Lungo il Mekong

Vedo che languono informazioni e resoconti di viaggio sul Laos, paese meraviglioso, dove nonostante l'incalzare della globalizzazione e la modernizzazione selvaggia di alcuni paesi del Sud-Est asiatico, è ancora possibile attraversare zone veramente incontaminate. Speriamo che ancora per un po, resista.... Vi allego alcune pagine del mio diario,...
Scritto da: Stefano G.
lungo il mekong
Partenza il: 08/08/2002
Ritorno il: 29/08/2002
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 3500 €
Vedo che languono informazioni e resoconti di viaggio sul Laos, paese meraviglioso, dove nonostante l’incalzare della globalizzazione e la modernizzazione selvaggia di alcuni paesi del Sud-Est asiatico, è ancora possibile attraversare zone veramente incontaminate. Speriamo che ancora per un po, resista…

Vi allego alcune pagine del mio diario, scritte durante un viaggio di gruppo di 3 settimane tra Cambogia e Laos. Per non tediarvi più di tanto vi ho riportato solo le tappe, lungo il fiume Mekong, attraverso zone ancora poco aperte al turismo. Non che il resto del paese sia comunque affollato da frotte di viaggiatori … L’itinerario di viaggio, comunque è stato il seguente: Cambogia: Siem Reap (Angkor Thom) – Phnom Penh – Stung Treng Laos: Don Det (Si Phan Dong) – Champasak – Packse – Vientiane – Luang Prabang – Udomxai – Luam Nam Tha – Muang Sing – Muang Ngoi Nua – Luang Prabang Giovedi 15 e venerdì 16 agosto – Lungo il Mekong Lasciamo Phnom Penh, lungo il Mekong, a bordo di uno Speedy Boat, una specie di siluro marino lungo e stretto, con ambizioni da aliscafo. A differenza della tratta precedente sul Tonle Sap, in cui la maggior parte dei passeggeri era composto da turisti in trasferimento da Angkor Wat verso la capitale, qui salgono anche tantissimi locali.

Sul tetto dello Speedy Boat viene caricato un gigantesco lampadario, due motoscooter, e tanto altro materiale che verrà consegnato lungo il percorso. Ci muoviamo. Destinazione finale della prima tratta, Kratje a circa metà del cammino verso il confine con il Laos. All’interno del battello, posti completamente occupati, gente seduta su degli sgabelli in plastica, in mezzo allo strettissimo corridoio. Aria condizionata “a palla” e televisori che propinano filmati in videocassetta, tailandesi.

Si comincia con il Karaoke (per fortuna alle 7:00 di mattina a nessuno dei presenti viene mente di cantare !) e poi, via via una sequenza di soap opera, sempre Thai.

Stipati sui sedili, non ci si accorge quasi del movimento della barca. Dai finestrini sporchi di fango si vede a malapena il melmoso Mekong e la fitta vegetazione che lo circonda.

Esco fuori, sul tetto, e vengo assalito dalla umida calura.

Passeggeri locali che non hanno trovato posto a sedere e turisti che hanno lasciato il proprio zainetto di sotto, all’aria condizionata, stanno a guardare il fiume che scorre.

Mi metto a prua. Una mamma allatta un bambino, mentre gli altri 3 figli stanno seduti li vicino, pazienti. Un’altra mamma è seduta al vento, con altri 2 piccoli.

Il barcone, effettivamente veloce, risale il fiume. L’acqua è marrone, il fiume è largo, ma non così come me l’aspettavo. Pochissimi i villaggi sulle sponde. Tra le palme e i banani, ogni tanto compare un tempio con il suo tetto spiovente giallo e ocra.

Il battello si ferma finalmente a Kratje e dopo un veloce trasbordo su un altro Speedy Boat, partiamo per Stung Treng, (vicino) al confine con il Laos; arriviamo a destinazione quasi a buio.

Dormiamo, lungo il fiume, in un albergo molto spartano. Baracca di legno, luce fioca, lenzuola lerce. Un esercito di zanzare entra nella stanza approfittando di una fessura all’angolo tra le due pareti della baracca, che non combaciano perfettamente. Sacco lenzuolo e zanzariera a baldacchino, obbligatori.

La mattina successiva comincia la parte interessante del viaggio. Imbarchiamo baracche e burattini su delle strette piroghe a motore (slow boat ?), e cominciamo la risalita del fiume verso il confine.

Tre ore di navigazione tra la calma assoluta. Solo fiume e qualche altra piroga. Di tanto in tanto vediamo case di legno a palafitta; qualche persona ci saluta.

