo quattro chiacchiere. I pomodori e le pesche di Salleles d’Aude, le ostriche di Bouzigues. Le patate sono della regione di Sault, torroni e pébradous (dolci al pepe) di Limoux. Le cipolle dolci di Citou, gli insaccati della Montagna Nera. Le olive Lucques (quelle per i cocktail) provengono da Gard, il riso dallo stagno di Marseillette. Più tardi ci concediamo un primo bagno sulla spiaggia affollata di famiglie al gran completo. Spiaggia libera. Con la disponibilità di usufruire delle docce comunali. Secondo quanto si racconta, la storia balneare di questa cittadina viene da lontano. il primo Hotel des Bains risale al 1846. Il pittore Henri de Toulose-Lautrec, originario di queste parti, tredicenne, soggiornò a lungo a Saint Pierre per problemi di salute.

Nel pomeriggio, escursione nel Massiccio di Clape. Dal parcheggio, in dieci minuti, attraverso i sentieri della boscaglia raggiungiamo le Gouffre de l’Oeil Doux, un piccolo lago circolare di acqua dolce, geologicamente unico. E’ circondato di alte scogliere calcaree, con le acque verde smeraldo. E’ collegato attraverso cunicoli sotterranei con il vicino Mediterraneo, stupendo nella sua bellezza selvaggia quanto ancora inesplorato. Al ritorno ci fermiamo a Fleury. In place Jean Moulin ci sono la chiesa romanica Saint-Martin, l’Hotel de Ville, una fontana con statue a forma di moderne poltrone e paralumi, e il bar Sarl Le Perignan, dove accediamo a Internet! Motivo più che valido per una citazione del locale e di Xavier, che gentilmente ci ha aiutato.

Terzo giorno

Nel II secolo a. C., la via Domizia collegava Roma con la Spagna. Narbonne era la principale colonia romana fuori dall’Italia. Una colonna, all’entrata della città, ricorda (con fierezza) la sua origine. All’inizio del secolo scorso, Narbonne fu il centro della rivolta dei viticoltori del Midi contro le imposte di Parigi e le leggi che proteggevano i vini contraffatti, e che avevano ridotto alla fame i vignaioli del sud. Nel 1907, una serie di oceaniche manifestazioni popolari guidate da Marcellin Albert – un enologo locale divenuto in breve tempo il trascinatore appassionato di folle sempre più numerose – furono soffocate dall’intervento dell’esercito. Quelle lotte, così come chi le guidò, sono ben presenti nella memoria collettiva. Oggi Narbonne è città viva ed elegante; in estate è un susseguirsi di festival, concerti, iniziative culturali. Assolutamente da non perdere, la Cattedrale Saint-Just et Saint-Pasteur, esempio assoluto di gotico. La cui costruzione, iniziata nel 1272, non fu mai completata per le lotte che divisero i consoli e l’arcivescovo di Narbonne nel corso del secolo successivo. Intorno alla Cattedrale si affacciano le vie dello shopping. In rue Droite, Nice things, negozio di arredamento raffinato e pieno di fantasia, merita una visita. Dall’altra parte della piazza del Municipio, raggiungiamo la caratteristica place des Quatre Fontaines, percorrendo rue du Pont des Marchands: un susseguirsi di eleganti boutique di stilisti francesi, Armand Thiery, Promod, un1deu2trois3, Catimini, Petit Bateau. Visitiamo le Halles Centrales, il mercato coperto inaugurato nel 1901 e ristrutturato una ventina d’anni fa. Pescivendoli, macellai, fornai. Molti i locali per una sosta veloce. A La Clape, bar à tapas, l’arredamento è moderno di un rosso acceso. Seduti su alti sgabelli, scegliamo insalata di mare e un vino bianco niente male. Narbonne ha dato i natali, nel 1913, a uno dei più grandi chansonniers, Charles Trenet. Dal 2008, un festival a lui intitolato, dallo slogan accattivante, votre coeur fait boom! (il tuo cuore fa boom!), riunisce un gran numero di appassionati da tutta la Francia. Quest’anno, madrina è stata Juliette Gréco, icona della Saint-Germain-des-Prés degli anni Cinquanta. Sarà l’atmosfera di questa regione del sud, affacciata sul mare. Ma a pochi km da qui, a Sète, nacque un altro dei sommi cantautori francesi. Georges Brassens, in Italia tradotto da Fabrizio De André.

