Alla scoperta del Sahara Libico

Viaggio in Libia Periodo : Febbraio 2009 Durata : 9 giorni Costo : € 2.000,00 a persona Arrivo: Siamo arrivati nel primo pomeriggio all’aeroporto di Tripoli. Abbiamo cambiato gli euro in dinari e abbiamo subito appreso che non ti chiedono il passaporto, ma neanche ti danno una ricevuta. Per cui vai in fiducia che il cambio sia...
Scritto da: PUCCI1974
alla scoperta del sahara libico
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Viaggio in Libia Periodo : Febbraio 2009 Durata : 9 giorni Costo : € 2.000,00 a persona Arrivo: Siamo arrivati nel primo pomeriggio all’aeroporto di Tripoli. Abbiamo cambiato gli euro in dinari e abbiamo subito appreso che non ti chiedono il passaporto, ma neanche ti danno una ricevuta. Per cui vai in fiducia che il cambio sia corretto . Invece per entrare in Libia è piuttosto complicato in quanto vogliono il passaporto tradotto in arabo e poi il visto . Continuano a mettere timbri! E ogni volta che prendi un volo fanno un’infinità di controlli fin sulla scaletta dell’aereo. Andare come turisti fai da te è un’impresa, per cui ci siamo appoggiati ad un tour operator italiano. Una volta arrivati abbiamo scoperto che di fatto poi il riferimento locale è praticamente lo stesso per i vari tour operator italiani. Il nostro gruppo era di 12 persone e devo dire ci siamo trovati bene.

Il primo pomeriggio dopo aver fatto un giro orientativo della città, ci siamo fatti un tuffo in piscina all’Hotel Corinthia . La sera con altre due coppie abbiamo preso un taxi e siamo andati a mangiare in piazza Algeria al Kenouz Al-bahr. Tutto a base di pesce, fin troppe portate per una spesa di circa 24 euro a testa. Primo giorno: giro al museo di Tripoli e passeggiata per il Souk . Pur essendo piacevole, non ho trovato particolare magia o atmosfera a Tripoli. Curioso vedere alcuni palazzi con la nostra tipica architettura di inizio novecento ed il palazzo della posta, decisamente di struttura del fascio. Qualche occhiata curiosa soprattutto nella via dove lavorano a mano brocche , piatti e scatolette. Interessante l’arco di Marco Aurelio, ai cui piedi per altro c’è anche l’apertura di un altro ristorante dove altri compagni di viaggio sono andati e si sono trovati bene. Nel pomeriggio visita alla città di Sabratha, che fu un insediamento commerciale fenicio divenuto poi città romana. Il sito non è grandissimo, ma ben tenuto. Per cui è una scoperta piacevole . Peccato facesse freddo e ad un certo punto sia anche iniziato a piovere. La cosa più divertente è stata poi la sera prendere il volo interno per arrivare nel sud a Sebha, la capitale del Fezzan. Dopo aver fatto i vari controlli, prima di salire sull’aereo, al buio e sotto la pioggia scopriamo che tutti i bagagli sono li per terra sulla pista e ciascuno deve individuare il proprio e caricarlo sul carrello. Suppongo che ciò serva per la compagnia aerea per deresponsabilizzarsi in caso di mancata consegna dei bagagli. Comunque la scena sembrava una di quelle apocalittiche da film tipo catastrofe a Los Angeles. La mia borsa poi è nera ! chiaramente la roba sotto l’acqua si è anche bagnata. Vabbè si perdona tutto una volta arrivati nel deserto. Appunto una volta arrivati perché anche atterrati nel piccolo aeroporto di Sebha ci sono ancora 160 km prima di arrivare a destinazione a Germa.

Secondo giorno: Ci svegliamo al Dar Germa hotel, in una camera arredata semplicemente, ma spaziosa e soprattutto dotata di calorifero elettrico! Meno male perché soprattutto la sera fa freddo . La gestione è di una signora italiana e da tanti particolari si vede. Facciamo la conoscenza della nostra guida Mohamed e del nostro driver Tuareg , Moussa, che poi scopriremo essere il capo del gruppo. In auto siamo con Alina e Davide con cui trascorreremo il viaggio assieme e tante piacevoli ore in auto ridendo e scattando foto. Si parte e ben presto ci ritroviamo su strade sterrate che via via diventano sempre più impraticabili. Meno male che siamo in ottime mani . Moussa è una sorta di gps vivente e conosce a mena dito ogni duna e ogni pietra! La giornata è dedicata alla visita delle incisioni rupestri della zona del Mathendush. Al di là del vedere gli animali incisi, il vero spettacolo per me è la zona in cui si trovano. Pietrosa e scura. Tutto il gruppo fa una bella camminata lì in mezzo e poi si mangia con più gusto su un tavolo che ci hanno attrezzato. Mohamed ci fa lo scherzo e dice che da mangiare c’è solo pane e uova bollite. Quindi io e Andrea solo pane. Nessuno si lamenta, ma poco dopo tira fuori un vassoio con anche tonno, fagioli, piselli e fave. Siamo tutti soddisfatti, ma non sapevamo che sarebbe stato il pranzo fisso per tutto il viaggio. Al momento abbiamo bandito il tonno dalla nostra casa. La strada del ritorno è lunga, facciamo delle soste per fare le foto e ben felici , in hotel, ci facciamo una doccia calda. Altro piatto standard del viaggio sarà la minestra libica, che è una sorta di pastina con verdure o pesce e concentrato di pomodoro. Dopo cena facciamo due passi per il paese di Germa . Ci sono tanti negozi e anche di sera sono aperti. Ci spiega Mohamed che restano aperti fino a che pensa di poter vendere qualcosa, per cui gli orari sono elastici. Alcuni negozi sono molto moderni e per quanto la linea vada e venga non mancano i negozi di cellulari. Nell’alimentari troviamo anche spaghetti e pennette. Io compro il the.

