Islanda, terra di ghiaccio e fuoco

Tour on the road di una settimana tra i luoghi più belli di questa terra unica
Scritto da: kagno87
islanda, terra di ghiaccio e fuoco
Partenza il: 16/07/2013
Ritorno il: 23/07/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Viaggiare è la mia piu grande passione, una vera ragione di vita. Viaggio appena ne ho l’occasione, non importa se vicino, lontano, lontanissimo, da solo, in coppia, con amici…. Negli anni mi sono creato una mappa su cui mi annoto tutti i luoghi interessanti che scopro in internet, tv, libri o per sentito dire, e il mio sogno è che piano piano riuscirò a vederne, se non tutti, almeno la maggior parte. Se vi interessasse dare un occhiata alla mia mappa (sentitevi liberi di scrivermi per segnalare altri posti che mi sono sfuggiti!) la trovate a questo link: https://mapsengine.google.com/map/edit?hl=it&authuser=0&mid=z65-C6Bk5ja8.kVi1qtP3Gt6A

Dato che per programmare un viaggio spesso mi sono aiutato con recensioni di altri viaggiatori, finalmente mi sono deciso a “restituire il favore” raccontando quelle che sono state le mie esperienze; Questa volta parlerò del mio viaggio on the road di circa 2000km in Islanda, una settimana indimenticabile tra paesaggi primigeni e spazi aperti che mi hanno fatto sentire come se fossi tornato indietro nel tempo di milioni di anni…

Facendo una breve introduzione, l’Islanda è un Paese moderno, ordinato e tranquillo, molto fiero della sua posizione isolata e autonoma. Pur non facendo parte dell’UE, rientra nell’area Schengen, quindi per l’ingresso nel paese non viene richiesto nient’altro che la carta d’identità; le patenti italiane sono valide, si guida a destra come in Italia, non ci sono formalità doganali e non servono vaccini. Piuttosto che cambiare i soldi (corone islandesi, cambio circa 1€=150ISK) in banca, aeroporto o uffici di cambio io consiglio vivamente di prelevare direttamente in loco da uno sportello qualsiasi: pagherete circa 1-2€ di commissione a prescindere dalla somma, evitando tassi esagerati soprattutto per piccole quantità di denaro. I pagamenti elettronici sono accettati ovunque, dal caffè (sorprendentemente buono!) alla benzina all’ingresso nei parchi, quindi non è necessario girare con le tasche piene di banconote. L’inglese è parlato ovunque e molto bene, sia dai giovani che dagli anziani che vivono sperduti nelle fattorie. Come appoggio sul campo mi sono affidato alla guida Lonely Planet, che oltre ad essere precisa e ben organizzata è anche ricca di curiosità e “stranezze” islandesi a livello di cibo, musica tipica, feste di paese, leggende di gnomi e quant’altro. A livello di carte stradali una Marco Polo 1:750.000 affiancata alle validissime Here Maps del mio Lumia.

Il tour l’ho fatto insieme ad Alessandro, mio amico e coinquilino, e in totale abbiamo speso sui 950€ a testa tutto compreso, suddivisi all’incirca così:

370€ volo diretto Malpensa-Keflavik e ritorno con Wow Air (compagnia low cost dall’atmosfera allegra, con tanto di frasi spiritose du poggiatesta e sacchetti per il vomito!)

100€ per 4 pernottamenti in ostelli/fattorie (le altre 3 notti in tenda in campeggi gratuiti)

420€ diviso due per il noleggio dell’auto, una Suzuki Jimny presso IRC (http://www.iceland-car-rental.com/) scelta per i prezzi molto bassi rispetto alle concorrenti, il servizio 24h dato che arrivavamo di notte, i riscontri positivi degli altri clienti e il fatto che non avendo una carta di credito (altrimenti indispensabile come copertura) con un paio di mail ci siamo messi d’accordo per un pagamento in contanti al ritiro dell’auto aggiungendo altri 400€ come cauzione, poi restituiti tramite bonifico la settimana successiva al rientro in Italia. Nota importante: le auto in Islanda hanno delle classificazioni assicurative da A ad F e possono circolare sulle rispettive strade: se noleggiate una citycar (classe A) potete circolare praticamente solo in città e sulla statale 1 (Hringvegur); abbiamo optato per il Jimny 4×4 che permette di guidare su piste fuoristrada, guadi e strade secondarie, in modo da poter raggiungere i posti migliori.

