Israele, un puzzle unico

Alla scoperta del Paese delle tre religioni monoteistiche, con luoghi che raccontano secoli di storia e un itineraro che resterà a lungo nel cuore
Scritto da: curiosona
israele, un puzzle unico
Partenza il: 13/05/2012
Ritorno il: 20/05/2012
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
Israele non è soltanto pellegrinaggio religioso, ma cultura, mare, natura e città cult con paesaggi desertici e colline verdeggianti. Il nostro viaggio allo scoperta di Israele è nato dal desiderio di conoscere questo piccolo Paese (meno di 8 milioni di abitanti) ed essere disposti a non giudicare. Inoltre volevamo verificare se questi luoghi sacri potessero trasmettere emozione anche a noi cristiani. Atterriamo all’aeroporto Ben Gurion dopo circa 4h di volo da MI e dopo le formalità doganali arriviamo in hotel a Tel Aviv. Per inciso si deve precisare che sia all’aeroporto Malpensa sia in quello d’arrivo i passeggeri vengono sottoposti a breve intervista sulle ragioni del viaggio in Israele per motivi di sicurezza. Avendo il pomeriggio a disposizione ci concediamo un primo giro in città. Tel Aviv significa “la collina della primavera” ed è una città moderna con molto traffico, quartieri residenziali eleganti, molte aree verdi e grattacieli, spiagge e divertimenti per 24h. E’ detta “Miami del Mediterraneo” ma il lungomare ricorda quello di Copacabana a Rio con la pavimentazione “a onde”. L’architettura è moderna e molti designer e artisti hanno aperto gallerie e musei. La nascita di questa città è curiosa: un gruppo di pionieri di Jaffa nel 1909 si spostarono più a nord con il desiderio di fondare una città che potesse accogliere gli ebrei da tutto il mondo. Tra gli altri arrivarono anche un gruppo di architetti tedeschi della scuola Bauhaus per creare edifici funzionali proiettati nel futuro. Tra il 1931 e il 1937 costruirono 2700 edifici che negli anni ‘50 diventarono 4000. Lo stile Bauhaus o stile internazionale è un concentrato di modernismo e nel 2003 Tel Aviv è stata inserita nel Patrimonio dell’Unesco. Oggi passeggiando in città si scorgono balconi, tetti piatti e forme tondeggianti che sono gli elementi essenziali dello stile Bauhaus.

