Lanzarote e…

... il vulcano, Cesar Manrique, il mare, il vino, e naturalmente l'onnipresente vento. Scoprite con me Lanzarote e i suoi simboli
Scritto da: Valeria23
lanzarote e...
Partenza il: 23/01/2012
Ritorno il: 30/01/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Dove andare a prendere un po’ di caldo in questo freddo inverno a Milano? Scartate le mete troppo lontane e/o troppo costose, pensiamo alle isole Canarie, che non abbiamo ancora visitato. Si, ma, quale isola? La voglia di natura e relax ci fanno scegliere Lanzarote, un nome che già da solo fa pensare a qualche posto esotico e misterioso.

Una premessa: ci sono diverse attrazioni a pagamento. È possibile fare un biglietto cumulativo valido per 4 o sei attrazioni e permette di risparmiare molti soldi. Questi sono i prezzi a Gennaio 2012 delle attrazioni più popolari Parque Nacional de Timanfaya 8€, Jardin de Cactus 5€, Cueva de los Verdes 8€, Jameos del Agua 8€, Fundacion Cesar Manrique 8€, Castillo de San Jose 2,5€, Mirador del Rio 4,5€.

23 Gennaio 2012 – Lanzarote, il bianco e il nero

Dopo aver lavorato per tutto il periodo delle feste finalmente arriva anche per noi il momento di una bella vacanza. E quale periodo migliore di questo, ora che tutti sono rientrati, i prezzi si sono abbassati e i freddi giorni della merla incombono su Milano? Partiamo da Bergamo con il comodo volo diretto firmato Ryanair e dopo circa 4 ore di volo ecco che sotto di noi compare Lanzarote. Al largo delle coste maricchibe, L’isola si trova a nord di Fuerteventura, e così nera e rocciosa è come un pezzo di luna accidentalmente caduto sulla terra. I bagagli arrivano quasi prima di noi, e subito ci dirigiamo al bacchetto della Cicar, l’agenzia che abbiamo scelto per il noleggio dell’auto. Ci consegnano una Opel Corsa 5 porte con apoena 23mila km. Se avete già un navigatore portatevelo, se invece lo dovete noleggiare lasciate perdere. L’isole è piccolina e tutte le città e le attrazioni ( spesso anche gli hotel) sono ben segnalate. Già dal primo giro in auto notiamo come il bianco e il nero siano i colori predominanti: il nero delle rocce vulcaniche sul quale si staglia, quasi per protesta, il bianco ottico degli edifici. Il paesaggio ė lunare, arido e roccioso, e sembra impossibile che una qualsiasi forma di vita possa sopravvivere qui. Invece qua e là diversi cespugli spuntano coraggiosamente. Nel giro di mezz’ora siamo a Playa Blanca, dive si trova il nostro hotel. Abbiamo scelto l’Iberostar Papagayo, all’estremità est della città, con la formula solo colazione. La stanza è grande e pulita e dà sulla piscina. Dopo esserci rinfrescati usciamo per cena. È pazzesco essere in giro solo col giubbino di jeans quando a casa sarei bardata come un omino Michelin! Scegliamo un posto consigliato dal sito ociolanzarote.com, Casa Pedro. Si trova sul lungomare di Yaiza ed è un ristorantino con pochi tavoli e una clientela prevalentemente inglese e un po’ age. Ordiniamo una paella di pesce. Si fanno aspettare un po’ ma alla fine arrivano con un’enorme padella appena tolta dal fuoco con una buonissima paella, stracolma di pesce fresco e vongole e guarnita con un gamberone gigante a testa. Riusciamo a finirla a fatica perché è davvero tanta, poi con la pancia piena e le dita gialle per aver sgusciato i gamberi ritorniamo alla macchina passeggiando per il tranquillo lungomare.