150€ diviso due di benzina, leggermente meno cara che da noi

50€ a testa per l’escursione sul ghiaccio a Skaftafell, tutti gli altri siti naturali sono completamente gratuti e visitabili in autonomia.

150€ a testa tra pasti, varie ed eventuali, calcolando che una scorta di cibarie ce la siamo portata in valigia almeno per fare colazione e per cucinarci la cena quando possibile negli ostelli.

16 Luglio: Partenza!

Partendo da Torino, raggiungiamo l’aeroporto di Malpensa in treno con buon anticipo; il volo parte alle 23.10 e dura circa 4 ore. Nonostante sia notte, già dal finestrino dell’aereo inizio a capire che ci aspetta una terra incredibile: poco prima di discendere verso l’aeroporto di Keflavik, attraversiamo una zona in alta quota da dove possiamo vedere il sole… dall’altro lato della Terra!! E’ uno spettacolo inaspettato e quasi sovrannaturale, tanto piu che i raggi obliqui si riflettono sui ghiacciai e sulla cenere vetrosa del Sandur che costeggiamo proprio in quel momento. Un ottimo inizio! In aeroporto preleviamo le corone e contattiamo l’agenzia di noleggio auto per telefono: tengono prezzi bassi perché hanno l’ufficio a una decina di minuti dall’aeroporto, quindi li avvisiamo e nel giro di una mezz’oretta arriva una ragazza simpatica che ci lascia la vettura e ritira i soldi. Partiamo quindi alla volta di Reykjavik, dove abbiamo gia prenotato due posti in camerata in un ostello (Reykjavik City Hostel, prenotato da Hostelworld.com, 20€ a testa). Arriviamo che sono ormai le 3 di notte, e notiamo quasi divertiti che il sole sta sorgendo già. L’ostello è grande e recente, buona base per famiglie, campeggiatori ed escursionisti, con la colazione a buffet gratuita alla mattina. Dormiamo protetti dalla luce da spesse tende, domani si comincia!

17 Luglio: Reykjavik, Thorsmork e Geysir

Sveglia alle 8.30, colazione e poi prendiamo l’auto per avvicinarci al centro di Reykjavik; costeggiamo il porto e ci fermiamo a fare due foto ad un caratteristico monumento simil-nave vichinga che si affaccia sul fiordo con orgoglio. L’aria è fresca è piacevole e le catene di montagne dalla cima piatta incorniciano il mare. Lasciamo l’auto lì ed esploriamo la piacevole e colorata capitale: le case in lamiera e legno, il moderno Teatro dell’Opera, il laghetto cittadino e la principale via pedonale che culmina con la cattedrale in cima alla collina, ispirata alle formazioni geometriche del basalto. Lungo gran parte delle strade siamo affiancati da murales in ogni salsa, alcuni vivacizzano un parco giochi, alcuni indicano un pub, alcuni pubblicizzano un programma TV per bambini…. Pranziamo da Laekjarbrekka, una sorta di taverna tipica ricavata da una vecchia casa privata consigliata da TripAdvisor: Alessandro assaggia dello spezzatino con patate bollite, erbe di campo e panna acida; io provo un trancio di Minke Whale (una piccola balenottera non a rischio estinzione…non me ne abbiate, sono sostenitore wwf, greenpeace e quant’altro ma sono anche un buongustaio e amo scoprire cosa c’è di tipico in giro per il mondo!). A conti fatti resta una delle cose piu buone che abbia mai assaggiato in vita mia….ha la consistenza di una fiorentina morbida e succosa ma un retrogusto che ricorda il pesce spada affumicato….da provare! Salutiamo la città e iniziamo ad addentrarci nel paesaggio brullo verso Thingvellir: pochi kilometri prima di arrivare al centro visitatori c’è un punto panoramico da cui si vede il lago e dei vulcani fumanti sullo sfondo; il sito è anche un luogo di interesse storico visto che è costellato di piccole piramidi di ciottoli, forse una sorta di luogo sacro o di sepoltura.

