Israele a 360 gradi

Luoghi sacri, siti archeologici, mari, deserti e parchi naturali.
Scritto da: roberta_d
israele a 360 gradi
Partenza il: 09/07/2009
Ritorno il: 20/07/2009
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
L’idea parte da mio marito: quest’estate andiamo in vacanza in Israele, la situazione sembra tranquilla, di Tel Aviv se ne parla in toni entusiastici da tutte le parti. Oltretutto è vicino e troviamo un volo diretto da Verona a un prezzo decisamente conveniente. Abbiamo due settimane di tempo, vogliamo fare un itinerario che includa sia luoghi sacri che siti archeologici, senza trascurare la parte naturalistica. Consulto un ricchissimo catalogo di viaggi religiosi che trovo in casa di mio zio, viaggiatore e sacerdote che ha visitato la Terra Santa parecchi anni fa; il suo commento alla mia notizia è stata: non ho mai sentito di turisti individuali in Palestina! effettivamente non c’erano molti turisti non legati a gruppi parrocchiali, soprattutto nei luoghi sacri, ma la cosa ha alcuni vantaggi, come vedremo. Mettiamo un po’ di attenzione alla preparazione dei bagagli: niente vestiti verde militare o mimetici e abbigliamento “modesto”, cioè no pantaloni corti o magliette senza maniche. 1° GIORNO Sull’aereo ci sono alcuni gruppi in pellegrinaggio e alcuni israeliani che tornano a casa. Oltre al ritardo previsto, si aggiunge qualche altra ora in più, quindi arriviamo a Tel Aviv a notte fonda. Evitiamo il timbro sul passaporto (chiedono comunque il motivo) e prendiamo la macchina a noleggio: apprezziamo subito il fatto che le impiegate siano molto gentili, disponibili e parlino inglese perfettamente. Vista l’ora decidiamo di andare subito in hotel, domani ci aspetta una giornata intensa. E’ una scelta di cui ci pentiremo, ma ancora non lo sappiamo. 2° GIORNO Partenza di buon mattino, perché abbiamo notato che tutti i siti aprono presto alla mattina (anche alle 8), ma chiudono altrettanto presto alla sera. Oggi poi è anche venerdì, quindi giorno prefestivo e per alcuni la chiusura è ulteriormente anticipata. Sotto all’albergo c’è un supermercato sempre aperto, ottimo per fare un po’ di scorta di bibite, frutta e snack, in modo da non perdere tempo durante il giorno e per il pranzo. All’ingresso perquisiscono i nostri zainetti, ma poi dentro ci sono i soldati in libera uscita che fanno la spesa in mimetica e il fucile a tracolla. Non è facile abituarsi, ma ne vedremo dappertutto, anche molte soldatesse-ragazzine, con il fucile da una parte e la borsetta colorata sull’altra spalla. Visitiamo subito Cesarea, un grande sito in riva al Mediterraneo, che include un beach club, molti ristoranti e negozi di souvenir. Alla fine si rivelerà il sito dall’ingresso più costoso e non ci sembra giusto, anche se è ben tenuto, con molte indicazioni e buoni servizi: troppo commercializzato. Andiamo ad Akko, città inserita dall’Unesco nel Patrimonio dell’Umanità. Dopo aver visitato le splendide attrazioni della Cittadella e del tunnel dei Templari, giriamo per la vecchia città araba e il suq: più la giriamo e più ci piace. C’è anche un supermercato in cui compriamo degli ottimi dolcetti a base di miele e frutta secca (nel resto del mondo si chiamano “Libanesi”, qui forse no, ma si sente che siamo vicini alla fonte!). Il prossimo obiettivo è Nazareth, dove fatichiamo non poco a trovare la Basilica dell’Annunciazione. E’ molto grande, ma decisamente deludente, oltretutto non c’è nessuno e tutto questo spazio vuoto mette un po’ tristezza, la grotta dell’Annunciazione appare sperduta. Sono comunque interessanti le