24 Gennaio 2012 – Lanzarote e il mare

Il nostro itinerario di oggi prevede alcune delle spiagge più belle di Lanzarote. Ci troviamo già a Playa Blanca quindi per noi raggiungere le spiagge del Papagayo è molto comodo. Si tratta di un parco naturale protetto e quindi raggiungibile pagando un pedaggio di 3€ e percorrendo una strada sterrata. Ci sono diverse spiagge, ben cinque, di sabbia dorata e mare cristallino che fanno pensare ai Caraibi. Le calette si snodano lungo la punta sud-orientale dell’isola e sono separate una dall’altra da alte scogliere di roccia vulcanica. Arriviamo per primi alla spiaggia del Papagayo. L’acqua è decisamente troppo fredda per il bagno, ma ci concediamo un po’ di sole. L’atmosfera è di grande tranquillità e la forma della caletta fa si che questa sia parzialmente protetta dal vento. Quando la spiaggia diventa troppo affollata decidiamo di provarne un’altra, così risaliamo la scogliera e riscendiamo nella caletta accanto. Qui diverse persone, uomini e donne, si danno al naturismo. Continuiamo fino alla caletta successiva, ma tra le due riusciamo a trovare un piccolissimo fazzoletto di sabbia tra le due spiagge, e decidiamo di fermarci qui a prendere il sole. Ci alziamo solo quando è ora di pranzo e lo stomacosi fa sentire. Se non vi siete portati un pranzo al sacco, avete un’unica scelta, cioè mangiare al chiosco accanto alla spiaggia del Papagayo. Si mangiano piatti tipici spagnoli, ma noi optiamo per una leggera insalata. Dopo pranzo continuiamo l’avventura tra le spiagge. Essendo incuneate tra le scogliere, per arrivarci bisogna camminare sugli scogli dive tira parecchio vento. Attraversiamo un paesaggio meraviglioso di scogliere a picco sul mare e piccoli arbusti spinosi e alla fine arriviamo a una lunga spiaggia dorata da un mare azzurrissimo. Anche qui persone di tutte le età passeggiano completamente nude per la spiaggia. Visto che il cielo nel frattempo si è annuvolato non ci fermiamo a prendere il sole, anche perché tira troppo vento, così torniamo alla prima spiaggia e alla macchina. Raggiungiamo l’ultima spiaggia con l’auto e la visitiamo velocemente, poi torniamo a Playa Blanca. Andiamo fino all’estremo opposto della città, dove si trova il faro, e poi al nuovo porto Marina Rubicon. Il porto è nuovo, molto turistico e piuttosto finto, però è ben fatto, con passeggiate direttamente sul mare, vicoli e piazzette. Mi ricorda un po’ uno dei nostri outlet tipo Serravalle. Passeggiamo lungo il molo e troviamo tanti ristoranti, alcuni allettanti altri molto turistici,bar e negozietti. Per la cena scegliamo di andare a Puerto del Carmen, località turistica molto amata dai nordeuropei. Lungo la strada ci fermiamo ad ammirare il tramonto nel paesino di Femes. Qui di fronte alla chiesa una terrazza dà sull vallata e su Playa Blanca ed spettacolare. Arrivati a Puerto del Carmen parcheggiamo al vecchio molo Varadero e andiamo alla ricerca i un locale. Quelli sul lungomare ci sembrano tutti molto turistici, sarà perché fuori da ogni locale ci viene incontro un cameriere per invitarci ad entrare. Dal lungomare andiamo verso il centro e troviamo il ristorante La Bodega. Dentro è in stile taverna, con i prociutti appesi al soffitto e le mensole in legno che sorreggono vasi in terracotta. Mangiamo bene, del formaggio fritto come antipasto, poi un patto di pesce e una bistecca. Al momento di pagare il conto, non eccessivo (40€) ci offrono anche un bicchierino di ottimo rum. Dopo una breve passeggiata torniamo in albergo, la giornata è stata intensa.