Inizia il tour

La mattina seguente incontriamo la nostra guida locale: si tratta di un cinquantenne ebreo molto colto che parla 7 lingue, conosce la storia mediterranea, archeologia e botanica. (Per inciso durante il servizio militare fu ferito e a ricordo gli resta un supporto nella scarpa sinistra e una cicatrice sul gomito. Lo Stato israeliano gli riconosce una vitalizio di 500 Euro al mese.) Il nostro viaggio si prospetta molto interessante. Visitiamo la città vecchia di Jaffa, da Jafet figlio di Noè che costruì la città, antico porto durante il regno di re Salomone e più tardi porto ellenico e romano. Il suo fascino è costituito dalle sue casette di pietra e dai suoi vicoli affacciati sul porto che raccontano molte storie del passato, e che oggi, restaurati, formano il quartiere degli artisti. Proseguiamo per Cesarea, città-porto di origine fenicia, abitata nel corso dei secoli da romani, bizantini e israeliani, ognuno apportando la propria cultura. Erode la portò al massimo splendore dedicandola a Cesare Augusto. Visitiamo il sito archeologico: l’imponente e splendido anfiteatro per 10000 spettatori, l’ippodromo per le corse sulle bighe romane, le terme, il teatro romano per 4000 spettatori ancora funzionante, statue di grandi dimensioni, la sinagoga con bellissimi pavimenti di mosaico bizantino, centro commerciale, case residenziali e l’acquedotto romano, di cui una parte lungo la spiaggia, conferiscono a questa città l’aspetto di un grande museo all’aperto. Il palazzo del re non esiste più ma l’affaccio sul mare è notevole. L’importanza di questa città in passato dovette essere al culmine sia come potenza politica che commerciale. Il litorale è formato da km di spiagge immacolate e poco affollate, lambite da un mare pulito e sempre caldo. Ancora più a nord troviamo Haifa, grande porto costruito in una baia naturale. Oggi è una bella città che si è allungata sul monte Carmelo ed è suddivisa in città bassa, città media e città alta, da dove si gode una fantastica vista panoramica sulla baia. Vediamo il Centro Mondiale della Fede Bahai, complesso famoso per i suoi magnifici giardini e per il Tempio di Bab, il fondatore persiano di questa religione. La fede Bahai predica, come principio fondamentale, che la verità non è assoluta, ma relativa. Come non dargli torto! In ogni caso qui si respira un’atmosfera romantica e di pace ed è patrimonio dell’Unesco come tutti i siti religiosi Bahai. La città ha due università, molti musei e centri religiosi che ne fanno un luogo vivace in cui vivere e lavorare. Sul porto svetta la Sail Tower costruita nel 2002 e alta 113 m somigliante vagamente alla “vela” di Dubai. Altra tappa è Akko o Acri, città fortificata e antico porto, patrimonio dell’Unesco. Di qui passarono tra gli altri Marco Polo e i crociati diretti in Terra Santa. E’ una città unica, interessante per la ricchezza di eventi storici che vi si svolsero. Sotto la città antica hanno riportato alla luce la città crociata dove visitiamo la fortezza dei Templari, ordine militare-monastico di cui si è tanto scritto e parlato. Gli Ospitalieri avevano il compito di curare i malati in Terra Santa e il loro quartier generale era costituito da vari piani intorno a un grande cortile centrale. Visitiamo le numerose sale della fortezza: la più impressionante è ricca di grandi colonne e serviva, probabilmente, da refettorio. C’è poi la sala dei detenuti con decine di fori nei muri per l’inserimento di anelli che servivano a tenere imprigionati i detenuti, la sala bella costruita in pietra finemente lavorata, la sala dell’arte grande 1300 mq con cupole a croce, la sala settentrionale divisa in sei sale con aperture ad arco. Una torre di tre piani aveva la funzione di servizi igienici pubblici e le pietre ne hanno assorbito il tanfo… Una strada coperta passava per il quartiere e sui muri si vedono ancora croci e simboli. Non manca la cripta di S. Giovanni. Alcuni tunnel scavati nella roccia portano fuori le mura sino al porto ed erano vie di fuga strategiche lunghe anche 350 m. Ne percorriamo un paio diversi tra loro: in uno bisogna abbassarsi per passare perché è un cunicolo sotterraneo molto stretto con molte diramazioni, mentre l’altro è largo qualche metro con il soffitto di pietra lavorata e ai lati scorre l’acqua con un sistema di pompe ancora efficiente. Della città ottomana invece vediamo l’hamman turco, il caravanserraglio che poggia su una fila di colonne di granito, dove i mercanti scaricavano le loro merci nei magazzini e al secondo piano alloggiavano, e la moschea Al Jazàr, la più grande in Israele fuori da Gerusalemme. Magico è costeggiare le mura e infilarsi nei vicoli pieni di vita, abitata per lo più da arabi, e sentire i profumi delle spezie e del pane appena sfornato. Gustiamo al volo una specie di pizza locale farcita di erbe aromatiche il cui profumo è veramente invitante. Percorriamo la Galilea per raggiungere in serata il lago di Tiberiade (210 m sotto livello del mare) incastonato tra le colline del Golan e circondato da piantagioni di banane. E’ curioso che nei luoghi dove Gesù predicò e fece miracoli oggi si raccolgano caschi di banane. D’altra parte bisogna pur mangiare! Qui siamo esattamente nei luoghi narrati dai Vangeli e sulle tracce di Gesù. Ci fermiamo in un punto panoramico delle alture del Golan (la cima più alta è il monte Hermon di 2800 m) sul cratere vulcanico estinto e scorgiamo il confine siriano. Questa zona fu teatro della guerra del 1973 guidata da Mosé Dayan con oltre 70 soldati israeliani morti. La nostra guida ci racconta l’episodio mentre scorgiamo alcuni caschi blu e molti giovani ebrei che da tutto il mondo sono venuti a visitare il luogo di questa triste pagina della storia. Il fascino della Galilea è costituito dalla varietà e dai contrasti dei paesaggi con il famoso Giordano che si snoda dalle alture e si riversa nel lago di Tiberiade. Da queste acque nasce il verde di quest’area: argentato degli uliveti, scuro delle canne della palude e i toni caldi dei frutteti. Il pernottamento è previsto in un kibbutz, comunità particolari tipiche di questo Paese. I kibbutz (che significa “gruppo”) sono villaggi nati per trasformare questa terra arida e desolata in un laboratorio a cielo aperto. Qui si vive di agricoltura coltivando abilmente le vallate verdi e oggi di turismo. I kibbutz sono una comunità umana fondata sulla solidarietà, la condivisione della produzione e dei guadagni, e l’uguaglianza degli abitanti. Mi vengono in mente le “comuni” create negli anni settanta dai “figli dei fiori”. Ogni anno molti giovani da tutto il mondo vengono d’estate a vivere un’esperienza nel kibbutz. Noi abbiamo trascorso due notti ed è stata un’esperienza interessante con cibo ottimo e tanta tranquillità.

passato e presente

Il mattino successivo arriviamo a Cafarnao, sulla riva settentrionale del lago Tiberiade, il villaggio dove visse Gesù per oltre un anno facendo molte guarigioni. Visitiamo i resti dell’antica sinagoga ebraica, dove – secondo la tradizione – Gesù predicava: è molto grande divisa in due sezioni di cui una dedicata a scuola per scribi. Sono state riportate alla luce abitazioni private con muri a secco e affacciate su cortili. Si vedono le fondamenta della basilica bizantina articolate su due ottagoni circondati da un portico e con più ingressi. Vediamo anche l’abside di un battistero di epoca successiva. Splendide decorazioni in mosaico ricoprono il pavimento della chiesa e del battistero: il mosaico centrale raffigura un pavone con motivi geometrici e una cornice con fiori di loto. Sotto questa chiesa c’è la Casa di Pietro che certamente ospitò Gesù. Gli scavi hanno riportato alla luce un complesso abitativo importante con una strada che attraversava la città e mura di cinta. Non perdiamo l’occasione di entrare nella deliziosa chiesetta ortodossa che sorge di fronte alla sinagoga. Il lago è bello e placido, ma non ci sono più i pescatori che gettano le loro reti. Ai piedi del Monte delle Beatitudini sorge Tabgha, città dove Gesù compì il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Sul luogo nel 1982 hanno costruito la Chiesa in memoria di questo miracolo. Due precedenti santuari furono edificati e ne vediamo i resti incluso splendidi mosaici bizantini tra cui quello con due pesci e un paniere. Appena dietro sul lago sorge la Chiesa del Primato di San Pietro nel luogo dove Gesù apparve ai discepoli dopo la resurrezione per affidare a Pietro la guida spirituale della Chiesa. Sul Monte delle Beatitudini, dove Gesù pronunciò il Discorso della Montagna, visitiamo l’imponente Chiesa sul Monte delle Beatitudini, costruita nel 1937 e gestita dalle Suore Francescane. Sorge su una collina ventilata, circondata da giardini curatissimi e offre un suggestivo panorama sul lago Tiberiade. Un ostello ospita pellegrini cristiani. Mentre passeggiamo nei giardini un piccolo di civetta cade dal nido proprio davanti a noi e ci guarda curioso e impaurito coi suoi grandi occhi. La mamma lo chiama dall’albero e noi ci allontaniamo in silenzio per permettergli di raggiungerla al più presto. Ci fermiamo in una tipica trattoria sul lago dove servono un ottimo pesce S. Pietro arrostito (diverso da quello di mare). Le acque del lago sono tranquille, ricche di pesci e gli uccelli volano numerosi sul pelo dell’acqua.

