Farfalle all’hamada rossa e altre

TITOLO: ACACUS, NON SOLO SCATOLETTE ! testo di: ALIGHIERO ADIANSI Il deserto comincia dentro Ghadames, tra le mura ristrutturate, i vicoletti ricoperti, le porte ridipinte, le moschee vuote, le case museo e l’ingresso a pagamento. Imbalsamata dall’Unesco come un’animale estinto, l’antica stazione carovaniera sonnecchia sullo...
Alighiero Adiansi, 15 Feb 2010
TITOLO: ACACUS, NON SOLO SCATOLETTE ! testo di: ALIGHIERO ADIANSI Il deserto comincia dentro Ghadames, tra le mura ristrutturate, i vicoletti ricoperti, le porte ridipinte, le moschee vuote, le case museo e l’ingresso a pagamento. Imbalsamata dall’Unesco come un’animale estinto, l’antica stazione carovaniera sonnecchia sullo scaffale d’asfalto polveroso, di fianco alla citta’ nuova. Qui i negozi sono piccoli supermarket dove si trova tutto: l’attacco del gas che sembra introvabile a Roma, le baguettes appena sfornate e poi patate, cipolle, zucchine, melanzane, cetrioli, limoni, pomodori, carote, mele, angurie, peperoncini, uova, banane, meloni… Caso mai non bastassero le cinque casse di viveri italiani! Gli scatoloni di acqua minerale sono allineati in grattacieli piu’ rassicuranti delle allarmate relazioni di viaggio. Al ristorante, davanti alle patatine ammosciate dal gelo e al pollo grondante sangue sembra piu’ difficile trovare il fuoco dell’acqua.

Prima cena con la cassa, improvvisiamo: 1) – Farfalle all’hamada rossa. (per 8 persone, come tutte le altre ricette) Circa due ore prima di cena, mettere sul fornellino una quantita’ abbondante di acqua, naturalmente in una pentola altrimenti si spegne il fuoco, dopo un’ora e mezza, spostare la pentola sul fuoco a legna dei tuareg altrimenti non bolle piu’. Nel frattempo sbucciate 4 grosse melanzane e tagliatele a dadini. Nella pentola bassa scaldare 4 cucchiai d’olio, uno spicchio d’aglio e un velo di cipolla. Mettete a rosolare le melanzane, quando si sono ammosciate aggiungete due barattoli di fagioli, mezzo di passata di pomodoro, pepe, sale e peperoncino. Lasciate cuocere finche’ il tutto si sara’ trasformato in una poltiglia informe. A questo punto gettatevi dentro la pasta cotta al dente, o comunque prima che si sciolga. Se nel gruppo c’e’ una santa che ha portato il grana, spolverateglielo sopra (alla pasta).

********** Stamattina non si vede niente; fisso il finestrino … Niente, mai visto un niente cosi’. Non e’ neanche deserto: mancano le dune, la sabbia, le pietre, gli arbusti, la polvere e l’ombra attorno alle jeep. Quando mai capita di vedere tanto niente? di guardare la terra fino in fondo? Siamo cosi’ abituati ad avere qualcosa davanti … E invece ecco laggiu’ il confine del mondo, l’orizzonte sembra un gradino e vien voglia di andare la’ a guardare di sotto.

Seconda cena con la cassa, bisogna usare le verdure prima che marciscano: 2) – Spaghetti al verde.

