Qual’è il problema della Sicilia?

“Qual è il problema della Sicilia?”. “Il problema della Sicilia è il traffico!”. Questa la risposta di Mec, parafrasando un famoso film di Benigni, ogni qualvolta che ci trovavamo di fronte a lunghissimi rettilinei di strade statali e provinciali siciliane completamente vuoti, senza la minima ombra di veicoli. Una meraviglia, per noi...
Scritto da: roger
qual'è il problema della sicilia?
Partenza il: 14/10/2006
Ritorno il: 22/10/2006
Viaggiatori: fino a 6
“Qual è il problema della Sicilia?”.

“Il problema della Sicilia è il traffico!”.

Questa la risposta di Mec, parafrasando un famoso film di Benigni, ogni qualvolta che ci trovavamo di fronte a lunghissimi rettilinei di strade statali e provinciali siciliane completamente vuoti, senza la minima ombra di veicoli. Una meraviglia, per noi abituati alla caos della nostra circolazione stradale. Certo che il periodo scelto 14/22 settembre è ideale per trovare quel tipo di condizione viaria. Ci riferiscono che non è così nel periodo luglio/agosto.

Mec: il nostro autista, con il fiato sul collo di cinque navigatori assatanati, sulle direzioni da prendere (quasi sempre sbagliate, ma avremo modo di parlarne più avanti), su quando accelerare, frenare, invertire la marcia, scalare di marcia, ecc, ecc. E lui che non si incazza mai. Ma proprio mai. Sorride e continua imperturbato a frenare quando non deve frenare, a scalare la marcia quando non deve scalare, a rallentare quando non deve rallentare, ad evitare miracolosamente scontri quando con camion, quando con autobus. Un Mec unico che, comunque, ci ha condotti sani e salvi nel nostro tour siciliano durato otto intensi giorni.

“E pensare che non lo facevamo mai guidare trent’anni fa!”. Commentavo con Angelo, riferendoci alle nostre avventure giovanili, quando dei tre Mec era quello che guidava peggio.

Che cosa ci aveva spinto ad affidargli il mezzo (Ford Galaxy 7 posti prelevato all’aereoporto di Trapani dall’AVIS) una volta arrivati all’aereoporto è tuttora un mistero.

“In che classe assicurativa siete, voi che fate tanto i furbi? Io sono in quella più bassa. Mai fatto un incidente.” Era vero, la conferma l’abbiamo avuta dalla moglie Stefania.

“Ad essere sinceri una volta ho rotto un fanalino ad uno, ma non ho fatto denuncia perché ho pagato”.

In 30 anni di guida aveva rotto un fanalino. Vi rendete conto? Assicuratori, fatevi avanti perché un cliente del genere non lo troverete più.

La nostra sicurezza era in mani sicure. Nonostante ciò, alla fine della vacanza la mia gamba destra (io che viaggiavo sempre al suo fianco come navigatore ufficiale) era di 1 centimetro più grande per le numerose frenate istintive che anno provocato un solco profondo nella moquette dell’auto che ha fatto lievitare non di poco il prezzo del noleggio.

A dire il vero la prima frenata l’ho fatta sul volo della Ryanair che da Pisa ci ha condotti a Trapani a seguito di un “pauroso” vuoto d’aria che alcuni passeggeri non hanno nemmeno percepito. A tale proposito devo confessare, che pur volando abbastanza, ho sempre paura dell’aereo, o meglio, sono attanagliato da un’inquietudine costante. Allora, mentalmente, entro in uno stato pre-mortem che mi fa essere più fatalista e quindi preparato al peggio. Oppure, come quella volta di un viaggio di 12 ore in Argentina ho optato, insieme ai miei amici, per la soluzione vino e brandy tanto da destare l’indignazione delle hostess e degli altri passeggeri, difesi soltanto da un vecchio gaucho argentino che si fumava tranquillamente un avana. Avevamo trasformato quella parte di aereo in una sorta di saloon della frontiera americana fine ottocento.