Proseguiamo per Safed che è la città più alta d’Israele (800 m) e importante centro del misticismo ebraico della Cabala. Semplificando, l’interpretazione della Cabala è cogliere gli stadi mistici della creazione del mondo compresa la natura umana. Mura intatte racchiudono la città formata da vicoli stretti, case di pietra, piazzette deliziose, botteghe di artisti e artigiani e diverse sinagoghe. Beviamo una fantastica spremuta di melograno, bevanda tradizionale e simbolo di prosperità e buon augurio. I chioschi di frutta fresca preparano anche ottime spremute di pompelmi, arance, e nespole (originale e delicata), tutta frutta locale. Molte porte sono dipinte di blu perché, secondo una credenza ebraica, il diavolo scambia il colore per il cielo e scappa a gambe levate. Dalla Cittadella si gode una bella vista panoramica sino al monte Tabor. Scendiamo dalle alture del Golan per visitare la Riserva Naturale Hermon creata nel 1960 per proteggere le sorgenti del Giordano. Questo fiume biblico e storico (vi fu battezzato Gesù) è il fiume più lungo in Israele e costeggia per oltre 300 km il confine con la Giordania. In passato era un’importante via di comunicazione, purtroppo oggi non è più navigabile. La montagna gigante Hermon assorbe come una spugna la pioggia e la neve per rilasciare tante cascate che formano tre ruscelli principali che si gettano nel Giordano. In questa Riserva ci sono diversi sentieri, noi però percorreremo quello principale che attraversa l’antica città di Panaeon per i greci, Caesarea Filippi per i romani e Banias per gli arabi. Costeggiando le piscine di acqua trasparente e non fredda formate da cascatelle gorgoglianti si sale al Tempio del dio Pan (70 x 40 m) addossato alla roccia e accanto la Grotta di Pan (15 x 20 m) sito sacro nel periodo romano. Passiamo sotto un ponte romano con le volte in travertino e una passerella in legno ci consente di camminare sull’acqua, vediamo un mulino e una macina di pietra vicino all’unione dei torrenti Guvta e Hermon. La vegetazione è rigogliosa e la guida ci indica le diverse piante. Passiamo davanti alla stazione idroelettrica che fino al 1967 erogava energia al villaggio di Banias. Attraversiamo un passaggio sotterraneo sotto un arco per entrare nella città che i Crociati fortificarono con un muro alto, torri e un fossato. Infine ci appare il Palazzo di Agrippa II, grande e lussuoso edificio su un’area di 2000 m2 con terme, canali per l’acqua, statue e templi. Secondo la tradizione cristiana in questa città si verificò l’evento significativo di Pietro che consacrò Gesù come Messia. Durante il periodo bizantino si fecero molte strade e il Palazzo di Agrippa divenne una piscina. Gli arabi la colonizzarono come Banias nel X sec. e successivamente i Crociati la considerarono in posizione strategica tra la Palestina e Damasco. Ci sono pure i resti di una sinagoga risalente all’XI sec. E’ stupefacente pensare che posiamo i piedi su millenni di storia.

Rientriamo al kibbutz Kfar Giladi dove ci attende una signora, che abita nel kibbutz da 40 anni, per guidarci nella visita. Questo kibbutz è stato fondato negli anni trenta da un gruppo di russi scappati dalla loro patria. Esisteva un capo che coordinava il lavoro che ognuno doveva svolgere e amministrava i guadagni ridistribuendo a ciascuno la quota di competenza. Le case erano modeste, esisteva la sala dove mangiavano tutti insieme, la casa dove radunavano i bambini dopo i tre anni che venivano allevati tutti insieme lontano dai genitori. Esisteva la scuola, l’infermeria, la casa per gli anziani e un bunker per una ventina di persone. Un parco auto era a disposizione degli abitanti. Tutto sembrava perfetto, ma questo modello sta fallendo. Oggi i bambini stanno nelle rispettive famiglie, i soci possono lavorare al’esterno, le case sono di proprietà e molti kibbutz sono dediti al turismo o altre attività. Nel frattempo sono nati i “moshavim” cooperative di agricoltori.

