Cronache del ghiaccio e del fuoco

Una settiamana in giro per l'Islanda
Scritto da: luva.04
Partenza il: 12/07/2014
Ritorno il: 19/07/2014
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
  1. Milano – Reykjavik

A causa di imprevisti e strane situazioni lavorative, i nostri piani iniziali sono stati scombussolati a meno di 2 mesi dalla partenza e alla fine siamo riusciti ad “incastrare” i nostri giorni di ferie solo per una settimana. Quando abbiamo dovuto scegliere la nuova meta di viaggio la nostra scelta è ricaduta quasi subito sull’Islanda, terra che ci affascinava molto e che tutti noi volevamo visitare. Così è partita la pianificazione del viaggio e le conseguenti prenotazioni via internet. Come alberghi, in generale l’Islanda non offre molto perciò, se possibile, è meglio prenotare con un po’ di anticipo. Per l’aereo invece, a cinque settimane dalla partenza, non abbiamo avuto problemi. Siamo partiti sabato pomeriggio da Milano Malpensa con il volo della WOW Air delle 14.25. A parte i soliti problemi e disagi nella gestione del check-in e del numero di posto prenotato in precedenza (da attribuire all’aeroporto e non alla compagnia!) il volo di 4 ore è passato sereno e alle 16.35 ora locale, in perfetto orario, siamo atterrati a Keflavik. Con così pochi giorni a disposizione sapevamo che avremmo percorso solo la Ring Road 1 (che corre lungo tutto il perimetro dell’isola proprio come un anello) perciò abbiamo prenotato con Europecar una semplice utilitaria di medie dimensioni. Al di fuori della Ring Road e pochissime altre strade che portano ai luoghi di interesse più famosi ci sono solo strade sterrate, per le quali è necessaria una jeep o una 4×4. Da tenere conto è anche il tipo di assicurazione che si intende stipulare sul veicolo a noleggio: noi abbiamo optato per una copertura standard visto il tipo di viaggio che avremmo affrontato, ma per gli sterrati e i guadi conviene forse pensare ad una copertura più estesa. Visitare l’Islanda d’estate significa luce praticamente 24 ore al giorno, particolarità che è stata fondamentale per sfruttare al meglio tutta la giornata, dati i nostri tempi ristretti. L’aeroporto di Keflavik dista circa 50 km da Reykjavik, la nostra prima tappa per questo viaggio.

Siamo arrivati in città verso le 7 di sera con il cielo plumbeo ma senza pioggia e ci siamo recati subito al Vecchio Porto dove abbiamo cenato dopo aver preso i biglietti per il whale watching di quella sera. Durante il weekend i locali della capitale si riempiono non solo di turisti ma anche di gente del posto, soprattutto giovani e a volte bisogna aspettare anche un’ora per accomodarsi ad un tavolo. Un ristorante che mi sento assolutamente di consigliare si chiama “The Sea Baron” e offre un’incredibile zuppa di aragosta e una discreta varietà di spiedini di pesce cucinati alla griglia, il tutto a prezzi non eccessivi (i più temerari possono anche assaggiare la carne di balena). Dopo esserci rifocillati ci siamo diretti verso il molo. Ci sono diverse compagnie che offrono uscite in barca durante il giorno per vedere le balene. Noi ci siamo affidati alla Elding semplicemente perché era l’unica ad avere un’escursione che partiva alle 20.30. Il prezzo del biglietto è di 8500 ISK (circa 50€). L’uscita in barca dura 3 ore – 3 ore e mezza e la percentuale di successo nell’avvistamento delle balene è dell’81%. Quella sera noi siamo capitati nel restante 19% e siamo riusciti a vedere solo diversi tipi di uccelli, dai puffin (pulcinelle di mare) ai gabbiani, diversi arcobaleni e uno splendido tramonto sul mare, ma niente balene. In questi casi la compagnia offre un altro voucher da utilizzare quando si vuole, nei successivi due anni. Noi per fortuna avevamo ancora due sere a Reykjavik e avevamo tutta l’intenzione di sfruttare l’occasione.

  1. Le bellezze naturali intorno a Reykjavik

La giornata è cominciata con una sorpresa: il caffè islandese (o kaffi) non è solo passabile, è proprio buono! Non sarà l’espresso del bar sotto casa, ma sapere che la caffeina non ci sarebbe mancata nei giorni successivi ci ha messo subito di buon umore nonostante il tempo uggioso e il vento gelido. Dopo aver fatto colazione, ci siamo messi in macchina per cominciare il tour del Circolo d’Oro, una serie di luoghi di interesse visitabili seguendo un percorso circolare con partenza e arrivo a Reykjavik in giornata.