Dicevo del volo Ryanair 80,00 € A/R a testa x 6 = 480,00. Un’occasione da prendere al “volo”. E’ una nuova rotta. Il nostro era il viaggio inaugurale. Un’ora dopo eravamo a Trapani. Ritiro bagagli e monovolume prenotata con l’Avis: € 400,00 circa per 8 giorni.

Raggiungiamo il B&B ***NO PUBBLICITà*** 10 Km circa dall’aereoporto. Un B&B situato tra le saline di Trapani, nuovissimo, pulitissimo, confortevole, gestori cordiali e simpatici, colazioni da capogiro. € 50,00 a camera. NO PUBBLICITà La nostra vacanza è stata così organizzata: N° 3 notti a Trapani N° 1 notte Porto Empedocle (AG) N° 3 notti Noto Marina N° 1 notte (ultima) Trapani Alle ore 10,30 del 1° giorno siamo già a Segesta, quattro ore dopo essere partiti da casa, noleggiato l’auto, preso possesso delle camere, sbagliato strada un paio di volte. Roba da guinness dei primati! Il tempo nuvoloso e ventoso non ci fa gustare appieno la visita del bel sito archeologico: il tempio e soprattutto il teatro greco con una vista sulle vallati sottostanti che da sola merita il prezzo del biglietto. I siti siciliani costano tutti 6,00 Euro. Non sono cari, se si considera la spettacolarità e la carica emotiva che ti trasmettono.

All’interno del sito servitevi del pullman per arrivare al teatro greco. Costa pochissimo e vi evita una scarpinata di cui si fa volentieri a meno.

Bene, ora siamo carichi e vogliosi di godere appieno la Sicilia.

Dei sei l’unico ad esserci già stato è Angelo: anni ’70, servizio militare. Meglio dire una specie di CAR durato un mesetto in quel di Trapani. Fuga vergognosa per “marcata visita” con l’accuso di una fantasmagorica ulcera duodenale da parte del nostro “Rambo”. Tra un ospedale ed un altro il tempo della naia è così trascorso. Ha aspettato quasi 30 anni per tornare in Sicilia. Si è tranquillizzato soltanto quando gli è stato riferito che nella sua ormai ex caserma, che non ha potuto (o voluto) localizzare, c’è ora un istituto per vecchi garibaldini superstiti di Calatafimi.

A proposito della cittadina legata al Risorgimento, volevamo andarci una volta lasciata Segesta. Ci siamo invece ritrovati, un’ora dopo, a Castellamare del Golfo.

Cosa diavolo era successo l’abbiamo ancora da capire, così come non siamo riusciti a capire tutte quelle decine di volte che ci siamo persi nell’isola.

Secondo noi il “problema della Sicilia non è il traffico, bensì la segnaletica stradale” che lascia veramente a desiderare. Oppure il problema siamo noi, decisamente imbranati. Diciamo che, come sempre, la verità sta nel mezzo. Per fortuna la gente siciliana è di una gentilezza e di una disponibilità che ci ha sorpreso e grazie a ciò, spesso, ci siamo tirati fuori dai guai.

Quindi Castellamare del Golfo. Non era prevista, ma ce la siamo goduta. Bella cittadina, caratteristica della Sicilia costiera. Se ci capitate e avete fame, così com’è successo a noi perché era già pomeriggio inoltrato, fatevi un panino caldo imbottito al bar di fianco al Comune, sono ottimi.

Si torna verso Trapani. Questa volta non possiamo sbagliare. Prendiamo la SS 187 e dopo qualche Km, attraversata Valderice, entriamo in città.

Apriti cielo! Mec vai a destra, vai a sinistra, no… diritto, ma non hai visto il cartello? Quale cartello? Occhio all’incrocio… stiamo tornando indietro… stai attento a questo ponticello non vorrei che dall’altra parte qualcuno ci facesse cu-cu… Ma qui la precedenza non esiste? Vedi Erice lassù sulla collina? E’ sulla nostra sinistra, dal B&B si vede sulla destra… siamo fuori strada.