Nel pomeriggio una puntata a sud, a Port-la-Nouvelle. Cittadina che del turismo fa la sua forza, contando su una spiaggia incontaminata di oltre 10 km di sabbia fine e su un piccolo porto turistico. Deve però convivere con le raffinerie costruite negli anni Cinquanta che s’affacciano sul canale e che certo ne limitano l’attrattiva per gli amanti del mare.

Quarto giorno

Carcassonne, la città di Madame Carcas. La leggenda racconta che la città, assediata da Carlo Magno, fu salvata dalla vedova del re assassinato. Al quinto anno d’assedio, terminati i viveri, la popolazione allo stremo, Madame Carcas ordinò che il poco grano rimasto fosse dato in pasto all’ultimo maiale ancora in vita, prima di gettarlo dai bastioni a dimostrazione dell’abbondanza che regnava in città. Lo strattagemma riuscì e gli assedianti partirono. Furono suonate le trombe e risuonò il grido: Carcas sonne! (Carcas suona!). Circondata da alte mura, la città è meta di un flusso turistico continuo che si disperde nel dedalo delle strette vie medioevali. Negozi di souvenir di ogni tipo. Da non perdere, per chi ama la cioccolata, Real chocolat, 2 rue Saint Louis. La vetrina e gli scaffali sono ricolmi di stecche e bastoncini di cioccolata nera, bianca, al latte: all’arancio, con praline, lamponi, nocciole, mandorle, peperoncino… Ce n’è per ogni più raffinato palato. Proseguiamo per l’alberata place Marcou, stracolma di pizzerie e ristoranti. Il consiglio è di non fermarsi a mangiare nella città vecchia, ma di farlo dabbasso, nella Carcassonne non turistica. Ci siamo fermati al Picnic café in place Carnot, ma la scelta è davvero vasta e i prezzi sono abbordabili.

Tra le vigne delle Corbières, nel pomeriggio visitiamo il villaggio medioevale di Lagrasse, classificato tra i più belli di Francia. Meno di settecento abitanti. Il vecchio ponte sopra il torrente Orbieu unisce il paese all’Abbazia Saint Marie risalente al VII secolo, per la tradizione voluta da Carlo Magno. Al suo interno, un giardino ben curato dagli stessi monaci.

Quinto giorno

Poche case sul Canal du Midi, il ponte in pietra della fine del XVII secolo, le oche lungo la riva. Un paio di brasserie vicino al ponte, un barcone-boutique per i turisti, un singolare Museo del Cappello, con oltre 6000 esemplari. Le Somail è però conosciuta in tutta la Francia per Le Trouve Tout du Livre, una straordinaria libreria sistemata in un immenso garage a lato del canale. Aperta dal 1980 da appassionati bibliofili, raccoglie oltre 50.000 tra libri, riviste, pubblicazioni, documenti nuovi e usati. Uno sterminato susseguirsi di volumi, raccolti con amore, catalogati, impilati, sparsi per ogni dove. François Truffaut considerava questo luogo il regno dell’introvabile. Per i nipoti, ho acquistato un libro di storie di pirati. Di quelli che si aprono rendendo i sogni tridimensionali, con le figure che dalle pagine si estendono, presentando grandiosi scenari di naufragi e di maree.

Le Somail è la tappa di avvicinamento a Salleles d’Aude, all’appuntamento che abbiamo a casa dei genitori di Catherine e del marito Michel, gli amici che ci ospitano. Jeannot e Nenette, capelli bianchi e cordialità prorompente, coltivano con amore il campo dietro la casa, sulla strada che corre tra le villette, parallela alla provinciale. Ci accompagnano nell’orto e tocchiamo con mano il loro forte legame con la terra. Questa è la stagione delle zucche e dei pomodori (giganteschi), dei meloni, delle melanzane… Il tavolo è apparecchiato sotto gli alberi, lungo il vialetto che dal cancello porta alla casa a un piano. Nuvole passeggere rinfrescano l’aria, ideale per un pranzo davvero d’altri tempi. L’aperitivo. Michel mi spiega come l’Anisette, con tutte le sue varianti, si sia diffusa in Francia – e soprattutto nel Sud – con l’arrivo, nel 1962-63, dei francesi che lasciavano l’Algeria, i Pieds Nous, che in gran numero si fermarono da queste parti. All’Anisette allungata con acqua minerale naturale, si aggiungono lo sirop d’orgeat (Moresque), oppure de grenadine (Tomate). O ancora la menta (Perroquet).

