Il Libano in otto giorni

Il diario di viaggio di due archeologi che hanno visitato un intero stato senza mai cambiare albergo
Scritto da: ilaria&ghiath
il libano in otto giorni
Partenza il: 11/08/2012
Ritorno il: 18/08/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Questo diario di viaggio è scritto da una giovane coppia di archeologi di vicino oriente, che si sono recati spesso in questo angolo remoto di Mediterraneo per motivi di studio e che poi sono stati completamente rapiti dal suo fascino.

L’ultimo dei nostri viaggi è stato in Libano, un piccolo lembo di terra bagnata dalle acque cristalline del Mediterraneo, chiuso nell’entroterra dalle montagne. Uno stato duramente colpito dalla guerra civile durata ben 16 anni, che dagli anni ’90 ha visto un importante intervento di ricostruzione, ancora in corso, divenendo un centro culturale e commerciale di alto livello in tutto il mondo arabo.

Ma il Libano è molto altro ancora. Natura, storia, siti archeologici, paesini dal fascino irresistibile e un’enorme ricchezza culturale grazie alla convivenza (ancora un po’ forzata dopo la guerra) di numerosissime comunità differenti: arabi, armeni, drusi, musulmani (in tutti i loro gruppi), cattolici (in tutte le loro chiese): il Libano, infatti, riconosce ufficialmente 18 confessioni!

Ma veniamo a noi. Partendo da Roma, abbiamo prenotato il volo diretto per Beirut con la compagnia MEA (A/R circa 400 euro a persona) e per i cittadini EU non c’è bisogno di fare il visto turistico per entrare nel paese. Una volta giunti a destinazione, abbiamo preso un taxi che ci ha portato in città: sapendo che nel vicino oriente è meglio chiedere il prezzo prima di pagare, dopo un po’ di sana contrattazione, siamo riusciti ad accordarci per 20 euro.

Arrivati nel quartiere di Hamra, che sapevamo pieno di alberghi, abbiamo iniziato la nostra ricerca, accorgendoci subito che i prezzi erano molto alti. Grazie al consiglio di un simpatico ragazzo che lavorava in uno di questi hotel, abbiamo trovato la soluzione giusta per noi, il residence “Relax Furnished Apartments”.

Una volta sistemati, abbiamo pensato di organizzare il nostro viaggio dormendo sempre e solo a Beirut, per poi muoverci liberamente andando a visitare le città e i siti principali del paese utilizzando i mezzi di trasporto locali. La scelta del residence si è rivelata azzeccatissima perché è centralissimo e servito da numerosi mezzi pubblici, trovandosi nel cuore della città più viva e giovane. La nostra stanza, pulita e accogliente, aveva un utilissimo angolo cucina, un balconcino e un bagno privato con doccia. I ragazzi del residence sono gentili, carini e disponibili e la pulizia delle camere viene fatta ogni giorno. Pernottando in questa struttura per 7 notti, abbiamo speso a coppia circa 300 euro e avere la cucina in camera ci ha permesso di risparmiare molto per le colazioni e alcune cene.

La prima sera siamo andati ad esplorare la zona intorno al residence e passeggiando lungo la via principale di Hamra, abbiamo scoperto che era piena di negozi, bar, ristoranti di cucina tradizionale e internazionale, locali e pub. Affamati, ci siamo lasciati tentare da uno dei ristoranti di cucina tradizionale libanese, il Kababji, dove abbiamo mangiato un buon kebab (non il panino che ci vendono qui in Italia, ma il vero kebab, cioè una salsiccia di carne di agnello cotta alla griglia condita con varie spezie), con hommos (crema di ceci), mutabbal (melanzane con crema di sesamo) e una delle nostre insalate preferite, il fattush con il “leggerissimo” pane fritto (il tutto spendendo circa 35 euro e si mangia veramente a volontà).