Finalmente, quando ormai ci danno per dispersi, a notte inoltrata, arriviamo al B&B.

Il tempo di rubare, con la compiacenza dei titolari, qualche fico d’india da una pianta nel giardino del B&B, di udire, da parte di Mec, un gutturale: “Caz..! Potevate avvertirmi che andava sbucciata ‘sta roba!” e siamo pronti per la cena.

Il ristorante (La Piazzetta – Nubia) ci era stato consigliato dai gestori del B&B. Fatevi sempre indirizzare da chi gestisce un’attività come questa, difficilmente si prendono fregature. Noi, naturalmente, ce la siamo andata a cercare ordinando un gigantesco pesce, esposto nella vetrina frigo, che ha fatto lievitare non di poco il conto. Chi poteva ordinare quel mostro marino? Mec naturalmente. Glielo abbiamo rimproverato tutta la vacanza. La sua frase al momento di pagare, lui che teneva la cassa di tutta la compagnia: “Domani sera pizza.” La pizza (favolosa) in quel locale l’abbiamo mangiata l’ultima sera prima della partenza per casa, chiudendo la cena con due grappe (offerte dalla casa) che credevo fossero due gassose. Avrebbero steso anche un vecchio pastore alcolizzato dell’Alta Val Brembana. Mec ed Angelo se le sono bevute senza danno salvo poi, a notte inoltrata, ululare alla luna che illuminava le saline di Nubia e dintorni.

Il giorno seguente il bel tempo ci consente di dedicarci al mare e alla tintarella.

San Vito lo Capo, Scopello, Riserva dello Zingaro, questo l’itinerario. Volevamo prendere la litoranea da Trapani. Naturalmente ci troviamo persi nel traffico cittadino, contribuendo a creare rallentamenti pazzeschi e ingorghi che passeranno alla storia. In nostro soccorso un volenteroso dipendente delle Poste ci scorta, con l’auto di servizio, fuori città, all’imbocco della litoranea, pregandoci di non tornare in centro.

Senza danni arriviamo a San Vito: spiaggia caraibica, acqua cristallina. Veramente molto bello. In questo periodo non c’è molta gente e si sta da Dio.

Il secondo bagno della giornata lo facciamo in una fantastica cala della Riserva dello Zingaro (entrata da Scopello). Sono circa 15 minuti a piedi attraverso un sentiero della Riserva Naturale (Dio la conservi) nella quale varrebbe la pena passare l’intera giornata.

La sera siamo ad Erice. Lasciamo l’auto nel parcheggio a pagamento di Porta Trapani. Si paga fino al 15 settembre.

“Oggi è il quindici, il parcheggio è vuoto, sono le 20,30, tra un po’ piove, chi vuoi che ci faccia la multa?”. Più per pigrizia che per altro non facciamo lo scontrino al distributore automatico.

L’aria è fresca, direi fredda, siamo a 750 mt s.L.M.. Entriamo nella la cittadina medioevale, passeggiamo tra i vicoli e ci accorgiamo che stanno preparando, per la serata, delle recite teatrali all’aperto. Splendido! siamo stati fortunati: giochi di luci soffuse e colorate, scenografie particolari, rendono fiabeschi i vicoli e le piazzette.

Velocemente, non vogliamo perderci lo spettacolo, cerchiamo una pizzeria. Ne troviamo una in un vicolo. “Da Ulisse”, questo è il nome della pizzeria, tra l’altro anche molto elegante, dove consumiamo 6 pizze, 5 birre, 1 acqua minerale, 5 caffè, a 10,00 Euro a testa. Dalle nostre parti con quella cifra puoi arrivare a 6 panini con un velo di mortadella e qui siamo nel pieno centro di Erice.

