L’unicità di Istanbul

Istanbul dà la sensazione di essere lontani dai propri stili di vita e dalle proprie abitudini, pur essendo relativamente vicina
Scritto da: Sergio C.
l’unicità di istanbul
Partenza il: 28/04/2012
Ritorno il: 02/05/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Istanbul rappresenta forse un primo delicato approccio alla cultura islamica in quanto perfettamente europea, nel bene e nel male, per servizi, trasporti, pulizia ma con un anima intensamente orientale per profumi, suoni e ospitalità.

Prima di partire per un viaggio si hanno generalmente delle aspettative, si ha una idea di ciò che si andrà a visitare, pertanto ci si documenta su dove andare e come organizzare meglio i tempi limitati di cui si dispone. In gran parte dei luoghi visitati si riesce a rispettare una determinata programmazione e si ritorna in Italia soddisfatti di ciò che si è visto, senza tanto rammarico.

A volte può accadere che il luogo da visitare sia così carico di attrattive, non considerate in un primo momento, da rendere insufficiente il tempo a disposizione. Visitando Istanbul si rimane affascinati non solo dalle singole principali attrattive, ma dall’unione di vari aspetti che non si possono cogliere pienamente in un singolo e breve viaggio. Se da un lato è possibile visitare in pochi giorni i tanti edifici bizantini ed ottomani che si concentrano a breve distanza principalmente nel quartiere di Sultanahmet, ben altro tempo merita il girovagare tra i vicoli dei vari quartieri, tra gli odori delle spezie, i canti dei muezzin e la gentilezza degli abitanti. Al termine dei pochi giorni che abbiamo dedicato a Istanbul ci siamo accorti che questa città ci ha donato molto di più della semplice vista di monumenti, peraltro unici e stupendi: Istanbul ci ha affascinato dal punto di vista umano come pochi altri luoghi al mondo forse sanno fare.

Un volta atterrati all’Aeroporto Sabiha Gokcen, dirigendoci con la navetta verso il centro, siamo rimasti colpiti dall’enorme fiume di auto che si riversa per le strade; a Istanbul, in determinate ore del giorno c’è un traffico micidiale che allunga notevolmente i tempi di percorrenza. L’aeroporto dista dal centro solo 35 km di strade a tre corsie, tuttavia per arrivare ci sono volute quasi due ore. Oltrepassato il Bosforo, giunti sulla sponda europea la navetta ha fatto il primo scarico di turisti a piazza Taksim e Beyoglu, zona che sinceramente ci è sembrata uguale a tante altre città europee. Siamo arrivati infine al margine della città vecchia all’Hotel Nobel, in zona Laleli, scelto principalmente per ragioni economiche, che si è rivelato un ottimo hotel, serve una colazione abbondante, si trova a breve distanza dal centro ed è ben collegato con il resto della città. In tutte le zone di Istanbul è possibile trovare uffici dove cambiare euro in lire turche a tassi molto più convenienti rispetto a quelli applicati all’interno dell’aeroporto. Per i trasporti ci siamo spesso affidati alla metropolitana di superficie che attraversa tutta Sultanahmet al costo di un gettone da due lire turche a tratta.

Il primo pomeriggio a disposizione lo abbiamo dedicato alla Basilica di Aya Sofya, prima chiesa, poi moschea infine museo, un vero simbolo della travagliata storia di Istanbul. Abbiamo trovato una lunga fila, che poteva essere evitata andando di mattina. Alla biglietteria ci hanno fatto consegnare il treppiede, mentre le foto all’interno sono ammesse solo senza l’uso del flash. Pensavamo che all’interno di Aya Sofya il velo fosse obbligatorio per le donne e ci si dovesse levare le scarpe, mentre trattandosi di fatto di un museo ci si può muovere normalmente. La prima sensazione che trasmette la Basilica di Aya Sofya è l’enormità degli interni, in un attimo si perde la sensazione dello spazio e gli altri visitatori diventano tante piccole formiche che camminano sotto una grandiosa cupola, che ancora oggi non si riesce a capire come si sostenga. Tale impressione è maggiore salendo sul piano superiore, dal quale si gode inoltre di una vista strepitosa sulla Moschea Blu. Da non perdere ciò che rimane dei mosaici bizantini e una sosta alla colonna del pianto.