A Thingvellir ci si cala in una gola dalle pareti verticali: si tratta di uno dei punti in cui si vede meglio la frattura tra la placca nordamericana e quella euroasiatica (che peraltro è la causa dell’elevato vulcanismo dell’Islanda) ed oltretutto è stata la sede del parlamento più antico d’Europa. Camminando su sentieri e passerelle si puo’ esplorare questo strano posto, con cascatelle, pozze d’acqua e splendide viste verso il lago e i fiumi che solcano l’ampia vallata. Continuiamo per Geysir, il celebre complesso geotermale tanto impressionante da dare il nome stesso al fenomeno dei geyser. Già lungo la strada notiamo i pennacchi bianchi alti anche piu di 50-60m che si proiettano verso l’alto a cicli di circa 5 minuti. Il sito è affascinante ma fotografare l’eruzione al suo apice è molto più difficile di quanto possa sembrare; incredibile soprattutto la bolla blu cristallina dell’acqua che si solleva dalla roccia prima di esplodere. Oggi è stata una giornata intensa, e per dormire abbiamo prenotato poco lontano, al Golden Circle Backpackers di Fludir (prenotato da Booking.com, 36€ a testa), una guesthouse di recente apertura che affianca un allevamento di cavalli e un centro rafting sul fiume. Anche se c’è ancora molta luce è decisamente tardi, dovremo fare l’abitudine a questi ritmi: a luglio le giornate con 22/23 ore di luce sono perfette per vedere più cose e hanno una temperature mite e quasi costante attorno ai 14-16°C…. verrebbe voglia di fare talmente tante cose che poi ci si dimentica quasi di dormire a sufficienza! Come dicevo, la cucina era già chiusa ma facciamo amicizia con la signora che gestice il posto e una ragazza australiana che serve al bar e ci lasciano cucinare la nostra pasta portata da casa. Chiedo per curiosità dove si puo’ assaggiare uno dei piatti islandesi più famosi, lo squalo putrefatto, considerato talmente immangiabile che, come mi spiega la barista, i cuochi si vergognano di farlo assaggiare ai turisti e ormai nessuno lo cucina più. Passiamo una piacevole serata a provare grappe islandesi al bancone e a scambiare due chiacchere con gli altri ospiti, perlopiù gente che si prepara per il rafting dell’indomani. Prima di andare a dormire passeggiata veloce sul fiume, incorniciato dal rosso del tramonto.

18 Luglio: Landmannalaugar

Forse il posto più bello in cui sia mai stato!! Solo la strada per raggiunerlo merita il viaggio, circa 3h di auto per tra monti, laghi e distese di cenere, che sono diventate molte di più visto che ad ogni angolo ci suggerivano deviazioni interessanti. Andiamo con ordine; il Jimny non consuma molto, neanche con l’integrale inserito, ma ha un serbatoio abbastanza piccolo e in Islanda i distributori in certe zone sono rari se non inesistenti, quindi ci fermiamo a fare il pieno a Hraunejar, l’ultima stazione di servizio prima della pista sterrata: qui troviamo anche un piccolo centro visitatori dove ci danno una mappa della zona e ci segnano a penna dei luoghi che meritano una deviazione: scopriamo così che girando a sinistra prima della diga si arriva ad una cascatella di un turchese incredibilmente intenso, che più avanti si puo’ passare da una strada riservata agli operai della diga per raggiungere lo spettacolo mozzafiato del Fossar i Sigöldugljúfur, e che una volta sulla F208, pista sterrata dall’aspetto lunare, si può salire sulla sinistra fino alla caldera inondata di un vulcano estinto (altra occasione per foto incredibili).