Terzo giorno: Si parte alla volta delle oasi attraverso l’Erg Ubari , sabbia e dune a perdita d’occhio. Per me il massimo della pace e serenità : perdere lo sguardo all’infinito tra le dune adocchiando le impronte delle zampine del fenech, il volpino del deserto, che testimoniano che la vita c’è ovunque.

In auto facciamo il terzo grado a Moussa, che ci insegna qualche parola tuareg e che ci fa ben capire come il popolo tuareg sia altro dal popolo arabo e abbia una propria cultura molto forte. Moussa è un uomo dalle mille risorse : ci sfodera un cellulare touch screen per farci vedere la foto del cammello ornato quando si fa un matrimonio e fa saltar fuori un mp3 che si attacca all’accendisigari dell’auto con più di 200 musiche tuareg , mi sento del paleolitico.

Le oasi compaiono quasi senza preavviso ed è incredibile vedere il blu dell’acqua e il verde delle palme tra tanta sabbia. Ci sono oasi così, ma anche oasi senza acqua., ormai prosciugate. In ogni oasi si trova sempre almeno un mercatino dove noi acquistiamo qualche manufatto tuareg, come un curioso strumento per suonare. Ma soprattutto Andrea compra la stoffa per fare il classico copricapo Tuareg , la cosa migliore per non scottarsi. La più grande è Gabr’aun che ora è disabitata, ma prima era un paese a tutti gli effetti. Ci sono i resti delle case, il pozzo e una piccola moschea. Facciamo la conoscenza di una famiglia araba che era lì per fare un pic nic e anche se uno solo parla un po’ di italiano, ci sembra di capirci! Sono molto ospitali e ci invitano a mangiare con loro! Il punto ristoro è organizzatissimo , ci sono anche i bob e gli sci per venire giù dalle dune e c’è anche un sito internet www.Winzrik.Com. L’oasi che ho trovato più pittoresca è quella di Umm el Maa, che vuol dire la madre delle acque. Mentre quella di Mandara è curiosa per l’affiorare del sale…Occhio però agli attacchi delle zanzare. La sera Davide era convinto ci fosse Juve-Chelsey e così Moussa si informa e ci dice che lì in un piccolo bar vicino al nostro albergo si poteva vedere la partita. Davide e Andrea escono per andare a vederla e trovano già due sedie preparate per loro ! tutti gentilissimi, ma …Niente partita! Era il giorno sbagliato…Vabbè thè e narghilè e partita di pallavolo Cuneo- Trento…! Da non crederci. Quarto giorno: Giornata di trasferimento verso l’Akacus. L’ultima cittadina sulla strada asfaltata è Aweinat, dove ci fermiamo per il solito pranzo e dove vediamo quella che doveva essere stata una caserma dei soldati italiani. Percorriamo una trentina di km nel nulla e poi cominciamo a vedere le formazioni rocciose dell’Akacus. E’ un pomeriggio caldo e riesco a mettermi in mezze maniche. Facciamo una passeggiata nel nulla a curiosare e ad arrampicarci sulle rocce. Una tra tutte spicca. Si chiama il dito e si trova anche su molte cartoline.

Il campo tendato “ Dar Auis “ è in una posizione meravigliosa. E’ stato costruito ed è gestito da una donna italiana, Silvia, che ci dà subito alcune informazioni pratiche e ci invita poi a cena nella casetta ristorante. ( non che ci fosse alternativa …) Le tende sono spaziose, con due bei letti con caldi piumoni e anche il bollitore per il thè. Il vero spettacolo comunque è la fuori e noi subito ci fiondiamo a scalare le dune e le rocce che circondano il campo per arrivare nel punto più alto e vederci il tramonto.

A cena l’immancabile zuppa libica e poi cous cous. Il bello è il dopocena nella tenda tuareg in centro al campo. Si svolge il rito della preparazione del the ed una guida tuareg di un altro gruppo ci racconta delle carovane del sale e a noi sembra di avere tutto quello che ci serve. Allo spegnersi delle luci nel campo, si è acceso il cielo sopra di noi con una stellata meravigliosa di quelle che ti fanno sentire piccolo piccolo nell’universo.