Un volta usciti dalla basilica ci siamo diretti verso la Moschea Blu (Sultanahmet Camii), dal profilo impressionante, percorrendo viali circondati da aiuole di tulipani. Questa zona è sicuramente la più turistica di Istanbul, in quanto è un vero concentrato di attrazioni. A metà pomeriggio abbiamo sentito per la prima volta ad Istanbul il canto dei muezzin, che sono diversi e trasmettono da molti minareti sparsi nella città. Si ha l’impressione che al termine di un canto ne inizi un altro diffuso da un altro minareto; il tutto dura per circa dieci minuti, al massimo un quarto d’ora durante la quale nulla si ferma e tutti ascoltano. La Moschea Blu, pur essendo visitata da diverse migliaia di turisti ogni anno, è un vero luogo di preghiera e vi si può accedere solo al di fuori degli orari di raccoglimento dei fedeli. Il cortile è sempre aperto e si apre ai piedi della grandiosa facciata. I turisti possono accedere all’interno solo da un ingresso laterale, togliendosi le scarpe da imbustare in appositi sacchetti; per le donne, come in tutte le moschee, è obbligatorio il velo. Una volta entrati si può percorrere solo un breve corridoio, tutti gli altri spazi sono riservati alla preghiera. Oltre che per l’immensità degli spazi questa moschea rimane impressa per il colore blu delle piastrelle che ricoprono colonne, archi e cappelle. I tappeti rossi che ricoprono il pavimento fanno risaltare la delicatezza delle decorazioni. Al termine del pomeriggio ci siamo diretti verso l’hotel lungo il viale principale ed abbiamo cenato al ristorante Vuslat, dove ci hanno servito diversi tipi di kebab a prezzi onesti. Di sera la zona di Sultanahmet e del Gran Bazar è molto tranquilla, le moschee rimangono aperte fino a tarda ora ed i venditori ambulanti lentamente ritirano le merci esposte. Tutto il viale Divan Yulu – Ordu Caddesi è disseminato di pasticcerie buonissime ed economiche, servono principalmente baklava e lokum a base di ingredienti semplici e molto dolci.

Il giorno dopo, domenica, gran parte dei negozi rimane chiusa così come tutto il gran bazar. Nel centro storico si respira un’aria tranquilla, per strada si incontrano poche persone, solo in pochi continuano a trainare i carretti, cani e gatti convivono pacificamente e gironzolano indisturbati. Come prima tappa abbiamo scelto la Cisterna Basilica (Yerebatan Sarnici) e pur essendoci mossi prestino, alle nove di mattina, c’è già la fila all’ingresso. Si tratta di un ambiente ricco di atmosfera, molto umido con l’acqua che gocciola costantemente dal soffitto ed illuminato perfettamente in modo da mettere in risalto le file di colonne. Nel lato dell’ingresso l’acqua è leggermente più profonda e permette la vita di pesci rossi e soprattutto carpe che nuotano pigramente tra le colonne. Il lato più caratteristico è quello opposto all’ingresso, con i capitelli con le enormi teste di Medusa rigirate come basamento delle colonne, provenienti da altri monumenti più antichi e riutilizzate come materiale da costruzione.

Una volta usciti abbiamo attraversato buona parte della città vecchia e ci siamo diretti verso la Moschea di Solimano (Suleymaniye Camii), situata in una posizione dominante rispetto al resto della città. Pur essendo una delle moschee più famose di Istanbul e venga considerata una delle più belle opere dell’architetto Sinan, questa moschea quella mattina era stranamente poco frequentata dai turisti ed abbiamo avuto la sensazione di essere degli intrusi in mezzo a tanti fedeli. Il cortile è enorme, forse anche più grande rispetto a quello della Moschea Blu, mentre all’interno c’è un unico grande lampadario con tre cerchi concentrici. Nell’insieme questa moschea appare più sobria ed elegante rispetto alla Moschea Blu, ed all’interno regna una atmosfera di maggiore raccoglimento, dovuta anche al fatto che noi turisti, almeno quella mattina, eravamo veramente pochi. Abbiamo notato inoltre che gran parte degli uomini e delle donne indossavano abiti tradizionali, come capita raramente di vedere nelle zone più turistiche. Sul lato della moschea che si affaccia sul Corno d’oro c’è una ampia terrazza da cui si gode di un panorama strepitoso sul Ponte di Galata, la città nuova e il Bosforo.