Il mattino seguente ripartiamo diretti a Nazareth, la “Fiorita”, città cristiana per eccellenza, dove l’arcangelo Gabriele annunciò a Maria la nascita di Gesù e dove Gesù trascorse la giovinezza. E’ il capoluogo della Bassa Galilea ed è situata al centro della valle circondata da colline ondulate. Visitiamo la Chiesa dell’Annunciazione, oggi gestita dai Frati Francescani, che sovrasta in posizione dominante il panorama di tetti rossi, campanili e minareti. Questo imponente edificio è su due livelli: la chiesa inferiore, oltre a resti di chiese bizantine e dei crociati, racchiude la caratteristica Grotta, casa di Maria e luogo dell’Annunciazione; la chiesa superiore è la parrocchia locale ed è coronata da una stupenda cupola attraverso la quale filtra la luce che illumina i magnifici mosaici, le opere d’arte e i bassorilievi in ceramica donati da tutto il mondo cattolico e il prezioso altare in mosaico italiano. A destra della Basilica si trova la Chiesa di San Giuseppe costruita su un edificio rurale ritenuto il laboratorio di falegnameria di Giuseppe. Usciamo e ci dirigiamo verso il Pozzo di Maria oggi situato nella Chiesa di San Gabriele, dove la Vergine attingeva acqua dalla sorgente naturale unica nella zona. Sorprende passeggiare nel groviglio di stradine di questa città ricca di chiese, monasteri, sinagoghe e moschee e dove il pluralismo religioso è una realtà armonica.

Oggi i musulmani sono il 60% della popolazione di Nazareth e la convivenza è pacifica. Nell’aria si sentono aromi di caffè fresco al cardamomo, spezie esotiche e pane appena sfornato che ci portano al colorato suk ricco di ogni merce e di oggetti di artigianato locale, che ruota intorno alla religione. Ci fermiamo per uno spuntino tipico a base di hummus (crema di ceci o di fave), falafel (polpette di verdura), olive, verdura mista e pita (pane senza lievito). Il nostro viaggio prosegue attraversando fertili vallate per raggiungere gli scavi di Bet She’an, città distrutta da un terremoto nel 749 d.C. Molti popoli passarono da questa antica città: prima si insediarono gli uomini preistorici, i faraoni egizi da qui controllavano la regione, poi i filistei che appesero le teste di re Saul e dei suoi figli sul colle, infine Salomone, i Romani e Bizantini. Intatto è il teatro romano che poteva contenere 7000 spettatori, invece il tempio romano sul colle è andato quasi completamente distrutto. Vediamo vie monumentali ornate da enormi colonne e pavimenti con mosaici bizantini (famoso il mosaico raffigurante la dea Fortuna in copia perché l’originale sparì nel 1989), le piscine, il ninfeo, i templi e lo stadio. E’ la città romana meglio conservata in Israele, malgrado alcune colonne e capitelli siano collassati a causa del terremoto. Ai margini del deserto, sul versante roccioso della montagna, visitiamo il sito di Qumran famoso per i Rotoli del mar Morto, i manoscritti degli Esseni che furono trovati casualmente da un pastore beduino in una grotta nel 1947 e oggi conservati nel Museo Israeliano a Gerusalemme, che visiteremo in seguito. E’ stata una scoperta di eccezionale importanza poiché contengono tutti i libri dell’Antico Testamento in ebraico e aramaico. Gli Esseni erano una setta religiosa ebraica che coltivavano la terra in comune e studiavano i testi dell’Antico Testamento. Le rovine mostrano una città con una ventina di bagni, alcune cisterne per la raccolta dell’acqua e forni per la cottura della ceramica. Qui si era ritirato un ridotto numero di Esseni per studiare ed elevarsi moralmente. L’acqua scorreva abbondante e i bagni facevano parte della purificazione del corpo e dell’anima. Ci viene mostrato un filmato che illustra la storia degli Esseni. Arriviamo sulle rive del mar Morto, il luogo più basso della terra a 400 m sotto il livello del mare, per il pernottamento in un lussuoso hotel. E’ un posto unico al mondo e deve il suo nome al fatto che nessuna forma di vita acquatica è possibile in queste acque. Il caldo, l’aria satura di ossigeno, il sale nell’acqua (33%) e il prezioso fango sono l’ideale per una vacanza di benessere psico-fisico. Ci prepariamo subito per un bagno ristoratore perché fa molto caldo.

