Urbino e le Marche

Metti la primavera che avanza, le giornate lunghe e sempre più calde, mettici anche un lungo week-end pasquale all’orizzonte e due amici che da tempo ti ripetono “dove si va a Pasqua” e l’epilogo è scontato: bisogna trovare una meta che soddisfi tutti! Dopo aver scartato i viaggi a lunga gittata, costosetti in quel periodo, la proposta...
Scritto da: claumore
urbino e le marche
Partenza il: 06/04/2007
Ritorno il: 09/04/2007
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
Metti la primavera che avanza, le giornate lunghe e sempre più calde, mettici anche un lungo week-end pasquale all’orizzonte e due amici che da tempo ti ripetono “dove si va a Pasqua” e l’epilogo è scontato: bisogna trovare una meta che soddisfi tutti! Dopo aver scartato i viaggi a lunga gittata, costosetti in quel periodo, la proposta delle Marche e di Urbino trova subito entusiasti consensi ( basta partire, staccare la spina, liberare la mente…). Così, la sera del venerdì santo, alle 18.30, si accendono i motori della Rav4 e della GolfPlus: puntiamo la prua a Sud e ci prepariamo a divorare i 340 Km che ci separano dalla meta, l’Agriturismo “dei Duchi” alla periferia di Urbino. Il viaggio è tranquillo, il traffico scarso in A13 aumenta un po’ nei pressi di Bologna per tornare scorrevole in A14. Dopo una pausa in Autogrill in vista di Pesaro accendiamo in navigatori, giusto per non sbagliare casello e per rintracciare subito quella che sarà la nostra dimora per i prossimi tre giorni: tutto facile e alle 10.15 siamo già parcheggiati davanti alla bellissima struttura agrituristica, in una posizione collinare incantevole (almeno sembra, perché l’inquinamento luminoso veramente minimo rende le tenebre molto fitte). Ho però dimenticato di presentare i compari d’avventura: Andrea, Flavia, Filippo, Michele, Cristina, Nicola, Claudio, Stella e Riccardo, tre famiglie con figli quindicenni sbuffanti, annoiati e affamati al seguito forzato, anche se per via di appetito gli adulti non sono stati certo da meno! La prima sera, dopo quasi 4 ore di viaggio siamo stanchi, tutti a dormire: e invece no! L’ “anziano” del gruppo, inaspettatamente, invita ad un assaggio notturno di Urbino, proposta subito accolta, e allora via, 5 chilometri e siamo immersi in un’atmosfera quasi irreale, viuzze strette e piazze larghe lastricate, pendenze da fiatone, sporadici i passanti sembriamo i padroni della città, anche i locali sono quasi tutti chiusi (celebrazioni della settimana santa?). Un’oretta più tardi, finalmente decidiamo di deporre le stanche membra e nel silenzio assoluto della collina marchigiana ricarichiamo le energie. La mattina successiva annuncia una splendida giornata di sole, calda e limpida, i colli coltivati a vite, frumento e ravizzone, danno spettacolo con gradevoli contrasti di colore. Celebriamo subito il rito della colazione, lenta, abbondante; il programma prevede per il sabato uno spostamento a Macerata e a Recanati. La prima meta si rivela non propriamente entusiasmante: visitiamo lo Sferisterio ( ma per chi conosce l’Arena di Verona…) e poi saliamo alla piazza principale e al Duomo ma, complici l’ora del mezzodì avanzato e l’inarrestabile richiamo delle delizie gastronomiche che comincia ad affiorare e che costituirà l’asse portante di tutto il viaggio, ci tuffiamo nella trattoria “dei fiori” dove apprezziamo dei primi molto curati e ben annaffiati.

Nel pomeriggio si va a Recanati, il borgo è bellissimo e neanche tanto piccolo, da ogni muro, da ogni via, da ogni palazzo trasuda lo spirito di Giacomo Leopardi ed è spontaneo anche per chi, come me, non lo legge da decenni, emozionarsi davanti alla casa di Silvia o sotto la torre antica o ancora sull’ermo colle, vicino alla siepe.

La visita alla casa natale e alla biblioteca è davvero coinvolgente: passare a pochi centimetri dai suoi libri, dalla sua scrivania, potere quasi toccare il calamaio con il quale scrisse molte sue opere, poter immedesimarsi in Leopardi che dalla finestra vede Silvia … Recanati merita veramente una visita! Per il nostro gruppo è ormai ora di rientrare alla base di Urbino, poco più di un’ora di autostrada, una doccia veloce e siamo di nuovo a tavola: abbiamo scelto di cenare nella locanda dell’agriturismo che ci ospita: pizze e coca cola per i ragazzi, grigliata mista patate e vino per i grandi, dolce per tutti.