Quinto giorno: in giro per l’Akacus a vedere le pitture rupestri . Saranno anche d’ immenso valore, ma a me non affascinano più di tanto. Ciò che davvero mi colpisce è la spettacolarità dei paesaggi che si alternano. Una valle mi ricorda moltissimo la Monument Valley ed un’altra mi fa tornare alla mente la vastità della Namibia. Inoltre ci fanno la sorpresa di farci trovare la tavola apparecchiata su un posto da panorama mozzafiato e troviamo un cuoco che ha fatto il fuoco e ci ha preparato la zuppa libica. Ci sentiamo molto fortunati a vivere questa esperienza. Dopo pranzo camminiamo alla conquista di un arco naturale. La mente si sgombra da tutto e ci si sente sereni . Solo raggiungere l’arco sembra importante.

In un altro punto dove ci sono incisioni rupestri incrociamo un gruppo di tedeschi che stavano facendo una traversata a piedi con i dromedari ed una guida. Dormono all’aperto. Con il freddo che fa mi dico che sono pazzi questi tedeschi!La sera Silvia ci fa una sorpresa e prepara gli spaghetti. Sarà proprio da italiani, ma li abbiamo molto apprezzati. Qualcuno ha fatto il bis .

Sesto giorno : la mattina ci svegliamo congelati dopo una notte ventosa, veramente fredda . Meno male che ci portano in tenda le tazze di the caldo . Ho fatto i conti che sono arrivata a bere fino a 10 tazze al giorno di the. Diventa una dipendenza …Poi la giornata si sviluppa con un su e giù dalle dune e passeggiate sorprendenti. Ci fermiamo a conoscere una famiglia tuareg che ci offre punte di frecce come segno di benvenuto. Allevano capre e ci sono dei piccoli nuovi nati. Cerchiamo di non essere troppo invadenti con le nostre macchine fotografiche e li guardiamo più che altro incuriositi da questa scelta di vivere in un territorio così aspro. Conosciamo anche un contadino che coltiva nelle vicinanze dell’unico pozzo della zona. Come si dice..Chi la dura la vince, speriamo gli spunti qualcosa. Lì al pozzo incrociamo una carovana di portoghesi che sono in giro con i quad. Torniamo presto al campo e io e Andrea torniamo ad esplorare le dune e rocce attorno al campo. Che pace.

Poi un bell’aperitivo con Alina e Davide a base di coca cola e fonzies che ci portavamo dall’Italia.

A cena per la felicità di Andrea , cous cous e montone. Ma soprattutto uno splendido dopo cena nella tenda tuareg. Hanno preparato il pane nel loro modo tradizionale, cotto sotto le ceneri e hanno suonato e cantato. Le loro musiche hanno un bel ritmo e sembrano emanare direttamente dal Sahara. Noi al contrario , alla loro richiesta di cantare una musica italiana, non siamo riusciti a intonare un granchè. Soprattutto non ci veniva in mente una canzone di cui sapessimo le parole che non fosse triste. Mah. Abbiamo un po’ chiacchierato con Silvia e ci ha raccontato il dramma degli immigrati. Infatti arrivano dalla fascia sub-sahariana e si mettono ad attraversare il deserto nella speranza di arrivare al mare e poi in Italia…Non credo di poter immaginare né quale disperazione li induca a ciò né cosa gli è stato raccontato che troveranno. Settimo giorno: purtroppo dobbiamo lasciare l’Akacus. Ci aspetta un ritorno in auto fino a Sebha e poi da lì l’aereo per Tripoli. Sulla strada da Germa a Sebha ci fermiamo a conoscere un contadino che coltiva cipolle e gli vengono bene! A Sebha, che non è un granchè di città, facciamo un giro per i negozi e Alina, che ama fare le fotografie , ne colleziona un bel po’. Chiede con cortesia se può fare le foto e ottiene tanti consensi. E’ piacevole, c’è tanta disponibilità, ci si saluta in modo amichevole e anche loro fanno le foto a noi. Questo non mi era mai capitato. Purtroppo l’aereo è in ritardo di tre ore e arriviamo al Corinthia Hotel in piena notte veramente stanchi .

Ottavo giorno: La giornata inizia troppo presto per i miei gusti e io non mi sento affatto riposata dalle 4 ore di sonno fatte. La giornata è dedicata alla visita di Leptis Magna che è nota soprattutto per essere stata la città natale dell’imperatore Settimio Severo. Ciò che ne resta dà l’idea che deve essere stata veramente maestosa e più che riccamente ornata. In particolare ci sono piaciute le terme. Nel complesso comunque fa respirare il tempo che fu. Nonostante però sia patrimonio dell’Unesco, abbiamo notato una certa trascuratezza e non possiamo che augurarci che per il futuro possa ottenere maggiore cura.

Io resto un po’ ottenebrata e al ritorno in hotel non me la sento più di uscire. Così purtroppo, l’ultima sera a Tripoli, la passo con il mal di testa. Pazienza , fortunatamente tutto il resto me lo sono proprio goduto.

Nono giorno: si parte puntuali. A Roma abbiamo il cambio di aereo e poi a casa con la faccia un po’scottata e più di 1000 foto! Ringraziamo le piacevoli persone con cui abbiamo condiviso questo viaggio e in particolare Alina e Davide che lo hanno reso anche molto divertente!



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