Libano, così vicino così lontano

In giro per il Libano tra storia, superstizioni, terroristi e tanto tanto divertimento
Scritto da: franxx
libano, così vicino così lontano
Partenza il: 01/04/2011
Ritorno il: 07/04/2011
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
Sono le 7 del mattino, e da un po’ è passata l’ora decente in cui una persona va a letto, ma qui a Beirut la notte non sembra avere mai fine, anzi, dal tramonto all’alba è normale passare da un bar all’altro fino a quando dei camerieri dall’aria stanca iniziano a scopare i mozziconi di sigarette e le bottiglie vuote, facendoti capire che forse, è ora di chiudere e di andare a casa. Così, quando mi siedo al café Em Nazih (Rue Pasteur, Gemayze)un posticino particolare dove fare colazione con un fantastico manakeesh , una specie di focaccia libanese alle spezie, e bere un caffè che qui si decanta come “ nero come l’inferno, forte come la morte e dolce come l’amore”, non posso fare a meno di pensare che lo spirito di questa città è indomito, e che Beirut è come l’araba fenice che risorge dalle sue ceneri. Quindici anni di guerra civile, una storia turbolenta e un presente molto instabile non hanno intaccato l’anima mondana e festaiola dei suoi abitanti, che stanno facendo tutto il possibile per mettere il recente passato dietro di loro. Qui a Beirut piace mangiare bene, festeggiare fino a tardi e generalmente godersi la vita, dando alla città una vitalità unica e vivace. Il mio viaggio in Libano non poteva che iniziare e finire qui, in questa metropoli che sembra più una città dell’Europa Meridionale piuttosto che una metropoli del Medio Oriente. Il primo sguardo che mi offre Beirut è la Moschea di Al-Omari, che con la vicina cattedrale Cristiano-Maronita di San Giorgio si specchiano piene della loro bellezza nelle eleganti boutique di Gucci, Prada e Armani che affollano il centro città. Subito dietro, la grande Piazza dei Martiri dominata da una solitaria statua crivellata di colpi e lasciata cosi’ a rendere memoria di tutti i morti dell’orribile guerra civile, si apre sul mare e mi accompagna lungo la “corniche”il lungomare, da dove inizia una piacevole passeggiata che mi fa scoprire una Beirut diversa da quella vista poco prima, fatta tutta di Ferrari e Boutiques. Venditori di caffe’, di pannocchie arrostite, di “kaak” (il tradizionale pane coperto di sesamo con il buco in mezzo) si alternano lungo tutto il percorso che inizia all’ombra dello scheletro senza vita dell’Hotel Holiday Inn, simbolo per eccellenza dei giorni tristi della guerra, a joggers persi nella musica dei loro Ipods, ad anziani che giocano a dama, a ragazzi che fanno sfoggio dei loro muscoli torniti ed abbronzati. Da un lato, il blu del mare e gli scogli affollati di pescatori e amanti del sole, dall’altro invece palazzi di lusso che si alternano ad edifici distrutti che a fatica stanno su, vuoti, silenziosi. La passeggiata mi porta fino agli Scogli dei Piccioni, due imponenti faraglioni scavati dalle onde, che sembrano due premurose sentinelle pronte a difendere la citta’ e che ora ne sono diventati una delle principali attrazioni. Ritornando verso il centro, facendo un’altra strada, finisco involontariamente nel quartiere roccaforte del movimento sciita di Amal . Edifici del primo novecento, di aristocratica bellezza e ahime’ rapida decadenza, giacciono coperti da poster di uomini barbuti, di Imam misteriosi e di giovani martiri. Con un misto di adrenalina e timore cammino scortato dallo sguardo serio di quei poster e dei tanti soldati che fanno capolino da check point e carri armati, ma tutto fila tranquillo e senza problemi di alcun tipo. Anzi, spesso vengo fermato da ragazzi che incuriositi mi chiedono da che Paese provengo e cosa penso del Libano. Pochi passi e sono nuovamente nella Beirut un po’ snob del centro, ebbro di emozioni e decisamente affamato, quindi, cosa c’e’ di meglio di concedersi una piacevole cena Libanese? Opto per il ristorante Le Chef (Rue Gemayze) dove ordino un saporito kebab e dell’hummus. Il cibo in questo ristorante e’ molto buono, sorprendentemente economico, ma per gustarlo meglio