Dalla sommità della collina ci siamo diretti verso il mercato delle spezie, che, differentemente dal Gran Bazar, rimane aperto anche di domenica. Possiamo dire che, oltre ad aver seguito la naturale discesa verso il porto, siamo stati guidati dall’olfatto visto che in prossimità del bazar delle spezie gli aromi diventano così intensi e penetranti da stordirti diventando indistinguibili. Oltre che per gli odori questo mercato rimane impresso in quanto vero tripudio di colori caldi: tanti mucchi a forma di cono di spezie colorate di tutti i tipi. Nei tanti negozi all’interno del bazar delle spezie si trova di tutto: frutta secca e candita, stoffe, dolci, erboristerie, misture varie e soprattutto tanto “falso made in Italy”: i prodotti italiani vengono copiati ed in tal modo svalutati, in tutti in modi…si può interpretare ciò come una forma di ammirazione per i prodotti della moda italiana, di fatto tutto questo libero mercato del falso si traduce in miliardi di perdite per le aziende italiane. Tralasciando questi aspetti i bazar vanno assolutamente visitati, i venditori non sono assolutamente insistenti come i loro colleghi marocchini o egiziani e contrattare con loro può rivelarsi anche piacevole. All’interno del bazar delle spezie un piccolo varco conduce all’esterno, ai piedi della Yeni Camii o Moschea Nuova, e qui si trova il mercato all’aperto delle piante e degli animali. Chi desidera trovare i bulbi dei tulipani che colorano Istanbul qui ne troverà in abbondanza. Passando dal lato dei venditori di animali, oltre a tanti poveri animali domestici in gabbia, abbiamo trovato diversi allevatori di sanguisughe…cosa ci facciano delle sanguisughe nel 2012 e perché tutt’oggi ci siano degli acquirenti è un mistero!

Passeggiando oltre il bazar delle spezie, dopo esserci storditi con tanti aromi esotici, finalmente abbiamo riconosciuto un profumo tanto caro a noi italiani, il caffè. In prossimità di una delle uscite del bazar si incontra uno dei più importanti negozi di caffè di Istanbul, il Kurukahveci Mehemet Efendi, e la sua produzione è veramente forte, 100 % arabica, quasi troppo intenso per i nostri gusti.

Lungo la stessa via, risalendo il Corno d’Oro e tanti altri mercatini, siamo arrivati all’ingresso nascosto di una delle moschee più belle di Istanbul, la Rustem Pasa Camii. Mentre la Moschea Blu e quella di Solimano impressionano soprattutto per la grandiosità, la Rustem Pasa Camii stupisce per la raffinatezza delle ceramiche blu che la ricoprono quasi fino al soffitto. Questa moschea è piccolo gioiello ci è piaciuta anche perché poco frequentata, praticamente c’eravamo solo noi.

Arrivata l’ora di pranzo ci dirigiamo alla base del Ponte di Galata dove gustiamo il famoso panino con il pesce (balik)…buono, sano ed economico. Si tratta di filetti di sgombro o sugarello (pesce azzurro) cotti alla piastra. Sul ponte di Galata ed alla base dello stesso c’è un immenso brulicare di gente, turisti, venditori, ed una lunga fila di pescatori avvolti dal profumo di pesce alla griglia. Ci si domanda come mai tanti pescatori peschino gomito a gomito lungo il ponte: basta osservarli qualche minuto per capire come questo tratto di mare sia effettivamente pescoso di piccolo pesce azzurro, è tutto un susseguirsi di calate e recuperi. Dal Ponte di Galata la vista è ampia e stupenda su entrambe le sponde, da un lato le tante cupole ed i sottili minareti delle moschee di Sultanahmet, dall’altro lato la Torre di Galata e la città nuova.