La prima tappa è stata il Parco Nazionale Þingvellir, dal 2004 Patrimonio dell’Unesco, a circa 50km da Reykjavik. E’ un luogo molto importante a livello storico per gli islandesi, infatti è qui che ha avuto sede uno dei primi parlamenti al mondo ed è sempre qui che è stata celebrata nel 1944 l’indipendenza dell’isola dalla Norvegia. Ma il Þingvellir non è solo questo. Qui abbiamo avuto il primo assaggio di quello che avremmo visto per il resto nel nostro viaggio: natura incontaminata, prati verdi, ruscelli, laghi che rendono il paesaggio unico. Un’altra cosa affascinante di questo luogo è la presenza della faglia che divide la placca euroasiatica da quella americana; solo qui e in Africa è visibile perché normalmente queste giunzioni si trovano sui fondali oceanici. La visita al parco ci ha impegnati tutta la mattina e all’ora di pranzo ci siamo diretti a Laugarvatn, a metà strada tra Þingvellir e Geysir e vicino al Fontana, per pranzare al ristorante bistrò Lindin di cui avevamo letto recensioni entusiaste su guide e siti. E non siamo rimasti delusi. La location è meravigliosa e il locale curato e raffinato. Noi abbiamo provato una delle specialità, l’hamburger di renna e il dolce per il quale sono famosi, ovvero una mousse al cioccolato a strati che ci ha lasciati estasiati. Non è certo economico, ma i prezzi sono in linea con quelli di un buon ristorante in Islanda.

La seconda tappa del nostro tour doveva portarci a Geysir, ma il navigatore aveva un’idea diversa e alla fine ci siamo ritrovati da tutt’altra parte, vicino alla città di Selfoss. Le indicazioni stradali sulle strade islandesi ci sono e sono affidabili ma chissà perché quel giorno abbiamo deciso di seguire ciecamente le indicazioni del navigatore… Poco male perché sulla strada abbiamo notato un altro punto di interesse che altrimenti non avremmo visto. Si tratta del cratere Kerið: la caldera di un vulcano spento che ora ospita un grazioso laghetto con le pareti di roccia tra il nero e il rosso cupo. E’ una delle pochissime attrazioni naturali in Islanda il cui ingresso è a pagamento. Il biglietto costa 2€ e i soldi raccolti serviranno a coprire i costi di manutenzione del sito.

Alla fine, con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia, siamo arrivati a Geysir sotto una pioggia battente. La cosa bella del tempo in Islanda è la sua variabilità. Un minuto piove a dirotto, quello dopo il sole fa capolino tra le nuvole. Nell’attimo in cui ha smesso di piovere, ci siamo fiondati fuori dal negozietto di souvenir per vedere una delle meraviglie più conosciute dell’Islanda: il geyser Strokkur. Basta attendere dai 5 agli 8 minuti per assistere alla potenza della natura, uno sbuffo d’acqua e vapore che può raggiungere anche i 15 metri di altezza. La zona intorno al geyser è altrettanto affascinante con le sue pozze d’acqua ribollenti, i ruscelli caldi e i vapori che si innalzano dal terreno.

L’ultima tappa della giornata è stata a Gullfoss, una decina di chilometri da Geysir. La cascata è una delle più belle e scenografiche che abbia mai visto. L’acqua è impetuosa e compie due salti (il primo di 10 e il secondo di 20 metri) prima di proseguire verso valle. I giochi di luce e gli arcobaleni che si formano sopra l’acqua sono spettacolari. Si può anche arrivare vicinissimi alla cascata in tutta sicurezza per ammirare il tuffo dell’acqua dall’alto.