25 Gennaio 2012 – Lanzarote e il vulcano

Lanzarote e il suo vulcano, il complesso del Timanfaya, conosciuto anche come la Montangna di Fuoco. Il terreno sul quale si coltiva la vite, le scogliere, le distese di lava solidificata, le spiagge nere: tutto questo si deve al vulcano e all’eruzione che dal 1730 al 1736 devastò l’isola. Appena giungiamo all’ingresso del parco nazionale sembra di essere atterrati sulla luna. Davanti a noi si stende a perdita d’occhio un mare di lava solidificata, alto almeno un metro e mezzo in alcuni punti, composto da rocce di tutte le dimensioni, dai sassolini a massi giganteschi, e dalle forme più disparate. All’orizzonte, rosse come il fuoco, le montagne colpevoli di tutto questo, con la cima sventrata dalla forza dell’edizione e ridotta ormai a un immenso cratere. Non stupisce certo che il simbolo del parco sia un diavolo che impugna il forcone: questa deve essere la porta dell’inferno. Eppure, qua e là qualche arbusto riesce a farsi strada e a punteggiare di verde la distesa nera. Presso il ristorante El Diablo partono gli autobus rossicci che effettuano il giro turistico del parco. Così percorriamo i 14 km di strada asfaltata che girano intorno ai vulcani, mentre una voce registrata spiega la storia delle eruzioni. Il cielo è parzialmente nuvoloso e ogni volta che compare un po’ di sole i colori del terreno cambiano. Finito il giro in pullman delle guide ci propongono dei simpatici giochini: ci fanno tenere in mano dei sassolini presi da terra per dimostrare che sono bollenti, poi versano dell’acqua in un buco, così che si trasforma in un geyser, infine infilano degli arbusti secchi in una buca e questi prendono fuoco. L’ultima attrazione è una griglia, collegata conta camera magmatica sotterranea, dove viene cotta la carne servita presso il ristorante. Noi ci fermiamo a mangiare qui ma io vi consiglio di scendere e fermarsi a Yaiza, Uga o El Golfo, tutte piuttosto vicine. Usciamo dal parco e facciamo una breve sosta a Yaiza, dove troviamo il rinomato ristorante La Era. Prenotiamo per domani sera visto che ormai abbiamo mangiato. Il centro di Yaiza è minuscolo e non presenta grandi attrattive al di là del ristorante e della graziosa chiesetta.

Prossime tappa

La nostra prossima tappa è El Golfo. Tutta la strada che porta a questo villaggio è caratterizzata dal mare di roccia nera. Arrivati al villaggio non ci addentriamo subito, ma prendiamo il sentiero panoramico sulla sinistra che porta al particolarissimo Charco de Los Clicos. Riparato dalle scogliere, subito prima di una bella spiaggia di sabbia nera, c’è questo piccolo stagno di acqua color verde smeraldo. Ovviamene il laghetto non si può toccare. Siamo estasiati dalla combinazione dei colori: il rosso della montagna, il blu del mare, il nero della sabbia e il verde dello stagno. La natura ci sa davvero sorprendere. Continuando verso sinistra il percorso panoramico continua attraverso scogliere di lava solidificata contro cui si infrangono le onde. Alle nostre spalle, una bella veduta di El Golfo. Ritorniamo al parcheggio pienamente soddisfatti ma stanchi e assetati. Scegliamo il bar al parcheggio e prendiamo un frappè. Vi sconsiglio di andar oltre una bevanda, la pulizia non è proprio il punto forte di questo bar. Passeggiamo per la via principale di El Golfo. È una cittadina semplice e carina, con tante casette graziose e ristoranti, prevalentemente di pesce. Continuando sul tema del vulcano ci rechiamo a Los Hervideros. Si tratta di due grotte di roccia vulcanica a picco sul mare. Detto così non sembra un granché, infatti il vero spettacolo si vede quando ci si addentra nel percorso guidato. Il percorso è suggestivo di per sè. Camminare tra le formazioni di lava solidificata, con alle spalle la montagna di fuoco. Ci sembra di essere arrivati a Mordor! I sentieri sbucano su dei terrazzini dai quali le grotte possono essere viste dall’alto. Il colore dell’acqua è indescrivibile, tanto limpido e azzurro da sembrare finto. Un vero spettacolo. La nostra ultima tappa (siamo davvero cotti) sono le saline di Janubio. Facciamo qualche foto ai quadrotti di sale di diverso colore, a seconda di come riflettono la luce, e poi rientriamo alla base. Per cena restiamo a Playa Blanca e, dopo aver scartato i ristoranti del centro perché sono quasi tutti all’aperto (ma ho freddo solo io?) andiamo al porto al ristorante El Mano, segnalato dalla guida Michelin. Si mangia molto bene ma non è proprio un ristorante tipico. Spendiamo 50€ in due mangiando abbondantemente.