Ed eccoci infine al Landmannalaugar in tutto il suo splendore; anche se oggi sembra che inizi a piovigginare i colori sono impressionanti: roccia, terra, erba, neve colorano tutto in un surreale arcobaleno di verdi, rossi, viola, arancioni e grigi. Mangiamo un panino in un vecchio autobus attrezzato a ristoro e ci incamminiamo nel circuito panoramico di circa 3-4h (molto piu agevole e panoramico se fatto in senso orario) che ci porta attraverso guglie di basalto, montagne variopinte e crinali dal panorama mozzafiato. La pioggia inizia ad aumentare, siamo bagnati fradici (anche per il fatto che i fiumicelli vanno attraversati a piedi!) ma ciò non riesce ad appannare l’assoluta bellezza del luogo. Ritornati all’auto e messo vestiti un po’ più asciutti iniziamo a riportarci verso Fludir; chiedendo allo staff del posto ci suggeriscono un’altra pista, la Landmannaleið, che si collega poi alla strada principale passando per un’altra diga (sempre “teoricamente” riservata al personale). Anche qui il paesaggio è lunare, e fatta eccezione per un pick up non incrociamo assolutamente nessuno: un’ottima occasione per divertirsi alla guida osando qualche derapata! Arriviamo al piccolo paese di Fludir, in cui piantiamo la nostra tenda nel campeggio nella zona a nord. Quasi dappertutto i campeggi sono liberi e gestiti dal comune, offrono servizi e docce gratis, macchinette di snack e bibite e chiedono il pagamento della piazzola solo durante le ore di presenza del personale, quindi tendenzialmente la notte tra le 20.00 e le 8.00 sono completamente gratuite. Mangiamo nell’unico ristorante aperto…che per puro caso è anche l’unico ristorante etiope d’islanda! Non avevamo mai provato quel genere di cucina, e scopriamo un fantastico agnello speziato con verdure e formaggi e una piadina da usare come accompagnamento e come cucchiao al contempo. i proprietari, lui islandese lei etiope sono simpatici e iniziamo a parlare con loro di musica jazz/fusion e di compositori africani.

19 Luglio: Gulfoss, Hveravellir, Akureri

Visto che oggi faremo ancora un bel po’ di fuoristrada ci assicuriamo che il serbatoio sia ben pieno; torniamo a Geysir con una breve deviazione per fare benzina e poi iniziamo a risalire la pista F35. Pochi kilometri dopo la prima sosta: Gulfoss, la prima delle maestose cascate che vedremo, in cui l’acqua si butta fragorosamente nella gola con due serie di salti. Peccato che il cielo è ancora coperto e non possiamo vedere i caratteristici arcolbaleni multipli che rendono famosa questa cascata in particolare. Il fondo della pista è sconnesso e fangoso per le piogge di ieri, l’auto è ormai completamente marrone e la cosa le rende soltanto onore dato che si sta comportando davvero bene. In un paio d’ore siamo ad un altro complesso geotermico, Hveravellir, dove sorgenti calde di acqua calcarea formano sibilanti fumarole e piscine gessose (volendo ci sono degli spogliatoi e si puo’ fare il bagno). Mangiamo qui nel rifugio una spartana zuppa di tuberi ed erbe con pane nero che si rivela ben più gustosa del previsto.

Il vento inizia a soffiare sempre più forte e nel giro di poco spazza via la nebbia che ogni tanto ci avvolge, lasciando intravedere tra le striature delle nuvole degli angoli di cielo di un blu intensissimo. Con qualche sosta per fotografare laghi, pianure sterminate, pascoli verdi e ruscelli da fiaba la guida prosegue piacevole fino a ricongiungerci con la Statale 1. Fate solo attenzione ai giganteschi autobus, vi possono sorpassare senza preavviso a velocità impensabili! Arriviamo così per sera ad Akureyri, seconda città d’Islanda potendo vantare ben…….18.000 abitanti…. E’ comunque una graziosa cittadina in un profondo fiordo, con un colorato centro pedonale, negozietti vari e una chiesetta che ricorda in piccolo quella di Reykjavik. La sua posizione da “capitale del nord” si fa sentire, è un luogo giovane e vivace tutto l’anno, con impianti sciistici che partono buffamente dal livello del mare. Pernottiamo all’Akureyri Backpackers (prenotato da Hostelworld.com, 23€ a testa), ostello fantastico dove approfittiamo di docce/sauna al piano inferiore, servizio lavanderia per i nostri vestiti bagnati di ieri, cucina attrezzata in cui ci prepariamo la cena e infine un vero e proprio pub all’ingresso che dopo aver girovagato inutilmente per la cittadina ci rendiamo conto essere il più frequentato dai giovani della città. Conosciamo due ragazze svedesi che girano in autostop dirette a Husavik per vedere le balene, una canadese, un hawaiano e degli islandesi tra cui uno che per attaccare bottone con le ragazze gira con il suo biglietto da visita che lo qualifica come il figlio del presidente della società di pullman che sfrecciano per l’islanda. Ci rendiamo conto che è una nazione piccola in cui tutti si conoscono e vivono in modo sereno e cameratesco. Dopo una bella bevuta di birre locali facciamo ancora due passi lungo il fiordo; sono le 2 di notte ma a queste latitudini (siamo solo a poche decine di kilometri dal circolo polare artico) la luce filtra ancora in una specie di crepuscolo prolungato.