a Masada, fortezza e sito archeologico più importante del Paese

La mattina seguente ci alziamo presto per godere qualche ora di relax facendo un altro bagno nell’acqua salatissima. Troviamo surreale immergerci in quest’acqua e sperimentiamo l’insolita sensazione di galleggiamento senza riuscire a nuotare. Importante è entrare in acqua lentamente per evitare schizzi perché il sale negli occhi brucia molto. Dopo la doccia di acqua dolce la nostra pelle è morbida come quella di un bambino. Dopo questa piacevole sosta riprendiamo il viaggio verso Masada, fortezza patrimonio dell’Unesco, e sito archeologico più importante del Paese. Sorge arroccata su uno sperone di roccia a 450 m dominante il Mar Morto e si raggiunge facilmente con una veloce funivia. Esiste anche il “sentiero del serpente” che porta in cima, ma il sole cocente non ci incoraggia. Fu costruita da Gionata come rifugio in caso di pericolo. Erode il Grande fece erigere alte e spesse mura a difesa della roccaforte, nel cui interno furono costruiti edifici per gli ufficiali, spettacolari ed eleganti terme e una splendida villa di tre piani che doveva essere la sua residenza. Non mancavano magazzini, residenze, piscine, bagni e un sistema di condutture dell’acqua ingegnoso fatto di canali e cisterne assicurava l’acqua agli abitanti. Magnifico il Palazzo Nord ricco di colonne, affreschi e bellissimi mosaici, posto a strapiombo sul deserto. Questa fortezza, per ironia della storia, fu teatro della difesa e della fine degli Zeloti, ebrei che lottavano per l’indipendenza, che resistettero per oltre tre anni all’assedio romano (si vedono ancora oggi intorno alla collina i segni di 8 accampamenti romani). Quando gli Zeloti videro che ogni speranza era persa, diedero fuoco alla fortezza e si suicidarono in massa: 960 uomini, donne e bambini. Era il 73 a.C. Questa fortezza è passata alla storia per il coraggio dimostrato da quegli uomini pieni di orgoglio e desiderio di libertà. Il panorama da quassù è emozionante e spazia su tutto il deserto assolato con l’aspetto di un paesaggio lunare perché si tratta del letto di un lago primordiale. Dopo una pausa rinfrescante, proseguiamo per la visita all’oasi naturalistica di Ein Gedi, che significa “sorgente degli stambecchi” per un’antica sorgente di acque minerali. Ottimi sistemi di irrigazione e terra fertile resero questa città ricchissima nei tempi passati. Il parco è ricco di un’incredibile vegetazione e sono presenti molti animali come capre, iene, lupi, procavie e volatili. La zona è ricca di grotte e canyon molto suggestivi dal punto di vista panoramico. Sembra impossibile che nel deserto la presenza di acqua renda così rigogliosa la flora e la fauna. Durante la passeggiata si fermiamo a rinfrescarci in una delle numerose cascate dove l’acqua è calda e piacevole. Incontriamo una famigliola di procavie (simili alle marmotte) mai viste, diverse specie di uccelli ci accompagnano e sulla via del ritorno un branco di capre saltellano allegramente sulle pareti scoscese e sassose in cerca di cibo. All’interno dell’oasi si trova anche un antico insediamento di epoca calcolitica e si dice che David frequentò questo posto. Vediamo i resti di un’antica sinagoga con ricchi pavimenti di mosaico bizantino con disegni geometrici e floreali. Iscrizioni in aramaico coi nomi dei benefattori, i 12 segni dello zodiaco e preghiere completano il tutto.

Nel tardo pomeriggio di venerdì arriviamo a Gerusalemme, dove ci fermeremo tre giorni, periodo minimo per vedere solo l’essenziale di questa città. Descrivere Gerusalemme è veramente opera ardua. Mistica, fatata e unica, questa città è definita l’ombelico del mondo per la sua storia millenaria alle spalle. E’ abitata sin dai tempi più antichi e da qui sono passati Cananei, Israeliti, Babilonesi, Persiani, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Mamelucchi e Crociati. Le mura che cingono la Città Vecchia, costruite da Solimano nel XVI sec. hanno un perimetro di circa 4 km, alto 12 m, intervallato da 11 porte, ma soltanto 7 sono aperte. E’ divisa in quattro quartieri: ebraico, cristiano, musulmano e armeno. Il week-end a Gerusalemme è abbastanza impegnativo: la sera di ogni venerdì inizia lo Shabbath ebraico che continua tutto il sabato: poche auto, negozi chiusi e strade vuote. Non si cucina, ma si consuma quanto preparato il venerdì. Nei quartieri arabi invece il sabato la vita continua rumorosa nei mercati perché fanno festa il venerdì. La domenica sono chiusi i negozi dei pochi cattolici che vivono in questa città. Ne consegue è che, a rotazione, i locali publici sono aperti tutta la settimana, basta scegliere dove andare. Un episodio che fa meglio comprendere il significato pratico dello Shabbath è il seguente. Di due ascensori che avevamo in hotel, per tutta la giornata di sabato soltanto uno funzionava regolarmente, mentre l’altro, elettronicamente, si fermava ad ogni piano autonomamente, come se fosse guidato da una forza “divina”. Shabbath significa “cessare ogni attività” e secondo una tradizione antichissima gli ebrei lavorano da domenica al venerdì quando al tramonto inizia il sabato di preghiera, contemplazione e riposo. Il sabato sera finisce lo Shabbath e i giovani si riversano allegramente nelle strade cantando gioiosi.