varie immagini donate da tutte le chiese del mondo, sia all’interno che nell’ampio cortile. Nella strada verso Haifa passiamo per Megiddo (Armageddon), ma è già chiuso. L’hotel di Haifa è sulla collina del Carmelo, c’è una bella vista, nonostante la foschia. Ceniamo in un locale con vista sulla bella baia, apprezziamo la cortesia del giovane proprietario che ci consiglia come e quanto ordinare, visto che ancora non abbiamo preso bene le misure. Ci porta un tagliere enorme di formaggi, verdure e salsine con diversi tipi di pane caldo: ottimo ed economico. Resta giusto lo spazio per uno yogurt gelato, che troviamo seguendo a ritroso tutti quelli che lo stavano mangiando passeggiando. 3° GIORNO Sveglia presto (non lo ripeterò più, sarà una costante), c’è una densa foschia che si dissolverà presto. E’ sabato e per uscire dall’hotel dobbiamo fare i conti con l’ascensore del sabbath, dove non funzionano i pulsanti (perchè gli ebrei osservanti non possono fare l’attività di premerli), ma sale e scende in continuazione fermandosi a tutti i piani. Ritorniamo a Megiddo, stavolta è aperto e lo visitiamo praticamente da soli: è impressionante vedere le tantissime stratificazioni nelle rovine, le diverse cinta di mura e porta di accesso, segno delle tante vicende che si sono svolte in questo territorio. Quindi torniamo ad Haifa per la visita guidata gratuita ai Giardini Baha, purtroppo dobbiamo seguire il tour in ebraico, per fortuna avevamo letto qualcosa prima. Sono veramente splendidi e tenuti in modo ineccepibile, l’acqua che scorre tra le varie fontane rinfresca piacevolmente. La visita parte dall’ingresso superiore, si sviluppa in discesa e si esce dall’ingresso inferiore: per tornare alla macchina dobbiamo risalire la collina lungo una stradina tortuosa. D’altra parte i taxi chiedono una cifra esagerata per il percorso. Adesso nei nostri piani ci sarebbe di visitare le sorgenti del Giordano, sono tra il Libano e la Siria, per arrivarci si deve attraversare la città di Kiryat Shmona, teatro di recenti bombardamenti, non proprio zona consigliata, ma pensiamo che incontreremo posti di controllo, dovrebbero esserci forze ONU europee da queste parti, chiederemo loro se è il caso di andare o no. Senza incontrare niente di tutto ciò, solo traffico normale nelle due direzioni, arriviamo all’incrocio fatidico, la freccia a destra indica “Tel Dan” (cioè il sito archeologico alle sorgenti del Giordano) e “Alture del Golan” (nome un po’ più inquietante). Imbocchiamo la strada e arriviamo a destinazione: è sabato pomeriggio, il parco è pieno di famiglie che stanno facendo il pic-nic, i bimbi giocano tranquilli tra le varie sorgenti, i gruppi di rovine sono bene indicati e illustrati con i brani della Bibbia cui si riferiscono. E’ una vera oasi di pace, in mezzo al paesaggio arido e brullo circostante, nessuna traccia della situazione di confine non proprio tranquilla. Rientriamo quindi verso zone più calme, con la lunga discesa verso il lago di Tiberiade, circa 200 m sotto il livello del mare. E’ molto caldo, oltre 40 gradi, e umido: un clima soffocante. A Tiberiade andiamo a Messa nella graziosa Chiesa di San Pietro, a forma di barca, proprio sulla riva del lago. Quindi ceniamo in un pub lì vicino, Big Ben, con insalata per antipasto + bistecca e contorno. 