20 Luglio: Godafoss, Myvatn, Dettifoss

Rifacciamo benzina prima di partire dal paese e percorriamo la Hringvegur verso est, fermandoci dopo meno di un’ora a Godafoss, la “cascata degli Dèi” strutturata a ferro di cavallo. Qui non ci sono né passerelle né barriere, e con un po’ di sana prudenza si riescono a fare bellissime foto. Arriviamo poi nei pressi del lago Myvatn, dall’acqua calma e riflettente come uno specchio, costellato di strani “bozzi” e piccoli crateri di origine vulcanica. Al suo fianco la prossima tappa, personalmente tra le mie preferite di tutto il viaggio: Hverfjall, un cratere conico di circa 1km di diametro originato 2500 anni fa da un’esplosione vulcanica sotterranea. Il luogo è impressionante di per sé, ma quello che davvero mi è rimasto nel cuore è il paesaggio mozzafiato che si vede a 360° dalla sua cresta: in ogni direzione soltanto montagne, ghiacciai, fiumi, laghi e vulcani, nessuna traccia dell’uomo, anzi non mi sarei stupito di veder passare un brontosauro o che so io… Nei pressi del lago ci sono una varietà incredibile di posti curiosi da visitare; optiamo per una sosta veloce a Grjotagja, piccola grotta con acqua termale cristallina incastrata in una frattura della roccia (sempre visitabile liberamente a proprio rischio e pericolo). Passiamo poi dal centro visitatori del Myvatn Nature Baths, frequentatissimo laghetto termale dove però noi ci limitiamo a mangiare un salmone affumicato con crostini e burro. Poco distante si trova il pittoresco quanto maleodorante complesso di Hverarönd, un gruppo di ribollenti pozze sulfuree che tingono il terreno di giallo, verde, rosso e viola. Purtroppo non ho potuto apprezzarle in pieno per il nauseante odore di uova marce che impregna l’aria e che mi costringeva a caminare con la maglietta sul naso… è in ogni caso consigliato non restarci per più di 20-30 minuti, comunque più che sufficienti per visitarlo. Avanti verso il prossimo capolavoro di Madre Natura: la “mostruosa” cascata Dettifoss. Per arrivarci più vicino possibile percorriamo la disastrata pista 864, dal lato est, che permette di arrivare all’interno del canyon e passeggiare sulle rocce lungo il fiume per capirne appieno la colossale forza. In una mezz’oretta di cammino si risale fino ad Hafragilsfoss, altra cascata a ferro di cavallo più bassa ma molto scenografica. Ritorniamo in auto e ci dirigiamo verso Seydisfjordur, dove speriamo di trovare posto in campeggio visto che è sabato e leggiamo dalla guida che è in corso una specie di festival. I kilometri sono ancora parecchi e la benzina cala senza pietà…cerco di guidare consumando il minimo indispensabile perchè i distributori son ormai chiusi e non funzionano nemmeno con il self service. Riusciamo comunque ad arrivare ad Egilsstadir, primo barlume di civiltà dopo centinaia di km di natura incontaminata; qui troviamo una specie di autogrill dove riempiamo il serbatoio e mangiamo degli hot dog prima di riavviarci stanchi morti verso Seydisfjordur. E qui l’Islanda sa sorprenderci ancora: guidando sul passo di più di 600m di quota che porta al paesino sul fiordo, ecco che alle luci del tramonto inizia a scintillare un lago ghiacciato che neanche ci aspettavamo di trovare. Una vista così pura e inaspettata dopo la paura di finire la benzina in mezzo al nulla, che quasi mi commuove alle lacrime….meraviglioso. La ripida discesa è altrettanto spettacolare, rivelando poco per volta il piccolo porto incastonato nel fiordo, con la caratteristica chiesetta blu e le case di lamiera che la rendono senza dubbio il centro più pittoresco di tutta la costa orientale. E’ l’una di notte e il festival ormai è finito; le piazzole del campeggio comunale sono comunque quasi tutte occupate e senza troppe pretese piantiamo la tenda in un fazzoletto di terra fra le altre, rischiarati dalle ultime luci del giorno.