La nostra barca passa, per evitare la corrente, su parti del fiume riparate. Ci proteggiamo dietro ad alberi, che visibilmente in stagioni secche, appartengono alla riva asciutta del fiume. Durante la mattinata, poche le fermate e di conseguenza le possibilità di contatto con altri esseri umani.

Durante una sosta foto (e pipì), si avvicina a noi un’altra motolancia. Una famigliola ha con se alcuni maiali vivi, legati fra loro e con le zampe “incaprettate”; probabilmente si stanno recando verso qualche mercato.

Scambio di battute con il nostro barcaiolo, mentre dalla giungla, un gruppetto di 6/7 contadini, che nel frattempo ha fatto capolino, ci sta osservando.

Improvvisamente ecco il posto di frontiera cambogiano. Alcune casette su palafitta, in legno, ne più ne meno che come le altre, viste lungo il fiume.

Atmosfera molto rilassata. Entriamo tre a tre nell’ufficietto. I poliziotti timbrano i passaporti e si lasciano fotografare. Mentre usciamo, altri loro colleghi sulla riva, stanno contrattando l’acquisto di un pesce gatto da un pescatore. Le nostre barche ci portano al confine con il Laos. Il posto di frontiera è in un agglomerato più grande. Ci sono anche dei ristoranti e delle botteghe. Tutto ovviamente sulle solite palafitte in legno. Le guardie sono molto più agguerrite. Il poliziotto addetto al controllo dei passaporti esige 5 dollari di “tangente” per ognuno di noi. Alla fine, ci accordiamo, per modo di dire, su uno sconto “comitiva”.

Prendiamo un pulmino, che tramite una strada ben asfaltata, ci porta a Ban Nakasang, altro mercatino sull’acqua.

Nuovamente in motolancia ed eccoci a Don Det, piccolo paradiso fluviale. Tra le palme, troviamo una spartana e splendida Guest House, composta da bungalows con veranda e amaca, tutto su palafitta. L’acqua scorre sotto il pavimento di bambu. .

Finalmente ci fermiamo e ci rilassiamo, lungo il Mekong ! Davanti a noi qualche isolotto dell’arcipelago del Si Phan Dong; lungo il fiume s’incrociano le motolancie, preannunciate dal “pot-pot-pot” del loro motore a due tempi. Ogni tanto viene giù uno scroscio d’acquazzone tropicale. Improvvisiamo uno stereo con un lettore CD e due piccoli altoparlanti che fino ad ora, nello zaino, hanno resistito all’umido ed agli spruzzi d’acqua fangosa. Chi sull’amaca, ci leggendo o lavandosi (!) ci godiamo il tramonto. Sabato 17 agosto – Il paradiso di Don Det L’isola di Don Det appartiene all’arcipelago d’isolette create dal Mekong, proprio in prossimità del confine tra il Laos e la Cambogia (Si Phan Dong).

Tra le palme e vegetazione lussureggiante, il fiume melmoso scorre anche abbastanza velocemente. Le piroghe o motolancie s’incrociano tra un canale e l’altro. Di prima mattina ci facciamo portare dal proprietario della Guest House al mercato sulla terra ferma. Alle 6:30, lungo i canali, tutte le motobarche puntano verso un’unica direzione: il mercatino di Ban Nakasang.

Il piccolo villaggio è affollato di gente. Frutta, verdura, noodles, ma anche dentifrici, saponi, eliche per motobarche, batterie per auto, scatolame vario sono in vendita sui piccoli banchetti e nelle botteghe.

Signore e ragazze, vendono il pesce di fiume, contenuto in delle ceste. Si tratta, i molti casi, di pesce gatto che ancora si muovono. Tutte pesano la propria merce sullo stesso tipo di bilancia, marca “Saigon”.

La gente fa colazione. Zuppa con spaghetti e verdure. Prendo dei ravioli al vapore, ripieni di noodles, germogli di soia, e uova e forse anche qualche verdura. Buoni.

Tra la folla, i barcaioli chiamano a raccolta i propri passeggeri, imbarcano le provviste, acquistano il carburante da un distributore molto “manuale”.

Tornati alla base, dopo colazione, partiamo in motolancia verso la vicina isola di Don Khong. Navighiamo tra le due isole, sul Mekong. Siamo quasi a pelo dell’acqua; nei punti più larghi si vede e si sente una bella corrente. Vediamo da lontano il ponte costruito dai francesi, per la ferrovia, che serviva per aggirare le rapide che a questo punto del fiume impedivano la navigazione delle merci, da Saigon verso Vientiane.