4° GIORNO Dedichiamo la giornata alla visita dei siti cattolici attorno al lago Tiberiade: il Monte delle Beatitudini, gestito da suore italiane, con la bella chiesa che ha le vetrate illustrate con le beatitudini, e la Chiesa del Primato di Pietro di Taghba, costruita sulla pietra proprio sulla riva. Visto che è domenica troviamo chiusa la chiesa della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci (ce l’aveva anticipato un frate incontrato prima: la gestiscono dei Benedettini tedeschi che sono molto rigidi). A Cafarnao ci sono la casa di Pietro e la vicina sinagoga (interessanti e ben conservate, si pagano anche 3 NIS a testa di ingresso); sulle rovine della stanza di Gesù è stata costruita una chiesa nuova ottagonale, sospesa su pali come fosse un’astronave di marziani (no comment). Ci allontaniamo quindi un po’ dal lago Tiberiade per visitare Tel Hazor, un altro dei siti biblici tutelati dall’Unesco. La biglietteria è chiusa, ma il sito aperto. Inizialmente siamo soli, poi arriva una famiglia francese. Il giro del sito è ben indicato, ci sono tutte le spiegazioni e siccome è anche ben conservato si intuiscono bene le varie parti: la città alta e bassa, una chiesta a 3 navate, un tempio e si può anche scendere all’interno della grande cisterna. Proseguiamo quindi il giro del lago, con sosta al ponte sul fiume Giordano e nel kibbutz Ein Giv, dove c’è anche il molo per le barche che fanno la traversata del lago. Prendiamo quindi la strada per il Monte Tabor, il monte della Trasfigurazione. La strada per arrivarci si conclude con 16 stretti tornanti, solo le auto possono percorrerla, i pullman devono fermarsi prima e trasbordare i passeggeri su piccoli bus. La chiesa è la più bella vista finora, costruita su una chiesta bizantina più antica, con bei mosaici. Ha anche un bel viale d’accesso e attorno ci sono rovine di precedenti chiese e un convento. Sarà per il fatto di essere soli (c’è solo un’altra coppia dentro alla chiesa), sarà per il panorama che si può ammirare tutto intorno, ma quanto raccontato nel Vangelo sembra potersi ripetere da un momento all’altro. Completando il giro del lago incontriamo un grande supermercato, BIG appunto, dove facciamo un po’ di scorte di acqua e cibo per i prossimi giorni, oltre alla merenda di oggi, visto che il pranzo è stato dimenticato tra tutte le cose che dovevamo visitare. Al ritorno andiamo al beach club dell’hotel, sul lago: ci troviamo un una specie di lager, con recinto altissimo e senza accesso alla spiaggia. Ci sdraiamo comunque su due lettini, restiamo lì quasi svenuti dalla stanchezza e dal clima (eppure siamo di Bologna, dove l’afa d’estate non scherza) finchè un addetto ci dice che devono chiudere. Ci rinfreschiamo con una lunga doccia e andiamo a Tiberiade per una passeggiata nella città vecchia e per cercare un ristorante. Restiamo piacevolmente sorpresi quando il cameriere del pub di ieri sera ci riconosce e ci dice che se andiamo da lui come antipasti ci dà una serie di insalate, non una sola. Subito pensiamo alle mezze siriane o cipriote e non sbagliamo. Aggiungiamo una pizza (è una nostra tradizione, di mangiarne almeno una in ogni nazione) al pane arabo in dotazione e ne esce una cena economica ma gustosa. 5° GIORNO Facciamo velocemente colazione e ci mettiamo in viaggio verso Gerusalemme. Prendiamo l’autostrada a pagamento: per il pedaggio fotografano la targa e inviano la fattura a fine mese. Funzionerà? ebbene sì, dopo alcuni mesi è arrivato l’addebito supplementare della Budget sulla carta di credito. L’ultimo tratto di strada lo facciamo in coda, tutto sommato andare piano ci fa comodo: riusciamo a identificare subito la strada del nostro hotel, situato nel nuovo quartiere di Givat Ram, quello in cui c’è anche la Knesset. Logisticamente si rivelerà una soluzione ottimale, in quanto lasciamo la macchina nel parcheggio