Per la pasta ripetete le stesse operazioni subdole della sera prima, tanto i tuareg lo sanno e prendono piu’ legna del necessario. Invece delle farfalle usate gli spaghetti (sono quelli lunghi e stretti), fate conto circa 1,2 hg pax, TLF. Tirate fuori i piselli. Prendere la pentola larga e, siccome per imitare i tuareg l’avrete pulita con la sabbia dategli una risciacquata altrimenti vi giocate i ponti d’oro che avete in bocca, poi affettatevi un paio di cipolle, versatevi i piselli, aggiungete mezza dozzina di zucchine, lavate, mondate e tagliate in almeno una decina di rondelle. Completate con mezzo bicchiere d’olio, due di acqua da tanica, mezzo dado, un po’ di passata di pomodoro, sale, pepe e lasciate cuocere per una ventina di minuti a fuoco lento (e’ l’unico che c’e’). Quando le zucchine cominciano ad attaccarsi sul fondo versate gli spaghetti al dente, mescolate, spolverate con foglie di menta e non aggiungete grana altrimenti non sarebbero piu’ al verde! ********** 3) – Pomodori ricchi. Mettete i pomodori in acqua sterilizzata per circa mezz’ora, poi toglieteli, asciugateli e tagliate a meta’ quelli che non si spappolano in mano. Preparate un ripieno con la carne in scatola (una ogni pomodoro), due fette di pancetta tritate fini, un paio di uova, sale, pepe, baguette grattuggiata, spezie varie a portata di mano e qualche cucchiaio d’olio. Quando il ripieno si e’ ben impastato staccatevelo dalle mani e accomodatelo nei mezzi pomodori opportunamente svuotati dei semi. Appoggiate le verdure ripiene nella pentola larga e ben oliata e cuocete a fuoco vivace fino a quando i pomodori si raggrinziscono. Se il gruppo e’ di quelli esigenti fate sciogliere sopra ogni pomodoro un pezzetto di formaggino, se e’ ancora piu’ esigente, portatelo al ristorante (sono 436 km a piedi di notte nel deserto, i primi trecento tutti dritti!) ********** Notte serena, aria limpida, riesco a contare le sorelle dei Tuareg. Sono sette, una piu’ bella dell’altra. All’orizzonte un chiarore lattiginoso sfuma nella Via Lattea. Non puo’ essere una citta’, non c’e’ nessuna citta’ da quella parte, e neanche dalle altre. Per Elvio e’ il sole, che sotto il profilo dell’orizzonte non riesce ad oscurare del tutto il cielo. Pero’ alle dieci di sera … Che tramonto lungo! Vediamo col tele… Proviamo col canocchiale … Niente… Poi Carla nota il secondo chiarore un po’ piu’ in la’, e un terzo poco lontano … Mille soli? I pozzi petroliferi algerini lasciano poco spazio alla poesia.

Terza cena con la cassa, miglioriamo: 4) – Fusilli all’erg di Ubari.

Solita prassi per la pasta, ormai potete provare direttamente sul fuoco tuareg, aspettate almeno che abbiano fatto il the’. Stasera lessiamo i fusilli che sono quelli corti e raggrinziti, il che a qualcuno potrebbe far venire in mente qualcosa di molto personale con la differenza che i fusilli sono duri. Sbattete quattro uova, sale, pepe e grana grattuggiato (va bene anche quello liquefatto nelle confezioni sottovuoto) nella gavetta del piu’ rompiballe del gruppo (la puzza sparira’ nei dintorni di Leptis Magna). Nella solita padella bassa mettete abbastanza olio da coprire i residui bruciacchiati delle due cene precedenti, poi fatevi rosolare una bella dose di pancetta e speck ben triturati in compagnia di un paio di spicchi d’aglio interi. Appena il profumo comincia ad attirare i fennech, scolate i fusilli, buttateli nel soffritto, buttateci sopra le uova sbattute e mescolate bene cercando di mantenere piu’ fusilli nella pentola che nella sabbia. Sembrerebbe una parente stretta della carbonara ma se ci mettete qualche seme di colaquinta potete brevettarla. ********** 5) – Pommes de Sable.