21 Luglio: Seydisfjordur, i fiordi orientali e Jokulsarlon

Questa mattina ci concediamo qualche ora di sonno in più, una passeggiata nel grazioso paesino e una colazione superabbondante all’Hotel Aldan con salumi, formaggi, biscotti e waffle. Per oggi il programma prevede una lunga discesa di più di 300km verso il parco di Skaftafell. La statale è varia e panoramica, e a parte qualche raro banco di nebbia, consente di guidare sempre accompagnati dalla vista delle scure acque dell’Oceano Artico. Qualche sosta sulle spiagge vulcaniche, breve tappa a Hofn per benzina e qualche ciambella e infine giungiamo all’indescrivibile Jokulsarlon, la laguna dove il gigantesco ghiacchiaio Vatnajokull abbandona alle acque i suoi iceberg. Quella che doveva essere solo una tappa per fare delle foto diventa una contemplazione di quasi due ore della meraviglia che ci sta davanti; il meteo che inizialmente sembra privarci dello spettacolo con una foschia che rende tutto spettrale poi ci grazia rivelando un poco alla volta la maestosità e la varietà di queste sculture di ghiaccio: giovani o antiche, bianche o blu, ruvide o liscissime, lanciate veloci verso il mare aperto o arenate da secoli nella laguna. Altri visitatori ci dicono che a piedi si può raggiungere una spiaggia dove con un po’ di fortuna si possono vedere le foche, ma non vogliamo arrivare troppo tardi a Skaftafell quindi ci rimettiamo in marcia. Piantiamo la nostra tenda e mangiamo tonno e fagioli in scatola portati da casa, non è granchè ma il centro visitatori è chiuso e attorno non c’è assolutamente nulla per altri 100km….ci tocca accontentarci stavolta.

22 Luglio: Skaftafell, Skogafoss e Seljandsfoss

Oggi è un po’ la “giornata jolly”: da qui sarebbe stato possibile raggiungere Landmannalaugar in caso il tempo non l’avesse consentito all’andata oppure fare un’escursione guidata sul ghiacciaio. Ripieghiamo la tenda e ci rechiamo così al centro visitatori per informarci sulle escursioni e scopriamo che il tour più esteso è gia completo; ci accontentiamo di prenotare quello ridotto che comunque offre delle vedute spettacolari e ci lascia il tempo per un’altra passeggiata libera nel pomeriggio. Attrezzati con picconi e scarpe chiodate ci avventuriamo sul ghiaccio tra gole bluastre, massi erratici (la leggenda qui vuole che siano stati scagliati da un forzutissimo assassino esiliato dalla città) e cinture moreniche. La guida è un ragazzo che, come molti altri, lavora come geologo nella capitale e d’estate si offre come guida nei parchi nazionali. Conosciamo pure una curiosa coppia di anziani israeliani appassionati di ucceli, che da Seydisfjordur hanno fatto il tour in barca per vedere le pulcinelle di mare: il tour garantiva l’avvistamento, al punto che rimborsavano il 100% in caso contrario, e loro sono stati talmente sfortunati da non vederne neanche una! Tornati al centro visitatori proseguiamo a piedi sulla collina per ammirare la famosa cascata che si getta da regolarissime colonne esagonali di basalto nero, e poi andiamo avanti fino ad una spianata che consente di vedere molto bene il ghiacciaio e il sandur, distesa di sabbia vulcanica levigata dal ghiacciaio stesso e solcata come un delta da mille ruscelli. Riprendiamo l’auto, diretti verso ovest, facendo benzina a Vik e poi tappa alle due meravigliose cascate di Skogafoss e Seljandsfoss: la prima alta e larga, incassata nella montagna; la seconda sottile come un velo delicato che si tuffa da un costone di roccia a sbalzo, tanto da poterci passare dietro circumnavigando il piccolo laghetto che ne accoglie le acque. Per la notte abbiamo prenotato al Fljótsdalur Hostel, una fattoria secolare sulla strada per Thorsmork (trovato tramite il sito Hostelling International e poi contattato per mail la proprietaria, 21€ a testa). La casa è buffa, quando arriviamo ci accoglie il proprietario che sta tagliando l’erba….dal tetto (funge da isolante)! E poi una “pecora da guardia” all’ingresso, uno strano mucchio di vecchi cofani di auto americane… Siamo esattamente ai piedi dell’Eyjafjallajokull, che nonostante non sia tra i più attivi e minacciosi vulcani islandesi è diventato celebre nel 2010 per la sua eruzione che ha paralizzato gli aerei di mezza europa. Ammiriamo un po’ divertiti quel “ragazzaccio” che ha messo in crisi tanti viaggiatori, e la proprietaria ci racconta di come è stato difficile convivere con tutta quella cenere vischiosa che, stando a lei, ci ha impiegato un anno per scomparire del tutto dall’aria. Purtoppo non abbiamo avuto il tempo per un escursione a Thorsmork, ma di belle cose ne abbiamo viste in abbondanza e abbiamo quindi preferito rallentare un po’ gli ultimi due giorni. Per chi volesse comunque questa sistemazione è perfetta per salire già di prima mattina sia sul vulcano che nel sentiero per Thorsmork, lo stesso che in circa 4 giorni di trekking porta a Landmannalaugar. Domani ci aspetta il volo di ritorno in Italia, sembra passato così tanto invece siamo qui solo da una settimana…