e prendiamo un autobus dalla vicina autostazione: le indicazioni sono solo in ebraico, ma capiamo che il 20 va diritto alla Jaffa Gate e lo eleggiamo nostro autobus preferito. La prima impressione è splendida: mura intatte circondano interamente la città, le 12 porte, di cui 11 aperte e transitabili, hanno ognuna uno scopo e una personalità unica. Da qui si “entra” in Gerusalemme vicino alla parte cristiana, quindi ci dirigiamo verso la Chiesa del Santo Sepolcro. Fatichiamo un po’ a trovarla, chiusa com’è tra stradine strette e alcune moschee: questo intreccio è decisamente l’elemento caratterizzante della città vecchia. Eppure la Chiesa è grandissima, articolata in due sale principali e tante cappelle minori (solo di dimensione). Una breve fila per entrare nell’edicola del Santo Sepolcro, forse il luogo più sacro per i cristiani. Pensiamo un momento a chi sta a casa e usciamo per comperare alcune corone del rosario che ci avevano richiesto. Ce n’è una varietà incredibile, le scegliamo di legno e corda, molto semplici, poi le facciamo benedire qui, sulla Pietra della Deposizione, dove molti spargono olii profumati. Altro passaggio obbligatorio è la Via Dolorosa, ossia la Via Crucis, con le stazioni marcate sul muro. Alla Porta di Sion entriamo per visitare il Cenacolo, all’ingresso un signore fa prendere a mio marito un copricapo; ci sono due gruppi di francesi e nessuno ce l’ha. Ecco uno dei vantaggi dell’essere “pellegrini solitari”: possiamo entrare alla Tomba del Re David. Passaggio separato per uomini e donne, il posto è tetro, ma se ne avverte la grande sacralità. Visitiamo poi anche il Cenacolo e ci arrampichiamo sul tetto di una costruzioni vicina per ammirare il panorama di Gerusalemme dall’alto: semplicemente fantastico (si può avere la stessa vista anche salendo sulle mura, ma occorre pagare il biglietto). L’ufficio del turismo ci comunica gli orari esatti per visitare la spianata delle Moschee e le modalità per raggiungere Betlemme; purtroppo ci dice anche che non c’è modo per arrivare a Gerico. Ceniamo nella parte nuova di Gerusalemme, in un fast food locale, con uno shwarma e un gelato. Breve spiegazione: quello che in Europa viene chiamato kebab, nei paesi arabi e qui si chiama shwarma; per kebab intendono invece una specie di hamburger insaporito con cipolla, prezzemolo e altre spezie. 6° GIORNO La mattina dopo, sveglia ancora prestissimo, autobus per l’ormai nota Jaffa Gate e via di corsa verso Gerusalemme Est, la parte ebraica. La città è ancora deserta, irriconoscibile. Il passaggio dalla parte araba a quella ebraica è netto, cambiano gli spazi e i colori all’improvviso. In giro vediamo molti ebrei ortodossi con l’abbigliamento tradizionale, cioè cappotto lungo e cappello di panno nero, nonostante il caldo; inoltre hanno i capelli e la barba non tagliati. Per non perdere tempo chiediamo indicazioni per raggiungere il Western Wall, come loro chiamano questa parte di Gerusalemme. Raggiungiamo un ingresso controllato, tipo aeroporto, ci sono dei pellegrini spagnoli in una fila, andiamo dal poliziotto di fianco e ci troviamo al Muro del Pianto (non ci sembrano altri turisti, forse non possono entrare). Il mio abbigliamento è così “modesto” che l’addetta alla distribuzione di sciarpe non mi guarda nemmeno, arrivo subito tra le fedeli che pregano. Mio marito deve solo prendere un berretto dall’apposito cesto e con discrezione fa anche alcune foto. Ovviamente accediamo a due settori separati. Senza perdere tempo usciamo e andiamo dove erano entrati i turisti spagnoli, così arriviamo alla spianata