Camminando tra le verdi risaie, bufali e tanti bambini, giriamo l’isola di Don Khong. Con la barca ci spostiamo alla ricerca dei delfini di fiume (che riusciamo a vedere solo da lontano). Fa caldo, tanto caldo. A questo punto il bagno sul Mekong è doveroso. Dopo qualche titubanza mi butto. Anche l’acqua è calda, melmosa, ma sembra pulita. Veniamo invitati ad uscire da una mandria di bufali, che viene ad abbeverarsi e a farsi il bagno proprio dove siamo noi. Dopo tutto, siamo ospiti… L’effetto rinfrescante del bagno è comunque conquistato.

Torniamo alla nostra Guest House su palafitta, pregustandoci il pesce comprato stamani al mercato, che il titolare della magione ci cucinerà alla griglia.

Domenica 18 agosto – Il traghetto per Champasak Il pesce alla brace di ieri sera non era un granché. Forse troppo cotto. La cucina della signora della Phonepasak Guest House sarà ricordata per il buonissimo riso fritto con uova, soia e verdure varie, per gli ottimi involtini primavera ripieni di soia, verza e uova e conditi con una salsa di peperoncino e noccioline e per altro.

Oggi abbiamo lasciato la nostra isola di Don Det per riprendere la strada verso Pakse e quindi verso il nord. Salutiamo gli ospitalissimi proprietari della Guest House. Carichiamo zaini e zainetti sulla motobarca e ci facciamo accompagnare a Ban Nakasang, il villaggio del mercato.

Li, carichiamo tutto su un camioncino pick-up. Bagagli sul tetto e molti di noi nel cassone dietro, partiamo con prima destinazione il Wat Phu di Champasak, a circa 110 Km a nord. La strada è buone ed asfaltata. Il versante di confine del Laos è molto più abitato rispetto al lato cambogiano. Tante case e botteghe si affacciano lungo la strada. Si vedono circolare anche diverse macchine, anche nuove, anche jeep giapponesi. Si passa attraverso risaie e vegetazione, come al solito molto rigogliosa. I cartelli stradali sono sia in Lao che in inglese. A lato della strada, le pietre miliari ricordano molto quelle francesi.

Per arrivare a Champasak, è necessario attraversare il grande Mekong con un ferry boat. Verso le 12:30 arriviamo all’imbarcadero. Da un ristorante portatile (due ceste, tenute in spalla da una donna, a mo di bilanciere, con una canna di bambù), prendiamo degli involtini primavera.

Arriva il traghetto. Il mondo moderno è veramente molto lontano… Il principio è quello del catamarano. Tre scafi paralleli sostengono una grossa pedana in legno, su cui non senza tentennamenti vengono fatti salire i veicoli e le persone. L’ingresso avviene tramite due “ponti levatoi” laterali, che consentono ai mezzi di entrare e uscire dall’”imbarcazione” sempre nello stesso senso di marcia, senza grosse manovre (un interpretazione casereccia dei traghetti ro-ro). L’apertura del ponte levatoio, ovviamente è manuale ed avviene con un sistema di catene e carrucole azionate da una manovella. La ruota del timone è collocata nella parte anteriore dello scafo centrale, così come il motore è collocato nella parte posteriore. Fantastico ! Molto artigianale, ma anche molto efficace !! Tre battelli diversi si alternano al servizio, mentre uno è in navigazione, gli altri sono alle sponde ad imbarcare/sbarcare persone e veicoli. Attraversiamo lentamente il fiume e ci godiamo la coreografia. Le signore con i ristoranti “portatili” vendono scodelle di noodles e verdure agli autisti dei mezzi (anche camion!) ed ai passeggeri del traghetto.

All’arrivo all’altro versante, ci fa posto il traghetto che ha appena terminato le operazioni di carico. Apertura a manovella del ponte di sbarco e quindi ci dirigiamo verso la zona archeologica di Champasak. Attraversiamo una serie di villaggi che sembra molto più nei nostri tempi e nel nostro mondo rispetto a quello visto fino ad ora nel Si Phan Don. Qui passa anche la linea della corrente elettrica e si vede, ogni tanto, anche qualche casa in muratura.

Il resto delle abitazioni continua ad essere in legno. Il sito del Wat Phu è composto da tre livelli, in pendenza, su una collina. Sotto la pioggia, saliamo. La parete più alta del complesso è forse quella più recente e quindi maggiormente intatta. Il Tempio è decisamente interessante; diversi i riferimenti buddisti, anche se della struttura originale non rimane più molto.

Nel tardo pomeriggio arriviamo a Packse, città abbastanza insignificante. Non molto lontana dalla Thailandia, sente gli influssi del “business”. Andiamo ad alloggiare in un albergo per l’appunto, per “businessman tailandesi”. Reception molto modesta, corridoi squallidi e umidi, camere molto decadenti.



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