Pelate tante belle patatone e poi lavatele nell’acqua con lo steridolo (avendole sbucciate se ne potrebbe fare a meno, ma con lo schifo di mani che vi trovate…). Appoggiate ogni patata sopra un pezzo di domopack, fateci un incisione abbastanza profonda, cercando di non spezzarle in due (come invece succedera’ con quasi tutte) e infilateci mezzo formaggino, un pizzico di grana, sale, pepe e un frammento di speck, irrorate tutta la patata con quel buon olio di oliva pugliese di prima spremitura che si trova normalmente nella cassa viveri, sale, pepe, spezie varie, accartocciate ben bene le patate e sotterratele nella sabbia. Coprite la buca con la brace ardente esattamente come fanno i tuareg per fare il pane, ed aspettate il tempo necessario conversando amabilmente. Se a forza di conversare vi dimenticate di dissotterrare le patate non c’e’ nessun problema: sono buone anche fredde a colazione con un po’ di miele. ********** “Siamo fatti per vivere liberi, gli spazi aperti sono cio’ di cui abbiamo bisogno. A volte, la notte, mi sdraio sulla schiena ad ammirare le stelle e mi sembra di impazzire dalla gioia.” Dormo fuori dalla tenda, ai piedi di una splendida duna che taglia in due Cassiopea. I Tuareg cantano seduti attorno alla teiera, le facce arossate dal fuoco: “Tenere’, Tenere’… Tenere’, Tenere’ …” usano le taniche vuote come tam-tam; nei loro occhi neri brillano mille lune. Piu’ tardi e’ silenzio e buio … E un freddo cane. All’alba avvolgo i piedi gelati nel pile. Tre giorni e nove aspirine dopo finalmente mi passa il raffreddore. I Tuareg hanno un altro fisico! Quarta cena con la cassa, 6) – Lenticchiotto alla cotica di speck.

Le ragazze si lamentano perche’ mangiamo troppa pasta e stanno mettendo su un po’ di chili (stanotte sono scoppiati due materassini!) Allora prendete le buste di minestra d’orzo (una busta ogni due persone) e seguite le istruzioni sul retro. Quando le istruzioni sono finite, lasciate il minestrone sul fuoco e mentre due mescolano per evitare la carbonificazione gli altri buttino nella pentola 4 barattoli di lenticchie, uno di fagioli, 6 pezzi di grana, e tutta la cotica dello speck che avrete accuratamente salvato ieri sera oltre a quella rimasta sul pezzo di speck ancora da utilizzare. Mescolare finche’ si ottiene una consistenza simile alla polenta taragna (se anche il sapore e’ quello della taragna vi e’ andata di culo!) ********** A Ghat nessuno resiste alle docce del Tassili … E rimpiangiamo le cene nel deserto. Le rimpiangiamo per tutto: il fuoco, le stelle, la musica, il menu’, il gusto, il prezzo, il vento, il silenzio, la cacca dietro la duna, le tende illuminate nella notte, il the di Ali, la sabbia tra i denti, gli scricchiolii di Carla, il pus di Roberto, i calzini di Riccardo, le Pleiadi, la liberta’ … In compenso rimpolpiamo la cassa con verdure fresche ed acqua.

8) – Risotto giallo allo sgombro.

Fare appassire una cipolla, non aspettando l’autunno ma affettandola in abbondante olio. Versare una manciata di riso a testa, ma puo’ versarle tutte una persona sola se sa contare. Lasciare tostare il riso per un minuto e poi coprirlo d’acqua tanichina oppure meglio ancora con acqua minerale naturale, con la gasata se volete il riso saltato, solo col gas se volete il riso soffiato, ma decidetevi se non volete il riso bruciato. Se avete scelto l’aqua aggiungete due dadi e una “c” poi mescolate ininterrottamente versando altra acqua ogni qualvolta il cucchiaio di legno sta in piedi da solo. A meta’ cottura aggiungete lo zafferano sciolto in acqua tiepida e a cottura ultimata buttateci lo sgombro avendo cura di frantumarlo in pezzettini minuscoli e di toglierlo dalle scatolette per evitare i grumi. Servire caldo con una manciata di caviale sopra ogni gavetta. (p.S. Per AnM: o lo mettete di marca o e’ meglio che il caviale non lo mette per niente!). ********** 9) – Purghette dolci.