  1. Blue Lagoon e un giro per la capitale

La mattina di lunedì ci siamo svegliati con un timido sole che filtrava attraverso le nuvole e abbiamo deciso di visitare la famosa Blue Lagoon. Il momento migliore per immergersi nelle calde acque termali è sicuramente la sera dopo una lunga e stancante giornata di cammino tra le meraviglie naturali di questa parte di Islanda, ma noi abbiamo deciso lo stesso di andarci la mattina sfruttando il cielo favorevole. Il sito della Blue Lagoon (Bláa lónið) si trova a circa 50 km a sud della città di Reykjavik. La strada attraversa un esteso campo di lava e in prossimità della destinazione la prima cosa che si nota sono i vapori che si alzano dalla vicina centrale geotermica che alimenta anche la piscina. Il nome non è casuale, appena si arriva in prossimità del sito si nota subito l’invitante colore celeste lattiginoso delle acque geotermali dovuto alla presenza del silice e all’interazione con la luce. E’ sicuramente una delle attrazioni più turistiche dell’Islanda, ma sarebbe un vero peccato non dedicarle neanche una visita. Il prezzo di entrata base è di 40€ (non proprio economico) ed è possibile richiedere pacchetti aggiuntivi che comprendono asciugamano e accappatoio, massaggi o un pasto al vicino Lava Restaurant. Rimanere a mollo per ore nelle acque a 38-40°C con la temperatura esterna che sfiorava i 10°C è stato decisamente piacevole, così come le maschere facciali fai-da-te, ottenibili grazie ai secchi di silice messi a disposizione in più punti della piscina. Diversi turisti avevano con loro le macchine fotografiche, ma per paura di rovinarle noi abbiamo preferito lasciarle nello spogliatoio. E’ possibile comunque farsi scattare una foto dagli addetti del posto che la invieranno subito al vostro indirizzo e-mail tramite tablet. Una lunga doccia finale per lavare via dalla pelle e dai capelli i sali minerali e poi di nuovo a Reykjavik, dove ci siamo diretti per un pranzo veloce al Bæjarins Betzu Pylsur (in via Tryggvagotu vicino al Porto Vecchio); si tratta di un chiosco che ha una sola specialità: hot dog. E’ riconoscibile a distanza, data la fila costante che vi si trova davanti. Il posto è famoso per aver ospitato Bill Clinton, il quale ha definito il loro hot dog “il più buono mai assaggiato”. Ora, non posso dire con certezza che sia il migliore in assoluto, ma consiglio assolutamente di provarlo. Per il dolce invece ci facciamo tentare da uno dei tanti caffè con le loro imperdibili torte che ci hanno accompagnati per tutto il viaggio. Se ne trovano di diverso tipo e tutte buonissime, meglio se accompagnate da una tazza di caffè. Il restante pomeriggio l’abbiamo dedicato alla visita della città e ad un giro tra gli shop di souvenir (in fondo siamo pur sempre turisti!). Reykjavik non offre molto dal punto di vista architettonico, a parte la cattedrale (Hallgrímskirkja) dalla cui cima si gode di una vista a 360° sulla città. Una visita la meritano il Vecchio Porto, con il lungomare dove possiamo trovare edifici moderni come il Centro Harpa, e il centro storico, con il laghetto Tjörnin, il parlamento e il municipio (all’interno di quest’ultimo si trova una mappa dell’Islanda in 3D). Poco distante, su una collinetta, si trova il Perlan, un edificio a cupola da cui poter ammirare la città. Fino a inizio ’14 ospitava il Saga Museum che racconta, per dirla come la Lonely Planet, dell’avvincente e sanguinaria storia islandese, ma adesso è stato spostato in un edificio vicino al porto (cercando su internet ho poi trovato questo indirizzo: Grandagardi 2, 101 Reykjavik). Dopo cena, alle 20:30, siamo saliti nuovamente sulla barca della Elding per ritentare la sorte con le balene. E questa volta non rimaniamo delusi: non solo abbiamo visto diverse balene Minke Whale, ma anche un gruppo di delfini. Decisamente ne è valsa la pena.