Tra i vini in tavola, Cuvée Marcellin Albert Minervois di Angeliers. Al naso note speziate. Un ingresso in bocca ampio e rotondo. Un bel vino. Porta il nome di chi guidò la rivolta dei viticoltori nel 1907. Un omaggio perché la memoria di quelle lotte non scompaia. Intanto, arriva il piatto forte. Il Caussolet. La specialità regionale. A fuoco lento, nella cassole (terrina di coccio), cuociono fagioli bianchi di Castelnaudary – località dell’interno, capitale riconosciuta di questo piatto – confit di oca o di anatra (come in questo caso), costine di maiale, salsicce di Tolosa e cotenne. Questo è il Caussolet. Anche in estate! Sorseggiamo un Armagnac, conversando con i padroni di casa, come vecchi amici che si ritrovano. Salta fuori una vecchia scatola di latta con le foto della famiglia. Vecchie foto e ritagli di giornali che raccontano la passione per il rugby, da queste parti non soltanto sport, ma cultura e modello di vita. Scopriamo che Jeannot nel 1952 è stato campione del Languedoc con il Racing Club Narbonnais. Jacques Lepatey, fratello di Nenette, ha partecipato a una tournée della Nazionale in Sud Africa nel 1958. Indietro nel tempo, Eugene Boyer, zio di Michel, nel 1936 fu campione di Francia sempre con il RCN. La tradizione della famiglia continua oggi con i nipoti Thomas e Mathieu, 19 e 21 anni. Nel frattempo, ecco un paio di foto che ritraggono Lepatey con Edith Piaf. Gli amici ci spiegano che quest’anno un giornale locale ha intervistato l’ottuagenario campione per svelare il “mystère” delle foto. Lepatey ha raccontato di aver incontrato, nell’ottobre 1958, la Piaf al Neptune, un locale di Narbonne-Plage, dove “la voix du siècle” era in compagnia di “Georges Moustaki, sans barbe à l’époque”. Dall’incontro nacque l’idea delle foto sulla spiaggia, con la palla ovale…

Più tardi raggiungiamo tutti insieme il Canal de la Robine. I bateaux dei villeggianti ormeggiati a fianco di quelli dei residenti. Una passeggiata in relax. Il caffè da Michel, simpatico gestore di La Porte Minervoise, un tempo scuderia, oggi locanda lungo il canale. Il tempo sembra sospeso, tra il lento scorrere dell’acqua e il degradare della vegetazione fin sulla riva. I ragazzi di una scolaresca fanno il bagno. Le loro grida sono l’unico rumore.

Sesto giorno

Dedicato alla visita di un castello cataro. Uno dei tanti del Languedoc, dove nacque il movimento eretico che si diffuse in Europa nell’XI secolo. I catari proponevano uno stile di vita ascetico, in contrapposizione alla dissolutezza del clero cattolico. La loro dottrina si fondava sull’opposizione tra materia e spirito. L’eresia fu combattuta nel 1229 con la crociata contro gli albigesi (la città di Albi è in questa regione), che si trasformò in un vero e proprio massacro. Prima di raggiungere il castello di Queribus, ci fermiamo al sottostante villaggio di Cucugnan. Qui visse Alphonse Daudet, che vi ambientò “Lettere del mio mulino”, pubblicato nel 1869. Attualmente, i residenti sono poco più di cento. La metà rispetto a due secoli fa. Da vedere, la chiesa Saint Julien et Saint Basilisse del XIV secolo. Demolita a metà dell’Ottocento e ricostruita in stile neo-gotico. Al suo interno, la statua della Vergine incinta. Secondo la tradizione, gli abitanti a lungo hanno erroneamente ritenuto quest’opera, l’unica rappresentazione della Vergine con questa caratteristica. Da noi, c’è l’affresco della Madonna del Parto di Piero della Francesca.