Nel pomeriggio volevamo raggiungere la Chiesa del Salvatore in Chora (Museo Kariye), che si trova piuttosto lontana da Sultanahmet, ed abbiamo cercato un autobus che facesse fermata a Edirnekapi. In prossimità della base del Ponte di Galata, ad Emininonu, risalendo il Corno d’Oro c’è una grande stazione di autobus, ma abbiamo potuto constatare che in quel momento nessuno si dirigesse verso Edirnekapi. Con aria indifferente ci siamo rivolti ad uno dei tanti tassisti lungo la strada ed abbiamo iniziato a contrattare; pur avendo dimezzato la richiesta iniziale il taxista non è voluto scendere sotto le 20 lire turche, un autentico furto. Stremati dalla contrattazione abbiamo accettato di essere derubati in tal modo e ci siamo goduti la spericolata corsa nel traffico di Istanbul. Nei pressi del Museo Kariye c’è un vero e proprio parcheggio di taxi e ci si domanda se la scarsità di autobus che facciano fermata ad Edirnekapi sia semplicemente casuale. Entrando nella ex Chiesa del Salvatore in Chora ci siamo dimenticati delle polemiche, qui si fa un vero salto nel tempo, quando Istanbul era Costantinopoli. Si tratta di una piccola Chiesa Bizantina quasi interamente rivestita da mosaici dorati di valore inestimabile. I mosaici descrivono vari episodi del nuovo e del vecchio testamento ed i dettagli dei volti di Cristo dimostrano l’elevato talento degli artisti dell’epoca. Anche questa chiesa era stata convertita in moschea, aggiungendo all’esterno un minareto e comprendo mosaici e dipinti, in quanto nell’islam nessuna immagine più raffigurare Dio; in seguito all’apertura del museo i mosaici e gli affreschi sono stati riportati alla luce e si sono conservati perfettamente, molto meglio di quelli presenti nella Basilica di Aya Sofya, che ha avuto una storia molto più travagliata.

A brevissima distanza dalla chiesa sorgono le lunghe mura teodosiane, addossate alle case di legno di Balat, il quartiere ebraico. Dalla cima delle mura la vista spazia lungo il Corno d’Oro fino ai tanti grattacieli di cristallo sorti in tempi recenti. Seguendo le mura siamo arrivati a ciò che rimane del Palazzo del Porfirogenito, un edificio di epoca bizantina che se fosse rimasto completamente in piedi sarebbe stata una meraviglia.

Per tornare verso il centro abbiamo deciso di attraversare tutti i quartieri occidentali, Balat Fatih e Fener, sperando di non perderci. La strada principale segue l’andamento collinare della zona che in alcuni punti offre anche belle vedute sul Corno d’Oro. In questa zona non abbiamo incontrato turisti, ma tanta gente di Istanbul che segue per lo più uno stile di vita tradizionale, lontano dalla nostra frenesia. Ai nostri occhi risalta in primo luogo l’abbigliamento: ampie tuniche, barbe lunghe e copricapo rotondo per gli uomini, velo nero quasi integrale per le donne. Occorre segnalare che anche in questi quartieri sono arrivati i gusti occidentali, nel bene e nel male, e data la bella stagione c’erano molte ragazze in jeans o in minigonna. Noi non ci siamo sentiti mai osservati e quando abbiamo chiesto conferma del tragitto per Fener un ragazzo a gesti ci ha indicato la strada. In un’altra occasione dei ragazzi hanno pensato che fossimo diretti al Museo Kariye, in quanto si tratta dell’unica attrazione famosa di questi quartieri. In realtà in queste zone, pur non essendoci dei punti di interesse particolare, abbiamo incontrato numerose grandi moschee (Sultan Selim Camii) e soprattutto tante abitazioni tipiche di ogni quartiere.