  1. In direzione nord e avvistamento delle foche

Il quarto giorno abbiamo lasciato la capitale in direzione nord per il nostro primo lungo tragitto sulla Ring Road 1. Con solo una settimana a disposizione i chilometri da fare al giorno sono parecchi perciò abbiamo dovuto dolorosamente eliminare dall’itinerario un paio di siti tra quelli che volevamo visitare. Uno di questi è il parco nazionale Snæfellsjökull nella penisola di Snæfellsnes, famoso per essere il passaggio per il centro della Terra in uno dei romanzi più conosciuti di Verne. Dopo le balene volevamo vedere anche le foche quindi ci siamo diretti verso la penisola Vatnsnes, conosciuta proprio per la presenza di numerose colonie di questi animali marini. Ci siamo fermati a Hvammstangi (200 km da Reykjavik), un piccolo paesino da cui partono le escursioni in barca dell’Icelandic Seal Center. L’equipaggio, sempre disponibile a rispondere alle domande di noi turisti, ci ha fornito dei binocoli per meglio godere dello splendido panorama e avvistare le foche e gli uccelli marini anche in fase di avvicinamento. L’uscita in barca è durata circa 1 ora e mezza durante la quale siamo riusciti ad avvistare tre diverse colonie di foche che riposavano placidamente sugli scogli della costa opposta a Hvammstangi, avvicinandoci il più possibile senza disturbare gli animali. Lungo la strada abbiamo trovato indicazioni per raggiungere i luoghi d’avvistamento anche in macchina, ma non sappiamo quanto vicini si arriva, se bisogna camminare per un tratto o se effettivamente si riescono a vedere le foche. Prima del rientro in porto ci sono stati offerti una tazza di cioccolata calda e un paio di dolci tipici fatti in casa (un biscotto alla cannella e una specie di frittella). Inutile dirlo, tutto ottimo. Purtroppo il ritorno è stato accompagnato da uno scroscio d’acqua piuttosto persistente e vento gelido che ci ha impedito di goderci al meglio lo splendido paesaggio intorno a noi. Ripreso il viaggio, ci siamo fermati per la notte a Varmahlið (circa 100 km da Hvammstangi), in uno splendido cottage immerso nella natura. Le strade che abbiamo percorso fino a questo punto erano tutte asfaltate e tenute molto bene ma di stazioni di rifornimento non ne abbiamo trovate molte e localizzate perlopiù nei paesi più grossi. Noi ci siamo sentiti più sicuri con il serbatoio sempre pieno, perciò quando ne abbiamo avuta l’occasione, ci siamo sempre fermati per un veloce rabbocco.

  1. Islanda settentrionale

Il quinto giorno abbiamo continuato il viaggio lungo la Ring Road 1 fino a raggiungere la parte nord orientale dell’isola. Abbiamo fatto diverse soste lungo la strada, a cominciare dal lago Mýtvan a circa 200 km da dove avevamo passato la notte. Appena arrivati In prossimità del lago abbiamo capito perché viene chiamato il “lago dei moscerini”: come in un film di Hitchcock o un libro di Stephen King, siamo passati con la macchina attraverso nugoli di piccoli insetti talmente fitti che apparivano quasi come nebbia. Al piccolo supermercato di Skútustaðir, a nord del lago, vendono addirittura delle retine per coprirsi il viso e ed è consigliato cospargersi di Autan perché alcuni di questi insetti potrebbero pungere. Forse a causa della pioggia, una volta scesi dall’auto non abbiamo trovato i moscerini particolarmente fastidiosi o aggressivi e non abbiamo avuto problemi a camminare in riva al lago. In questa zona è famoso il pane, cucinato sfruttando i vapori che giungono dal sottosuolo. Un piatto molto buono e dal sapore molto intenso è il salmone affumicato su pane nero. La strada corre lungo tutto il perimetro del lago. Nella parte meridionale è possibile fare una passeggiata tra sentieri e passerelle per ammirare gli pseudo-crateri, formazioni laviche a forma di cratere appunto che possono raggiungere anche i 300m di diametro. Continuando la strada dalla parte ovest del lago ci siamo prima fermati per una sosta sulla riva e poi abbiamo deviato per una stradina sterrata che ci ha portato nei pressi di profonde spaccature nel terreno da cui in alcune esce del vapore caldo e in altre è presente dell’acqua dove una volta era possibile fare il bagno.

Una volta percorsi i km di questo tratto di strada non asfaltato siamo rispuntati sulla Ring Road in prossimità del sito geotermico di Hverir. L’odore è decisamente sgradevole ma, nonostante questo, le immense solfatare, le pozze di acqua e di fango ribollenti, le fumarole e le montagne e le terre di colori che variano dal rosso all’ocra e al grigio, la rendono una delle zone più affascinanti d’Islanda. La leggenda narra che si tratta della cucina del diavolo e in effetti l’inferno me lo potrei immaginare molto simile a Hverir! L’entrata è a pagamento. Il biglietto (800 ISK) si acquista all’esterno del sito in prossimità di una roulotte. Una cosa che ci ha lasciati stupiti, paragonando la situazione all’Italia, è che dappertutto, senza eccezioni, è sempre disponibile un POS per i pagamenti con carta; anche ad un tavolino davanti ad una roulotte in mezzo al nulla o per entrare nei bagni pubblici!

La tappa successiva ci ha visti salire sul vulcano Krafta, una decina di minuti di deviazione dalla Ring Road 1 con un’agevole strada asfaltata.

Di nuovo sulla Ring Road, abbiamo visto una deviazione per le cascate di Dettifoss in cui ci siamo fiondati immediatamente. La strada è un lungo sterrato di 30km almeno, in alcuni punti in pessime condizioni, e con la nostra auto ci abbiamo messo circa un’ora ad arrivare a destinazione (consiglierei di non andare a più di 50-60 km/h). Le cascate Dettifoss dovrebbero essere le più potenti d’Europa come portata d’acqua e in effetti sono davvero impressionanti. Non ci sono sentieri o passerelle lungo le rive, perciò avvicinarsi rimane a proprio rischio e pericolo.