alla scoperta di gerusalemme

La mattina successiva abbiamo appuntamento con la guida per la visita globale della città. Gerusalemme è adagiata su tante colline con quartieri antichi e moderni che stanno fianco a fianco ma, per tradizione, ogni edificio è fatto con la pietra dai toni dorati ricavata dalle colline circostanti. Iniziamo dalla parte moderna, dove troviamo il Parlamento Israeliano, per ammirare la “Menorah” il famoso candelabro a 7 bracci, simbolo dello Stato di Israele. Attorno si trovano tutti i Ministeri in edifici grandiosi. Entriamo nel moderno Museo di Israele, denominato la “Culla del Libro” dalla caratteristica copertura bianca a forma di giara che innaffiano continuamente per tenere fresco, dove sono custoditi i rotoli del mar Morto che finalmente ammiriamo dal vivo. Sono stati anni di ricerca archeologica sistematica nella zona di Qumran perché furono rinvenute undici caverne in cui erano conservati i rotoli in giare di coccio. In totale sono esposti 900 documenti frammentari tra cui Isaia, la Regola della Comunità, il Rotolo del Ringraziamento, la Regola della Guerra e il libro Apocrifo della Genesi in aramaico. Per finire visitiamo il Memoriale della Shoah. Foto, filmati, documenti, oggetti e scarpe usate di ogni misura, ricostruzioni e testimonianze dei sopravvissuti raccontano questa triste pagina della storia recente che non si può dimenticare. Le domande sono: perché è successo? E perché nessuno è riuscito a fermare lo scempio? Risposte non ce ne sono e l’angoscia ci fa crollare sotto il peso morale di quanto accaduto. Il Museo dell’Olocausto colpisce per la forza che evocano i materiali raccolti. Il cuore del museo è la Sala dei Nomi o Mausoleo dei Bambini dove una voce cita il nome del bambino, il paese di provenienza e l’età che aveva quando è comparso. In un edificio completamente al buio, cosparso di tanti lumicini sempre accesi, avvolti dal silenzio, non riusciamo a celare qualche lacrima di commozione per tutti questi bambini morti inutilmente e senza colpa che spesso pagano per la stupidità dell’Uomo. Uscendo si sale sino alla Sala della Memoria per non dimenticare quanto accaduto ieri e dove brilla la fiamma della speranza per il mondo di domani. Attraversiamo il quartiere etiope dove da molti anni vive una comunità in case residenziali molto eleganti. Hanno una bella Chiesa con Cappella e abbiamo la fortuna di assistere a un matrimonio. Entriamo in Chiesa senza scarpe: è a pianta circolare e colori pastello vivaci, tappeti sul pavimento e panche addossate alle pareti. Al centro c’è l’edicola destinata al prete. La sposa indossa un abito bianco simile al sari indiano con ricche bordure dorate e lo sposo è vestito di bianco. Dopo la cerimonia entrambi indossano un mantello uguale di velluto bordeaux e bordato in oro con cappuccio. Anche gli invitati sono vestiti di bianco e i bambini molto eleganti giocano felici sia in chiesa che nel giardino esterno. Proseguiamo poi verso il Monte degli Ulivi. Da lassù il panorama sulla Città Vecchia è imperdibile: la Spianata del Tempio, le cupole delle Moschee e i campanili delle Chiese spuntano dal verde delle palme. Spicca la scintillante Cupola della Roccia al centro della grande spianata un tempo sede del Tempio di Salomone. Si scorge benissimo il muro che racchiude la Città Vecchia e le varie porte di accesso. La guida ci indica ogni settore e ci spiega la storia di Gerusalemme nei secoli. Alla base del monte vediamo la Tomba di Maria, sepolcro risalente al IV sec., dove il corpo di Maria fu deposto prima dell’Assunzione in cielo. Visitiamo la Basilica delle Nazioni, gestita dai Francescani, eretta nel 1920 sulla pianta di altre precedenti, di cui sono rimaste le tracce. Davanti all’altare è conservata la pietra venerata come luogo dell’agonia di Gesù. Entriamo nel giardino dei Getsemani (significa ‘frantoio’ in aramaico) detto Orto degli Ulivi, dove Gesù passò l’ultima notte prima che Giuda lo tradisse e lo facesse arrestare. Qui gli ulivi sono recintati perché i fedeli strappavano rami e pezzetti di corteccia per ricordo credendo che quegli ulivi siano gli stessi del tempo di Gesù. Siccome, come noto, non si può definire esattamente l’età di un ulivo e comunque gli alberi vanno salvati, i Francescani li hanno recintati. C’è anche l’ulivo che ha piantato Papa Paolo VI durante il suo viaggio nel 1964. Attraversiamo la porta di Giaffa e subito sulla destra si incontra la Cittadella, costruita al tempo di Erode il Grande che l’ampliò innalzando 4 magnifiche torri. La Torre di David risale probabilmente all’epoca dei primi pellegrini cristiani. Dietro la Cittadella c’è il quartiere armeno che risale al V sec.