Balat e Fatih in particolare conservano ancora tante e antiche abitazioni in legno, mentre a Fener gli edifici sono più caratteristici, intonacati con vari colori pastello e tinte delicate: qui tutto è sormontato dal Rum Lisesi, l’enorme Collegio Greco Ortodosso costruito interamente con mattoni rossi. Proprio sotto questo edificio gotico scende una ripida via verso il Corno d’Oro, particolare in quanto divisa da una abitazione cilindrica che prima era di colore azzurro, mentre ora, in fase di restauro, e stata ridipinta di rosa: questi quartieri sono riconosciuti come Patrimonio dell’Unesco ed hanno ricevuto ingenti finanziamenti per essere riqualificati, quindi sia le case che le strade sono in via di restauro. Nonostante alcune guide considerino Fatih, Balat e Fener dei quartieri in cui è facile perdersi, noi non abbiamo avuto alcuna difficoltà di orientamento seguendo le vie principali in discesa che portano inevitabilmente fino al Corno d’Oro. In questi quartieri si può cogliere la vera anima di Istanbul, dove tanta gente emigrata dal resto della Turchia convive pacificamente senza abbandonare le proprie tradizioni. Crediamo che visitare solo la parte a maggiore vocazione turistica di Istanbul tralasciando tutto il resto sia un grave peccato, in quanto forse questi quartieri sono quelli che rimangono più impressi.

Nostra intenzione era quella di prendere il traghetto al porticciolo di Fener, quando poi abbiamo scoperto essere chiuso abbiamo ripiegato prendendo uno dei tanti bus che riconducono ad Emininonu…peccato che invece di fermarsi ad Emininonu, il bus ha oltrepassato il Corno d’Oro e ci ha lasciato sotto la Torre di Galata! Essendo ormai giunto il tardo pomeriggio abbiamo pensato che non ci fosse nulla di meglio di vedere il panorama di Istanbul con le luci del tramonto.

Siamo risaliti sulla collinetta di Galata, passando per la scala di Kamondo e, giunti in prossimità della torre, ci siamo fermati casualmente sul primo bar aperto che abbiamo incontrato, in cerca di un po’ di riposo. Non potevamo immaginare che si trattasse di un bar (Galata Konak Cafe) con terrazza panoramica situata a breve distanza dalla cima della Torre di Galata, che gode praticamente dello stesso panorama. Ci siamo gustati un chai (tè) comodamente seduti mentre sotto di noi si estendeva Istanbul, il Bosforo, la città vecchia dominata da tante cupole e minareti, ed il ponte con l’intenso traffico di navi…uno spettacolo unico!

Per cenare abbiamo ripreso la metropolitana di superficie che ci ha riportato nella zona del Gran Bazar, e ci siamo fermati al ristorante Antakya dove abbiamo preso un enorme kebab misto, presentato con tanto di fiaccole…ottimo, ma un po’ più caro rispetto agli altri ristoranti. Una considerazione: la cucina turca è strepitosa, molto simile alla cucina della nostra Italia ma molto più speziata, in tutti i locali frequentati la carne è ottima e le verdure sono fresche.

lunedì

Siamo “obbligati” dai diversi orari di chiusura a visitare il Palazzo del Topkapi. In generale in questa giornata sono chiuse tutte le principali attrazioni di Istanbul, tranne appunto il Palazzo del Topkapi che chiude il martedì. Ovviamente in questa giornata il Palazzo viene letteralmente preso d’assalto da centinaia di turisti che formano una coda immensa all’ingresso. Abbiamo fatto bene quindi a svegliarci prima e trovarci in loco prima delle 9:00, orario di ingresso. Una volta entrati ci si rende conto che il tempo perso per la fila è ben speso. Si tratta di un palazzo veramente grandioso, nonostante molte sale non siano aperte al pubblico la visita completa dura molte ore e lascia letteralmente a bocca aperta. L’unico edificio paragonabile al Palazzo del Topkapi è forse l’Alhambra di Granada in Spagna, anche se si tratta di strutture molto diverse per architettura, forme d’arte e storia. Una volta entrati ci siamo diretti subito verso l’Harem, la parte proibita, per entrare nella quale occorre fare un secondo biglietto. Abbiamo notato che tanti turisti tralasciavano la visita di questa parte del Palazzo, forse scoraggiati dal fattore prezzo (25 + 15 lire turche = oltre 17 euro di ingresso!): eppure l’Harem era il centro della vita del palazzo ed è la parte meglio conservata e più ricca di decorazioni. Si passa rapidamente in tante piccole sale dominate da maioliche azzurre, distinte per l’uso che se ne faceva in passato. Si visitano quindi gli appartamenti del sultano, delle favorite e della servitù, tutto perfettamente conservato e decorato con i materiali più preziosi. Ogni stanza si distingue per la presenza di camini, fontane e tappeti, ovunque si aprono intere pareti ricoperte da ceramiche azzurre, blu o verdi. Quando abbiamo compreso di essere arrivati vicini all’uscita, abbiamo voluto ripercorrere in senso contrario tutte le stanze, tutte troppo belle!