basta ignorare il padrone un po’ lunatico e bisbetico che qui a Beirut, e’ una celebrita’ proprio per queste sue caratteristiche! Gemayze e’ la via del divertimento, di bar, club e ristoranti, cosi’ sulla via di ritorno verso l’ hotel( Saifi Garden Hotel, Rue Pasteur Gemayze), finisco col farmi tentare nuovamente dalla vita notturna facendo capolino in hotel solo per ritirare il mio bagaglio al mattino seguente e proseguire il mio viaggio, che mi porta a Byblos, un pezzo di Costa Azzurra trasferito qui in Libano. Negli anni 60 e 70 Sophia Loren, Brigitte Bardot, Alain Delon erano di casa qui a Byblos, dandogli piena gloria e iniziandola ai fasti della mondanita’. Per chi cercasse un po’ di quella atmosfera, il Byblos Fishing Club, conosciuto anche come “Pepe” dal nome del suo padrone, Pepe Abed (un Libanese immigrato in Messico e poi tornato in patria) e’ un locale sopravvissuto a quegli anni e un posto piacevole dove sorseggiare un drink curiosando tra le tante fotografie dei divi passati di qui. Ma Byblos e’ anche cultura, e una visita al castello Crociato, e alle rovine Romane vale veramente la pena. Lascio Byblos e proseguo verso nord. La strada per Tripoli non e’ poi lunga come pensavo, e in un’oretta vi arrivo. La ragione principale per venire qui, e’ che Tripoli e’ conosciuta come la capitale dei dolci Libanesi, quindi come si puo’ ignorarla? Venendo da Beirut, non si puo’ che rimanere sorpresi dall’enorme differenza tra queste due citta’: Tripoli puo’ essere anche la seconda citta’ del Paese ma in molti modi e’ diversa. Dove Beirut e’ sgargiante e chic, Tripoli e’ terra-terra e ancorata fermamente alle sue tradizioni. Trovo pensione all’hotel Palace, situato nella Piazza, un palazzo moresco molto bello anche se un po’ trasandato. Per la stanza bisogna contrattare, e complice il fatto che la padrona parla Italiano perche’ ha studiato a Firenze, ottengo un buono sconto sul prezzo della stanza. La citta’ ha un suo fascino, e il castello di St. Gilles e l’affollato souk sono delle piacevoli sorprese, ma come avevo detto, la mia ragione principale per venire fin qui erano i dolci, un’autentica passione. Il miglior posto dove provarli, e’ Rafaat Hallab & Sons. (Rue Tall- centro citta’ vicino la piazza principale). Baklava, dolci ai pistacchi, alle noci, accompagnati da marmellata di rose o annegati nel miele, spruzzati di canella e spezie o semplicemente arricchiti con panna, ce ne sono per tutti i gusti! Per una volta tanto, vale la pena di dimenticarsi delle calorie e godersi questo paradiso di dolciumi. Un altro posto da non perdere a Tripoli, e’ il café Fahim, nella piazza principale. Questo vecchio caffe’, che sembra sospeso nel tempo per la sua atmosfera magica e curiosa, e’ il posto migliore in citta’ per una tazza di the e per osservare i vari avventori che si sfidano a dama o backgammon avvolti da nuvole di fumo aromatizzato prodotte dai tanti narghile presenti. Lascio Tripoli solo dopo un giorno e un po’ a malincuore, ma Baalbek mi aspetta e io non vedo l’ora di scoprirla. Il paesaggio che mi porta fin li e’ di un verde lussureggiante fatto di fitte foreste, i famosi cedri del Libano. Appaiono al centro della bandiera nazionale e sono il simbolo di questo Paese. Passate le montagne si arriva nella valle della Bekaa, famosa per essere la roccaforte degli Hezbollah e per le meravigliose rovine di Baalbek (l’antica Heliopolis). Storia, magia, terrorismo e alieni vanno a braccetto qui a Baalbek, e sara’ per questo o anche per via dei tanti chioschi che vendono T-shirts degli Hezbollah , che fanno delle rovine di Baalbek un posto unico. I turisti sono davvero pochi, tanto che mi sembra di avere le rovine tutte per me. Il tempio di Bacco, del II secolo e’ stupendo. Finemente adornato di fregi di tori e leoni e con ancora parte dei cassettoni che fungevano da soffitto intatta, e’ davvero di pregevole fattezza, ma il protagonista e’ un altro: Vicino, le colonne del tempio di Giove (22 metri di altezza per 2,20 metri di diametro) sono le colonne piu’ pesanti e grandi del Mondo, tanto da far fiorire leggende di giganti e alieni. Alcuni blocchi delle