Le attrici e gli attori sono bravi. I cantori intonano affascinanti ballate locali. Ci caliamo appieno in quest’atmosfera e partecipiamo veramente con passione a questo spettacolo insperato. Continuiamo a spostarci insaziabili nei vicoli passando da un’atmosfera ad un’altra, da uno spettacolo ad un altro, fino ad arrivare all’elegante castello della cittadina. Da quell’altezza si gode di una vista eccezionale sulle luci di Trapani e tutto il golfo fino a Favignana. Il caso vuole che un temporale, in avvicinamento, stia imperversando sul mare. Violenti tuoni e lampi impressionanti squarciano l’aria, illuminando a giorno Erice e Trapani sottostante. Ci guardiamo esterrefatti chiedendoci se tutto quello a cui abbiamo e stiamo assistendo è vero.

L’incanto è rotto però dalle prime gocce d’acqua in arrivo.

Velocemente raggiungiamo l’auto. Appena in tempo.

Mec avvia l’auto e il tergicristallo: “Cos’è quel foglio?”. “Prova ad indovinare. Certamente non è pubblicità”. Infatti. Stendo un velo pietoso sul rientro al B&B sotto al temporale. Riporto soltanto in titolo della Cronaca di Trapani su di un quotidiano locale, apparso due giorni dopo: “Temporale estivo e un’automobile non identificata paralizzano il centro cittadino.” Il giorno dopo le condizioni del tempo (vento forte e freddo) non ci consentono di raggiungere Favignana (in programma). Optiamo per una visita alle Saline ed al museo, quindi Marsala e Selinunte.

Avevo letto delle recensioni su Selinunte non proprio entusiasmanti. Devo dire, invece, che l’ho trovata straordinaria. La posizione del sito così a ridosso della costa, l’azzurro imperante tra cielo e mare rendono affascinanti queste rovine.

La sera cena a Trapani, “Ai Lumi”: un elegante ristorante in pieno centro storico. Optiamo per un piatto unico, caratteristico della zona: il “Cus-cus”. E’ una specialità araba che, comunque, in quella zona della Sicilia cucinano molto bene. Ci portano a tavola un piatto con una specie semolino, che ogni tanto devi condire con il brodo di pesce, sormontato da un’orata. E’ buonissimo. L’unico inconveniente è rappresentato dalle lische del pesce che hanno costretto quasi tutti ad inforcare gli occhiali. Mec mi guarda ridendo (lui non li mette): “Così impari a fare l’americano”. Ha ragione. Si prende una bella rivincita su tutte le volte che lo riprendo per la sua guida.

Una bella bottiglia di Nero d’Avola ci accompagna nella degustazione. Chi dice che il vino rosso non si accompagna con il pesce? Spendiamo sui 20,00 Euro a testa.

La mattina del terzo giorno siciliano, dopo un’abbondante colazione (arricchita addirittura da un’enorme porzione di buonissima ricotta fresca), partiamo per Agrigento.

Facciamo tappa a Sciacca dove assaporiamo le nostre prime granite e gustiamo i cannoli siciliani e in serata raggiungiamo Porto Empedocle, a due passi dalla Valle dei Templi.

Prendiamo possesso delle nostre camere in un B&B prenotato che non è nemmeno lontano parente di quello di Trapani. Non tanto per la pulizia perché è molto curato, ma per altri aspetti così riassunti: su internet non dice che al piano ci sono 5 camere con 3 bagni senza bidet, che la visuale non è da capogiro, così com’è scritto, bensì dà direttamente sull’enorme cementificio di Porto Empedocle, la colazione, con caffèlatte tenuto in caldo nei termos, non gli fa onore. Di positivo la posizione, strategicamente ottima vista la vicinanza della Valle dei Templi ed altre località che riassumerò più avanti.

Il tempo di posare i bagagli e via verso la Valle.