Seconda tappa all’interno del Palazzo è stato il Padiglione del Sacro Mantello, che ospita una collezione di reliquie sacre al mondo musulmano. Dalla parte opposta del cortile c’erano le sale che ospitano il Tesoro Imperiale, e per assurdo la maggior parte dei turisti si accalcava proprio in queste sale. Non possiamo dire che tale tesoro non sia interessante: la vista di tanti diamanti, rubini e soprattutto smeraldi di enormi dimensioni non lascia indifferenti, tuttavia sicuramente non è questa la parte più affascinante del Palazzo.

Il quarto cortile del palazzo è il più panoramico in quanto si affaccia da un lato sul Bosforo, dall’altro sul Corno d’Oro ed ospita degli eleganti padiglioni, piscine, piazzali e logge. In particolare non si possono tralasciare i padiglioni di Baghdad e della circoncisione, finemente decorati nei minimi dettagli con piastrelle turchesi e con porte intarsiate con madreperla.

Le cose da vedere all’interno del Palazzo del Topkapi sono veramente tante, fortunatamente ci sono altrettante panchine e prati curati per rilassarsi. Avevamo considerato di dedicargli non più di una mattinata, alle fine il tempo è volato e siamo usciti nel primo pomeriggio. Alle quattro di pomeriggio eravamo rimasti d’accordo con un signore incontrato davanti ad Aya Sofya per fare la crociera sul Bosforo con guida italiana fino all’ora del tramonto. Ci ha chiesto ben 20 euro a persona, che non sono pochi, ma le tante altre offerte che abbiamo ricevuto in quei giorni partivano da oltre 50 euro. Sicuramente in zona Emininonu, dove attraccano i traghetti, avremmo potuto trovare offerte più convenienti, ma forse in orari meno comodi e senza la guida…la pigrizia si paga!

In attesa di partire siamo ritornati nel cortile della Moschea Blu, un luogo ampio e silenzioso dove ci si sente veramente “piccoli” e dove regna un’atmosfera particolarmente rilassata. Intorno a noi c’erano gatti e cani sonnolenti che convivono pacificamente mentre in alto volano tanti gabbiani.