colonne pesano piu’ di 1000 tonnellate! Per la sera mi fermo al meraviglioso Hotel Palmyra, una autentico gioiello coloniale dove il tempo si e’ fermato agli inizi del secolo scorso e dove si puo’ davvero immaginare Agatha Christie sorseggiare una tazza di the mentre scrive un romanzo. Baalbek non offre molto al visitatore, dappertutto si vedono poster del Partito di Dio (Hezbollah) e immagini di giovani martiri, ma l’atsmofera e’ tranquilla e piacevole. La sera, mentre cerco un ristorante dove cenare, finisco involontariamente in un matrimonio Hezbollah, e e quando chiedo di poter rimanere per un’attimo a curiosare, vengo accolto da un’accogliente sorriso. Dopo un sonno rigenerante, riparto verso Beirut, dove cambio taxi collettivo proseguendo il mio viaggio verso sud, verso Sidone. La sua storia e’ sempre stata travagliata, e’ stata saccheggiata e distrutta, dai giorni di Alessandro Magno siano a quelli recenti della guerra, ma il meraviglioso passato di questa citta’ e’ vivo e presente. Il castello crociato, il dedalo di viuzze coperte del souk, il caravanserraglio Khan Al-Franj, il palazzo Debbaneh, splendono nella loro bellezza, orgogliosi testimoni dei secoli di storia e distruzione, di conquiste e battaglie che non hanno mai piegato lo spirito fiero di Sidone. Una visita interessante da fare nel cuore del souk e’ il Museo del Sapone, che mostra l’intero processo di produzione rigorosamente artigianale e naturale, e alla fine non si potra’ non resistere alla tentazione di portarsi a casa una delle tante saponette all’olio di oliva o alloro. E se camminando per il souk vi fara’ venire fame, una sosta obbligata e’ Abou Rami, un ristorantino situato davanti al castello, dove si mangia il miglior falafel di tutto il Medio Oriente, parola di esperto! Il simpatico padrone vi ricordera’ questo dettaglio assolutamente vero e sara’ prontissimo a rispondere ad ogni vostra domanda sulla sua citta’ e sulla sua storia. Il mio viaggio sta arrivando alla fine, e come ultima tappa in questo Paese voglio conoscere Tiro, la famosa regina dei mari. Alessandro Magno la conquisto’ nel lontano 333 A.C. dopo un lungo assedio e ancor oggi si puo’ vedere il terrapieno costruito dal guerriero macedone per collegare la citta’ alla terraferma. Il passato e’ la ricchezza di, Tiro che si presenta davvero come una localita’ fuori dal tempo. La meravigliosa necropoli Romana di Al-Bass si rivela un’autentica sorpresa, e a parte un paio di soldati dell’Onu presenti nella zona non vedro’ nessun’altra persona. Non ci sono percorsi, barriere, si cammina tra le tombe e i sarcofagi arricchiti da bassorilievi e iscrizioni in Greco e latino. E’ strano pensare alla vita di questo luogo quando in realta’ e’ un posto che parla di morte, ma e’ impossibile non vivere almeno con la fantasia la magia che aveva e che ha questa meravigliosa necropoli. Il maestoso arco di trionfo conduce lungo la via romana e dalla necropoli accompagna il visitatore verso il piu’ grande Ippodromo romano al Mondo. Ancora una volta, non e’ difficile immaginarsi il passato con le bighe e le quadrighe sfidarsi per vincere. D’estate nell’ippodromo si svolge un festival internazionale di musica e teatro che attira molti appassionati e di cui si dice un gran bene. Il tempo a mio disposizione e’ finito e in un’ora di macchina mi trovo nuovamente alla periferia di Beirut, pronto a lasciare questo meraviglioso Paese che mi ha regalato tante emozioni. Concludo il mio viaggio concedendomi una favolosa cena Armena da Pmayrig (Rue Pasteur 282, Gemayze) il ristorante preferito dalla folta comunita’ Armena che vive qui in Libano, un’altro tassello della multiculturalita’ di questo Paese. Cosi’ vicino, solo 3 ore e mezza di volo eppure cosi’ lontano a noi, iIl Libano non e’ terrorismo, non e’ pericolo. Lasciate ogni preconcetto a casa prima di partire e fatevi conquistare dal calore della gente, dalla bellezza dei suoi paesaggi, dalla storia che qui si respira ad ogni angolo e proprio come me, vi troverete a desiderare di fare ritorno al piu’ presto nel Paese dei Cedri.


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