Ci dirigiamo alla Cattedrale di San Giacomo, dove c’è la tomba del santo. Ha un bel portale d’ingresso e abbiamo la fortuna di assistere alla loro processione. I preti vestiti di nero e di bordeaux indossano un mantello nero con cappuccio che li rende alquanto… misteriosi. Cantano una nenia incomprensibile e una musica lieve accompagna il rito. Proseguiamo verso sud e arriviamo così nel quartiere ebraico, che è un labirinto di vicoli e stradine lastricate, dove troviamo antiche sinagoghe tra cui la Sinagoga di Ramban del XIII sec. e la Sinagoga di Hurva, luogo di culto di una comunità ebraica proveniente dalla Germania e alcune sinagoghe sefardite di fedeli provenienti dalla Spagna. Lungo una scalinata si arriva al Cardo Maximus, la via principale delle città romana, utilizzata anche nel periodo bizantino, che si trova sotto il piano stradale attuale. Era fiancheggiata da colonne di cui vediamo solo i capitelli corinzi e da un porticato su cui si affacciavano botteghe con un mercato vero e proprio. All’ingresso c’è una copia della Carta di Madaba, il mosaico del VI sec. che rappresenta la Terra Santa nel periodo bizantino. Arriviamo infine alla principale attrazione del quartiere: il Muro del Pianto o della Preghiera, uno dei posti più sacri agli ebrei. Il muro è quello che resta del Tempio di Gerusalemme distrutto nella guerra giudaica del 70 d.C. Nelle fessure degli enormi blocchi di pietra scorgiamo centinaia di bigliettini con le preghiere dei fedeli nella speranza che raggiungano il cielo più facilmente. Il muro si trova su una grande piazza oltre una balaustra in metallo. Le donne hanno una sezione apposita sulla destra molto più piccola rispetto a quella degli uomini, che a sinistra hanno una vasta area e la biblioteca per studiare. Vediamo i fedeli che davanti al Muro si inchinano, pregano o leggono un libro di preghiere. E’ una cerimonia molto antica e sentita dagli ebrei. Sulla sinistra si accede al tunnel che scende di diversi livelli e ci permette di vedere le stratificazioni architettoniche della città. Ai lati dell’antica via ci sono suggestive botteghe con oggetti d’arte giudaica e piccoli ristorantini che offrono squisito cibo ebraico kosher e arabo. Individuare la Via Dolorosa, la strada che Gesù percorse portando la croce, non è semplice. E’ composta da 14 Stazioni, ma serpeggia tra i vicoli del quartiere arabo della Città Vecchia proprio entro il suk. Parte dalla Basilica dell’Ecce Homo (così detta perché qui si trova l’arco trionfale romano che, secondo la tradizione biblica, è il luogo dal quale Pilato presentò Gesù alla folla gridando “Ecce Homo!”) per giungere alla Basilica del Santo Sepolcro. La guida ci conduce alle stazioni principali. Saliamo verso il Golgota, luogo della crocifissione, passando per cappelle, conventi e monasteri che permettono al pellegrino di sostare in preghiera. Ogni stazione commemora un avvenimento ed è indubbiamente la più autentica Via Crucis che si possa fare. E’ un tipico quartiere musulmano con stretti vicoli intricati, bazar, botteghe e un fiume di gente che si riversa rumorosa nelle stradine a tutte le ore del giorno.

La Basilica del Santo Sepolcro

Finalmente arriviamo al luogo più significativo: la Basilica del Santo Sepolcro dove Gesù fu sepolto e risorse. Siamo nel quartiere cristiano che ospita il Patriarcato greco-ortodosso, che ha la propria cattedrale al centro della Basilica del Santo Sepolcro, il Patriarcato latino, il Patriarcato copto e il Patriarcato abissino. L’edicola del Santo Sepolcro è posta al centro della cupola, mentre la Pietra dell’Unzione, luogo della deposizione di Cristo, è nel vestibolo dal quale con una scalinata ripida si accede al calvario. L’altare greco è stato costruito sulla roccia del Calvario, dove fu innalzata la Croce di Gesù e quelle dei due ladroni. Lo stile è orientale, ridondante di argento e oro. La roccia, posta sotto un vetro, ha una larga fenditura provocata da un terremoto. La folla di fedeli provenienti da ogni parte del mondo (russi, messicani, brasiliani, africani, italiani, spagnoli) è numerosa e occorre molto tempo per accedere alla Cappella dell’Angelo che immette nel Sepolcro vuoto di Cristo, dove l’Angelo apparve per annunciare la Resurrezione. La confusione è totale e sembra che toccare e baciare gli oggetti sacri sia la preoccupazione di questi fedeli frenetici come api sul miele. Al di là della prima impressione siamo nel centro dove tutta la cristianità è concentrata e l’emozione ha il sopravvento. Visitiamo ogni angolo della Basilica che ha una struttura chiaramente da castello crociato con successivi rimaneggiamenti nelle diverse epoche da parte di “personaggi” che hanno lasciato il loro segno, come Erode Agrippa, Costantino, l’imperatore Adriano e la Chiesa greca che l’ha in parte restaurata in anni recenti. Scendiamo poi della Cripta di Sant’Elena e nella Cappella di Adamo che sono luoghi molto suggestivi. La nostra guida, non senza sarcasmo, ci dice che il vero miracolo che Gesù compie ogni giorno è di salvaguardare questa Basilica paragonabile a una bomba che potrebbe scoppiare per un qualsiasi “litigio” religioso. Subito dopo aggiunge che gli ebrei attendono ancora il Messia e quando quel giorno arriverà certamente si insedieranno anche loro in questa Basilica! L’equilibrio è molto precario e si nota da una scala lasciata davanti a una finestra che non serve più ma che nessuno osa spostare, dai catenacci ai portali d’ingresso, agli orari precisi delle varie processioni, alla pulizia del luogo. All’interno esiste anche una piccola sacrestia con Frati Francescani molto defilata e con una piccola effige del Papa. Ogni venerdì alle h 15 i Francescani iniziano la via Crucis. In questo nostro giro nel quartiere cristiano siamo circondati da conventi e cappelle di ogni ordine religioso con un tripudio di stili che ci confondono le idee, ma che trasmettono una pace quasi irreale. La nostra zelante guida ci mostra tutto il possibile e ci fa entrare ovunque sia consentito alla ricerca delle tracce di storia che qui indubbiamente hanno lasciato molti segni. Purtroppo non ci è consentito l’ingresso alla Spianata del Tempio sul monte Sion per sicurezza e un paio di soldati israeliani bloccano il passaggio in cima a una scalinata di accesso a turisti ed ebrei. Scorgiamo soltanto la Cupola della Roccia, che è il terzo luogo sacro per i musulmani dopo la Mecca e Medina: è ottagonale ed ha una cupola centrale dorata in corrispondenza della roccia dove, per ebrei e cristiani, Abramo stava per sacrificare il figlio Isacco. E’ anche il luogo da cui Maometto salì al cielo a cavallo di una giumenta. Dietro sorge la Moschea di el-Aqsa che i cristiani identificano come Tempio di Salomone, mentre per gli ebrei era la Scuola di Salomone. La curiosità è che le colonne di marmo di Carrara furono regalate da Mussolini. Accanto c’è la Moschea Bianca riservata alle donne. All’esterno intravediamo la tradizionale fontana per le abluzioni. Non lontano sorge il Duomo dell’Ascensione dove Maometto pregò prima dell’ascensione. Gli ebrei ortodossi, provenienti dall’Europa dell’Est, hanno un loro quartiere, Mea Shearim, dove bisogna andare vestiti in modo molto decoroso perché qui le usanze sono cristallizzate nel tempo: le donne vestono abiti lunghi e scuri e nascondono i capelli, mentre gli uomini portano cappelli di feltro nero, barbe e lunghi riccioli davanti alle orecchie. I bambini sono pure vestiti di nero come i genitori. Sembrano tutti usciti da un vecchio film russo! Hanno stretta osservanza dei principi religiosi, rifiutano il mondo dominato dal peccato, la tecnologia e hanno fino a sette figli contro la media di tre. Attualmente raggiungono il 34% della popolazione di Gerusalemme, che ammonta circa a 800.000 abitanti, ma la crescita è esponenziale. Gli uomini si dedicano alla preghiera, allo studio delle sacre scritture, non lavorano e lo Stato Israeliano passa loro un sussidio per vivere. Vediamo anche un loro cimitero ebraico con le bare di pietra chiara collocate fuori terra, una accanto all’altra come tanti sarcofagi, e ricoperte di sassi come augurio ai propri cari deceduti. La prima impressione che abbiamo avuto di Gerusalemme è quella di una città dove tutti sono indaffarati a vivere la loro vita. Si percepisce però che il pericolo è presente perché Gerusalemme è la sede del governo israeliano nonché la Città Santa delle tre principali religioni monoteiste. Per le strade si notano giovani soldati (uomini e donne) che con la loro presenza ricordano il problema. L’energia della città si avverte dalla continua interazione tra sacro e profano, antico e moderno, terreno e spirituale. La visita di questa città è, comunque la si pensi, un’esperienza indimenticabile. Gerusalemme è indubbiamente in grado di stregare.