Questa ricetta e’ di solito indispensabile quando i giorni di viaggio sono tre o quattro e i rotoli di carta igienica sono ancora sigillati. Lavare le mele senza esagerare perche’ un po’ di sporcizia puo’ aiutare allo scopo. Tagliarle a spicchi e tocchi e distribuirle in una pentola larga, spolverandole di zucchero. Coprirle d’acqua avendo cura di sciogliere in essa tante gocce di Guttalax quanti sono i giorni di stitichezza. Portare a bollore e quando le mele cominciano ad appassire e l’acqua si e’ ridotta a sciroppo aggiungere le prugne cotte (cosi’ provvidenzialmente abbondanti nelle casse viveri), mescolare e spolverare di cannella. ********** Andiamo verso l’Akakus. Cristo e’ bellissimo! Dune altissime, dune alte, dune basse, dune, sabbia, giallo, giallo … E’ tutto giallo poi le rocce sbucano nere e misteriose nella foschia. S’increspa l’orizzonte, s’increspano le dune, i pensieri, ombre nere, pezzi d’azzurro negli archi di roccia… Tre motociclisti ricamano le tavolozze di sabbia con linee sinuose che subito scompaiono o resteranno per anni. Le jeep sono micro-machines sperdute, zattere alla deriva tra isole nere di roccia. Una duna, un salto, una curva e l’orizzonte si apre fiabesco e minaccioso; oscure sentinelle immobili s’intuiscono tra la nebbia giallastra, in lontananza, all’infinito. E’ bellissimo! 10) – Penne alla Tuareg.

Fate bollire abbondante acqua sul fuoco dei tuareg, invitandoli a cena, e cuocete una quantita’ di pasta doppia del solito perche’ i Tuareg non sembra ma se c’e’ da mangiare non si tirano indietro. Nella pentola bassa preparate il sugo utilizzando due barattoloni di ragu’ ai funghi, uno di pomi’, olio in abbondanza e quattro patate tagliate a tocchetti. Facendo man bassa nella dispensa degli uomini blu’, gettate nella pentola tre manciate di semola per cuscus, mescolando bene per amalgamare la sbobba, e i pezzetti piu’ piccoli che riuscite a strappare dalla carcassa di montone che da cinque giorni giace sanguinolenta sul tetto della jeep. La carne non dovrebbe essere tanto dura perche’ ormai frolla sotto il sole da quando siete partiti da Ghadames per cui quando le patate cominciano a spappolarsi spegnete pure il fuoco. Ora scolate la pasta la cui caratteristica principale per questa ricetta e’ quella di essere molto scotta,al punto che ogni mezza penna deve essere diventata una penna intera, poi rovesciatela nel sugo, mescolate e fatevela scivolare in gola senza masticare. ********** 11) – Pizzette vegetariane.

Tagliate le melanzane piu’ grosse in fette il piu’ larghe possibile, almeno quattro a testa. Spalmateci sopra il pomi’, sale, pepe, una goccia d’olio, un pezzettino di grana, uno spigolo di formaggino e un cucchiaio di carote precedentemente lessate e schiacciate. Per la doppia mozzarella, aumentate il formaggino, per la frutti di mare aggiungete qualche pezzettino di sgombro e di tonno, per la tirolese briciole di speck, per la shariana cospargere con semi di colaquinta, per la napoletana … Prendete l’aereo. Appoggiate le pizzette cosi’ ottenute nella pentola oliata e grigliatele (senza girarle!) ********** C’e’ una parete di arenaria che sembra il telone di un cinema; le giraffe corrono nel vento in apparente disordine, i lunghi colli oscillanti, le zampe mischiate a nuvole di sabbia. Lassu’ in alto zampettano tra loro i gatti mammoni… Dove ? dove sono? Eccoli la’! pensavo piu’ grandi. La falesia del Matendush e’ la carovana di un circo, su’, giu’, di qua, di la’, elefanti, giraffe, leoni, rinoceronti, ippopotami, che altro…? Un grande coccodrillo si screpola al sole col cucciolo al fianco, commovente, immobile, fissa incredulo gli obbiettivi. Qualche animale si muove, altri son fermi, alcuni guardano sorpresi, altri fuggono spaventati inseguiti da cacciatori impietriti e da fotografi inarrestabili. 12) – Risotto alla cammelliera.