Il mattino seguente siamo andati alla scoperta di Beirut. Essendo due archeologi, la nostra prima tappa è stata il Museo Nazionale per scoprire tutti i segreti del passato e la storia del paese. Dal nostro hotel, aiutati dai passanti che ci hanno fornito alcune indicazioni, abbiamo raggiunto il Ministero del Turismo (sempre su Hamra Street, è utile perché si può prendere la mappa della città e alcune brochure) e da qui, con l’autobus (il biglietto costa circa 0,60 euro a corsa), abbiamo raggiunto il museo. La visita è stata molto interessante non solo per la ricca collezione, ma anche per la storia stessa dell’edificio, distrutto durante la guerra civile e completamente ricostruito, in maniera moderna e funzionale, nel 1999. Una volta conclusa la visita, siamo saliti su un taxi collettivo con destinazione Downtown, il centro della città, scoprendo che offriva il servizio di “taxi service” (un’ottima scelta per risparmiare perché i taxi sono un po’ cari a Beirut, mentre se si prende il collettivo il prezzo è fisso: 2.000 lire libanesi, circa 1 euro a persona a corsa). Arrivati in centro, ci sembrava di essere in una città americana: grattacieli infiniti, cantieri aperti ovunque, negozi di lusso sfrenato, caffè e ristoranti di tutte le catene multinazionali esistenti. Nella moderna Nejmeh Square (la piazza della Stella), su cui si affacciano i palazzi del potere, abbiamo optato per una sosta in uno dei numerosissimi locali presenti. Dopo uno spuntino, siamo andati a visitare la cattedrale greco-ortodossa di San Giorgio, la più antica chiesa della città, i cui resti delle fasi più antiche, sono ancora visibili grazie ad un percorso museale realizzato nei livelli sotterranei (percorso molto suggestivo); la Moschea Al Omari, edificata nel 1291 all’interno della cattedrale di S.Giovanni e le vicine Terme romane.

Prima del rientro in hotel, abbiamo fatto una passeggiata nei Beirut Souks: nome che evoca la tipica serie di botteghe artigianali orientali, ma che nasconde in realtà un enorme centro commerciale su modello americano, con negozi di super lusso, all’interno del quale è praticamente impossibile trovare qualcosa di tipico e locale. Sfiniti, siamo rientrati in hotel.

Dopo una bella doccia, un po’ di riposo e una cenetta preparata nella nostra cucina, decidiamo di uscire la sera per fare una passeggiata sul lungomare General De Gaulle fino alle Pigeon Rocks (rocce del piccione), l’attrattiva naturale più famosa della città, per poi rilassarci sui lussuosi divanetti del Gran Cafè, un locale in riva al mare da cui si ammira un panorama bellissimo della costa, sorseggiando un caffè turco.

Biblo

Il mattino seguente, dopo una ricca colazione preparata nella nostra stanza, decidiamo di partire per la nostra prima gita nel nord del Libano, per andare a Biblo che si trova a soli 30 km di distanza. Ci affidiamo al trasporto locale che è molto economico e comodo. Dal nostro hotel, abbiamo preso un autobus fino alla stazione dei pullman Charles Helou, dove abbiamo comprato i biglietti di andata per Biblo spendendo 2 euro a persona (il bus è quello che va a Tripoli). Non essendo sicuri di quale fosse la nostra fermata, prima di salire, abbiamo chiesto al nostro autista di indicarcela. Durante il viaggio, ci siamo però accorti di aver superato Biblo! Il nostro autista si era dimenticato di avvisarci e quindi siamo dovuti scendere in mezzo all’autostrada, passare sul lato opposto scavalcando degli enormi guard rail in cemento, per risalire su un altro pullman che ci portasse a Biblo. Disavventura a parte, riusciamo a giungere a destinazione e con immenso piacere, ci gustiamo il primo panorama caratteristico dell’area vicino orientale.

La cittadina di Biblo presenta un cuore antichissimo e infatti ci siamo subito ritrovati in mezzo alle stradine del souk pieno di botteghe e negozi tipici, giungendo poi nella piazza su cui si trova il parco archeologico con i resti della città fenicia che merita una visita per la sua importanza storica e culturale: il sito è ricco di monumenti, case e tombe antichissime affacciati su un mare blu bellissimo. Al termine della visita, ci siamo diretti al porto dove ci siamo gustati alcuni minuti di meritato riposo, comodamente seduti in uno dei caffè affacciati sul mare.