Beh, insomma, che dire? Tutti sanno cosè e che cosa rappresenta. Non puoi andare in Sicilia senza fare una visita a quel sito straordinario.

Era nostra intenzione fare la Valle dei Templi di sera, quando tutto è illuminato, ma tali visite sono possibili soltanto fino alla 31 di Agosto, peccato. I templi illuminati li vediamo comunque la sera, dopo cena, transitando in auto nella strada limitrofa alla Valle.

Nota triste: il tempio della Concordia, quello meglio conservato, è in parte ingabbiato per lavori di ristrutturazione.

Prima di rientrare al B&B decidiamo di fare un salto a vedere la Scala dei Turchi: trattasi di una spettacolare scogliera bianchissima a scaloni alta una cinquantina di metri a strapiombo sul mare. La leggenda vuole che su di essa si arrampicarono i turchi invasori, da lì il nome.

Ora, Porto Empedocle non è New York, i percorsi facilmente individuabili, la segnaletica abbastanza efficiente, invece noi ci ritroviamo in un quartiere popolare (che successivamente abbiamo saputo a rischio), senza via d’uscita.

Quando la notte sta per sopraggiungere e preoccupati manifestiamo anche forti dubbi che si possa ritrovare la strada del B&B, si avvicina un signore che chiede: “Vi siete persi?” “Volevamo raggiungere la Scala dei Turchi, ma abbiamo sbagliato strada”.

“Scusate, ma non sarete mica quelli che hanno fatto tutto quel casino a Trapani? Perché i giornali parlavano di una monovolume…”.

“No,no.” Lo interrompo. “Noi veniamo da Messina”. E guardo preoccupato i miei compagni di viaggio, augurandomi che qualcuno non si tradisca.

Lui, gentilissimo, non solo ci indica la strada, ma sale addirittura sull’auto, ci accompagna allo svincolo, sulla provinciale che va dritta alla nostra destinazione. Da lì non possiamo sbagliare. Poi lui sarebbe tornato a casa a piedi. Il massimo della cortesia.

Ah, dimenticavo. Durante il tragitto Mec, colloquiando con quel signore che sedeva davanti, naturalmente ha parlato entusiasticamente delle bellezze di Trapani e dintorni.

Arriviamo alla Scala dei Turchi a notte fonda. Non si vede una s…! All’unanimità decidiamo di tornare la mattina seguente, prima di partire per Piazza Armerina.

Da segnalare la cena in centro di Porto Empedocle, alla trattoria “La Grotta di Vigata”: ottima ed abbondante serie di antipasti di mare e misto di primi piatti, un paio di caraffe di vino, acqua, dolce e caffè, 20 Euro a testa.

Il giorno dopo, prestissimo, siamo sulla spiaggia adiacente la Scala dei Turchi, il tempo di fare qualche foto e riprendiamo la strada verso la casa natale di Pirandello, ora museo. E’ d’obbligo una visita, soprattutto per Lara, che è una grande ammiratrice del teatro pirandelliano ed in particolare dell’interprete che ora va per la maggiore, Salvatore Lo Monaco.

In tarda mattinata siamo a Piazza Armerina, via Caltanissetta.

Stranamente troviamo subito la nostra meta, la Villa Romana del Casale, anche perché alcune decine di pullman di turisti parcheggiati lungo la strada ci fanno capire che lì non può esserci il mercato rionale del pesce, ma qualcosa di interesse mondiale.

I pavimenti a mosaico della villa del periodo imperiale sono strabilianti. Migliaia di metri quadrati perfettamente conservati per migliaia di anni, visitabili attraverso una passerella ad un paio di metri di altezza che fa il giro di tutta la villa. Certo che questa passerella e tutta la struttura con pareti e tetto in plexiglas che sovrastano i mosaici non sono un bel vedere per la loro modernità, ma credo che sia l’unico modo per proteggerli e permetterne la visita, almeno fino a quando qualcuno non inventerà qualcosa di diverso.