delle moschee. La cupola dorata lascia senza fiato, anche il resto della moschea è bellissima. Purtroppo i non musulmani non possono entrare, due turiste in burka ci provano, ma invano. Da lontano vediamo anche un gruppo di ebrei circondati da guardie, sembra una dimostrazione tranquilla, ma la fila di scudi vista all’ingresso fa pensare che non sia sempre così. Uscendo dalla porta dei Leoni si sale al Monte degli Ulivi, dove visitiamo l’Orto dei Getsemani, la Domus Flevit e la cappella dell’Ascensione, oltre al cimitero ebraico. Ci godiamo anche un’altra bellissima vista di Gerusalemme e della sua Cupola nella Roccia. Poi via verso la porta di Damasco, dove si prendono i pullman arabi, quello per Betlemme è il N. 21. La distanza in linea d’aria è di circa 10 Km, ma c’è da aggirare il muro e ci mettiamo parecchio tempo per arrivare a destinazione. Dalla fermata dell’autobus, condividiamo il taxi con una coppia polacca e in un breve arriviamo davanti alla basilica. Ha tutti i segni delle disavventure passate e recenti, ma questo la rende affascinante, oltre al consueto mix di stili nelle parti delle diverse confessioni cristiane. Visitiamo anche la vicina chiesa di Santa Caterina, da dove viene trasmessa in mondovisione la messa della notte di Natale. Una breve passeggiata per il vicino mercato ci da l’idea di una Palestina non proprio disastrata, ma forse il turismo è una risorsa notevole qui, che gli altri Territori non hanno. Al ritorno verso Gerusalemme ci fanno scendere dal pullman, lo ispezionano coi fucili spianati e ci controllano i passaporti. Scendiamo al Jaffa Gate e andiamo a pranzo nel nuovo mall, costruito lungo le antiche mura, dove i negozi e i locali sono come quelli europei, spesso con le stesse insegne. Facciamo quindi un’altra passeggiata per la zona archeologica della parte ebraica, che stamattina avevamo attraversato molto in fretta. Ci sono negozi alternativi e molte gallerie d’arte, ma soprattutto i resti dell’antico cardo romano raffigurato nella famosa mappa di Gerusalemme nel mosaico di Madaba, che abbiamo visto in Giordania 2 anni fa. Resta da visitare il Museo d’Israele, che oggi è aperto fino alle 21. Bisogna cambiare due autobus, sbagliamo anche, ma grazie alla cortesia dell’autista arriviamo a destinazione. E’ parzialmente chiuso per ristrutturazione, ma sono visitabili le parti principali: il plastico con la riproduzione di Gerusalemme all’epoca del Secondo Tempio, il giardino delle sculture, una bella mostra temporanea di maschere e, soprattutto, i famosi rotoli dal Mar Morto di Qumran. E’ il miglior esempio di valorizzazione di reperti che io abbia mai visto: l’accesso all’esposizione è preceduta da foto e spiegazioni molto dettagliate sul ritrovamento, la storia e il restauro. Ogni pezzo è poi esposto in una teca di vetro, con ulteriori indicazioni; oltretutto sono veramente tanti e ben conservati. Vista l’ora decidiamo di andare direttamente a cena, stasera c’è un interessante all-you-can-eat-sushi nel ristorante giapponese Sayuris, a Ben Yehuda. E’ un posto molto carino, pieno di gente giovane, con ampia scelta di sushi e altri piatti giapponesi e una cameriera gentilissima e prodiga di informazioni. Torniamo in hotel a piedi per smaltire la birra con cui abbiamo annaffiato il tutto; c’è gente in giro, alcuni negozi e bar sono ancora aperti, ci si sente veramente tranquilli. 