Ricaricati, siamo andati a visitare la piccola moschea del sultano Abdul Magid, costruita nel 1648 e restaurata dall’emiro Youssef Chehab nel XVIII secolo e la chiesa di San Giovanni dei Crociati costruita nel XIII secolo, in stile romanico. Per non togliere troppo tempo alla visita della città per pranzo abbiamo scelto le manakish, delle squisite pizzette farcite in vario modo (formaggio, carne, patate e spezie) che si possono trovare ovunque nel paese perché molto popolari ed economiche.

Nel pomeriggio, dopo un po’ di shopping nel souk, siamo tornati verso l’autostrada e siamo saliti su un Minibus diretto a Beirut, spendendo ancora meno rispetto al pullman di linea preso all’andata. Rientrati in hotel, eravamo distrutti e quindi abbiamo preferito rimanere nella nostra stanza e cucinare lì qualcosa per la cena.

In giro per Tiro

Il quarto giorno decidiamo di continuare l’esplorazione in terra fenicia e ci organizziamo per andare a Tiro. Mentre viaggiare verso il nord del paese è facile perché tutti i pullman di linea partono dalla stessa stazione, visitare il sud è stato più avventuroso. Abbiamo dovuto raggiungere la piazza di Cola a Beirut dove si trovano alcuni Minibus che arrivano a Sidone e per trovarli abbiamo dovuto chiedere moltissime informazioni, perché queste linee non sono indicate nelle guide e nella piazza non ci sono pannelli con orari e partenze. Trovato il nostro Minibus, ci siamo accomodati pagando un biglietto di 1 euro e dopo un viaggio di circa 40 minuti siamo scesi a Sidone, ultima fermata. Da qui, abbiamo richiesto informazioni per scoprire quale Minibus dovevamo prendere per arrivare fino a Tiro, la città più a sud del Libano.

Arrivati a destinazione, siamo andati a visitare prima di tutto il parco archeologico, anche qui come a Biblo, sul mare, dove abbiamo passeggiato tra vie colonnate e resti imponenti. Abbiamo poi continuato il nostro tour all’interno della città vecchia, un dedalo di stradine con case tradizionali in pietra, poi abbiamo preso un taxi che ci ha portato a visitare il sito di Al Bass, un parco archeologico romano con i resti dell’Ippodromo e della cattedrale dei Crociati, situato in periferia.

Dopo la visita quindi, siamo tornati in centro per fare una passeggiata nel tradizionale souk e, stremati, ci siamo finalmente concessi un po’ di meritato riposo, anche perché affamati, in un ristorante popolare dove abbiamo gustato un’ottima shawerma (il panino che in Italia erroneamente chiamiamo kebab) accompagnata da un piatto di hommos, spendendo veramente poco. Contenti di aver visto finalmente una città tipica anche se più chiusa rispetto a Beirut, abbiamo affrontato il viaggio di ritorno con le stesse difficoltà dell’andata.

Dopo due giorni di spostamenti, decidiamo il quinto giorno di rimanere a Beirut.

Beirut

La mattina abbiamo preso un taxi collettivo e ci siamo diretti al Museo Privato di Robert Mouawad, per ammirare, molto incuriositi, uno dei brillanti più grandi del mondo lì conservato e ovviamente anche tutta la ricca collezione di oggetti esposti all’interno di uno dei palazzi più belli della città. Dopo la visita, abbiamo passeggiato fino al quartiere di Saifì, anima artistica e moderna di Beirut e poi ci siamo diretti verso le zone cristiane di Achrafiyeh e Gemmayzeh, che sicuramente conservano qualche traccia in più dell’architettura tipica e tradizionale libanese. Ci ha molto colpito, passeggiando in questa zona della città, vedere su alcuni palazzi i segni e le distruzioni causate dai colpi di mortaio e dagli spari durante la guerra, lasciati così in evidenza, rispetto alla ricostruzione totale e completa realizzata a Downtown e in altre parti della città.