Il tempo stringe, purtroppo, ma usciamo dal sito soddisfatti, consci di aver visto qualcosa di unico. La Villa del Casale è una sorta, con i distinguo del caso, di Pompei in miniatura, almeno a me la ricorda: con la particolarità delle terme, il peristilio, la sala absidata, le raffigurazioni. E’ diverso, certo. Qui il valore dei mosaici è incommensurabile, la città campana, invece, è inarrivabile perché nella sua vastità la vivi tutta e riesci a calarti fino in fondo nel periodo storico, fino a sentirne le voci, i rumori, gli odori. Quello che è certo è che sia qui che a Pompei si respira la magnificenza e l’imponenza della romanità.

Affamati raggiungiamo il centro di Piazza Armerina. La cittadina, molto bella, è aggomitolata su di una collina con una splendida vista. Il tempo per un panino e qualche birra, di un giro turistico in città e partiamo per Noto Marina.

Statale fino ad Enna, dopo aver attraversato vallate dai colori indimenticabili che ricordano molto certe zone della Toscana.

Dal capoluogo più alto d’Italia prendiamo l’autostrada direzione Catania-Siracusa.

Due ore e mezzo dopo siamo a Noto Marina. La scelta del luogo è stata fatta sulla base della posizione baricentrica rispetto alle località da visitare: Noto, Ragusa, Modica, Siracusa, Riserva di Vendicari. La previsione si è rivelata azzeccata.

Alloggiamo al B&B Villa Felicia (eccellente). Si trova in mezzo al verde degli agrumeti dal profumo intenso, a due passi dal mare in un’oasi di silenzio. Le camere sono ampie e confortevoli; c’è la piscina, il biliardo, spazio a volontà e parcheggio custodito. La colazione è ricercata ed abbondante. La titolare, Felicetta, oltre ad essere una donna fine ed elegante, ti fa sentire a tuo agio fin dal primo momento. Il B&B è molto grande, mi pare una ventina di camere, ma noi, visto il periodo, siamo praticamente da soli, una meraviglia. Euro 60 al giorno per una matrimoniale. Tel: 347 4847786 – 347 4342301 – 347 9046841.

Grazie alle indicazioni di Felicetta la sera, con 20 Euro a testa, ceniamo in un ottimo ristorante di Noto: “Baglieri”, in pieno centro.

La città Barocca (Giardino di Pietra), vista di sera, illuminata, è affascinante. Non abbiamo avuto il tempo di tornarci di giorno, ma è meglio così perché nei nostri ricordi rimane indelebile l’immagine di una città particolare che forse la luce del giorno avrebbe offuscato. Il duomo (famosissimo), la cui cupola centrale crollò di schianto qualche anno fa, è ingabbiato, ancora per qualche mese, per lavori di recupero. Ci sono però tante strade (come quella dove viene fatta l’infiorata), palazzi e chiese che meritano una visita.

Uscire con l’auto da Noto ed imboccare la strada verso casa, è stata un’impresa titanica. Basta dire che ad un certo punto, uscendo da un vicolo strettissimo e ripidissimo (come abbiamo fatto ad infilarci lì!!??), ci siamo ritrovati a ridosso di una storica scalinata a strapiombo, fortunatamente delimitata da paletti di ferro. Insomma, per uscire dalla città abbiamo rischiato di fare dei danni al patrimonio storico per i quali saremmo stati ricercati dall’Unesco per gli anni a venire della nostra esistenza.

Il giorno dopo Siracusa-Ortigia.

Giornata caldissima, e siamo al 19 settembre. Ci chiediamo come faranno i turisti a visitare le località in piena estate, con il solleone. Probabilmente molte escursioni le faranno di sera, con i siti aperti fino a tardi.

Sostiamo nel parcheggio a pagamento davanti al Parco Archeologico ed entriamo ad ammirare in ordine l’Orecchio di Dionisio, il Teatro greco, l’Anfiteatro romano.