7° GIORNO La meta di oggi è Askhelon, ma prima proviamo di visitare la Sinagoga con le vetrate di Chagall, uno dei miei artisti preferiti. Si tratta di trovare un grande ospedale, la sinagoga è al suo interno. Trovare l’ospedale non è un grosso problema, ma è grandissimo e non c’è una indicazione. Chiedendo e girando arriviamo alla meta: bisogna anche pagare un biglietto (questo dovrebbe giustificare almeno un cartello!), ma è veramente affascinante e c’è un sottofondo musicale con la spiegazione in inglese di ogni vetrata: sono 12, ognuna dedicata a una delle tribù di Israele. Ci rendiamo anche conto che siamo in Israele da una settimana, abbiamo visto tante cose ma non eravamo ancora entrati in una Sinagoga: ne abbiamo scelta una decisamente di alto livello. Lasciamo l’ospedale e ci dirigiamo verso il Mar Mediterraneo, per riposarci un paio di giorni. La zona è nell’area potenzialmente raggiungibile dai missili che vengono ogni tanto lanciati dalla Striscia di Gaza, avevamo già prenotato l’albergo prima vedessimo questo avviso. All’arrivo a Tel Aviv, abbiamo chiesto all’addetta della dogana e ci ha detto che lei vive a Tel Aviv e non sa se ci sono dei problemi ad Askhelon: sarebbe come se vivendo a Bologna non sapessi se a Ravenna arrivano dei missili! Alla fine abbiamo deciso di essere fatalisti e di non modificare l’itinerario. Notiamo alcuni stormi di caccia che ritornano alla base aerea, tutto il giorno ci saranno elicotteri da combattimento che sorvolano la zona, ma siamo gli unici che li guardano. In hotel ci sono ospiti israeliani e qualche francese, sembra comunque abbastanza pieno; non c’è accesso diretto alla spiaggia (solita recinzione stile lager), ma è facile raggiungere la spiaggia pubblica, dove molta gente fa il bagno e pic-nic. L’acqua è calda, il clima piacevole, non troppo caldo. Alla sera ceniamo in uno dei tanti ristoranti sul molo, Zolele Hadarom, hummus e insalate miste, il tutto accompagnato da pane arabo caldo: le porzioni sono molto abbondanti, il servizio cortese e i prezzi convenienti. 8° GIORNO Relax totale tra spiaggia, dove c’è una bellissima passeggiata attrezzata per relax e ginnastica, e piscina dell’albergo, solito via vai di elicotteri. 9° GIORNO Lasciamo la costa mantendoci a dovuta distanza dalla Striscia di Gaza, non seguiamo le indicazioni stradali che fanno passare da Sderot, ma scegliamo una via più sicura, solo qualche km più lunga. Oggi riprendiamo le visite archeologiche, cominciando con Be-er Sheva, l’ultimo Tel biblico, dove troviamo ben 3 pullman di ragazzi francesi, anche se non si può proprio parlare di affollamento. Il sito è molto grande, particolarmente affascinante la discesa nella onnipresente cisterna, per la quale veniamo anche dotati di casco di sicurezza. Quindi iniziamo la visita delle città sulla via dell’incenso, anche queste inserite nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, con Mamshit. Dopo la “folla” di Be-er Sheva, qui siamo nuovamente i soli visitatori, peccato, perché è veramente molto bello e ben conservato, è facile identificare i posti: chiese, abitazioni, il mercato, di cui alcuni abbelliti da affreschi e mosaici. Poi giù verso Ein Bokek, nella parte meridionale del Mar Morto, chiamata “pan”, la meno profonda, dove si vede il fondo di sale, bianchissimo, e l’acqua ha una bellissima sfumatura azzurra. L’acqua è caldissima, si fa fatica ad entrare, poi allontanandosi dalla riva diventa più confortevole. C’eravamo già stati sulla parte opposta, ma qui è molto diverso, in Giordania avevamo avuto una impressione generale quasi infernale, con tutto il fango nero sul fondo che la gente si spalmava addosso. Ovviamente c’è ampia scelta di trattamenti termali e curativi per ogni scopo, ma il sol fatto di galleggiare sull’acqua calda e salata ha un effetto rilassante e benefico. Dopo la doccia rinuncio ad asciugarmi i capelli, sotto il livello del mare ci si mette tantissimo tempo. Usciamo per cena e siamo giusto investiti da un provvidenziale vento forte e caldo. Ci rinfreschiamo con una mega-insalata in un locale della catena Aroma, che troviamo abbia un buon rapporto qualità-prezzo, oltre ad un servizio rapido e cortese. 