Preparare il riso come nella ricetta del “riso giallo allo sgombro” fermandovi allo zafferano e a quel punto versare due barattoli di sugo ai funghi e tre melanzane tagliate a dadini. A fine cottura spegnere il fuoco e far sciogliere nel riso un formaggino e una scaglia di grana ogni due persone. Mescolare per mantecare perfettamente e servire nei mezzi-gusci di colaquinta precedentemente raccolti, puliti e lavati. Il gusto della ricetta si esalta nel dopo cena quando vi accorgete di non dover lavare le gavette.

********** 13) – Strapazzata alla Mathendusch.

Prendete tutte le uova rimaste (intere) e rompetele nella pentola bassa stando attenti a non lasciarvi scappare gli eventuali pulcini che possono venir buoni per una successiva ricetta del tipo “cuscus e osei”. Sbattere violentemente ma con dolcezza i tuorli e gli albumi ottenendo un muco giallastro e scivoloso che piu’ fa schifo piu’ va bene. Aggiungere un bicchiere d’olio, sale e pepe continuando a sbattere. Accendete un fuoco molto basso (in questo caso, e solo in questo, va bene il fornellino di AnM) e cominciate la cottura mescolando e aggiungendo via via, tutto il grana rimasto, i piselli rimasti, i fagioli rimasti, le cipolle rimaste, le zucchine spiacciccate sul fondo dello scatolone e gli ultimi residui di pancetta. Quando tutto si sara’ ben raggrumato, spolverate con crackers alla pizza sbriciolati e mangiare tutti insieme direttamente dalla pentola. Stasera abbiamo deciso di non sbatterci a lavare le stoviglie, pero’ ci vorra’ tutta la notte per scrostare la pentola. ********** Non ci credo! Ho visto le foto ma non ci credo lo stesso. Laghi azzurri tra le dune … Non scherziamo. Non esistono, pero’ partiamo. Tre Jeep. Pochi chilometri e una jeep si ferma. Prova… Riprova … Non parte… Niente da fare! “No problem! No Problem ..”(proverbio Tuareg). Lo sapevo, i laghi non esistono. Ci stringiamo e ripartiamo. Due jeep. Ce la spassiamo su e giu’ dalle dune per pochi chilometri e una jeep si ferma. Prova… Riprova … Smonta … Rimonta … Trovato … Non e’ quello… Non parte:“No problem … No problem…Inchallah!” (proverbio Tuareg modificato da Mofta). Non esistono, non esistono, non lo vedro’ mai un lago tra le dune. Ci stringiamo, altroche’ se ci stringiamo, e ripartiamo. Una jeep. Dietro il nulla, davanti il nulla, di fianco il nulla: l’ultima jeep si ferma. Prova … Riprova … “ No problem” , cambia filtro … Non parte … “little problem”, … Cambio candele … non parte … “no BIG problem…”, bestemmie… Miracolo … Riparte. Quante sfumature di problem ci saranno prima di morire abbrustoliti tra la sabbia? Sabbia gialla, cielo blu … Ciuffo verde … Palma … Palme, non ci credo… Non e’ possibile! Mi disincastro dalla jeep, arranco su per la duna, sprofondo, tolgo le scarpe … Corro… Corro… Sono in cima. Sgomento. Non mi si chiude la bocca, meno male che non c’e’ il vento. E’ incredibile! E’ proprio un lago, un azzurro lago, un fresco lago, uno stupendo lago in mezzo alle dune. Mamma Acqua. Ultima cena con la cassa, finiamo in bellezza!

14) – Pasticcio alla Fijei.