Nel pomeriggio ci attende la visita di Betlemme che in ebraico significa “città del pane” alludendo al suolo fertile. Immersa in coltivazioni di grano, vite e ulivi si trova soltanto a 8 km da Gerusalemme ed è posta su un colle a circa 800 m di altezza, ma in territorio palestinese o Cisgiordania. Senza ripetere le note vicende oggi bisogna attraversare un passaggio obbligato che costeggia un alto muro alto 9 m presidiato da soldati israeliani. La nostra guida ci lascia qui e ci dice di seguire il percorso obbligato, presentare i passaporti e senza difficoltà passare oltre. C’è un via vai di palestinesi che entrano ed escono da questo passaggio a tutte le ore. Dall’altra parte troviamo una nuova guida con autista che ci conduce alla nostra meta. Questa è la città di Davide e il luogo dove nacque Gesù. Si dice che la Basilica della Natività sia la più antica al mondo voluta da Costantino nel IV sec. e poi rimaneggiata da Giustiniano. Nella navata centrale sono ancora visibili i mosaici antichi delle prima chiesa di Sant’Elena. Visitiamo poi la grotta al piano inferiore e al centro sotto una piccola abside, in corrispondenza dell’altare, vediamo una stella d’argento collocata su una lastra di marmo che indica il punto esatto dove fu posto Gesù Bambino appena nato. Sotto si apre la Grotta della natività lunga 12,5 m e larga oltre 3 m. Nella navata destra scendiamo in un gruppo di grotte che i cristiani utilizzarono come tombe: c’è la Grotta di San Giuseppe, probabilmente adibita ad abitazione, e certamente in un angolo si tenevano le bestie; la Grotta di San Gerolamo dove avrebbe tradotto la Bibbia e la Grotta del Latte dove Maria allattò Gesù. La nostra breve visita a Betlemme è finita. Ripercorriamo il percorso obbligato a ritroso e questa volta una soldatessa israeliana ci saluta al rientro in Israele. L’impressione avuta è di essere segregati in una terra diversa da Israele, sapendo che la comunità musulmana è al 75% e dove si nota la povertà nelle strade.Il nostro primo viaggio in Israele finisce qui, domani si ritorna a casa con la consapevolezza che tutti dovrebbero visitare questi posti almeno una volta nella vita. Una riflessione è d’obbligo. Il turismo può avere un ruolo positivo nel costituire il fondamento della possibile convivenza e della pace. Questo Paese è certamente vitale e in futuro avrà un ruolo centrale per le sorti dell’umanità. La pace però dovrà essere duratura per garantire tranquillità e per vivere al meglio la spiritualità di questi luoghi. Per i fedeli recarsi in Israele significa ripassare il Vangelo e ripercorrere le strade che Gesù attraversò. Indubbiamente dalla Terra Santa si torna cambiati sia che si vada in pellegrinaggio sia da semplice turista perché è un Paese interessante e suggestivo per la storia passata, quella presente e probabilmente quella futura.

Shalom Israele.



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