10° GIORNO Stamattina ci aspetta la salita alla fortezza di Masada, anche questo Patrimonio dell’Unesco, lungo la Salita del Serpente, che parte da molto sotto il livello del mare e non arriva certo in altura. Il risultato è che non viene il fiatone, ma l’abbondante sudorazione non evapora e ci si ritrova inzuppati, assetati e comunque distrutti. Si capisce perchè a volte lo chiudono in tarda mattinata! Visto che c’è molta foschia non si gode nemmeno un bel panorama: forse valeva la pena salire con la funivia posta sul retro della montagna. Il sito è il più affollato visto finora, ma merita veramente, soprattutto per il bellissimo palazzo di Erode. La visita è molto faticosa, il sito è su vari livelli, ognuno molto esteso. Si riconoscono ampie porzioni di mura, abitazioni reali, varie ville e palazzi, torri di guardia, chiese, magazzini, terme e le onnipresenti cisterne. Dopo la discesa ci rinfreschiamo nei bagni adiacenti e ci prepariamo a raggiungere il Mar Rosso. Scegliamo la strada che segue la valle del Giordano, dopo aver fatto un accurato pieno di benzina, visto che non sono segnalati paesi lungo il percorso fino a Eliat. A metà strada vediamo una stazione di servizio con annesso Mc Donald’s: potrebbe essere un miraggio. Eliat si vede da lontano, è grande, piena di alti palazzi con centri commerciali e servizi di ogni genere, oltre ad un grande porto. Il posto è veramente particolare; in pochi chilometri di mare si affollano 4 paesi: Giordania, Israele, Egitto ed Arabia Saudita. Non ci attira fermarci, quindi procediamo verso il confine con l’Egitto, visto che abbiamo prenotato un albergo a Taba Heights, comodo per raggiungere il Sinai e il Monastero di Santa Caterina: abbiamo prenotato anche l’escursione per la salita notturna in modo da vedere l’alba sul deserto. Come da indicazioni ricevute, parcheggiamo la macchina in uno dei grandissimi parcheggi prima del punto di confine: sono pienissimi, ma riusciamo a trovare un posto e avviamo piedi verso la dogana. Per uscire da Israele occorre pagare una tassa e un’altra sarà da pagare all’ingresso in Egitto (visto che deve essere pagata in Pound cambiamo 20 euro all’ufficio cambio). Ma la vera impresa è riuscire ad entrare in Egitto con la carta d’identità, visto che non vogliamo sul passaporto il timbro egiziano del confine di Taba, che equivale ad ammettere di essere stati in Israele, con la conseguenza che potrebbe non essere concesso l’ingresso in molti paesi arabi. All’aeroporto di Sharm credo che tutti i funzionari sanno che gli italiani possono entrare nella Penisola del Sinai e Mar Rosso senza passaporto, ma qui si devono informare e dobbiamo pazientare un po’, ma alla fine raggiungiamo l’obiettivo e ci viene consegnato un cartoncino che, unitamente alla carta d’identità, ci fa passare tutti i successivi controlli. Evviva! Prendiamo un taxi, veniamo fermati in continuazione per vari controlli, oltre che per pagare la preannunciata tassa. La macchina viene ogni volta ispezionata minuziosamente, anche sotto e internamente, ma alla fine arriviamo al bellissimo Intercontinental Hotel, dove subiamo l’ultima verifica. Decidiamo di approfittare subito della grande spiaggia e in un breve bagno ho subito una idea di cosa siano i fondali del Mar Rosso: pesci e piante di ogni tipo, con colori vivacissimi e forme meravigliose, un vero paradiso sommerso. Il posto è molto isolato, lontano dal paese o da altri servizi, per cui ceniamo nel ristorante dell’hotel. Qui siamo in Egitto, i costi sono molto contenuti, anche negli hotel di lusso, ma ci imponiamo grande attenzione a quello che mangiamo: niente verdura cruda, creme o salse, sebbene l’aspetto sia invitante e rassicurante. 