23 Luglio: Rientro…

La mattina sveglia con calma, ricomponiamo tende, scarponi e sacchi a pelo nel valigione per prepararci a riconsegnare l’auto all’aeroporto. Stiamo valutando se lavare la macchina prima di restituirla (è ancora un mucchio di fango!) o pagare la penale di circa 40€ per il mancato lavaggio e fare un giro alla laguna blu, poco distante da Keflavik. Alla fine vince la correttezza, un po’ anche per il fatto che comunque non eravamo attrezzati per fare il bagno, e sulla strada per il ritorno diamo una bella lavata al Jimny. L’aereo decolla alle 16:05, quindi ci facciamo senza fretta i 180 km che ci separano dall’aeroporto. La strada offre ancora qualche paesaggio meritevole di soste, con le ormai classiche cascatelle e il fumo dei vulcani sullo sfondo. Arriviamo in aeroporto per l’una dopo aver rifatto il pieno all’auto e chiamiamo l’agenzia del noleggio: ci dicono semplicemente di lasciarla nel parcheggio aperta e con le chiavi nel quadro, passeranno loro a ritirarla in giornata. Cose così in Italia sarebbero impensabili! Mangiamo al self-service dell’aeroporto e facciamo un giro nei negozi di souvenir, portando a casa qualche maglietta e della grappa Brennivin. Il volo è puntuale, alle 22.10 siamo nuovamente a Malpensa. L’ultimo treno è gia partito, quindi aspettiamo un’oretta il bus diretto per Torino. E’ strano rivedere tutta questa urbanizzazione, le autostrade, i semafori… dopo una settimana immersi nella natura e nella tranquillità sembra tutto così superfluo. Fortunatamente gli splendidi ricordi dei paesaggi estremi che abbiamo visto non sono cose che si dimenticano facilmente, e credo che rimarranno a lungo impressi nella mente e nel cuore.

Tirando le somme, l’Islanda è un Paese affascinante e unico nel suo genere, e lo consiglio vivamente a tutti quelli che amano la natura e vogliono allontanarsi per un po’ dal caos delle città e dalle preoccupazioni del lavoro. Se vi spaventano le temperature rigide e l’alto costo della vita, come vedete basta un po’ di spirito di avventura e adattamento per riuscire a vedere questo splendido paese senza spendere una fortuna. E’ chiaro che in una settimana non è possibile fare molto di più, ma riuscire a vedere almeno l’essenziale è qualcosa che vi renderà senza dubbio orgogliosi di esserci stati. Spero in futuro di tornarci ancora, magari d’inverno, per navigare tra i ghiacci e cercare di osservare le aurore boreali. Nel frattempo, continuo a programmare i miei prossimi viaggi…



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