26 Gennaio 2012 – Lazarote e Cesar Manrique

Cesar Manrique, originario proprio di Lanzarote, è l’artista che ha dato di più all’isola. La sua idea era che l’arte si fondesse con il paesaggio, che le costruzioni non dovessero essere invasive ma integrarsi con l’ambiente. Portò avanti, con successo, una lotta anti grattacieli e per l’uso dei colori tradizional per gli edifici di Lanzarote, bianco per i muri e blu, verde e marrone per le imposte. La prima opera che visitiamo è il Jardin de Cactus, a Guatiza. Notiamo subito come in effetti l’installazione sia perfettamente integrata con l’ambiente. Si tratta in praticand una grossa fossa nel terreno adibita a giardino botanico di cactus provenienti da tutto il mondo. Le mura perimetrali sono costruite in pietra lavica, così come i gradini e le terrazze. Tutto si intona perfettamente con il paesaggio di Lanzarote. Ci sono cactus di ogni genere, da classici da fil western a quelli che sembrano serpenti. Alcuni somigliano addirittura a grossi alberi. C’è un piccolo bar e un mulino a vento che funge da punto panoramico. Persino i cactus sono stati piantati in modo da sembrare nel loro ambiente naturale. Arriviamo al Jameos del Agua attraverso uno strano scenario di piantagioni di fichi d’india. Quest’opera è incredibile. È stata ricavata da due grotte (Jameos) sotterranee, entrambe senza tetto. Nella prima è stato inserito un caffè con dei tavolin, nella seconda addirittura una piscina bianchissima. Tra le due rimane un tunnel sotterraneo pieno d’acqua e punteggiato di bianco. Avvicinandoci notiamo che i puntini bianchi sono piccoli granchietti albini ciechi. Anche qui la cosa che colpisce è l’armonia del l’installazione con l’ambiente naturale. Sopra le grotte c’è un interessante mostr sul vulcani. Ora siamo affamati quindi decidiamo di lasciare le prossime due attrazioni per il pomeriggio. Torniamo sui nostri passi fino ad Arrieta, villaggio di pescatori poco distante, e seguendo la fidata Lonely Planet ci fermiamo al ristorante El Charon, proprio sul molo. Qui riusciamo anche a connetterci a internet. Io prendo un polpo alla griglia e mio marito un calamaro alla griglia. È tutto molto gustoso e dal prezzo contenuto. La Cueva de los Verdes si trova a un km circa dal Jameos del Agua ed è una delle opere più belle die madre natura. Durante un’eruzione si è creato un tunnel sotterraneo dove la lava liquida defluiva verso il mare. Finita l’eruzione, è rimasto un gigantesco tunnel sotterraneo lungo circa 9 km dal vulcano La Corona fino al mare. Veniamo condotti attraverso una parte di auto tunnel, quella illuminata e ripulita in modo da consentire il passaggio. È un’esperienza emozionante, ed è impressionante pensare che tutto questo è stato creato dalla lava. Torniamo al nostro Manrique e saliamo fino al Mirador del Rio, passando da diversi punti panoramici molto carini. Anche quest’opera da fuori è a malapena visibile da quanto è integrata nel paesaggio, anche se devo dire che probabilmente non vale i 4,5€ spesi visto che lo stesso panorama può essere visto gratis dalla passeggiata sulla destra de Mirador. Si tratta in pratica di una terrazza panoramica, costruita con lo stile ormai a noi famliare di roccia lavica e pennellate bianche per dare luce, e sculture stilizzate. Il panorama sulla Isla Graciosa è mozzafiato, soprattutto in una giornata limpida come oggi. Ci rimane ancora un po’ di tempo quindi non ci facciamo mancare una visita al piccolo villaggio di Orzola, che francamente se non avete tempo potete anche evitare. Ci infiliamo in una anonimo bar a bere una birra e poi decidiamo di rientrare. Per la cena abbiamo prenotato un tavolo al famoso ristante La Ea, a Yaiza. Il ristorante, ricavato probabilamente da una casa tipo le nutre case d corte, è molto carino e particolarmente caratteristico. Anche la cucina è buona, e molti piatti sono serviti in casseruole di terracotta e con molto brodo. Io prendo un brasato di capretto e mio marito un tonno con sugo alla marinara. Proviamo anche il gofio, che però non è decisamente di nostro gradimento. Come dolce assaggiamo una spessa pasta di Amendola con yogurt naturale. Ci offrono del rum al miele, specialità dell’isola, e ce la caviamo con 40€.