Quello che più ci ha colpito è il teatro greco: affascinante, bianchissimo, quasi interamente scavato nella roccia. E’ molto grande e si dice che per importanza storica sia superiore a quelli della Grecia.

L’orecchio di Dionisio è un’enorme cavità artificiale con un’acustica particolare. Si dice che Dionisio vi rinchiudesse i prigionieri per ascoltare dall’esterno i loro discorsi. Una sorta di gigantesca microspia dell’antichità.

Un salto all’anfiteatro romano, velocemente perché a nostro avviso non merita visto il pessimo stato di conservazione e ci dirigiamo verso Ortigia.

Conviene prendere la macchina perché vicino alla cittadella fortificata ci sono parcheggi molto grandi (a pagamento) dov’è possibile trovare posto con facilità.

Ortigia è un condensato di opere storiche impressionante: dai Greci, ai Romani, ai Bizantini, agli Arabi, fino ad arrivare agli Spagnoli.

Il caldo tremendo non ci fa godere appieno il tour. Consumiamo i panini, con più soddisfazione del solito, all’ombra del parco della Fonte Aretusa: “Nella parte estrema di quest’isola vi è una fonte di acqua dolce il cui nome è Aretusa, di incredibile ampiezza, pienissima di pesci, il cui flusso sarebbe tutto sommerso se non fosse separato dal mare da un massiccio muro in pietra”. (Cicerone) E’ una citazione doverosa perchè in certi luoghi il rimando al classicismo è inevitabile. Come non ricordare Archimede e le sue macchine infernali che non poche difficoltà hanno creato ai romani.

Visto il caldo la voglia di un bagno è imperante. Direzione, quindi, verso Fontane Bianche.

Inutile dire che non troviamo le spiagge dell’amena località non tanto per colpa nostra, ma perché da quelle parti trovare l’accesso al mare è più difficile che vincere al Supenalotto.

Dalle parti di Avola incappiamo in una bella spiaggetta con promontori laterali, parcheggio in una pinetina alle spalle. Bagno tonificante fino a quando improvvise gocce d’acqua ci costringono ad una veloce quanto poco dignitosa fuga.

La sera si cena a Marzameni, paesino/tonnara che merita di essere visto, soprattutto con le luci della sera. Cena non entusiasmante in un locale del porticciolo a menù turistico. A Marzameni si possono acquistare alcune leccornie, in un paio di fornitissimi negozi, da portare ad amici e parenti. Da segnalare il prosciutto di tonno: un pezzetto mi raccomando perché è carissimo.

La mattina successiva, dopo un’abbondante colazione consumata in tavoli apparecchiati sotto le fronde del freschissimo agrumeto del B&B, si parte verso Ragusa/Ibla.

Angelo, invecchiando, è letteralmente terrorizzato dai viadotti, particolarmente quelli con basse protezioni. Sulla strada per Siracusa ce n’è uno, senza dubbio il più alto della Sicilia, dove, guarda caso, dei lavori in corso obbligano la circolazione ad un senso unico alternato. Siamo stati fermi proprio al centro del viadotto almeno 5 minuti, ma per Angelo sono stati 5 ore, di supplizio!!! Quando stiamo per telefonare alla Protezione Civile affinché invii un elicottero, finalmente si riparte.

Attraversiamo Ragusa e poco dopo siamo ad Ibla, la parte vecchia della città: un gioiellino.

Ai piedi della città c’è, ben visibile, un grande parcheggio. Da lì parte una scalinata che, attraverso vicoli solo pedonabili ed erte stroncagambe porta fino alla piazza centrale. Ibla è tutta da godere a testa in su, con i palazzi barocchi dagli eleganti balconi, sorretti da mensole con una serie di personaggi e un repertorio di mostri, belve, facce orribili e fantastasmagoriche.

Al ritorno si transita da Modica, per dare un’occhiata alla città barocca e comprare la famosa cioccolata.

Angelo minaccia di tornare a piedi fino al B&B (60 Km) se rintransitiamo sul ponte famoso. Miracolosamente imbocchiamo la Statale 115 che ci porta dritto in pochi minuti a Modica.

All’ingresso di Modica Bassa ci troviamo di fronte alla chiesa di san Giorgio e alla sua impressionante scalinata formata da 250 scalini: riprese e foto a volontà.

L’itinerario prevede una puntata alla Riserva di Vendicari e alle sue famose spiagge.

E’ tardi, vogliamo solo vedere, il bagno lo riserviamo al giorno dopo.

La nostra meta è Calamosche: una baia che ci è stata raccomandata.

Dalla Strada Provinciale n° 19 Pachino-Noto parte una strada sterrata (ben segnalata) di circa 1 KM che porta dritto alla costa. Parcheggio a pagamento custodito. A piedi (20 minuti) si raggiunge la spiaggia di Calamosche: un paradiso naturale di sabbia rosa di 200 metri di lunghezza e 50 di profondità, dune alle spalle, acqua cristallina davanti. All’entrata si paga 2 Euro mi pare, ma noi non abbiamo pagato perché, visto l’orario e la stagione, non c’era nessuno all’ingresso.

Mec: “Vedrai che non pagheremo nemmeno il parcheggio”.

Infatti. Euro 3,00.

Ci saluta un tramonto d’altri tempi dai colori inenarrabili.

La sera ceniamo al B&B, nella grande veranda prospiciente le nostre camere. Tutto a base di frutta, tra cui un enorme melone che ci siamo trascinati dietro per tutta la Sicilia: l’avevamo comprato il primo giorno a Paceco (TP). Mi è sembrato udire (ma non sono pronto a giurarlo) nel momento che Mec l’ha tagliato: “Era ora banda di rincoglioniti”.

Annaffiamo la cena con una bottiglia di Nero d’Avola che avevamo acquistato insieme alla frutta.

“Meno male che doveva essere una cena rinfrescante e disintossicante: ubriaconi”. Commentano le donne, salvo poi unirsi a noi nei vari brindisi di fine vacanza.

Ne offriamo un bicchiere anche al marito di Felicetta, un simpatico e giovane medico.

Poco dopo torna con una bottiglia in mano, sempre di Nero d’Avola.

“Spero non vi offenderete se vi offro questa bottiglia, forse è una qualità leggermente superiore al vostro”.

“Ma figurati, non ci offendiamo affatto, anzi”. Rispondiamo coralmente alla sua squisita gentilezza.

Tra il vino del dottore e il nostro c’era la differenza che passa tra un Brunello di Montalcino d’annata e uno sciacquabudella venduto in una cantina di infimo ordine di periferia.

Nella spiaggia di Noto Lido passiamo la mattina seguente.

Abbronzantissimi (è il 21 settembre) partiamo per raggiungere Trapani.

Autostrada Siracusa-Catania-Enna-Palermo-Trapani. Comoda, gratuita, pochissimo traffico salvo l’allucinante tangenziale di Palermo.

Transitiamo anche da Capaci. Il pensiero di tutti non può non andare al giudice Giovanni Falcone. Ci sembra impossibile che in una terra meravigliosa come questa… Ma no, questi sono altri ragionamenti che necessiterebbero di altri spazi e riflessioni più profonde. Comunque fate come noi, se vi capita di passare in quel tratto di autostrada mandate un saluto o una preghiera (per chi crede) a quegli uomini coraggiosi.

E’ notte quando arriviamo al B&B i titolari, come sempre cortesi, ci stanno aspettando. La signora sta per uscire insieme alla figlia. Calorosamente ci salutano.

Il commento di Mec che chiude con il massimo dei voti la sua performance settimanale: “Come siamo eleganti stasera. Dove va, a ballare?”.

Ciao, al prossimo viaggio.



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