Lessare tutte le patate e le carote. Buttare in acqua bollente tutti i tipi di pasta rimasti, in ordine inverso al tempo di cottura e fare cuocere fino a quando le farfalle si addormentano nelle mezze-penne e gli spaghetti si attorcigliano tra i fusilli, poi scolare e ributtare la pasta nel pentolone.Nel frattempo preparare il sugo versando in una pentola il pomi’, la cipolla tagliata a velo, olio, sale, pepe e il barattolo di sugo senza etichetta che ci stiamo chiedendo da tre giorni che cazzo di sugo sara’. Strizzate patate e carote e riducetele in poltiglia prima di cuocerle qualche minuto nel sugo. Mescolate tutto e buttatelo sopra la pasta che nell’attesa si sara’ amalgamata anche troppo. Altra girata a fuoco acceso poi distribuire una decina di formaggini sopra la pasta e spolverare con una sbriciolata di crackers naturali. Spegnere il fuoco, sotterrare la pentola (incoperchiata) e coprirla con la brace finche’ la pasta sara’ ben gratinata. ********** 15) – Bruschette di Gabraoun.

Acquistate il pane fresco a Fijei o a Germa e tagliatelo a fette tipo bruschette. Strofinate le fette con uno spicchio d’aglio tagliato a meta’ e bagnatele d’olio; spalmatele con un cucchiaio di sugo alle vongole, guarnitele con briciolotte di tonno e di sgombro; appoggiatele sulla griglia se siete nell’ostello di Fijei o nella solita pentola se siete riusciti a pulirla dalla strapazzata di ieri sera. Lasciate le bruschette sul fuoco finche’ sono dorate e il sugo comincia a friggere poi toglietele e spolveratele con un pizzico di “farina di vermi” tipica della zona di Gabraoun. Accompagnate con un bianco secco e leggermente frizzante; se non l’avete … Peggio per voi, di sicuro non lo trovate in Libia. ********** 16) – Crocchette alla mousse di datteri.

In una pentola piccola (va bene anche una gavetta grande, tanto e’ l’ultima sera che la usate) fate bollire tre dita d’acqua con due manciate di zucchero e quando si e’ formato uno sciroppo denso usatelo per spalmare le fettine di pane piu’ piccole non utilizzate per le bruschette (volendo si puo’ usare il miele). Stendete poi su ogni fettina un cucchiano di mousse di datteri che vi sarete premurati di acquistare a Ghadames o a Ghat (sembrano barattoli di marmellata ma in realta’ e’ una mousse, non chiedetemi la differenza, ne abbiamo discusso per ore col negoziante e non ne siamo venuti a capo). Nel frattempo le ragazze del gruppo, che dovrebbero essere un po’ piu’ delicate, prendano dalla scatola di datteri (anche questi acquistati in precedenza, quelli scuri son piu’ buoni) un numero adeguato di frutti, e dopo averli incisi, tolgano il nocciuolo (lavarsi le mani per favore) e lo sostituiscano con una dose di latte condensato e un pezzo di noce. Appoggiate i datteri ripieni sulle fette di pane zuccherate (uno, due o tre datteri per fetta a secondo del grado di colesterolo che si vuole raggiungere), spolverare con cannella e biscotti secchi sbriciolati. Se qualcuno ha portato del liquore … E’ un “senza Dio” perche’ qui siamo in un paese mussulmano, comunque ormai c’e’ per cui mettetene una goccia su ogni dolce. ********** “All’orizzonte le tende si perdevano dietro leggere dune di sabbia color ocra. Il cielo aveva il colore dell’ardesia. Per quelli della mia tribu’ e per me il mondo si fermava a quell’infinito. … …Io non sapevo che esistesse un altro mondo. Come avrebbe potuto esistere, mentre proprio dietro le nostre tende, c’era la sabbia, la sete e il nulla? Quando dall’alto della mia roccia io guardo questo deserto che ha visto viaggiare mio padre e prima di lui il padre di mio padre e tutti i padri dei miei fratelli tuareg, io so che da esso noi prenderemo la forza e la saggezza necessarie per costruire il mondo che sogniamo per le nostre famiglie e per i nostri figli.” (Mano Dayak) ==================================