Lasciata l’auto nello spiazzo sotto al castello e pagato il biglietto, raggiungiamo la fortezza in rovina salendo a piedi per una decina di minuti. Il sole picchia forte e il percorso non è agevole. Su per il sentiero e ancora per una scala ricavata nella roccia. Fino alla torre quadrata i cui resti dominano la vallata sottostante. Fu l’ultimo castello a cadere, sotto l’incalzare degli eventi. Era il 1255, oltre venti anni erano trascorsi dalla crociata che aveva sterminato i catari. Queribus continuò ad essere un baluardo contro gli spagnoli. Ci vollero altri quattro secoli, perché con il Trattato dei Pirenei, il castello perdesse il suo ruolo strategico. Era l’anno 1659. Quassù, circondato da turisti in pantaloni corti, con macchina fotografica a tracolla, penso ai soldati di quell’epoche lontane che – affacciati ai bastioni – avevano sotto gli occhi lo stesso paesaggio di ora. Dalla piana del Roussillon al Mediterraneo. Tra il Grau de Maury e la vetta del Canigou.

Settimo giorno

A Beziers a fine mattinata. In tempo per visitare il mercato settimanale del bric à brac. Facciamo un paio di buoni acquisti. Piccoli oggetti, che comunque costano molto meno che da noi. Le bancarelle sono disposte lungo il viale principale. Al centro la statua di Pierre-Paul Riquet, che qui ebbe i natali. Progettò e costruì il Canale du Midi. Un’impresa gigantesca per l’epoca – il XVII secolo – fortemente voluta dal re Luigi XVI. Che sviluppò in modo straordinario i commerci, grazie ai 240 km di acque navigabili che collegarono il Mediterraneo all’Atlantico. Tornando al mercatino dell’antiquariato, va detto che quello che abbiamo visitato, è ben piccolo se confrontato con GrandS DeballageS MarchandS 2012, i tre mercati che da quest’anno si susseguono – un giorno dopo l’altro, una volta al mese – a Beziers, Avignone e Montpellier. Numerosi gli italiani che arrivano fin qui. I prezzi sono assolutamente competitivi. A ottobre il mercato comincia domenica 28. A novembre, domenica 25. La Cattedrale Saint Nazaire, in cima alla collina, è in stile gotico del XIII secolo. Da visitare il chiostro. Dal 1660 al 1671, la sede episcopale restò nella mani di una dinastia locale di vescovi italiani delle famiglie degli Strozzi, dei Medici e dei Bonsi. In place de la Madeleine, Marché paysan riunisce ogni sabato agricoltori, impegnati con la qualità dei loro prodotti, al rispetto della charte dell’associazione che li raccoglie. Ci fermiamo a parlare con il loro presidente, Tim Laville del villaggio di Cassagnoles, giovane e comunicativo. Prima di ripartire, nuovamente sul viale Riquet, una sosta per un panino all’omonimo chiosco di Madame Anne Marie.

Ottavo giorno

E’ il giorno della separazione dagli amici francesi. Ripartiamo per Firenze. Ci attendono tanti km di autostrada. Una deviazione al Pont du Gard, acquedotto romano di assoluta maestosità. L’ultima volta eravamo stati qui una decina di anni fa. Con l’auto si arrivava fin quasi al ponte. I ragazzini si tuffavano in acqua dalle arcate, per la gioia dei turisti e delle loro macchine fotografiche. Ora è tutto recintato. Un grande parcheggio. Si paga 18 euro ad auto. A piedi, lungo un percorso obbligato con boutique e ristoranti. Alla fine, però, lo spettacolo del ponte romano ci fa accantonare ogni commento sull’impegno profuso per “spennare” i turisti.

Nuovamente in autostrada, abbiamo tutto il tempo per commentare questi giorni. I paesaggi e le bellezze artistiche visitate durante le nostre scorribande in auto. La cucina regionale (il caussolet!), i vini rossi e i moscati. La gentilezza e la disponibilità delle persone incrociate girando per i villaggi e i mercati. Francia Sud-Ovest, mon amour!

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I meloni di Armissan di Madame Cathy

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Il banco di Tim Laville a Beziers

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Al chiosco di Madame Anne Marie

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Beziers

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Le Trouve Tout du Livre, sterminata libreria

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Con le oche di Le Somail

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Jeannot nella finale vinta del campionato 1952

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Con Jeannot

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Edith Piaf e Jacques Lepatey

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Piaf e Lepatey a Narbonne-Plage

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Il caussolet della Maison di Katy

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Cuvée Marcellin Albert



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