Ci siamo poi diretti verso la famosa scalinata situata in Mar Nqoula Street, che solitamente ospita mostre ed eventi culturali e che abbiamo usato come punto di appoggio per gustarci il nostro Mankushet Jubneh, un delizioso panino al formaggio filante con verdure cotto sul saj, una particolare piastra sferica tipica dei paesi orientali. Stanchi, torniamo in hotel. La sera ci buttiamo nella movida di Hamra, scegliendo un pub in cui degustare l’ottima birra libanese Almaza.

sesto giorno

Ci spingiamo all’interno del Libano e scegliamo di visitare il palazzo di Beiteddine, a circa 50 km a sud-est di Beirut. Il viaggio inizia dalla stazione di Cola dove abbiamo preso un Minibus per Beiteddin, convinti di essere portati fino a destinazione, invece siamo dovuti scendere lungo la strada ad una rotonda, continuando a piedi fino al palazzo della città. La camminata non è stata proprio corta, ma il sito merita una visita perché l’architettura tipica arabo-islamica che decora l’intero palazzo voluto dall’emiro Bechir El Chehab II, è veramente uno spettacolo grandioso. Oggi il palazzo è la residenza estiva del Presidente della Repubblica del Libano e quindi anche noi abbiamo voluto passare un’intera giornata proprio in queste stanze e nei suoi meravigliosi giardini per sentirci un po’ emiro e principessa.

Tornati con i piedi per terra, ci siamo messi alla ricerca di un posticino per mangiare qualcosa, scoprendo che non c’era moltissima scelta nella città, così abbiamo deciso di incamminarci verso il paese vicino, Baaqline e, per fortuna, un simpatico e gentilissimo signore indiano ci ha offerto un passaggio in macchina. Qui, abbiamo mangiato delle ottime manakish giganti, con a seguire cornetti al cioccolato super freschi (giuro che ne avremo mangiati almeno 2 a testa!) e i proprietari ci hanno anche offerto del caffè turco, fatto appositamente per noi, visto che non era previsto nel servizio del locale, essendo un forno. Tutto questo speciale trattamento ci è costato 5 euro a coppia!

Fortunatamente, il Minibus diretto a Beirut passava proprio vicino a questo forno, così siamo rientrati in hotel abbastanza velocemente. La sera, dopo un po’ di meritato riposo, ci dirigiamo nella zona dell’Università Americana sempre ad Hamra e scoviamo Malak al Tawouk (il re del pollo) e ci lasciamo tentare dal panino Shishtaouk, pane arabo ripieno di pollo alla brace, con salse e insalata dalle dimensioni stratosferiche, è veramente il re dei panini! Per smaltire, decidiamo di fare una passeggiata per il quartiere e di sederci a gustare un caffè turco nello storico Cafè Younes, presente a Beirut dal 1935, frequentatissimo fino a notte fonda.

Il settimo giorno, decidiamo di andare nuovamente a sud, per visitare Sidone. Una volta arrivati, la prima tappa è stata il Castello realizzato nel 1300 dai Crociati, da cui si può ammirare un meraviglioso panorama della città e del porto salendo in cima alle antiche torri di avvistamento. Ci siamo poi diretti verso la città vecchia, dove abbiamo passeggiato tra le viette ed i vicoli caratteristici del souk, tra case coloratissime e botteghe. La zona è piena di bandiere palestinesi a testimonianza della numerosa comunità presente nei campi realizzati negli anni passati proprio in questa parte della città.

Da qui, siamo giunti al Museo del Sapone e dopo aver scoperto tutti i segreti legati alla realizzazione del sapone tradizionale, siamo andati a visitare il Palazzo della famiglia Debbane, costruito nel 1721, esempio altissimo di architettura arabo-ottomana con influenze damascene. Siamo tornati sul lungomare e ci siamo seduti in uno dei numerosissimi ristoranti per mangiare qualcosa, gustandoci la fresca brezza marina, per poi tornare nel tardo pomeriggio verso Beirut.

Una volta giunti in hotel, ci dedichiamo ai preparativi per il rientro in Italia del giorno dopo, ma decidiamo di regalarci un’ultima scorpacciata di piatti libanesi in uno dei numerosi ristoranti di Achrafiyeh per tornare in Italia senza alcun rimpianto.

Guarda la gallery
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Lungomare di Beirut

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Souk di Biblo

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Pigeon Rocks di Beirut

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Palazzo di Beiteddine

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Palazzo Debbane di Sidone

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Parco archeologico Al Bass (Tiro)

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Souk di Tiro



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