Breve assaggio perugino

E’ Pasqua e per manie di protagonismo ci immettiamo in autostrada verso Bologna così parleranno di noi: sapremo di essere 3 metri dei 30 chilometri di coda. Che bello! Più o meno è andata così. Usciti a Cesena proseguiamo per Perugia senza ombra di traffico alcuna. La prima tappa è CITTA’ DI CASTELLO. Per essere l’inizio...
Scritto da: Daniela Poggi 1
breve assaggio perugino
Partenza il: 13/04/2001
Ritorno il: 14/04/2001
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
E’ Pasqua e per manie di protagonismo ci immettiamo in autostrada verso Bologna così parleranno di noi: sapremo di essere 3 metri dei 30 chilometri di coda. Che bello! Più o meno è andata così.

Usciti a Cesena proseguiamo per Perugia senza ombra di traffico alcuna. La prima tappa è CITTA’ DI CASTELLO. Per essere l’inizio del nostro piccolo viaggio è un buon assaggio. C’è una bella piazza, dove passano le persone in bicicletta, dove si beve l’aperitivo al tavolino, si sente già un accento nuovo ed uno strano profumo che esce dalle panetterie: che il loro pane? Questa città ha data i natali a Raffaello… ed ahimè … i dipinti di Raffaello all’Accademia di Brera di Milano (10 Km da casa nostra, ovvero quasi 400 Km da qui). Li vedremo al ritorno….Pazienza! Indecisi se andare subito a Perugia o fermarci a Gubbio, eccoci ad Assisi (tra i due litiganti…). E’ una città imponente che troneggia su di un colle ben visibile da lontano (dove ancora non si capisce cosa sia, però si capisce che è grande).

Evitiamo di controllare lo stato lavori della famosa strada di mattoni ed iniziamo la nostra salita su di un altro versante. Incredibile, qui hanno tutti una divisa: scout, frati, suore, giapponesi, guide… speriamo di non dar troppo nell’occhio.

Il piazzale della chiesa di San Francesco porta all’ingresso della chiesa più antica. E’ un piccolo cortile di una perfezione geometrica alla quale sembra che noi piccoli omini cicciotti stiamo dando fastidio. E’ buffo: l’ingresso è di lato rispetto alla porta del cortile. A casa ripasserò sui libri di storia dell’arte. Entriamo nella chiesa. Obbligo il silenzio. Parte così una serie di gesti e mimi che, avvolti per di più nel silenzio, ci da l’impressione di essere dei sub sott’acqua. Appena ci troviamo nella navata principale, rimaniamo stupiti dallo spettacolo di colori sulle pareti. Penso alla Turchia, dove sarei voluta andare, e la luce fioca mi ricorda proprio le loro mosche – pensiero blasfemo! Bravi tutti! E’ uno spettacolo che purtroppo non potremo portare a casa, nemmeno una cartolina in tutta Assisi riesce a rendere merito al fascino di quei colori. Brava anche la Chiesa che ha rispettato il volere di San Francesco, ha lasciato la sua tomba alla base della chiesa come voleva lui. Tutti si avvicinano alla bara – unico oggetto spartano in tutta la chiesa – e fanno un gesto di saluto come sanno: chi crede fa il segno della croce, chi non lo saluta con un gesto. La bara è in alto rispetto a noi, ai piedi ci sono dei cesti con le candele che lasciano i turisti e che verranno accese durante l’anno. La nostra verrà invece ricomprata da un altro turista perché abbiamo sbagliato cesto e l’abbiamo amorevolmente messa nel “distributore” sull’altro lato. Poi la vergogna era tanta, e a chi glielo dicevamo che l’avevamo già “pagata”. Pazienza! E’ l’intenzione che conta. Anzi abbiamo anche fatto risparmiare una candela.

E’ venerdì santo, Sono le tre meno un quarto. La gente di avvicina ad un corpo ai piedi dell’altare. “Vieni andiamo via, ci deve essere un funerale, non vedi che c’è un morto”. Io non ho riso – subito – per rispetto del silenzio, ma è stata dura (ho dovuto pensare a Marta Marzotto, Luttazzi, tanta altra gente triste). Io non voglio dire chi sia stato, ma eravamo solo in due ed io non sono stata.

La parte alta della chiesa è bella ma non ha la stessa atmosfera calda e quasi misteriosa dell’altra.

Assisi di per sé è una cittadina molto caratteristica, pieno di ulivi, di piccoli tributi religiosi e di angoli da fotografare. Le botteghe offrono immagini conviviali dei frati, riproduzioni su pergamena del Cantico dei Cantici e svariate raffigurazioni di Fratello Sole e Sorella Luna.

La chiesa di Santa Chiara è un ricordo, non c’è più nulla di autentico, ma la cripta vale veramente una visita per essere una versione ingentilita di quella di San Francesco.

L’ultima foto alla piazza e torniamo all’auto per intraprendere la ricerca dell’agriturismo.

Quando ci siamo trovati in aperta campagna, con le nuvole nere, un albero grande e solitario ad un incrocio di stradine senza cartelli, ecco … ci siamo sentiti Troisi e Benigni in “Non ci resta che piangere”. Lo sapevo che sarebbe successo, adesso andremo avanti qualche chilometro ed all’agriturismo ci diranno che siamo nel 1400 quasi 1500.

E invece no! Perché? Ma perché all’agriturismo non c’era nessuno! Ci raggiungono dopo dieci minuti: loro non dormono lì. La cascina è splendida, nuova appenda ristrutturata. Impreziosita di mobili rustici ha uno stile quasi messicano. Pensiamo. Sarebbe l’ideale tornare con amici perché ha cinque camere e degli ampi spazi comuni con divanetti, camini, ecc. Hanno addirittura una piccola libreria dove hanno raccolto riviste e libri sull’Umbria. Ero lì infatti mentre Andrea mi credeva sotto la doccia …e stavo già sospirando contro di lui. (N.B.: quel piccolo paradiso di agriturismo ha un ballatoio interno che porta alle camere ed il soffitto con le travi in legno come una volta).

Il giorno dopo. Complice il tempo. “Vedi c’è brutto tempo, non andiamo in città a Perugia, andiamo a Deruta così ci ripariamo dal freddo passando di bottega in bottega”. E così abbiamo fatto, ma di corsa, perché nevicava (adesso, va bè la collaborazione dei fenomeni atmosferici, ma a me bastava un po’ di pioggerella, non la neve a Pasqua!).

Deruta è famosa per la decorazione della maiolica ed ogni artigiano ha uno stile completamente diverso dall’altro (ve lo faranno notare anche loro per vendere, non vi preoccupate). Ispirati dal piatto di “Chocolat”, riesco a farmi comprare – trionfante!- un piattino del diametro di 7 centimetri per la “modica” (sigh! Niente paghetta per un po’) cifra di 17.000.

Al ritorno GUBBIO. Ci è piaciuta la piazza di Palazzo Consoli (dove ho sbagliato soggetto e stavo fotografando una signora al posto di Andrea, hi hi hi! E’ lei a dire il vero che ha sbagliato obiettivo a cui sorridere, suo marito era un po’ più in là. Pazienza, è capitato anche a me ad Assisi.) Non ci ricordavamo più la tradizione di girare attorno alla fontana, per cui abbiamo fatto un po’ come ci veniva (facendo finta di niente, siamo passati un po’ di lato, giusto per non far brutte figure se avevamo sbagliato fontana/città). Però ci è piaciuta.

Torneremo, magari ad ottobre per la festa del cioccolato a Perugia, oppure a maggio per la corsa dei ceri a Gubbio, ma di sicura torneremo.



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