27 Gennaio 2012 – Lanzarote e il relax

Dopo colazione partiamo alla vota di Arrecife, dove passeggiamo tranquillamente per il centro storico e le vie dello shopping. Vediamo il castello di Sab Gabriel, la chiesa di San Gines e il piccolo porticciolo del Charco de San Gines. arrecife è molto turistica, molto più della nostra Playa Blanca, e infatti non ci piace molto. Concludiamo la mattinata tornando sulle orme di Manrique vistand la sua casa, ora Fundacion Cesar Manrique. Qui si trovano alcune opere di Manrique stesso e di altri artisti, come Picasso, opere che appartenevano alla collezione privata dell’artista. La casa è di per sè un’opera d’arte. All’ingresso si trova una grande sala, con finestre enormi che danno sul mare di lava, poi si scende in una fossa nel terreno simile al Jameos del Agua, ma più piccola, e da qui parte un intrico di tunnel scavati nella lava e di stanze sotterranee ricavate dalle bolle d’aria createsi con il flusso della lava. Si esce dalla casa in un carinissimo giardino, adornato da un grande murales e bei porticati che riparano dal sole. Non c’è che dire, Manrique era proprio un artista! Visto che abbiamo passato due interi giorni visitando le attrazioni nell’isola, pensiamo bene di concederci un po’ di relax. Torniamo quindi alla nostra Playa Bianca dove pranziamo in tutta tranquillità nel l’ottimo ristorante Tipico Espanol, proprio sulla via principale. Oltre al cibo qui sono ottimi anche i prezzi. Abbiamo mangiato qui altre due volte, abbondantemente, senza mai superare le 30-35€ in due. Io prendo delle cozze alla marinara così buona che leccherei la pentola, e mio marito una rinfrescante insalata. Per chiudere il pranzo ci viene offerto un bicchierino del rum al miele tipico di Lanzarote. Giusto il tempo di tornare in hotel a cambiarci e ci buttiamo in una delle spiagge cittadine, la Playa Dorada, sicuramente meno suggestiva di quelle del Papagayo ma più attrezzata. Sul lungomare ci sono persino degli attrezzi per fare ginnastica, e il loro utilizzo è completamente gratuito! Ci riposiamo al sole, ma dopo un’ora decidiamo che abbiamo preso abbastanza vento. Ci sono pur sempre 20 gradi! Ci chiediamo come facciano i tanti signori anziani che sono in spiaggia a stare in costume e fare addirittura il bagno! Evidentemente hanno più fisico di noi trentenni! Concludiamo il pomeriggio lungo la via pedonale di Playa Blanca, tra i negozi di souvenir interamente gestiti da cinesi e un mediocre gelato, poi proviamo la Spa del l’hotel, anche se con disappunto e dopo aver pagato le 5€ di ingresso scopriamo che funzionano solo la vasca idromassaggio e la sauna. Per cena andiamo a Puerto del Carmen e, seguendo le indicazioni di Tripadvisor ceniamo al ristorante messicano Emma’s Cantina Messicana. Ancora una volta devo ringraziare i tanti utenti che hanno recensito il ristorante, visto che è probabilmente il miglior messicano che io abbia mai provato (non sono mai stata in Messico però!). Una passeggiata sul lungomare di Puerto del Carmen, costellato di ristornati più o meno turistici e Irish pub, conclude la nostra serata.