Ripresa la marcia, siamo arrivati a Egilsstaðir, dove avremmo passato la notte in un cottage in mezzo al nulla. Tutti i ristoranti, supermercati e bistrò avevano già chiuso alle 10 di sera. Per fortuna siamo riusciti a mangiare un veloce hot dog ad una stazione di servizio. Andare a letto senza cena non era proprio nei nostri piani!

  1. I fiordi orientali e gli iceberg di Jökulsárlón

Dopo una notte quasi insonne per la scomodità dei nostri letti e la solita abbondante colazione a base di caffè e torta ci siamo messi in marcia di buona lena visto che la giornata prevedeva parecchi chilometri prima della nostra successiva tappa: Jökulsárlón, la baia dove enormi iceberg si staccano dal ghiacciaio per raggiungere il mare. A un certo punto Googlemaps ci fa deviare dalla Ring Road per una breve scorciatoia tra i fiordi orientali (forse la 96 ma non ci giurerei); ci fidiamo e procediamo per qualche decina di chilometri su una strada non asfaltata ma ben tenuta tenendo una media di 50km/h e con viste mozzafiato! Quindi abbiamo risparmiato tempo e abbiamo goduto di un panorama incredibile. Verso l’ora di pranzo siamo dalle parti di Hofn e quindi decidiamo di fermarci qui in un ristorante consigliato dalla Lonely Planet e con ottime recensioni su Tripadvisor, Humarhofnin, dove mangiamo i tipici scampi… buonissimi! Rifocillati ci rimettiamo in auto e dopo 1 ora e mezza siamo allo Jökulsárlón.

Gli iceberg si vedono benissimo sia dalla spiaggia che passeggiando a piedi lungo la baia ma noi decidiamo comunque di concederci una gita in barca: è possibile scegliere tra l’adrenalinico gommone, un mezzo anfibio e una barca vera e propria che però vista la stazza non permette di avvicinarsi troppo; noi decidiamo per il mezzo anfibio anche perché ne parte uno ogni mezz’ora. Il giro dura in tutto 1 ora e mezza e permette di spingersi piuttosto vicino sia agli iceberg che al ghiacciaio e comprende anche una spiegazione scientifica sulla formazione e la composizione degli iceberg. Ormai è pomeriggio inoltrato quindi puntiamo direttamente il nostro hotel a Hella a circa 300 km di distanza; la cittadina è piuttosto piccola ma c’è qualche ristorante, una specie di centro commerciale e il distributore.

  1. Ultimo giorno

Purtroppo anche per questa vacanza è arrivato l’ultimo giorno!! Il primo punto di interesse della giornata è la cascata di Seljalandsfoss a mezz’ora di strada da Hella: è decisamente più piccola di tutte le cascate viste fino a questo momento ma ha la particolarità di poter essere osservata anche da dietro tramite un comodo sentierino. Dopo averci dedicato mezz’ora abbondante ci dirigiamo sotto una pioggia battente a prendere il traghetto per le isole Vestmannaeyjar, dove vivono numerose colonie di puffin; ma quando arriviamo alla biglietteria scopriamo che i posti per le auto sono finiti (si poteva prenotare su internet) e l’isola è lunga 7 chilometri quindi dobbiamo a malincuore rinunciare. Ripieghiamo allora sul piano b: un giro nei paesini dei pescatori di Stokkseyri e Eyrarbakki e poi nella penisola di Keflavik per vedere il “ponte tra i 2 mondi” nei pressi di Hafnir. Sarà per il tempo inclemente o per il nostro umore dopo la precedente delusione ma Stokkseyri e Eyrarbakki non ci hanno proprio fatto impazzire; l’unica soddisfazione è stata culinaria: nel secondo dei due ci siamo fermati a mangiare un’ottima zuppa d’aragosta al ristorante “Rauda Husid”. Il “ponte tra i 2 mondi” si trova circa a metà strada tra Hafnir e la Laguna Blu: si tratta di un ponte nel mezzo della faglia che separa la placca Euroasiatica da quella Americana, non imperdibile ma pur sempre divertente. Visto che l’aereo del ritorno era la mattina presto abbiamo pernottato nell’hotel di fronte all’aeroporto, ma prima di riconsegnare la macchina ci siamo concessi l’ultima cena a Reykjavik.



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