Manarola

Il fascino delle Cinque Terre in bassa stagione
Scritto da: SdR Milano
manarola
Partenza il: 13/09/2010
Ritorno il: 17/10/2010
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
Durante la bassa stagione, che caratterizza gran parte dell’anno, i borghi del parco sembrano immergersi in un lungo pigro, surreale letargo. Tra i carruggi deserti si aggirano, coraggiosi e infreddoliti, solo pochi, sparuti turisti. Vagano senza una meta apparente, ciondolando tra umidi muri e i gozzi tirati in secca. Contemplano le borgate che sonnecchiano nelle mattine circondate dalla bruma, e meditano nei giorni di pioggia, supine e strette in loro stesse, per sfuggire alla forza dei marosi tempestosi che sovente ne lambiscono ferocemente gli usci.

E se qui, nella loro malinconica requie i cinque borghi si presentano tutti simili l’un l’altro, in realtà evidenziano marcate differenze, tali da renderli agli occhi dell’attento osservatore assolutamente eterogenei.

Monterosso,con le sue spiagge, il suo animato lungomare, è uno scrigno ricolmo di distrazioni svaghi e piaceri; Vernazza, sofisticata e seducente, ammalia con la sua bellezza che risplende nella notte come una stella solitaria nel buio della costa; Corniglia riposa, unica solitaria e appartata, dominando il mare dalla sommità del promontorio; Riomaggiore, un anfiteatro di case, finestre e scale sospeso sul mare, la prima delle Cinque Terre per chi proviene da sud. Infine a cavallo tra quest’ultima e Corniglia, si erge il borgo di Manarola.

Arroccata su uno scosceso promontorio di dura roccia scura, con il suo piccolo porticciolo racchiuso tra due speroni rocciosi, dona all’uomo proveniente dal mare una veduta unica. “E d infine il suo sguardo si arrestò: finestre e persiane, porte e carruggi, viva, incommensurabilmente bella, montagna di case, presepe di colori, sentinella sul mare. Egli la vide, e il cuore riconobbe la grandiosità dell’uomo”. Incastrate le une sulle altre in un disegno rocambolesco ma in realtà ben logico, case su case, crescono come un rampicante colorato in tutte le direzioni. E’ un miscuglio di vetuste abitazioni, tutte rigorosamente dipinte da differenti colori caldi e sobri perchè il pescatore possa riconoscere la sua casa da largo; persiane verde smeraldo, balconcini a vista, qualche vetusta antenna televisiva e le immancabili romantiche lenzuola appese ad asciugare.

Non si pensi però che un tale luogo possa essere stereotipato e accomunato agli altri con superficialità, ci si sbaglierebbe. I borghi che compongono le Cinque Terre sono stretti, si è costretti a strizzarci dentro tutto: sensazioni, emozioni, case, carruggi, genti. Per questo non sono facili da afferrare tanto che li si cerca di ghermire con alcuni stereotipi. Manarola, in effetti, non è soltanto buon vino, carruggi e mare. Il manarolese non è avaro, ma avendo dovuto fare i conti con la povertà, ha dovuto centellinare le risorse. Il manarolese è così. Ha conosciuto la povertà, l’ha vinta, sa dare il giusto valore alle cose… perché la vera caratteristica del manarolese, come i liguri daltronde è che non butta via niente. Soprattutto i sentimenti più veri. Soprattutto l’umanità. Bisogna grattar via il luogo comune, in alcuni casi, rovesciarlo in altri, accomodarlo in altri ancora e il ligure emergerà. Specialmente a Manarola, dove l’uomo è ancora legato alla sua intima quotidianità.

Si rifugia tra i carruggi in penombra per cercar scampo dal sole e dal mormorio del caos turistico, oppure scruta pettegolo il suo territorio da dietro una persiana socchiusa, o eccolo ancora capitano e ammiraglio, seduto sulla panca di un gozzo ergersi solitario e nostalgico lasciandosi condurre dalle onde con lo sguardo rivolto verso casa illuminata dal sole al tramonto. Dondola su quel mare, sulla quale Manarola è stretta. Il mare sta li ed era naturale che diventasse la prima forza di sostentamento. Tuttavia il vero manarolese il mare non lo ama. Anzi teme quel mare, che si muove anche di notte, non sta fermo mai. Stretti tra montagne e battigia, tra irte scogliere da ponente a levante, gli abitanti hanno dovuto spingersi forzatamente verso di esso e ne hanno fatto in passato la loro principale fonte di successo; e oggi che il turismo ha modificato così in profondità l’economia di ieri, ne conservano comunque un assoluto rispetto e timore. Il mare non è amico. Il mare fa la sua strada, gli uomini la loro.

Il manarolese l’ha usato come via di fuga da una “non terra”, avara, impervia, dove l’agricoltura è roba di fasce, e di fatica. Un luogo dove la terra è stata strappata con fatica dalle colline grazie ai “terrazzamenti”, e che qui dicono le deve aver messe li un gigante, lavorando di scalpello sulla montagna. Un gigante ovviamente di Manarola.



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