28 gennaio 2012 – Lanzarote e il vento, Lanzarote e il vino

È sabato e la Lonely Planet ci dice che al villaggio di Haria si tiene il mercato dell’artigianato. Viene indicato come più autentico e meno turistico rispetto a quello domenicale di Teguise, così intraprendiamo il viaggio che ci porterà fino alla parte opposta dell’isola rispetto alla nostra base. Attraversiamo una zona di cui parlerò più tardi, superiamo anche Teguise e con la fidata Opel corsa valichiamo un’altura della mia della quale si gode di panorami meravigliosi, infatti ci fermiamo diverse volte, nonostante ogni volta sia dura scendere dell’auto da quanto è forte il vento. Haria si presenta incastonata in una vallata, e ricca di vegetazione, soprattutto palme. Come in tutta l’isola, le case sono bianche con imposte verdi, maroni o blu. Il mercato è molto piccolo e si tiene nella piazza principale di Haria, dove c’è la chiesa. Si vende un po’ di tutto, cibo, vestiti, gioielli. Alcune cose sono carine altre pacchiane. In ogni caso siamo troppo tirati col bagaglio per poter comprare qualcosa. Visitiamo il mercato e gironzoliamo a caso per la cittadina, poi ci rimettiamo in marcia. Torniamo sui nostri passi e ritroviamo Teguise, con il bel castello di Santa Barbara che sorveglia tutto dalla sua collinetta. Oggi il castello è adibito al modo museo della pirateria, che però costa solo 3€ quindi può essere divertente se viaggiate con dei bambini. Anche qui a causa del vento è piuttosto difficile godersi il castello o il panorama. Scendiamo alla città, che io ho trovato molto piacevole, e passeggiamo per il centro, simile a quello degli altri paesi visitati, con le case imbiancate a calce, anche se la sua particolarità è la presenza di diversi monasteri e chiese. In quella principale è in corso un battesimo e tutti i presenti sono tirati a festa. Affamati, ci spostiamo a sud verso San Bartolomé e pranziamo alla Casa Museo al Campesino, dove propongono una discreta cucina tipica (io assaggio il maiale fritto e le ottime crocchette di patata). Il Museo al campesino, sovrastato da una scultura, indovinate di chi (Manrique), è più che altro una rappresentazione delle arti e dei mestieri di Lanzarote. Intorno a un cortile si affacciano delle stanze, ognuna adibita a studio di un qualche mestiere, per esempio per il tessitore o il produttore di vini. Altre stanze rappresentano con delle statuette o miniature la storia dell’isola. Molto bella la stanza da ricevimento del ristorante, creata in una fossa nel terreno e coperta con un teloni, collegata con l’esterno da un tunnel. Lanzarote e il vento sono legate a doppio filo. Il vento tira praticamente sempre e ovunque, ma vi è un luogo dove tutto questo assume una nuova connotazione: la caleta de Famara. Arrivando da San Bartolomé, sulla sinistra si vede il villaggio di Famara, e sulla destra delle enormi scogliere, così belle da sembrare dipinte, sovrastano una bellissima spiaggia di sabbia dorata e costantemente spazzata dal vento, al punto che la sabbia si riversa nelle strade e persino sui gradini delle case. Famara è devota a surf, windsurf e kitesurf, e abitata prevalentemente da giovani. In spiaggia io faccio quasi fatica a stare in piedi, ma tanti ragazzi si dedicano al loro sport preferito e io rimango a guardarli ammirata. Saliamo le pendici dell’altura dove sorge la zona residenziale, praticamente blindata, e con la nostra piccola utilitaria percorriamo lo sterrato fino alla spiaggia. Restiamo ancora un po’ ad osservare il paesaggio e i surfisti, poi torniamo verso San Bartolomé per dedicarci a uno dei grandi piaceri di Lanzarote. Nonostante le eruzioni, nonostante il paesaggio brullo e il terreno nero come il carbone, gli abitanti di Lanzarote hanno scoperto di poter coltivare la vite sulla loro terra. In pratica si scava una buca profonda nel terreno, nella quale viene piantata la vite. Poi coprono il tutto con la cenere vulcanica, e infine riparano la pianticina dal vento con un muretto pietra (lavica, ovviamente!) a forma di falce di luna. Il paesaggio che si crea è molto suggestivo, con colline e pianure nere come decorate da tutti questi cerchiolini e da timidi ciuffetti verdi che spuntano.

In tour…

Cominciamo il tour dall’enoteca/museo El Grifo. Con 12€ in due facciamo un tour del piccolo museo del vino e delle piantagioni intorno al casale, ma soprattutto degustiamo 5 vini a nostra scelta accompagnati da un piccolo piatto di crostini e formaggio. Peccato che il peso della valigia sia proprio al limite, mi sarei portata via volentieri un bel bianco secco. La seconda degustazione sarà alla bodega Stratvs, una delle più rinomate da quello che abbiamo capito. Anche qui ci sarebbe una visita guidata, ma noi ci limitiamo alla degustazione. Qui l’atmosfera sembra decisamente più sofisticata, a cominciare dai prezzi delle degustazioni e dei piatti di accompagnamento. C’è un bancone elegante, e anche i bicchieri nei quali servono il vino sono scelti con cura. Io assaggio un rosato e un malvasia liquoroso dolce dal profumo divino che non dovreste assolutamente perdervi (difatti la bottiglia viene 49€). Nel negozietto vendono un po’ di tutto oltre al vino della casa. Cioccolato, miele, mostarde e salse varie, oli, aceti e persino creme corpo… al vino! A questo punto, dopo 7 biccheri di vino siamo un po’ brilli, quindi ci prendiamo una bella mezz’ora prima di riprendere il cammino e tornare a Playa Blanca. Per cena restiamo a Playa Blanca e ritorniamo dal nostro amico del Tipico Espanol dove siamo stati così bene ieri a pranzo. Mangiamo ancora molto bene, sempre a base di pesce (tra cui una buona zuppa), e concludiamo con un dessert francamente mediocre. Se capitate in questo ristorante, piuttosto abbuffatevi di antipasti. Ceniamo chiacchierando fino a tardi con una simpatica coppia di Cesena, con cui scambiamo ricordi di viaggio.

29 gennaio 2012 – Lanzarote e Fuerteventura

Le due isole sono così vicine che quasi si toccano. Da diversi punti di Lanzarote si ha una vista panoramica sulla desertica Fuerteventura, e diverse compagnie di navigazione percorrono tutti i giorni il breve tragitto tra Playa Blanca e Corralejo. Noi scegliamo il Lanzarote Express e spendiamo 40€, ma commettiamo un errore. Le navi più grosse, come la Armas o la Fred Olsen, costano un po’ di più ma impiegano meno tempo e soprattutto consentono di imbarcare l’auto. A Corralejo non c’è niente e se vi portate la vostra macchina potete almeno girare un po’ il nord dell’isola. Arriviamo a Corralejo verso le 10 del mattino e tira un vento pazzesco. Di Corralejo è bellina giusto la zona vicino al porto, con qualche costruzione tipica, un lungomare panoramico e due statue molto commoventi sulla vita del marinaio. Una, in particolare, ritrae una donna che scruta il mare. Per il resto, tutto si snoda intorno a questo vialone sul quale si affacciano ristoranti turistici, negozi di cinesate, noleggi bici e auto e bar. Sicuramente gli altri paesini saranno più caratteristici, ma noi ahimè non abbiamo la possibilità di visitarli. Ingannati dalla mappa pensiamo bene di andare a piedi al Parque Nacional de Corralejo, un parco di due desertiche e spiagge sterminate di sabbia dorata. Ci mettiamo circa mezz’ora a piedi ad arrivare all’inizio della spiaggia, attraversando l’elegante zona residenziale di Corralejo, con tante ville con piscina. In spieggia il vento è molto forte e fastidioso. Sicuramente in estate dev’essere piacevole, ma a Gennaio… Nel parco vige i divieto di edificare grossi complessi, ma prima che la legge entrasse in vigore sono stati costruiti due enormi alberghi, proprio sulla spiaggia. Dobbiamo arrivare fino a lì per poi prendere l’autobus che ci riporterà in centro. Sembra davvero di essere nel deserto con tutta questa sabbia e le dune. Alla spiaggia attrezzata, qualche temerario prende il sole, altri si dedicano al surf e al kite surf. In lontananza scorgiamo la nostra Lanzarote. Il mare è di un azzurro incantevole. Impieghiamo un’altra mezz’ora di camminata stentata nella sabbia per arrivare di fronte al gigantesco hotel Riu, con la sua spiaggia attrezzata. Mentre aspettiamo l’autobus si ferma un tassista, un ragazzo giovane che ci dice che il tragitto per Corralejo ci costerà 5€. Allora lo facciamo contento e saliamo. Ci lascia in centro e ormai è ora di pranzo. Questo sarà il nostro secondo e ultimo pasto sbagliato della vacanza. Seguendo la guida andiamo al La Factoria, ristorante italiano sul molo. La guida palava di pizze deliziose… Be’, la nostra proprio non lo era! Pazienza, almeno la vista dal lungomare è piacevole. Come già detto a Corralejo non c’è praticamente niente, quindi tiriamo le 5 un po’ osservando due surfisti e le loro evoluzioni e un po’ rilassandoci in un simpatico bar sulla spiaggia di nome Waikiki. Finalmente arriva il momento di riprendere il battello e tornare a Lanzarote, dove attracchiamo verso le 18. Per la cena ormai andiamo sul sicuro, al ristorante di ieri, dove assaggio i fantastici peperoncini verdi “Padron” e gli altrettanto buono gamberi all’aglio. Serviti in una ciotola di terracotta ancora sfrigolante. Mio marito prende un ottimo salmone alla piastra. Concludiamo con il solito cicchetto di rum al miele e torniamo in albergo soddisfatti, se non altro della cena.

30 gennaio 2012

Oggi si torna a casa, ma non prima delle 18. Ce la prendiamo comoda in hotel e alle 11 facciamo il check-out. Ci carichiamo le valigie in macchina e facciamo un ultimo giro sul lungomare di Playa Blanca. Visto che il tempo è ancora tanto, e che l’aereo non lo dobbiamo guidare noi, passiamo il pomeriggio dedicandoci al piacere dei vini locali. Pranziamo alla Bodega Rubicon. Io provo l’ultima specialità che non ho ancora assaggiato, il coniglio con le spezie, fantastico, con un corposo bicchiere di rosso. Mio marito accompagna un piatto di formaggi e salumi con un fresco rosato. Poi assaggiamo due ottimi bianchi, uno da tavola e uno da dessert, alla Bodega la Geria, naturalmente prendendoci sempre il tempo per smaltire le bevute tra un’enoteca e l’altra! Siamo gli unici avventori que a La Geria, quando all’improvviso arriva un pullman carico di tedeschi ad infrangere la nostra quiete. Allora torniamo dal nostro preferito, la Bodega El Grifo, che tra l’altro è anche il più vicino ad Arrecife, e stiamo qui finche non arriva l’ora di dirigerci verso l’aeroporto.

Non vi tedierò con le pratiche burocratiche, ma vorrei spendere due parole per l’agenzia di autonoleggio Cicar. Non sarà famosa come Europcar o Hertz, ma alla riconsegna ci hanno ridato i soldi per la benzina rimasta nel serbatoio, e questa cosa non ci era mai capitata. Un’altra cosa: se come noi volete portare a cosa del vino, ma la vostra valigia rischia di sforare con il peso, troverete i vini di alcune delle enoteche di cui ho parlato in aeroporto, subito prima degli imbarchi, al negozio Delicatessen.

Lanzarote ci mancherà.



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