Il giorno dopo è Pasqua, auguri di rito, colazione (crescia e uova sode benedette oltre alle solite cose) poi subito a Urbino perché alle 11 c’è la visita guidata al Palazzo Ducale. Il tempo di andare a messa per qualcuno (pochi) o di prendere un altro caffè in Piazza Duca Federico poi due ore di full immersion tra le stanze del Duca di Montefeltro, celebre anche per essere sempre raffigurato di profilo sinistro ( aveva perso l’occhio destro in torneo): interessante la visita, ma non aspettatevi nulla di sontuoso, l’interno è parecchio spoglio perché praticamente tutto l’arredo è stato portato via, a Roma e Firenze, dai discendenti. Una delle parti più interessanti è quella dei sotterranei, dove si possono apprezzare vere e proprie opere di ingegneria idraulica tese a soddisfare le esigenze igieniche del Palazzo. I pezzi più celebri sono il quadro della “città ideale” attribuito a Laurana o a Piero della Francesca, qui conservato in originale e l’altro celebre dipinto della “Muta” di Raffaello, nonché lo studiolo del Duca in legno intarsiato con effetti ottici strabilianti (per esempio un violino che sembra uscire dalla parete e seguire il visitatore ) Alle 13 siamo fuori, il centro della fame si fa prepotentemente sentire, qualche telefonata di auguri a parenti e amici e ci precipitiamo a tavola per il pranzo pasquale, sempre all’agriturismo “dei Duchi” : menu abbondante, non particolarmente raffinato ma buono, non tutti riescono a finire le portate, il vino non è all’altezza. Verso le 15 una breve siesta in camera e poi di nuovo nella città perfetta rinascimentale: parcheggiamo in Piazza del Mercatale da cui è possibile salire in città con gli ascensori (lasciate perdere!) o con le scalette appena oltre Porta Valbona: ma il modo più suggestivo è certamente salire per la rampa elicoidale, all’interno del bastione cilindrico, si accede nei pressi degli ascensori. La città, per la prima volta, è affollata, noi ci dirigiamo subito alla casa di Raffaello che visitiamo per un’oretta: la casa è ben tenuta e piuttosto grande, su più piani, tuttavia, personalmente, non riesco a percepire la presenza dello spirito del grande artista, sembra una casa antica e basta, l’unica vera emozione la provo davanti alla pietra sulla quale si macinavano i colori. Verso le 18 siamo di nuovo in Piazza della Repubblica, un gelato, una passeggiata fino al monumento a Raffaello e poi alla fortezza Albornoz dalla quale si gode di una veduta totale di Urbino davvero fantastica.

La sera non si dovrebbe cenare visto che ci siamo alzati tardi da tavola dopo le pesanti libagioni pasquali, ma finiamo a Urbania, una cittadina a pochi chilometri – ma a qualche migliaio di curve! – da Urbino: e visto che la cittadina a quell’ora non offre nulla d’interessante ci infiliamo in uno dei pochi locali aperti, una birreria-trattoria affollatissima dove, immancabilmente, ordiniamo da mangiare affettati, pane, crostolo e ci scoliamo una buona birra. Al ritorno il TomTom, impietosito, ci guida su una strada molto meno tortuosa e in un battibaleno siamo all’agriturismo per un meritato riposo. E siamo all’ultimo giorno, Pasquetta, mi sveglio alle sette, tutti dormono ancora, per la colazione è presto, esco in giardino, sbircio le imposte delle camere degli amici ma non ci sono segni di vita: allora prendo macchina e macchina ( fotografica + auto) e mi immergo nella Urbino deserta delle 7.30 del lunedì dell’Angelo. Non me ne pentirò perché le città vuote sono altre città, camminare e sentire i propri passi sul selciato accompagnati solo dal tubare delle tortore, l’aria fresca del mattino che ti riempie i polmoni… E’ ora di partire, fare i bagagli, congedarsi dai gestori del “dei Duchi” e puntare alla nostra mèta quotidiana, Gradara a poche decine di chilometri, quasi sul mare: la famosa rocca dove ci piace pensare si sia svolta la vicenda di Paolo e Francesca immortalata da Dante Alighieri nel V° canto dell’Inferno Amor, ch’a nullo amato amar perdona, … Speravamo di immergerci in un’atmosfera medievale, invece nulla di tutto questo: il borgo è preso d’assalto da migliaia di turisti, è trasformato e snaturato in una serie di negozietti che espongono in strada ogni tipo di cianfrusaglia, rigorosamente inutile e senza alcun nesso con il luogo. L’ingresso alla rocca è affollato da alcune centinaia di persone, restiamo in fila mezz’ora vedendo entrare non più di venti turisti e quando arriva un gruppo per una visita guidata prenotata che passa davanti a tutti decidiamo di andarcene! Giusto per tirare mezzogiorno percorriamo il breve tratto dei camminamenti di ronda accessibile (a due euro caduno!) poi decidiamo che il caos e questo tipo di sfruttamento del turismo non ci appartengono, puntiamo al mare, Misano, una spaghettata allo scoglio e via sull’autostrada del ritorno.

Mentre viaggiamo a singhiozzo per il traffico pesante affiorano già i primi flash back: le rotonde percorse sempre interamente a 360 gradi, il pensiero ricorrente del “cosa si mangia?”, l’allegra e affiatata compagnia di amici … Rifletto anche sulla bellezza urbinate: tutto quello che abbiamo visto è stato realizzato da un uomo, Federico da Montefeltro, che ha costruito la sua ricchezza sulle guerre… meglio non pensarci, mi consolo pensando che almeno il denaro è stato speso bene.



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