11° GIORNO Stamattina ci concediamo uno strappo alla regola e riposiamo un po’ di più. Anche per colazione ce la prendiamo calma, il buffet dell’albergo merita la giusta attenzione. Quindi subito in spiaggia, dopo l’assaggio di ieri pomeriggio siamo impazienti di vedere altre meraviglie. E stasera c’è l’ascensione al Monte Sinai. Mentre ci sistemiamo sui lettini arrivano 2 SMS, pensiamo al solito messaggio di benvenuto dell’operatore egiziano, ma purtroppo non è così, dobbiamo rientrare a casa per una emergenza familiare. Tra le lacrime facciamo i bagagli in tutta fretta, l’albergo non ci fa pagare alcuna penale per partenza anticipata e cancelliamo per cortesia l’escursione al Monte Sinai, anche se non è previsto alcun rimborso. Con un taxi raggiungiamo il confine, il passaggio da Egitto a Israele non prevede alcuna tassa da pagare, dobbiamo dare un po’ di spiegazione alla dogana israeliana, dove notano anche un precedente visto della Siria e ne chiedono spiegazioni. La passione per l’archeologia spiega anche il fatto che non vogliamo il timbro di Israele sul passaporto, e siamo sulla via del ritorno. Riprendiamo la macchina, per la quale eravamo un po’ in apprensione, e ci mettiamo sulla strada in direzione di Tel-Aviv, dove cercheremo un volo per tornare. Scegliamo di percorrere la strada lungo il confine con l’Egitto, che in alcuni tratti è veramente vicino. Ai lati della strada è quasi sempre zona militare vietata, ma a tratti il panorama è bellissimo, visto che si attraversa il roccioso deserto del Negev. Da lontano ammiriamo anche il sito di Avdat che domina dalla collina: è bellissimo e molto grande, dovremo tornare assolutamente qui per completare la visita di questa parte di Israele, oltre che di Tel Aviv, di cui vediamo anche stavolta solo l’aeroporto. Siamo decisamente fortunati e troviamo posto su un volo charter per Roma ad un prezzo veramente conveniente: 200 dollari o 150 euro, ma dobbiamo pagare in contanti e valuta estera. Svuotando completamente i portafogli ce la facciamo. I tempi sono molto stretti, ma la cortesia e l’efficienza di tutto il personale con cui abbiamo a che fare ci consentono di arrivare in tempo all’imbarco: le impiegate dell’autonoleggio, del check-in e dei controlli di sicurezza. Distrutti dal lungo viaggio in macchina senza soste, dalle corse per l’aeroporto e dal pensiero di quanto stava succedendo a casa non ci accorgiamo quasi del volo e siamo già a Roma. Qui scopriamo che di notte non ci sono treni veloci per Bologna, almeno Intercity, ma solo treni lentissimi che oltretutto partono dalla stazione Tiburtina. La popolazione del treno è incredibile, ma non è troppo pieno, quindi riusciamo anche a dormire un po’, visto che arriviamo a Bologna che è già mattina e ci sono tante cose da fare. Una cosa comunque è certa: ritorneremo in Israele, abbiamo lasciato troppe cose da fare e vedere e, vista l’esperienza fatta, crediamo ne valga assolutamente la pena (oltretutto ci sono rimasti anche alcuni scellini da spendere).


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