La crociera sul Bosforo rappresenta una delle migliori opportunità per guardare comodamente i dintorni della città vecchia e soprattutto per vedere Istanbul dal mare. Chi dispone di più tempo può prendere i traghetti che collegano la sponda asiatica con quella europea e visitare a piedi i vari quartieri. Il giro lungo lo stretto del Bosforo ha costeggiato inizialmente la sponda europea, risalendo la costa fino al secondo ponte, dopodichè ci ha lasciato un po’ di tempo su un piccolo porticciolo sulla sponda asiatica ed infine ci ha riportato ad Emininonu all’ora di cena. Lungo la sponda europea si può ammirare dall’esterno il Palazzo Dolmabahce, il Palazzo Ciragan e la bella moschea di Ortakoy, che in quei giorni era chiusa per restauro. La contrapposizione del profilo della moschea con il grande ponte sul Bosforo sullo sfondo rappresenta una delle immagini più famose e fotografate di Istanbul, è stato un vero peccato trovare questo luogo in fase di restauro. Dobbiamo comunque apprezzare il fatto che numerosi edifici incontrati siano oggetto di cure e che gli amministratori di Istanbul non lascino in declino il loro grande patrimonio artistico: nella nostra Italia purtroppo tale sensibilità e soprattutto tali finanziamenti sono latitanti o vengono destinati per altre finalità…Oltrepassato il primo ponte sul Bosforo ci si accorge della forte corrente che spinge le acque dal Mar Nero verso il Mar Egeo, il traghetto rallenta e si ha la sensazione di risalire un vero e proprio fiume. Per lo stesso motivo a Istanbul non si avvertono le maree ed i moli dei porti sono costruiti quasi a pelo d’acqua. Lungo entrambe le sponde sorgono ville sontuose, le più antiche sono di legno e sono chiamate yali, alcune sono di legno rossiccio, altre come a Galatasaray sono dipinte di bianco o verde chiaro. Prima del secondo ponte (ponte di Fatih) compaiono delle fortezze ottomane su entrambe le sponde, situate in uno dei punti dove la distanza tra le due sponde sembra minima e dove la vegetazione riprende il possesso delle colline. La sponda asiatica appare più verde, costellata da yali e da edifici eleganti come il Palazzo Gosku, il Collegio navale Kuleli ed il Palazzo Beylerbeyi; proprio in prossimità di questo palazzo il traghetto ha attraccato, e ci hanno consigliato di visitare la piccola moschea Hamid-i Evvel Camii e l’annesso porticciolo di pescatori, in posizione contrapposta alla moschea di Ortakoy. Ci hanno riportato verso il centro di Istanbul con le luci e le ombre lunghe del tramonto, passando sotto il ponte sul Bosforo con il profilo dei minareti e dalla Torre di Galata sullo sfondo. La Crociera del Bosforo è consigliabile soprattutto per ammirare questo scenario dalla superficie del mare, e tutto ciò che si è già visto a Sultanahmet o negli altri quartieri appare sotto una prospettiva diversa: il profilo di Istanbul dal mare è unico ed inconfondibile.

Di sera, dopo esserci riposati durante la crociera, siamo tornati a Fatih nei quartieri nord occidentali per gustare qualche piatto tipico turco. Abbiamo scelto il ristorante Sur Ocakbasi, situato vicino all’acquedotto di Valente in una zona tranquilla e relativamente vivace anche di sera. Abbiamo preso l’Ozel Sur Kebabi, una grande grigliata di varie carni tra cui agnello, manzo e pollo accompagnato da farro, verze, cipolle, peperoni verdi, focaccine, varie salse e diverse spezie. Il tutto viene servito su un unico grande piatto da dividere tra due persone. Abbiamo voluto provare anche l’Ayran, una bevanda a base di yogurt magro diluito con acqua e sale servito all’interno di una ciotola con mestolo: malgrado l’apparenza assolutamente poco invitante si tratta di una bevanda gradevole e dissetante, e bevuta all’interno del pasto alleggerisce i sapori piccanti del kebab. La posizione di questo ristorante all’interno del quartiere di Fatih ha contribuito a conferire alla serata una bella atmosfera, accompagnata dal canto duraturo e chiaramente percettibile del muezzin e dai sorrisi incuriositi dei bambini.

Martedì primo maggio, ultimo giorno, non sapevamo se avremmo trovato attività aperte o se i commercianti avessero rispettato la festa dei lavoratori. Trattandosi di una zona a forte vocazione turistica in questa giornata festiva abbiamo trovato i due bazar aperti così come attivi erano i vari mercatini della zona. Entrati nel Gran Bazar e poi tornati nel Bazar delle Spezie, dopo due ore di varie contrattazioni abbiamo reso felici due commercianti e deluso molti altri che non sono riusciti a convincerci della qualità delle proprie merci.

Giunti alla stazione degli autobus ad Emininonu abbiamo cercato il mezzo per raggiungere Eyup e l’abbiamo preso al volo al costo di quattro lire a persona andata e ritorno. Sia l’autista che un altro signore a bordo ci hanno indicato la fermata alla quale dovevamo scendere, tutto con poche parole e con molti gesti, tutto nella massima gentilezza. La visita della Moschea di Eyup (Eyup Camii) esce decisamente dai classici itinerari turistici di Istanbul, non viene neanche menzionato dalla classica Lonely Planet: eppure per noi è stata forse una delle più belle scoperte di Istanbul. Qui non ci sono turisti, solo tanti fedeli in preghiera sia all’interno della moschea, sia di fronte alla tomba di Eyup Ensari, portabandiera del profeta Maometto, morto durante un primo tentativo di conquista di Costantinopoli. Si tratta di uno dei luoghi più sacri all’Islam, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo musulmano. Gli abitanti di Istanbul la frequentano soprattutto di venerdì, giorno di preghiera, mentre quando siamo andati noi abbiamo incontrato tanti bambini vestiti da sultani con costumi chiari ed argentati. Abbiamo scoperto che a Istanbul è usanza visitare la Moschea di Eyup nel giorno della circoncisione: per le famiglie è un vero e proprio giorno di festa. I genitori fotografavano orgogliosi i propri figli prima della cerimonia, forse questo rituale viene interpretato come se si trattasse del passaggio ad una fase più adulta della vita.

Noi, da semplici turisti, ci siamo sentiti molto coinvolti da questa atmosfera festosa, alcune persone cercavano di parlare con noi scambiandoci per turchi e quando gli spiegavamo che eravamo turisti ci sorridevano e ci chiedevano di farci fotografie insieme a loro.

Questo luogo ci è piaciuto talmente tanto da farci cambiare i programmi della giornata e ci siamo fermati a mangiare nel quartiere della moschea; inutile dire che in questa zona si spende la metà rispetto a Sultanahmet.

Dopo essere tornati in autobus a Emininonu ci siamo diretti al museo archeologico, situato sotto il Palazzo del Topkapi. Oltre al famoso sarcofago di Alessandro Magno, il museo ospita una grande collezione di reperti delle prime civiltà mesopotamiche. Passeggiando per le sale della parte dedicata all’Antico Oriente sembra di essere a Babilonia, tra rilievi smaltati, leoni di basalto, statue imponenti ed i frammenti del trattato di Kadesh, primo trattato di pace della storia scritto con caratteri cuneiformi.

Tra una visita e l’altra il pomeriggio volge al termine così come il nostro viaggio a Istanbul. Un ultimo saluto alla Basilica di Aya Sofya, alla Moschea Blu, ultimi souvenir al Gran Bazar, ultimo tè alla mela offerto dai gestori dell’hotel e poi di corsa a riprendere la navetta verso l’aeroporto.

Istanbul è veramente una città impressionante, perfettamente europea, nel bene e nel male, per servizi, trasporti, pulizia ma con un anima intensamente orientale per profumi, suoni ed ospitalità. Tutti questi aspetti per assurdo non sono in contrasto tra loro, come non sono in contrasto le persone di Fatih vestite in abiti tradizionali con una generazione di giovani con gusti occidentali, tutti vivono con i tempi scanditi dai canti dei muezzin e ritrovano pace e tranquillità nei cortili delle moschee.

Istanbul dona a chi la visita la sensazione di essere lontani dai propri stili di vita e dalle proprie abitudini, pur essendo relativamente vicina alla nostra Italia. Per coloro che non hanno mai conosciuto direttamente il mondo musulmano, Istanbul rappresenta forse un primo delicato approccio alla cultura islamica. Rispetto ad altre realtà di influenza araba visitate, Istanbul ci è apparsa una città moderna, attiva ed efficiente, decisamente europea per la qualità dei servizi, addirittura migliore di tante città europee in quanto a pulizia ed ospitalità. La gentilezza della popolazione poi rimane veramente impressa, in molte occasioni è bastato un semplice gesto o un sorriso ad annullare le distanze linguistiche.

Buon Viaggio!

Sergio e Sonia

(scherubi@libero.it)



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche