Islanda… ghiaccio fondente

Viaggio on the road percorrendo tutta la Ring Road
Scritto da: Titania
islanda... ghiaccio fondente
Partenza il: 04/08/2008
Ritorno il: 16/08/2008
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
E’ marzo e tutto ha inizio con una domanda che non mi aspetto: “Che pensi di fare quest’estate? Io: “Beehhhh! Non ci ho ancora pensato. Dove si va?” Lui: “Basta che sia un posto freddo!” Io: “Tipo penisola scandinava?” Lui: “Si Norvegia, Danimarca!” Io: “Finlandia! Islanda!” Lui: “Islanda?! Si dai Islanda!” Io: “Ma dai! Come Islanda! Ma sei matto? Io dicevo tanto per dire! Islanda? Ma sai quanto costa? Islanda, cavolo Islanda!

Passiamo qualche giorno a parlare della cosa, vado in biblioteca e prendo le Lonely Planet di Islanda e Finlandia (che non apriremo mai), tanto per vedere, confrontare, verificare la fattibilità e i costi. Iniziano anche le ricerche su internet. I prezzi del pernotto, qualsiasi categoria si scelga, sono altissimi rispetto agli standard italiani. Penso di mollare, ma Leo è ormai partito per la tangente e arriva a farmi una proposta che gli pesa tantissimo, ma mi fa capire quanto ci tenga a partire e a partire proprio per quella meta: “Perchè non proviamo col campeggio? Dai è la cosa più abbordabile. Io: “Ma tu lo odi!”, lui: “E tu lo adori, dai ci provo, e poi magari qualche volta alterniamo con una sistemazione al chiuso.” E’ andata, provo a buttare lì di nuovo il discorso Finlandia, ma non ne sono più tanto convinta neanche io. Ormai l’Islanda è la meta. Nell’arco di una decina di giorni dalla domanda iniziale prenotiamo i biglietti aerei (volo Ryanair Roma/Londra/Roma a 130,00 euro a testa e quello Iceland Express a 303,00), già da questo primo passo si presenta come una meta molto poco adatta ad una spesa contenuta (per essere una destinazione europea), ma ormai non si torna più indietro! E ne siamo felicissimi. Roma 04 agosto Mattina Io: “Come ti senti?” Lui: “Sono solo un po’ perplesso per il discorso della tenda, ma ormai è fatta, si va, una volta lì vediamo.” Non posso dargli tutti i torti, una vacanza itinerante in un paese freddo e con alte percentuali di precipitazioni come l’Islanda preoccupa anche me, ma siamo rimasti d’accordo che quando ne sentiremo la necessità ce ne andremo al chiuso. Frutto dell’agitazione di questi giorni e del controllo costante delle previsioni metereologiche sono dodici pagine di indirizzi di Hotel, Guesthouses e B&B islandesi già suddivisi per le aree geografiche che toccheremo. “Giusto per non essere proprio sprovveduti, per avere un’idea di dove poter andare!” aggiunge. Scoppio a ridere, ma la cosa tranquillizza un poco anche me. Stasera si parte!

Sera Arriviamo a Ciampino, sbrighiamo le formalità del check in. Sull’aereo ci distraiamo un po’, è bello volare di notte e cercare di riconoscere le città : “Che dici è Parigi questa?”, “Si, si! Guarda si vede la Tour Eiffel tutta illuminata! Atterriamo a Stansted alle 24.00 come da copione e ci aspettano 12 ore e mezza nella sua sala d’aspetto. Credevo che di notte gli aeroporti fossero quasi deserti, nessuna previsione poteva essere più sbagliata, la gente è buttata ovunque: chi dorme sdraiato sui sedili occupandone 5, chi a terra con sacco a pelo, chi solo poggiando la testa sulla valigia, chi su fogli di giornale! Ogni angolo è occupato, ma riusciamo a trovare due posti liberi vicini (uno dei due chiedendo ad una maleducatissima signora se poteva, per cortesia, liberare il sedile occupato da una delle sue valigie e far riposare anche uno di noi due). Passiamo la notte così…io crollando dal sonno di quando in quando, lui leggendo la guida. La mattina in un aeroporto è simpatica… vedere i negozi che aprono, la gente che si sveglia, le ciambelle che vengono esposte! Decidiamo per un meraviglioso frullatone che ci tira un po’ su e alle 10.30 siamo in fila per il secondo check in.

05 agosto Reykjavik

L’Iceland Express con nostro disappunto (sembra assurdo dirlo!) assegna i posti e capitiamo sul lato sinistro! Non vedremo l’Islanda dall’alto, vabè pazienza, spero solo che sia tanto nuvoloso, almeno non vedono niente neanche quelli seduti a destra! Il mio volo dura un attimo, il tempo di chiudere gli occhi a Londra e riaprirli a Keflavik. Atterraggio e ritiro bagagli, biglietto per il Flybus per Reykjavik e siamo al campeggio (basta dire all’autista dove devi scendere e ti ci porta davanti!). Il campeggio è bello (almeno per me, per Leo è un prato) e ampio, dotato di buone strutture. Montiamo la tenda e ci incamminiamo per quella che dal sito del camping risulta essere una piacevolissima passeggiata sul lungo mare per raggiungere la città. E’ vero, è davvero bella, ma dopo averla fatta due o tre volte, da piacevole diventa pesante (sono circa 3km a viaggio)!!! Il nostro primo impatto con l’Islanda è positivissimo, l’aria è fresca, come piace a noi, il cielo è bello terso, poche e piccole nuvole.

Ci incamminiamo verso la città e sul lungo mare incontriamo la Hofdi house edificio in cui Regan e Gorbatsjov si incontrarono per un meeting estivo nel 1986.

Poco più avanti troviamo la Sun Craft, una scultura moderna, opera di Jon Gunnar Arnason, che raffigura, stilizzandola e ibridandola con qualcosa di simile ad uno scorpione, una nave vichinga.

Proseguiamo allegri nel centro città passeggiando e osservando senza pretesa di comprendere quello che vediamo, domani penseremo a seguire un itinerario, oggi ci rilassiamo dopo la dura nottata e, dato che la pancia brontola, iniziamo a cercare anche un posto dove mangiare. Sono appena le 21.00 e facciamo fatica a trovare qualcosa, ci dirigiamo verso lo Litli Ljoti Andaruginn (Laejargata 6b) in cui si può mangiare un buffet tipico, ma come molti altri locali hanno già chiuso le cucine. La guida ci viene in aiuto e optiamo per il pub Svarta Kaffid (Laugavegur 54) in cui la LP dice che si può gustare la zuppa più buona della città. La sua particolarità è di essere servita in una forma di pane tonda, che fa da piatto e che poi si può mangiare!

Servono due differenti zuppe per sera, le ordiniamo entrambe: una con peperoni e carne di manzo e una con vegetali e curry (che gli islandesi usano tantissimo nella loro cucina), accompagniamo il tutto con una birra locale, la Gull (Gabbiano), leggera e molto gradevole. Le zuppe sono cremose e molto sostanziose, non semplice brodaglia, e sono calde calde, quello che ci vuole per rimetterci un po’ su. In tutto spendiamo 1590 isk a testa, circa 18,00 euro. Si sono fatte ormai quasi le 23.00, ma questo è il meraviglioso tramonto che riusciamo a vedere prima di voltare le spalle alla città.

Anche se è domenica sera la città è deserta e noi siamo stanchi morti, torniamo quindi al campeggio e facciamo una doccia e, grande sorpresa, esce acqua termale dai rubinetti! Ma dobbiamo fare attenzione! Un cartello avvisa di aprire prima l’acqua fredda, dato che la calda potrebbe uscire anche a 85°! Dopo la zuppa era proprio quello che ci voleva!

06 agosto – Reykjavik

Ci svegliamo presto grazie anche alla luce che filtra dalla tenda e subito iniziamo a preparaci per visitare la città con un po’ di criterio! Non abbiamo riposato tanto bene e durante la notte abbiamo anche avuto un po’ freddo. Pronti, ci incamminiamo verso la “piacevole passeggiata” di 3 km e prendiamo il nostro primo Skyr per colazione nel supermercato 10-11 (aperto 24h) vicino al camping. Simile allo yogurt ma più denso e cremoso. Buono, sazia che è una meraviglia! Seguiamo l’itinerario proposto dalla LP per la visita di Reykjavik che in realtà non ha molto da offrire, è solo straordinariamente diversa dalle città europee alle quali siamo abituati. Le case sono piccole e basse, quasi tutte di legno e lamiera ondulata colorata, pochissime di cemento. Non ci sono grandi palazzi se non nella zona degli uffici. Per il resto visitiamo: la Hallgrimskirkja, la chiesa più grande di Reykjavik. E’ una chiesa molto moderna e la sua struttura, interamente fatta di calcestruzzo, richiama le colonne di basalto che si trovano un po’ in tutta l’Islanda. Il suo campanile è alto 35 mt e ci si può salire con un ascensore che noi, però, troviamo guasto! I lavori per la sua costruzione iniziarono nel 1940 e furono necessari ben 34 anni per completarla.

L’interno è spoglio e semplice, ma molto elegante e l’imponente organo è spettacolare.

Di fronte alla chiesa si trova la statua dedicata a Leifur Eiriksson (Leif il Felice, figlio di Eric il Rosso) che per primo scoprì Vinland, quella che oggi chiamiamo America, con buona pace di Leonardo che per i successivi dieci minuti continua ad insistere con un certo italianissimo Cristoforo Colombo!

Scendiamo tra vicoli pieni di case colorate e incontriamo uno degli edifici più insoliti: una casa di dimensioni più importanti rispetto alle altre e con una torre sovrastata da una cupola arancione a forma di bulbo, quasi orientaleggiante, che pare sia abitata da una comunità di attori.

Proseguendo incontriamo il lago Tjorn con le sue tante paperelle e altre specie (ben 40) di volatili, tutti belli grassocci grazie all’abitudine degli abitanti di portare loro da mangiare. Su lago si affacciano: la Frikirkjan I Reykjavik, risalente al 1899e il Radhus, ovvero il municipio, un edificio poco elegante e spoglio, fatto di calcestruzzo, vetro e lava scolpita, dalle cui pareti cola acqua che si unisce a quella del lago.

Al suo interno (ingresso libero) osserviamo una mostra fotografica di un artista che ha ritratto quelli che definisce “i gioielli della montagna” ovvero i mille colori che offrono gli elementi naturali (licheni, fiori, acqua, roccia) in questo paese. Il fotografo è lì e osserva seduto sul davanzale di una finestra le reazioni del pubblico. Quello che però siamo venuti a vedere è un gigantesco plastico in rilievo che raffigura l’Islanda. Nulla di eccezionale, ma è davvero ben fatto ed è possibile avere una bella immagine d’insieme del paese.

Alle spalle del Radhus c’è la sede del moderno Alphingi, ovvero il parlamento, costruzione in basalto nero risalente al 1881, ampliata poi nel 2002. Nonostante queste modifiche è comunque un edificio minuscolo… questo nella foto è il retro del palazzo.

Questo importante edifico si affaccia su un’altrettanto importante piazza: l’Austurvollur, dove sorgevano i campi di fieno del primo abitante dell’isola, Ingolfur Arnarson ed è decorata dalla presenza della statua di Jon Sigurdson che guidò la campagna d’indipendenza nel XX secolo.

Nelle vicinanze c’è anche un’altra chiesa, la Domkirkja, la principale cattedrale della città, costruita dal re danese Cristiano VII nel 1796. Svolse un ruolo fondamentale nella conversione della popolazione alla religione protestante, ma l’edificio che si può visitare oggi è un rifacimento del 1847.

L’ora di pranzo è passata da un pezzo e lo Skyr è solo un ricordo. Abbiamo fame e cerchiamo di tenerla a bada con qualcosa al volo per proseguire nella visita. Arriviamo nella piazza di pietra Ingolfstorg in cui sono piazzate, nel mezzo, due colonne di basalto nero affiancate da tubi da cui fuoriesce il vapore geotermico presente nel sottosuolo e che ha suggerito il nome di Reykjavik (Baia Fumosa) ai suoi primi coloni.

Nei dintorni di questa piazza c’è anche un antico edificio di legno, la Falkhaùs (casa dei falchi) in cui venivano allevati i falchi islandesi prima di essere inviati in Europa, oggi ristorante.

Proseguiamo in direzione del porto in una bella quanto fredda passeggiata e guardiamo le bellissime fotografie d’epoca che si trovano sui pannelli e che illustrano la costruzione del porto. C’è anche la piccola locomotiva a vapore che fu utilizzata per portare il materiale necessario.

Torniamo verso il centro città, è ormai ora di cena (per loro) e decidiamo per qualcosa di tipico. La nostra scelta cade su un locale trovato per caso girovagando, il Kaffi Reykjavik, che propone un buffet di pesce a 3900 isk a testa. Non è economica come scelta, circa (45 euro per uno)…ma gli facciamo rimpiangere di averci lasciato libertà di rimpinzarci. C’è di tutto, soprattutto merluzzo, che viene molto usato nella cucina locale, fatto in diversi modi (con pomodoro, gratinato, con delle erbe..) e del magnifico salmone (affumicato alle erbe, lesso, in filetti…), halibut e crostacei…c’è anche una sorta di pasticcio cremoso di pesce e latte, tantissimi formaggi e il dolce: lo skyr con crema ai frutti di bosco.

La serata è fredda, io sono in piena digestione e sto morendo congelata… mentre un tizio alle mie spalle se ne va in giro in canottiera! Un’ultima curiosità sulla città sono i suoi bellissimi lampioni a forma di tulipano che non illuminano molto, ma sono davvero particolari! Sazi e contenti ci dirigiamo verso il campeggio. Siamo emozionati, domani mattina presto prenderemo la nostra auto e inizieremo davvero a visitare questo paese!!

07 agosto – Il circolo d’oro

Oggi ci aspetta il nostro primo giorno a zonzo nei dintorni di Reykjavik e siamo tutti contenti perchè ci consegneranno l’auto che abbiamo prenotato dall’Italia (640,00 euro per 10 giorni) con la Saga Car, piccola compagnia locale moooolto più economica delle altre. Ieri in mattinata abbiamo provveduto, come da accordo, a telefonare a Magnus, l’impiegato che si è interessato di tenere i contatti con noi e, come gli avevamo anticipato già in diverse e-mail, ribadiamo che vogliamo l’auto per le 9.00. Ci risponde di scegliere l’indirizzo in cui dovrà farsi trovare con l’auto (pratica che ci suona strana) e gli diamo quello del campeggio. I minuti passano ma non si vede nessuno. Verso le 9.30 Leonardo telefona e Magnus risponde che hanno un problema con l’auto ma che nell’arco di 10/15 minuti saranno lì! Tre quarti d’ora e altre due telefonate dopo arriva un tizio con l’auto, ci dice che dobbiamo andare con lui alla sede per la registrazione del noleggio e ci spiega che quella che avrebbe dovuto essere la nostra vettura è stata chiusa dai clienti precedenti con le chiavi all’interno. Non riuscivano ad aprirla nè tantomeno a spiegarsi come avessero fatto. Per fortuna gli era rimasta una sola altra auto, la Mazda 3 su cui stavamo viaggiando (noi avevamo affittato una Yundai Geetz), ci avrebbero consegnato quella senza variazioni di prezzo. Arriviamo nell’ufficio, compiliamo e firmiamo tutto quello che c’è da compilare e firmare mentre uno di loro è al telefono con il famoso Magnus, il quale dice al collega che aveva capito che la consegna avrebbe dovuto essere alle 14.00 all’aeroporto di Keflavik, circa 50km da dove siamo ora! Io e Leo ci guardiamo, lui spiega di aver telefonato ieri per confermare come orario le 9.00 e che anche dalle telefonate di questa mattina Magnus sembrava sapere perfettamente a che ora e dove dovesse essere consegnata l’auto, tanto che con noi non aveva fatto cenno nè alle 14.00 nè a Keflavik, ma anzi si era scusato per il ritardo! Prima occhiata perplessa tra i due colleghi. Ci chiedono la ricevuta della prenotazione, noi non abbiamo nulla perchè quel demente di Magnus non ci ha spedito niente tramite mail. I due si riguardano, stavolta allibiti. Io sto per perdere la pazienza, ma Leo si fa venire in mente che ha conservato lo scambio di mail con il cretino e lo mostra ai tizi. Nelle lettere c’è tutto, compresa la frase, inviata da Leo e ribadita poi dall’idiota: “alle 9.00 al campeggio”. I colleghi si ri-ri-guardano sempre più sconsolati e uno dei due ci fa contenti dicendo che gli spetta una bella lavata di testa. Finalmente partiamo con l’auto, felici di averne avuta una più spaziosa, ma non pensando ancora a quanto ci sarebbe costata di benzina dato che è un 1600! Ci renderemo presto conto che beve tanto quanto Magnus prima di andare al lavoro!

Iniziamo a cercare di uscire dalla città, ma ci perdiamo in continuazione. Mi viene in mente la raccomandazione di Mirko (Setter) prima della partenza “attenta a non perderti!”, dato che quando è venuto a Roma ho perso la via diverse volte! Prego Leo di non farne parola con gli amici del forum (soprattutto con Setter), ma mi promette che sarà la prima cosa che farà appena tornati in Italia. Dopo altre peripezie e difficoltà riusciamo a trovare indicazioni per la nostra meta: il Parco Nazionale di Thingvellir, prima tappa di quello che viene definito come “Circolo d’oro” e capiremo presto il perchè.

Il Circolo d’oro è la principale meta turistica islandese, un triangolo appena ad Est di Reykjavik in cui si trovano tre siti fantastici, il Thingvellir, l’impressionante cascata di Gullfoss e la meravigliosa Geysir.

Partendo dalla capitale, la destinazione più vicina è il Thingvellir (ingresso gratuito). La strada per arrivare è per metà asfaltata e per metà sterrata (macadam), ma fattibile anche con un’auto normale. Probabilmente è il sito storico più importante del paese poichè sede dell’Alphing (il primo parlamento islandese, e probabilmente primo nella storia dell’umanità) già dal 930 d. C. Fino al XIII secolo in cui l’Islanda cadde sotto il dominio norvegese, l’Alphing rimase il luogo in cui venivano prese le decisioni fondamentali per la vita della comunità, con riunioni che avvenivano con cadenza annuale. Rimase sempre attivo, anche se come istituzione marginale e privata della sua autonomia fino al 1944, anno dell’indipendenza definitiva dal dominio norvegese, in cui fu trasferito a Reykjavik. Gli islandesi sono talmente legati a questo posto che qualunque evento importante per il paese viene celebrato qui. La naturale conformazione del territorio si prestava benissimo alla situazione. Il Thingvellir, infatti, si estende sul rift (fossa tettonica) tra la zolla americana e quella europea che si allontanano al ritmo di un millimetro all’anno. La zona è quindi tutta piena di fenditure e spaccature che offrono riparo per eventuali tende e ottimi punti rialzati da cui poter tenere discorsi. Si tratta di un posto bellissimo, particolare e per certi versi assurdo. Abbiamo trovato meravigliosa la fenditura più grande, quella dell’Almannagjà, all’interno della quale si passa per visitare tutto il sito.

Attraversando il fiume Oaxarà si arriva alla piccola fattoria di Thingvallabaer (quella che si vede è una ricostruzione del 1930 fatta in occasione del millennio della fondazione dell’Alphing), oggi residenza estiva del Primo Ministro islandese.

Nelle sue vicinanze c’è anche una piccola chiesetta, la Thingvallakirkja, una delle prime chiese d’Islanda, ma l’attuale struttura risale al 1834. Di fronte a queste costruzioni c’è un piccolo cimitero in cui sono sepolte alcune delle glorie nazionali, soprattutto poeti dell’epoca dell’indipendenza.

Proseguendo più avanti, sempre tenendo la destra, arriviamo in un posto in cui altri visitatori non si spingono, è il luogo in cui era stata collocata la Logberg (Roccia della Legge) originaria, alle sue spalle c’è un’altra fenditura molto profonda che si è riempita d’acqua. Pare sia profonda 70 mt e le sue acque sono incredibilmente trasparenti.

Rimaniamo qui un bel po’, c’è silenzio e tranquillità, tanto che un uccello ci si avvicina mentre mangiamo, ma non vuole nulla, emette uno strano suono stridulo e pare stia cercando qualche compagno, perchè zompetta avanti e dietro guardandosi attorno.

Il muschio che si estende sulla piana è morbidissimo e incredibilmente alto, sembra un materasso, abbiamo paura di rovinarlo, ma una volta tolto il peso tutto torna normale, per fortuna!

Attraversiamo il fiume per visitare la cascata dell’Oaxarà foss, guadiamo il suo fiumiciattolo e arriviamo nel punto in cui il fiume si getta! E’ un paradiso, non c’è nessuno oltre a noi.

Questa deviazione ci impedisce però di tornare sul sentiero per ripercorrere il corridoio l’Almannagjà al contrario e vedere da vicino la Logberg di epoca cristiana (che abbiamo visto solo da lontano), quindi decidiamo di tornare indietro dalla sommità della faglia. Non vediamo più spaccature e fessure, ma facciamo un mezzo trekking tra uccelli dal becco adunco che ci volano intorno.

Arrivati all’auto partiamo in direzione di Geysir, che dista altri 45 km circa.

Il luogo (ingresso gratuito) è riconoscibile dalla strada grazie agli sbuffi di fumo e al pennacchio d’acqua del geyser Strokkur che si innalza ad intervalli regolari. La zona interessata dal fenomeno è completamente priva di vegetazione a causa dello zolfo, mentre intorno è tutto di un bel verde vivo.

Il primo geyser che si incontra è il Litli Geysir, una sorta di pozza in cui ribolle in continuazione acqua.

Proseguendo si incontra subito lo Strokkur, la vera attrazione, che spruzza vapore e acqua fino a 35 mt (quando non c’è vento…). La sua bocca è grandissima e mentre aspettiamo la prossima esibizione Leo mi spiega il funzionamento dei geyser. La guida afferma che tutto avviene a causa del vapore che si incastra tra le fenditure del condotto che comunica con l’esterno, ma l’ingegnere allibito aggiusta tutto dicendo che, invece, accade perchè l’acqua che si trova nella conduttura viene a diretto contatto con la lava. Dalla loro vicinanza viene prodotto vapore, la cui pressione aumenta sempre di più, fino a quando non raggiunge un volume superiore a quello della massa d’acqua che si trova sopra e a questo punto ha la forza di “sparare “tutto verso l’alto. Questo processo garantisce anche la regolarità del fenomeno (uno ogni 10 minuti circa) perchè i valori necessari sono sempre identici, l’unica variabile è la pressione atmosferica che può ritardare o accelerare di poco il processo. Ce lo gustiamo diverse volte, ma la cosa che ci piace di più è la bolla d’acqua che si forma prima della vaporizzazione e la bocca del geyser che si riempie dopo il fenomeno. E’ inquietante, un passaggio diretto con chissà quale punto all’interno della terra. Proseguiamo ancora e ci troviamo davanti a due pozze d’acqua apparentemente poco interessanti. La prima è increspata dal vento, ma poco dopo si calma e riusciamo a vedere cosa c’è dentro! Una piccola grotta che scende in diagonale rispetto al piano del terreno e che chissà dove finisce! L’acqua è molto calda e il nero del cunicolo è a dir poco minaccioso!

Due passi dopo c’è un’altra piccola pozza, che per me è ancora più bella dello spettacolo del geyser: Blesi. E’ una piccola polla d’acqua dai colori fantastici, un turchese intensissimo che poi si schiarisce man mano che aumenta la profondità, diventando quasi bianco e lattiginoso! Come una lastra di vetro azzurra illuminata da sotto. E’ proprio questa la sensazione che ci dà. Quella di una luce al di sotto della superficie. Incantevole!

Poco più avanti c’è quella che fino a poco fa era la star del sito, Geyser appunto, da cui tutta la zona (e tutti i geyser del mondo) prende il nome. Oggi è ormai dormiente, fiaccato dalle orde di turisti idioti che ci hanno buttato dentro sassi, tappandolo! Ma di tanto in tanto (soprattutto in occasione di movimenti tellurici) torna a farsi vedere.

Prima di tornare verso l’auto abbiamo un’idea geniale (per noi): farci inzuppare dal geyser. Ci sistemiamo con i nostri k-way, dopo aver appurato che l’acqua, ricadendo, è solo calda e non bollente. Io: “Va bene qui?” Leo “Si, si! Eccolo, eccolo! No…..” Io: “Aspetta un secondo! Spostiamoci un poco più indietro!” Leo, voltandosi verso di me: “Ehhh?” Splashh Noo, mi sono allontanata troppo! Leonardo non si è accorto dell’inizio dello spruzzo ma si ritrova zuppo, completamente, e ride come un pazzo, io sono asciutta e cerco di passargli qualcosa per asciugare gli occhiali. Non riusciamo a smettere di ridere fino all’arrivo al Parcheggio.

Riprendiamo il viaggio in direzione dell’ultima tappa che si trova a circa 10 km, Gullfoss, il cui nome sta per “Cascata d’oro”. Il fiume Hvità (fiume Bianco) si getta per due salti, complessivamente 32 mt, in un canyon lungo 2,5 km dalle pareti altissime. Il rombo è impressionante e gli spruzzi che salgono sembrano una pioggerellina molto fine.

Il cielo è coperto, ma lo spettacolo è ugualmente favoloso! La massa d’acqua è impressionante, come anche il contrasto tra la schiuma della cascata e la calma del fiume nel canyon. Negli anni 20 ha rischiato di essere chiusa da una diga per produrre energia idroelettrica, il proprietario si rifiutò di vendere e sua figlia, Sigridur Tomasson, minacciò di gettarsi dalla cascata se il governo avesse permesso l’esproprio. Nel 1975 Gullfoss venne donata alla Nazione e da allora è riserva naturale protetta. Di tanto in tanto però il discorso torna fuori, soprattutto perchè questa è una cascata dalla straordinaria potenza e permetterebbe di produrre energia pulita. Osserviamo Gullfoss dalle passerelle di legno che permettono di avere una visuale dall’alto e poi scendiamo per avvicinarci. E’ pieno di gente e molti scavalcano i cordoli di sicurezza per osservare la cascata dalle pareti perpendicolari del canyon da cui si ha una prospettiva splendida anche se ci si infanga a dovere! Per fortuna gli islandesi sono pratici e conoscono bene il loro paese, così appena prima di risalire la scalinata troviamo un aggeggio composto da quattro scope, con cui possiamo pulire gli scarponi!

La giornata è stata meravigliosa e ci possiamo ritenere più che soddisfatti. Sembra essere durata tantissimo, grazie alle tante cose viste e alla loro incredibile varietà. Torniamo a Reykjavik e dopo una doccia ristoratrice torniamo allo Svarta Kaffid per una bella zuppa calda. E’ la nostra ultima notte nella capitale, da domani si parte! Siamo a tavola e Leo mi chiede quanto sia lontana la Blue Lagoon (che avevamo pensato di fare alla fine del viaggio, percorrendo la Ring Road in senso orario). Leo: “Avrei proprio bisogno di un bagno rilassante come questo! Guarda che foto! Proposta: e se domani andassimo alla Blue Lagoon e poi tornassimo indietro per iniziare il viaggio verso Ovest come avevamo pensato?” Io: “Ne ho una migliore: e se invece facessimo tutto l’itinerario al contrario? Almeno non perdiamo tempo a tornare indietro, tanto è un cerchio… Quello davanti a me, ora, è un uomo felice.

08 agosto – dalla Blue Lagoon a Vik

Sveglia presto e macchina carica, tutti contenti per la giornata tutta relax che ci si prospetta! Ma c’è un unico inconveniente: piove! Ci guardiamo interrogandoci sul da fare, se ne valga comunque la pena o se sia meglio tornare sui nostri passi. Decidiamo di tentare, tanto la Blue Lagoon è aperta lo stesso! Arriviamo che il termometro dell’auto segna 11° all’esterno e c’è tantissimo vento, nonchè pioggia. Il Parcheggio è comunque pieno di macchine, anche se ci sono molti posti disponibili, il che ci fa pensare che forse non è stata un’idea da folli (o che esistono altri folli) e che ce la godremo con meno affollamento del previsto. Il biglietto d’ingresso è caro, 1800 isk a testa (21,00 euro) ma li vale tutti! All’ingresso ti danno un bracciale con un cip per passare ai tornelli e un campioncino di crema termale della linea di prodotti della Blue Lagoon. Volendo si possono noleggiare anche asciugamano e accappatoio. Gli spogliatoi sono meravigliosi divisi in settori numerati e gli armadietti si chiudono con lo stesso cip del bracciale! Nelle docce ci sono dispenser con bagnoschiuma e shampoo sempre della loro linea termale. A disposizione dei visitatori ci sono anche gli asciugacapelli. Insomma non è necessario portare nulla! Ci incontriamo in costume con 10° all’esterno e mentre stiamo per prendere coraggio e uscire dalla porta che da sulla laguna ci accorgiamo di una cosa eccezionale: nella sala dove ci troviamo è stata costruita una piccola piscina al chiuso, ma comunicante con l’esterno attraverso una porta, che permette di uscire essendo già immersi nell’acqua e quindi non accusare il freddo e permettere bagni anche in inverno!

E’ strano starsene immersi nell’acqua calda mentre la pioggia ti picchietta in testa, ma alla fine forse è stata una salvezza perchè ci ha permesso di sopportare meglio il caldo e poter stare ammollo per più tempo.

Facciamo praticamente tutto quello che è possibile: prima sguazziamo allegri in diversi punti della laguna in cui la temperatura cambia a seconda della vicinanza alle bocchette di alimentazione per provare le diverse temperature, poi ci spalmiamo la faccia con la silice bianca distribuita gratuitamente (e raccolta dal fondo della zona non balenabile della laguna, è uno degli elementi base dei prodotti della Blue Lagoon). Proviamo poi le due diverse saune (una con una pozza ribollente e l’altra in un grottino) e il bagno turco, nonchè il potentissimo massaggio di una cascata di acqua calda. Stiamo una meraviglia ma la pelle si è lessata… decidiamo di uscire un poco e riposare. Ci dirigiamo nella sala relax, con vista laguna, in cui ci sono dei comodissimi lettini. Dopo neanche mezz’ora non resistiamo! Siamo di nuovo fuori e rifacciamo tutto daccapo! Docciati e rigenerati siamo di nuovo in viaggio…ma solo dopo aver dato un’occhiata al costosissimo negozio interno e aver provato alcuni dei prodotti, a dir poco meravigliosi! Durante il viaggio leggo qualcosa sulla laguna, scoprendo che è artificiale! Esiste grazie alla presenza della centrale idroelettrica Svartsengi alimentata dall’acqua di mare che viene fatta venire a contatto con la lava grazie a profondi fori di trivellazione. Il vapore ottenuto passa nelle turbine della centrale producendo energia e viene ricondensato. L’acqua ottenuta viene riversata in una grande laguna. Il calore azzurro intenso è dato dalla presenza di cianobatteri, mentre l’aspetto lattiginoso deriva dalla presenza di silice. Il surreale paesaggio di lava nera è “originale” non forse il fondale, troppo levigato per essere naturale.

Ci stiamo dirigendo verso Sud, senza sapere dove arriveremo esattamente nè dove alloggeremo, dato che abbiamo deciso di evitare la tenda, anche perchè piove e sarebbe impossibile piantarla. Abbiamo deciso di viaggiare e cercare da dormire nella località in cui ci troveremo attorno alle 19.00. Viaggiando, viaggiando sorgiamo dalla strada Seljalandsfoss, una piccola, ma graziosissima cascata. Anche se stiamo facendo tardi non resistiamo e facciamo la piccola deviazione dalla strada principale che ci porta ai suoi piedi. Siamo soli e il posto è bellissimo, c’è anche un ponticello da cui poter osservare tutto frontalmente.

Ripartiamo e leggo che di lì a pochi km dovrebbe essercene un’altra, Skogafoss, che però per essere raggiunta necessita di una camminata che, seppur breve, ci costerebbe troppo tempo. La vediamo in lontananza dalla strada: è grande e bella, ma dopo l’imponenza Gullfoss e il romanticismo di Seljalandsfoss, non ci colpisce più di tanto.

Ci avviciniamo sempre di più verso Vik e quindi al mare. Il cielo però è sempre più cupo e non riusciamo a vedere molto del panorama, scorgiamo solo in lontananza il promontorio roccioso di Dyrhòlaey, che dovrebbe essere magnifico, ma con tutta quella nebbia non vale la pena di deviare! Peccato!

Arriviamo a Vik che è tardissimo, infatti nell’ostello e in una guesthouse in cui proviamo è tutto pieno. Alla fine ci dirigiamo in quello che dovrebbe essere una delle zone centrali della cittadina (minuscola) e troviamo l’ultima stanza disponibile: una singola, ma ci dicono che se abbiamo i sacchi a pelo ci sistemeranno comunque. Tutti contenti per lo sventato pericolo di rimanere all’aperto ci sistemiamo nella Guesthouse Puffin, ma la nostra euforia si placa non appena ci accorgiamo che gli altri ospiti sono tutti italiani.

Mangiamo nel bar/ristorante (Puffin anche questo, come anche un altro albergo… sempre lo stesso proprietario) una bella zuppa e poi ci concediamo una bagnata passeggiata vicino al mare, ma non si vede nulla, è tutto buio! Troviamo solo una piccola abitazione con un recinto e dentro tre meravigliosi cavalli islandesi (l’unica razza presente sull’isola e per questo purissima). Avevo letto che fossero animali socievoli, ma non credevo tanto, appena ci hanno sentiti si sono avvicinai curiosi alla staccionata e si sono lasciati accarezzare. Andiamo a nanna anche perchè siamo le uniche due persone per strada e domani vorremmo svegliarci presto per proseguire.

9 agosto – Parco Nazionale di Skaftafell e Vatnajokull, Hofn

Ci svegliamo molto meglio delle mattine precedenti, tutto è caldo e asciutto. Prima di partire voglio fare una foto ai faraglioni di Vik, anche se so che si vedrà poco a causa della foschia…infatti! Per arrivare il più vicino possibile arriviamo sulla spiaggia, nera, bellissima, con il mare mosso! Non resisto e tocco l’acqua, l’oceano non l’avevo mai visto! Il tempo di qualche foto e ripartiamo, c’è troppa pioggia e pensare che una delle attività principali qui è portare un giro i turisti su barche per far vedere la costa!

Attraversiamo il Myrdalsandur, ovvero le vaste pianure di sabbia lavica formatesi con il materiale fuoriuscito dalla caldera del Myrdalsjokull (si estendono per 700 kmq) e portato a valle dai fiumi glaciali. Hanno un aspetto brullo ma pare che siano popolate da uccelli marini e volpi artiche (naturalmente grazie alla nebbia non lo sapremo mai!).

Nella zona ci sarebbe il Landmannalaugar da visitare, ma noi non possiamo poichè la strada per arrivare è una pista percorribile unicamente da fuoristrada. Ci sono comunque trasporti interni che permettono di arrivare, ma non prendiamo in considerazione la cosa, il tempo è troppo cupo, preferiamo seguire il nostro itinerario. Sulla strada per Skaftafell incontriamo il paesino di Kirkjubaejarklaustur dove dovrebbe esserci il Kirkjugolf (che tradotto letteralmente vuol dire “pavimento di chiesa”) la cui struttura ad alveoli (in realtà sono le sommità di colonne di basalto esagonali) indusse i primi abitanti a ritenere che si trattasse della pavimentazione di una chiesa. Non lo troveremo mai però! Le indicazioni della guida non sono un granchè dettagliate e il pannello nel paesino ancora meno! Come noi, un’altra macchina (una Yaris, beati loro!!!) continua a fare su e giù per la via principale, neanche loro trovano questo benedetto Kirkjugolf e anche loro sono italiani, avremmo modo di incontrarli altre cento volte. Viaggiare in Islanda è strano, provi un positivo e sereno senso di solitudine per strada per poi trovare sempre le stesse facce una volta che metti piede a terra! Una sorta di trenino a vagoni indipendenti che si seguono lungo il tragitto. Capito che anche per loro la situazione è ostica, molliamo la ricerca e riprendiamo il viaggio. Questo è quanto riusciamo a vedere del paese…poco allettante a dire la verità.

E’ strano percorrere una strada con a sinistra montagne alte e a picco mentre a destra c’è il deserto. Ora infatti siamo in pieno Sandur ovvero la grande pianura desertica che si estende lungo la costa sud-orientale dell’Islanda. Si tratta in realtà di depositi di limo, sabbia e ghiaia portati a valle dai corsi d’acqua intrecciati o dagli jokulhaup (inondazioni a seguito di eruzioni avvenute nei crateri al di sotto delle calotte glaciali. Le sabbie del Medallandssandur (parte del Sandur) sono talmente piatte e uniformi che hanno tratto in inganno molte navi che poi si sono trovate arenate sulla costa, sono state anche causa di morte per i marinai che tentavano di salvarsi mentre invece venivano inghiottiti dalle sabbie mobili. Subito dopo si passa allo Skeidararsandur (il più grande sandur del paese con i suoi 600kmq) generato dallo Skeidararjokull (“Ghiacciaio dal fiume sinuoso” poichè genera un fiume che sembra un ricamo), il più grande ghiacciaio vallivo d’Europa con 1600 kmq di superficie.

La sua formazione è dovuta sia all’azione del fiume glaciale che porta continuamente detriti a valle, ma anche alle impressionanti jokuhlaup verificatesi in questa zona, l’ultima nel 1996 che ha distrutto ben tre ponti sulla Ring Road. I pochi resti di uno di questi sono ancora visibili: travi contorte e schiacciate a terra in un modo a dir poco impressionante. Mentre ci avviciniamo al ghiacciaio lo spettacolo si fa sempre più bello. Arriviamo al centro visitatori di Skaftafell, acquistiamo una mappa dell’Anello dello Skaftafellsheidi. Sulla carta è un itinerario di 5 o 6 ore. A noi ne costa sette, tra foto e una piccola sosta. L’itinerario è un poco monotono nel suo insieme e sconsigliabile nella sua interezza per coloro che non siano almeno un poco allenati (c’è un dislivello di 1100mt), ma lascia spazio a scorci emozionantissimi. Prima di partire con il trekking ci concediamo la deviazione a Sel, una piccola fattoria dai tetti in torba tenuta come se fosse ancora in uso.

L’ingresso è libero ed è uno spettacolo visitarla quando non c’è nessuno, un cartello raccomanda di chiudere la porta per evitare l’ingresso delle galline che stazionano davanti e che sono la gioia dei piccini! La prima parte del percorso comprende la meravigliosa cascata di Svartifoss, piccola ma con alle spalle una parete di colonne di basalto che sembra un sipario aperto. La “passeggiata” è faticosa e incontriamo moltissime persone che la fanno in solitaria e la meraviglia finale ci ripaga di tutti gli sforzi! Riusciamo a sentire anche la “voce” del Vatnajokull per ben tre volte, un rombo impressionante!

C’è anche la visuale sul Morsardalur, un’altra lingua e il suo piccolo fiume glaciale, nonchè su un bel laghetto con iceberg.

Arriviamo alla fine della scarpinata costeggiando la lingua dello Skaftafellsjokull, una delle lingue del ghiacciaio più grande. Da qua vediamo di nuovo il Sandur, che da qui sembra un ricamo nella sabbia, e i crepacci sopra il ghiaccio dello Skaftafellsjokull. Dalla foto sembrano piccoli e bassi, ma erano vere e proprie gole! Tornati a valle, dopo altre due ore, ripartiamo alla volta di una delle meraviglie dell’Islanda (come se la giornata di oggi non ce ne avesse già regalata una grandissima), il lago di Jorkusarlon. Si tratta di un lago pieno di iceberg bianchi, azzurri e striati di nero per la polvere lavica! Purtroppo non lo vediamo a causa della nebbia fittissima! Il panorama avrebbe dovuto essere strepitoso perchè lo si raggiunge passandoci sopra un ponte e si svela all’improvviso. Purtroppo non riusciamo a vedere proprio niente tanta nebbia c’è, solo una sagoma di iceberg di un azzurro intensissimo. Peccato davvero, perchè è anche una delle grandi colonie di foche dell’isola! Tristemente ci rimettiamo in moto. Riproveremo domani se troviamo da dormire in zona. Questa volta, però, trovare posto si rivela ancora più difficile, alla fine riusciamo grazie all’aiuto della proprietaria di una guesthouse a cui chiediamo se ha posto e ci manda ad Hofn, a 70 km da quello che era uno dei miei sogni! Vabbè, tanto ci torniamo, magari tra qualche anno e in inverno!

10 agosto – Fiordi orientali e Egilsstadir

Ad Hofn dormiamo in una Guesthouse dall’esterno a dir poco trasandato. Il suo interno invece è confortevolissimo con camere spaziose e luminose anche se, come al solito con bagno in comune (8600 isk in due). La signora che gestisce la struttura è molto cortese e cordiale e ci spiega che per la colazione ognuno può utilizzare tutto quello che c’è nella cucina! Bellissimo! La nostra prima colazione calda in terra islandese è a base di the, cereali e toast, il tutto messo a disposizione insieme ad un’infinità di elettrodomestici. Mentre ci rimpinziamo per bene la signora entra nella stanza e nota la pila di piatti sporchi lasciati da due italiani la sera prima (c’èra anche una lavastoviglie se proprio non avevano voglia di bagnarsi le mani!) io e Leo ci guardiamo sconsolati! Prima di andare via chiediamo alla signora se per caso ha opuscoli o indirizzi di strutture ricettive da consigliarci nei fiordi orientali e per tutta risposta ci consegna un intero libricino di indirizzi di tutti gli alberghi, guesthouse, campeggi o altre sistemazioni presenti in tutta l’Islanda! Ringraziamo e partiamo alla volta dei fiordi! Dalla guida risulta essere una delle zone con il migliore clima, poichè non esposta alla corrente atlantica come l’ovest. In realtà il tempo è talmente brutto che non facciamo altro che passare la giornata in auto cercando di spingerci più a nord possibile! Credetemi, non siamo riusciti a vedere praticamente nulla! Il primo paesino che incontriamo e in cui ci prendiamo la briga di scendere è Djupalon, minuscolo gruppo di case da cui si dovrebbe godere una bella vista sull’oceano nei giorni di cielo libero (appunto). Riusciamo però a vedere l’edificio più antico, ovvero un ex deposito di legname ora adibito ad ufficio turistico. Proseguendo tutto sembra uguale, ovattato e immerso nella nebbia più fitta, solo qualche scorcio ogni tanto ci spinge a provare a fare una foto. Nei fiordi la strada è diversa dal resto dell’Islanda. Mentre la Ring Road in genere è completamente asfaltata nelle altre zone del paese, qui si alternano tratti con asfalto a tratti di sterrata anche molto lunghi. Si procede quindi molto lentamente poichè si “balla” sui sassolini! Arriviamo in un altro piccolo centro, Stodvarfjordur, dove la guida segnala come punto di interesse la casa di un’allegra vecchina che ha passato 70 anni a raccogliere pietre e cianfrusaglie varie e ora espone il tutto nella sua residenza privata facendo pagare l’ingresso. Decidiamo di non entrare ma l’impressione è strana! Dalle vetrate si vede l’interno pieno di teche e scaffali e molte persone (in gran parte giapponesi) intente a gironzolare per casa della signora!Il giardino è di una stravaganza difficile da trovare e da spiegare! Oggetti di natura diversa messi insieme per formare figure di animali di fantasia o sistemati “semplicemente a decorazione” dell’ingresso! All’uscita di un gruppo di turisti siamo presi dall’urgenza di fuggire da lì! Un’infinità di italiani si sta riversando nel parcheggio! Ma non era una meta poco usuale questa? Non era una destinazione in cui trovare pace e solitudine? Perchè siamo assediati di gente (soprattutto connazionali) ovunque andiamo? Riprendiamo il viaggio e decidiamo che, dato che i fiordi non riusciamo a vederli a causa del maltempo, è meglio tagliare e utilizzare un traforo che ci farà risparmiare tempo e strada. Arriviamo così più velocemente a Seydisfiordur che pare essere il più grazioso dei paesini dei fiordi est. Pare si possa gustare anche un’ottima zuppa di pesce, sogno di Leo dal momento della nostra partenza da Roma. Iniziamo anche a cercare posto per dormire, ma tutto il paese è pieno. Rinunciamo a tutti i nostri sogni di passare una bella serata un questo luogo eletto a residenza da molti artisti e poeti (e soprattutto rinunciamo alla zuppa di pesce!) e risaliamo in auto, ma non prima di aver fotografato un monumento che è stato eretto con parte delle travi di una fabbrica rasa al suolo (per fortuna deserta in quel momento) a seguito di un’eruzione vulcanica. La Cascata di Gufufoss, davvero carina, si incontra sulla strada per Seydisfiordur. Quando riposiamo il piede a terra siamo ad Egilsstadir, centro che in se non ha granchè da offrire ed infatti è utilizzato da molti turisti unicamente come luogo intermedio tra il nord e i fiordi est. E’ una città adagiata su un lago molto bello e particolare visto da lontano poichè si sviluppa in lunghezza. Questa volta non abbiamo voglia di diventare matti a cercare e andiamo direttamente all’ufficio informazioni che si trova nel campeggio. Non possiamo montare la tenda (anche se ce ne sono molte), si gela! La ragazza dietro il bancone è gentilissima, tenta con varie sistemazioni fino a trovarcene una per poi ricordarsi che all’interno del camping c’è un cottage libero o due posti in uno multiplo. Ci consegna le chiavi di entrambi per permetterci di scegliere liberamente dopo aver valutato di persona. Il piccolo cottage è carinissimo con un piccolo bagno, angolo cottura, soggiorno con divanetto e tavolo e una zona notte, il tutto in non più di 15 mtq. Mente il secondo ha lo stesso schema anche se più in grande. Ospita già un ragazzo inglese, ma appena apriamo la porta, il super-olfatto di Leo rileva odore di fumo (che non riesce a sopportare), quindi prendiamo questa come scusa per scegliere la prima sistemazione, anche se costa 4000 Isk a testa a fronte dei 2600. Per cena andiamo nell’unico posto che riusciamo a scovare, una sorta di stazione di servizio-ristorante-fast food affollatissima di gente del posto e turisti di varia provenienza. Optiamo per due piatti dal nome che ci fa ridere Cotolettur Menu, ovvero cotolette di agnello con salsa ai funghi e patate fritte più bibita con free refill (1800 Isk a testa). Tentiamo un breve giro, ma è tutto chiuso e non c’è veramente nulla da vedere, così torniamo al nostro cottage e ci gustiamo la possibilità di fare finalmente una doccia senza l’angoscia che il bagno serva a qualcun altro!

11 agosto – Krafla, Hverarond, Mivatn, Skutustadagigar

Partiamo di buon mattino perchè ci aspetta di nuovo una lunga traversata, alla fine l’aver percorso velocemente i fiordi è tornato comunque utile! Anche oggi il tempo non è dei migliori, decidiamo comunque di andare verso Nord fermandoci nei siti di maggiore interesse. L’idea iniziale era di fermarci attorno al Lago Mivatn e spendere una giornata in escursioni nel parco nazionale lì attorno, ma a causa del cattivo tempo rinunciamo, decidendo di recarci verso Husavik. Per caso e appena in tempo trovo un appunto sul Krafla, zona vulcanica ancora attiva di cui il Krafla (monte che da il nome a tutta la zona) rappresenta la bocca più attiva. Dato che la deviazione dalla strada principale è poca (appena 7 km) anche se sempre di sterrata, decidiamo che almeno questa ce la possiamo concedere. La strada che porta alla zona passa attraverso due centrali geotermiche che ricavano energia dal vapore. I colori sono incredibili è tutta terra rossa e i rigagnoli d’acqua che si vedono hanno lo stesso colore della Blue Lagoon. Parcheggiamo in un punto panoramico da cui si può vedere la valle per intero e si possono avere informazioni da un pannello illustrativo.

Proseguendo per la strada asfaltata si può arrivare ad un piccolo lago vulcanico verde smeraldo e sulla cima del Krafla, ma preferiamo evitare dopo ave osservato le condizioni delle scarpe degli alti visitatori! Con la pioggia la terra rossa diventa una fanghiglia vischiosissima e molto difficile da togliere.

Torniamo indietro e troviamo il punto d’accesso alla parte dell’area più suggestiva. Una breve passeggiata (un’ora e mezza scarsa tra andata e ritorno) porta attraverso piccole colline rosse da cui escono getti di vapore sulfureo, si attraversano solfatare dai colori pastello, fino ad arrivare alla zona in cui fuoriesce ancora lava.

Quest’ultima parte, a differenza di quanto visto fino ad ora è interamente grigio cenere e nero. La lava non viene in superficie con eruzioni violente, ma attraverso un lento e costante flusso al di sotto della lava rappresa. Anche qua tutto è circondato da una fitta nebbiolina data dai fumi e dal calore che escono dal terreno.

Estasiati risaliamo in macchina, non prima di aver passato un buon quarto d’ora a pulire le scarpe dalla fanghiglia appiccicosa. Ripartiamo e, immediatamente dopo essere tornati sulla Ring Road, siamo costretti a fermarci per vedere un altro spettacolo meraviglioso: Hverarond, ad est del monte Namafjall. Qui non c’è traccia di lava, ma l’attività vulcanica è testimoniata dalla presenza di solfatare e soffioni potentissimi. I colori che sfumano tra il verde e il giallo, sull’onnipresente base rossa, regalano uno spettacolo incredibile. Dalle foto si può vedere quanto sia vicina la strada.

I getti di vapore sulfureo dai cumuli di pietre sono affascinantissimi e fanno un rumore che da subito l’idea di quale pressione ci sia appena sotto i nostri piedi… Leonardo viene colto da istinti omicidi e mi invita a passare attraverso uno dei soffioni.

L’aria è calda e dentro la nuvola di vapore non si vede nulla, credevo di uscirne lessa, ma invece è stato come passare attraverso il getto di un enorme asciugacapelli… solo un po’ più umido!

Lungo il percorso ci sarebbe una interessante deviazione per le cascate di Dettifoss, ma la strada che porta fin li (30 km) è interamente sterrata e data anche la pioggia rischiamo di dover procedere troppo lentamente e perdere troppo tempo. A malincuore rinunciamo e proseguiamo verso il Lago Mivatn. Il maltempo non ci molla e facciamo velocemente quella che a avrebbe dovuto essere una bella passeggiata sulle sponde del lago dei moscerini (traduzione del nome del lago, data l’incredibile concentrazione di queste bestiole che non mordono ma ti si appiccicano in faccia attirate dall’anidride carbonica, nel tentativo di tuffarsi nei tuoi polmoni). Noi non li vedremo sempre a causa della pioggia!

Seguiamo la riva del lago scendendo verso Sud dove, in prossimità della cittadina di Skutustadir, si trova uno spettacolare campo di pseudocrateri, lo Skutustadagigar la cui formazione è stata data da eruzioni vulcaniche e dal contatto delle grandissime bolle di lava con l’acqua e il ghiaccio presenti sul lago. Il contatto pare abbia fatto esplodere le bolle di lava conferendo questa particolare forma di cono vulcanico.

Durante il viaggio decidiamo che è meglio far tappa ad Akureyri piuttosto che Husavik, dato che nella seconda città dovremmo fare solo wale whatching, pensiamo sia meglio tornare indietro un giorno piuttosto che cercare due volte da dormire!

Prima di arrivare a destinazione però manca ancora una chicca, Godafoss, la cascata degli dei, chiamata così perchè vi furono gettate le statue degli dei pagani a seguito della conversione della popolazione al cristianesimo.

Arriviamo ad Akureyri e subito ci fa un’ottima impressione. La LP la considera la città più bella d’Islanda per le sue casine colorate e per i suoi curatissimi giardini fioriti. A scanso d’equivoci ci dirigiamo subito all’ufficio turistico per farci aiutare. La ragazza che ci accoglie ci trova un posto con non poche difficoltà, dicendoci che una stagione estiva come quella non si era mai vista fino ad ora poichè non c’erano posti liberi nell’arco di 30 km! Alla fine la spuntiamo, di nuovo una stanza singola, ma in un villino privato le cui camere sono affittate ai turisti. Arrivato davanti alla casa rimaniamo senza parole!

E’ davvero carina e ci convinciamo sempre di più che anche se staremo un po’ scomodi non poteva andarci meglio, oltretutto paghiamo come fossimo una sola persona (4000 Isk al giorno). Sistemiamo tutto come meglio possiamo, l’unica nota negativa dell’alloggio è la pulizia degli spazi comuni che essendo lasciata interamente agli ospiti lascia un po’ a desiderare, specialmente la cucina, utilizzata dalle tre ragazze tedesche che occupano le altre stanze. Ma fa nulla, non la utilizzeremo! Usciamo subito per fare una passeggiata, mangiamo qualcosa al volo e ci chiudiamo dentro un graziosissimo bar sul “corso”. Davanti ad un bicchiere di whisky e uno di brennivin (“Vino bruciato”) una grappa locale che sulla guida è indicata come fortissima, simile alla sambuca, ma in realtà è bevibilissima. Mentre sorseggiamo, chiacchieriamo e ci riscaldiamo Leonardo si ferma ad ascoltare bene la musica di sottofondo… ad un certo punto inizia a cantare, in italiano, la canzone che stanno trasmettendo in islandese. Lo guardo stupita, “E’ Ramazzotti tradotto e ricantato!!!! Ma pensa tu!” Io non so se essere più stupita che in Islanda traducano Ramazzotti o che Leonardo ne conosca le canzoni…

Alcuni scorci, tra cui il bar centrale, i fiori che rendono la città famosa in tutto il paese e la fantastica biblioteca. In Islanda ogni paesino, seppur piccolo ha una biblioteca enorme!

12 agosto – Husavik

La giornata sarà interamente dedicata ad una delle attività per cui l’Islanda è famosa nel mondo: il Whale Watching. Da informazioni raccolte prima di partire pare che in ogni città costiera dell’Islanda sia possibile praticarlo, ma la zona in cui si verifica il maggior numero di avvistamenti risulta essere il nord e in particolare la zona nei dintorni di Husavic. Decido quindi che se lo devo fare, sarà certamente da lì che lo farò! Emozionantissima costringo Leo ad un’alzataccia poichè Husavic si trova a circa un’ora di viaggio da Akureyri. Arrivati, ci stupiamo delle modestissime dimensioni della terza città (per estensione ed importanza) del paese. Husavik si estende praticamente a ridosso della zona del porto.

L’imbarco per il Whale Wathcing si trova proprio all’inizio del paese, non si può sbagliare. Sul molo si trovano gli ingressi delle due compagnie che effettuano il servizio, ognuna conta otto uscite giornaliere tra mattina e pomeriggio e c’è una piccolissima variazione di prezzo. Tra le due vi consiglio la Gentle Giants, non perchè l’abbia scelta io, ma perchè vi consegnano tute impermeabili e trapuntate che vi coprono dal collo alle caviglie, mentre l’altra solo un k-way ed è anche più costosa. Fatto il biglietto (3500 Isk), salgo sulla mia bella barchetta, Leo non mi può seguire a causa della cinetosi e quindi, in attesa della partenza mi guarda imbacuccarmi nel tutone Xxl. Quella che era stata definita come una “pacifica caccia” dura circa tre ore e nel viaggio di ritorno ci vengono offerti cioccolato caldo e dolci fritti! Proprio quello che ci vuole dato che siamo tutti zuppi e congelati! L’acqua infatti è arrivata da ogni lato e coloro che si trovavano a prua sono completamente zuppi, non so come non siano morti assiderati dato il vento. Non siamo riusciti a vedere granchè, giusto qualche spruzzo e una pinna dorsale di megattera (forse!)… a quanto pare quando è brutto tempo non amano stare troppo in superficie. Per tutto il viaggio di ritorno mi rimbombano nelle orecchie le parole di un mio amico: “Vedrai quant’è bello lì a Husavik, le balene vengono fin sotto la barca a due metri da te e si fanno fotografare!! Seh… proprio così è stato. Per il resto devo dire che sono rimasta un po’ delusa. Non perchè non abbia visto molto, ma perchè il tutto mi è sembrato un po’ “aggressivo”. Quando qualcuno a bordo (o l’esperto che per tutto il tragitto spiega le abitudini e le differenze dei vari cetacei) avvista uno spruzzo, la barca accelera velocemente e si dirige in quella direzione, una sorta di inseguimento che non so quanto lasci tranquille le balene, dato che si effettua all’interno delle zone dove cercano cibo. Sicuramente è una pratica che sta soppiantando la caccia alle balene poichè molto più redditizia e sta favorendo la nascita di zone protette, ma credo che non sia troppo benvoluta da chi la subisce.

Tornati a terra sono sempre più decisa che la prossima cosa che vedrò di questa città sarà la piscina geotermale per scongelarmi. Ma arrivata al porto non ci sono né Leo né l’auto! Inizia a piovere e non c’è un riparo! Da semplice desiderio la piscina diventa imperativo categorico. Per fortuna dopo cinque minuti ricompaiono entrambi (Leo e auto). Salgo, mi lamento perchè non ho visto le balene saltare e salutare con la pinna come mi aspettavo e sto per proporre la mia ideona quando noto un’inconfondibile espressione sul viso di Leo, fresco, rilassato, sorridente! “Io sono stato alla piscina invece! Piccolina, nulla di che, sembra una piscina normale ma con l’acqua riscaldata a diverse temperature, pensa solo 200 Isk!” Vabè! Mi asciugo un po’ e facciamo un giro nella città. Si trova tutto sulla stessa via che taglia il paese in due, da un lato il porto, dall’altra le abitazioni. Incrociamo il Phallological museum, l’unico museo su questo tema esistente al mondo. Sono raccolti all’interno diverse centinaia di peni di tutti i mammiferi marini e terrestri presenti nel paese, più qualche esemplare esotico. Pare che presto ci saranno anche i rappresentanti del genere umano, poichè diversi uomini si sono proposti come donatori! Per il resto il museo è pieno anche di oggetti “a tema” o utensili realizzati con la pelle dei genitali di diversi animali. Decidiamo di non entrare, anche se sarebbe stata un’esposizione “interessante”.

Visitiamo la chiesa subito di fronte al porto. L’interno è molto colorato e ad accogliere i visitatori c’è il pastore che intrattiene lunghissime conversazioni su qualunque argomento.

Mangiamo in uno dei ristorantini sul porto. Una buona zuppa di pesce e gamberi! Finalmente la zuppa di pesce! Anche se Leo se l’aspettava diversa, sperava ardentemente di trovarsi davanti una cosa simile al caciucco, mentre è arrivata una cremina rosa con pezzi di gambero e pesce bianco. Riscaldati usciamo e proseguiamo. Prossima tappa è The Husavik Whale Museum che si trova proprio accanto al molo d’imbarco per le uscite in barca.

L’interno è davvero interessante. Ci sono moltissime informazioni su tutti i tipi di balena esistenti, con descrizioni sulle abitudini alimentari e migratorie di tutti i cetacei. Una sezione sull’inquinamento e il riscaldamento delle acque, con conseguente diminuzione del numero di esemplari. Una bella installazione audio per sentire tutte le “lingue” dei cetacei e un gioco per riconoscerle. Una sezione storica sulla caccia alla balena con i prodotti che se ne ricavavano e foto piuttosto tristi. Fino ad arrivare a visitare la parte più impressionante: quella dell’esposizione di scheletri delle diverse specie, ricavati da esemplari arenatisi sulle spiagge e trovati già senza vita.

Finita la visita torniamo ad Akureyri, nel nostro alloggio, decisi ad uscirne quanto prima per gustarci una bella cenetta in un ristorante. La scelta è stata fatta da tempo, andremo al Bautinn.

Qui, come suggerisce la LP, se si ordina uno dei piatti si ha anche possibile partecipare al buffet di insalate. Affamatissimi ordiniamo e ci lanciamo sulle pietanze, ci sono insalate di tutti i tipi, dal riso, alla pasta, dalle verdure fresche a quelle sott’olio. Lasciamo giusto lo spazio per quello che abbiamo ordinato: io un trancio di salmone con salsa e Leonardo: “Grilled Whale, please” e rivolto a me “Non ho resistito, sono troppo curioso, l’unica volta nella mia vita te lo giuro! Magari una sola altra volta in Giappone… no vabè, dai è l’ultima, ma una volta nella vitaaaaa!” Portano i piatti. La bistecca di balena (o meglio whale, cetaceo indefinito che potrebbe essere un capodoglio come una focena, che spesso rimangono impigliate nelle reti da pesca) è di colore marrone scuro. Leo mi chiede se ne voglio assaggiare un pezzo, ci penso un attimo ma poi accetto il boccone. Il sapore è simile a quello della cacciagione ma molto più accentuato, la carne è morbida ma non riesco ad apprezzarla, mi fa troppa impressione. Non ne accetto più, anche se Leonardo continua a dire che sia buonissima.

Rimpinzati a dovere ce ne andiamo a nanna. La giornata è stata faticosa e domani ce ne aspetta un’altra non da meno!

13 agosto Isola di Grimsey

Oggi sveglia di buon ora, abbiamo deciso di visitare l’isola di Grimsey a nord dell’Islanda e passare così, all’interno del Circolo Polare Artico.

Siamo emozionati e Leo anche un po’ preoccupato dato che soffre di una pesante cinetosi e si sente male anche con il mare piatto… Ci dirigiamo quindi a Dalvik dove si può prendere il traghetto. La biglietteria si trova immediatamente vicino all’imbarco. Il viaggio costicchia ma siamo sicuri che ne varrà la pena e le pene che Leo dovrà affrontare, dato che non ha voluto prendere alcun farmaco. Dopo pochi minuti inizia un viaggio tranquillo, ma non per tutti…Leo è costretto a passare buona metà delle 3 ore e mezza di navigazione sul ponte e l’altra metà sfinito su una poltroncina in uno stato di sonno molto vicino al coma. Poiché non mi aveva avvisato di essere rientrato e di essere svenuto, tornata a cercarlo sul ponte e non trovandolo ero convinta fosse finito in mare. Appena arrivati, la prima cosa che mi chiede è un tè caldo per riprendere un po’ di tono. Entriamo nel piccolo bar appena sopra il molo dove si concentra anche tutto il paese (novanta anime in tutto e il nulla intorno). Il porto è molto carino, pieno di gabbiani e altri uccelli marini come i gabbiani artici e le strolaghe.

L’isola è il paradiso dei bird-watcher e degli amanti delle pulcinelle di mare, i puffins. Riscaldati da due tazze di tè piene di zucchero, iniziamo la nostra escursione: l’isola ha un’ampiezza di 5 km quadrati e coloro che vengono a farvi visita hanno tutto il tempo di percorrere l’intero il periplo. Il traghetto per il ritorno, infatti, parte dopo quattro ore e mezza, quello successivo è solo dopo due giorni… I trasporti da e per l’isola avvengono solo di lunedi, mercoledi e venerdi, con partenza da Dalvik alle 10 e ritorno alle 16.30. Grimsey è in isola totalmente piatta, se non si contano delle minuscole collinette, e totalmente disabitata se non per la zona adiacente il porto. Per questo è luogo privilegiato per poter osservare moltissime specie di volatili. Tra tutti fate molta attenzione alle strolaghe…agosto è il loro periodo di cova e non sarà raro che ve le ritroviate sulla testa, mentre gridano minacciose. Per quasi tutta la nostra passeggiata, infatti, siamo accompagnati dai maschi che ci sfrecciano vicinissimi, mentre le femmine sono accovacciate sui nidi a proteggere le uova.

Il motivo del nostro viaggio fin qui comunque è un altro, riuscire a vedere le pulcinelle di mare, i dolcissimi Puffins, che in tutte le foto d’Islanda si vedono mentre hanno nel becco un pescetto. “Magari riuscissimo a fotografarne una così…ma sarà difficilissimo sicuramente!!” Macchè!! Quelle ghiotte stanno sempre con qualcosa nel becco! Sull’isola c’è una colonia di Puffin che rimane qui fino a metà/fine agosto, periodo in cui si preparano alla migrazione. Ne troviamo a centinaia in un baia protetta da rocce a strapiombo, si vedono benissimo i nidi, piccoli buchi nella terra morbida. Sono quasi tutte a mollo e possiamo osservarle dall’alto senza disturbarle…sono buffissime quando spiccano il volo dall’acqua, mentre sgambettano sculettando per darsi lo slancio, poi sembrano palline in volo.

Sull’isola c’è un piccolo Aeroporto, altro modo per arrivarci, ma non so quanto costi.

Subito dopo noterete un palo verticale con sopra cartelli con nomi di città del mondo e la distanza da quel punto. Un altro palo è in orizzontale. Rimaniamo un po’ perplessi perché stiamo cercando il punto di inizio del Circolo Polare… qualcosa che lo segnali inequivocabilmente… ci facciamo comunque due foto e proseguiamo.

I faraglioni sono spettacolari come i colori del cielo e del mare. Leo è troppo debilitato perpercorrere anche il lato est dell’isola, così decidiamo di tornare per la stessa strada dell’andata e vedere un po’ le case prima di risalire sul traghetto.

C’è un bel punto panoramico che dà proprio sul mare e sul porto con due panchine e una scacchiera, dato che gli scacchi sono lo sport nazionale e qui, altrimenti, la gente morirebbe di noia, mi fa notare Leo.

Passeggiando ancora un po’ arriviamo nell’unico piccolo market dell’isola, dove viene venduto un po’ di tutto…davvero di tutto… che ci fanno i bambini con secchiello e paletta? Probabilmente si svagano un po’ perché qui davvero non hanno granchè da fare… tornando al traghetto, infatti, ne incontriamo due che giocano con la carcassa di un’auto fuori uso e se da un lato riconosciamo che vivono in un posto incantevole, dall’altro pensiamo che hanno davvero poco per variare… Comunque anche qui c’è la piscina geotermale locale, al chiuso e tutta organizzata, non ne approfittiamo, ma non può non venirci in mente che questi islandesi siano davvero un po’ fissati! E come dargli torto?

Ci rimbarchiamo e il viaggio di ritorno non va poi così male. Leo è talmente distrutto che si addormenta immediatamente. Prima che cada in catalessi mi viene in mente una cosa… non siamo riusciti a trovare quello che secondo noi poteva essere un chiaro segnale dell’ingresso nel Circolo Polare Artico…ma non è che per caso era quel palo? Al che vedo la fronte di Leo corrucciarsi… e lui esplodere “Ma cavolo mi hai fatto la foto a mezzo busto! Certo che era quello, è vero…” e il palo orizzontale è dove passa il parallelo!” Poi sopraggiunge il collasso per fortuna mia! Riprendiamo la macchina diretti di nuovo ad Akureyri e facciamo appena in tempo a vedere questo splendido panorama nei dintorni di Dalvik.

Arrivati all’alloggio ci facciamo una bella doccia e ce ne andiamo in centro per mangiare di nuovo al Bauthinn. Prima di andare a mangiare, però, troviamo la Chiesa aperta e decidiamo di entrare. Si tratta di una costruzione moderna, fatta dallo stesso architetto di quella di Reykjavik. L’interno è semplice e poco decorato, ma c’è un modellino di barca appeso al soffitto, dalla LP apprendiamo che si tratta di una rievocazione di una tradizione nordica relativa alle offerte votive per chiedere benevolenza e protezione nei riguardi delle persone care uscite per mare. Stiamo per andar via ma ci viene incontro una bella signora che ci chiede da dove veniamo e ci invita a partecipare alla funzione con canti Gospel che avrebbe officiato di lì a cinque minuti. La signora è vestita di nero e ha il collarino tipico dei religiosi, è la pastoressa della principale Chiesa di Akureyri ed è talmente gentile e simpatica che non possiamo dirle di no. Mi stupisce la sua delicatezza, il suo volerci invitare a condividere, indipendentemente da tutto. Non ci chiede nemmeno se siamo cattolici, dato che potrebbe anche essere poiché italiani. Lei, protestante, ci chiede solo di stare insieme qualche minuto e appunto, condividere. Durante la funzione, officiata in parte in inglese per farci capire qualcosa e in parte in islandese, la pastoressa fa più volte riferimento a noi, ringraziandoci di aver accettato di partecipare e benedicendoci più volte. La ragazza che canta accompagnata dal pianoforte è bravissima e diverse volte fermo in tempo Leonardo che sta per applaudire. Bello, bello, bello, indipendentemente dall’aver fede o meno, credo che momenti come questo, in cui si incontra qualcuno che ti invita a condividere un istante della sua esistenza siano le esperienze più esaltanti che si possano fare. Finita la funzione tutti applaudono la ragazza che ha cantato, Leo è libero di sfogarsi. La pastoressa saluta coloro che le si fanno, ma lei sta venendo verso di noi per chiederci se siamo stati bene, benedicendoci un’ultima volta ci saluta e ci fa un in bocca al lupo per il proseguimento del viaggio. Al Bauthinn ceniamo con qualcosa di sostanzioso, ma meno caro della cena di ieri sera. Stanchissimi ce ne torniamo subito a dormire, pochè domani ci aspetta un nuovo trasloco. Inizia la ridiscesa verso Ovest e io in programma ho tante tante cose… ma lui non lo sa!

14 agosto Glaumbaer, Penisola di Vatnsnes e Borgarnes

Partiamo di buon mattino poiché i km che dovremmo percorrere oggi sono molti. Dobbiamo arrivare da Akureyri direttamente nei pressi della Penisola di Snaefelsness, saltando purtroppo i Fiordi Occidentali. Lungo la strada sono previste anche due soste in luoghi che la guida indica come di notevole interesse: la fattoria in torba di Glaumbaer e la penisola di Vatnsnes dove è possibile avvistare una colonia di foche, visita che ci è stata consigliata da un amico.

I panorami lungo queste strade del nord sono bellissimi.

Glaumbaer è una fattoria in torba risalente al XVIII secolo e perfettamente conservata. In se non è “eccezionale” come sito, anche perché è fortemente organizzato per ospitare turisti, ma l’abbiamo inserita per vedere bene come fossero costruite le fattorie in torba tipiche di questo paese. In realtà, dimensioni a parte, non aggiunge nulla di così irrinunciabile a quel che avevamo già avuto modo di vedere presso la fattoria di Sel, visitata durante l’escursione sullo Skaftafell.

Ne vale comunque la pena se si è di strada, anche per visitare il museo interno, che ospita anche manichini con abiti tradizionali e un’accogliente sala da tè dove ci si può concedere qualche minuto di relax.

Dopo questa breve pausa, ci dirigiamo immediatamente verso la Penisola di Vatnsnes e più precisamente ad Osar, nei confronti della quale nutriamo grandi aspettative. Seguiamo le indicazioni stradali e quelle della nostra mappa e arriviamo agevolmente, anche se gli ultimi km sono tutti di sterrata con sassolini che schizzano ovunque al passaggio dei veicoli. E’ necessario procedere molto, molto lentamente anche per evitare il rischio di forare. La colonia principale si troverebbe presso Hindisvik (circa 10 km a nord di Osar) sempre sulla strada 711, ma il nostro amico (e la LP) ci aveva detto che altre foche si trovavano anche nella piccola laguna di Sigridarstadavatn. Decidiamo di fermarci prima qui. Per arrivare alla spiaggia è necessario attraversare un terreno privato dove pascolano allegramente delle belle mucche che ci guardano con facce perplesse incamminarci nel loro territorio. Dopo una breve passeggiata vi troverete davanti ad un vero e proprio spettacolo: una laguna di sabbia nera che si separa bruscamente dai prati circostanti tutta punteggiata di grigio e bianco. Ogni tanto qualche testolina di foca che spunta dall’acqua mentre tante altre se ne stanno a pancia all’aria a prendere il sole. Semplicemente emozionante! Decidiamo di non proseguire verso Hindisvik e di ripartire dopo poco, poiché mancano ancora molti km alla meta finale…ma anche lì deve essere uno spettacolo, se potete, proseguite!

Lungo la strada continuo a leggere la guida che indica la presenza di diversi lanifici nella zona che stiamo attraversando. Non abbiamo acquistato ancora nulla da riportare a casa, a causa dei costi impressionanti che si trovano un po’ ovunque. Decidiamo di tentare e ci fermiamo nel primo spaccio che incontriamo. Una vera fortuna! Le sciarpe e i guanti costano 1/5 rispetto ai negozi cittadini inutile dire che facciamo incetta! La sciarpa che ho preso la uso sempre in inverno ed è caldissima, unico neo, la lana islandese è molto meno morbida della nostra e all’inizio il mento era sempre rosso a causa dello sfregamento! Sembra una paglietta d’acciaio durante i primi utilizzi 😉 ma se si riesce a sopportare, poi è fantastica per il calore! Non vi dico i guanti…a volte sudano le mani…

Sempre diretti verso Snaefelsness attraversiamo uno dei panorami più spettacolari che si possano trovare in questo paese: si raggiunge semplicemente percorrendo la Ring road, praticamente di passa in mezzo. Si tratta di una pianura nei pressi di Bifrost dove è possibile vedere i coni vulcanici del Grabrok e del Grabrokafell e uno spettacolare avvallamento dai colori incredibili che vanno dal verde al rosso intenso, al marrone e bordeaux. Le foto purtroppo non rendono per nulla la bellezza del luogo poiché la luce era fortissima e purtroppo veniva in senso contrario, la nostra compattina ha fatto del suo meglio, ma non è stato sufficiente.

Arriviamo finalmente a Borgarnes che abbiamo scelto come base per la visita alla Penisola anche se non si trova esattamente su di essa. Siamo esausti e ci fermiamo nel primo posto che troviamo e che è anche consigliato dalla LP, il Motel Venus che a dispetto del nome è un posto accogliente dove troviamo molte famigliole. Non è economicissimo ma siamo a fine viaggio e non abbiamo alcuna voglia (viste anche le esperienze dei giorni precedenti) di rimetterci in macchina e cercare. Mangiamo qualcosa presso il ristorante Matstofan di Borgarnes che sulla LP è indocato come luogo in cui poter mangiare cucina islandese e curry filippino… infatti i gestori sono dei tipici islandesi con tratti orientali! Mangiamo qualcosa che si avvicina molto alla cucina cinese, ma pietanze mai viste prima d’ora. Divertiti e spiazzati da questa strana incursione gastronomica torniamo al motel e subito a nanna per recuperare un po’ di forze!

15 Agosto Penisola di Snaefellsness

Oggi dedicheremo la giornata esclusivamente all’esplorazione della penisola. Partiamo dal nostro alloggio di Borgarnes e iniziamo il nostro itinerario costeggiando la penisola da nord ovest. La prima tappa sarà Stykkisholmur che la guida indica come la cittadina più grande della zona…una volta di più rimaniamo colpiti dalle dimensioni ridotte dell’abitato e di quanta calma, ordine e pulizia ci sia in giro. Da fare non c’è praticamente nulla se non ammirare il cielo terso e la luce fortissima del sole che si diffonde su questo pezzetto di paradiso.

Unica costruzione di rilievo (più che altro curiosa) è la chiesa che ha delle forme davvero bizzarre e un interno davvero sorprendente! L’illuminazione è formata da tantissimi fili con lampadine senza alcuna rifinitura…come se avessero dimenticato di montare dei lampadari, mentre stanno lì per aumentare l’effetto “cielo stellato” che è nel quadro posto al centro del muro.

Procediamo oltre fermandoci unicamente dove ci sentiamo davvero attratti da qualcosa. La penisola alla fine è fatta di tanti piccoli centri abitati molto simili tra loro. Il bello è vedere il paesaggio e intravedere da lontano lo Snaefelsjokull con il suo cappuccio di ghiaccio. E’ quasi rassicurante sotto questo cielo azzurro!

Prima di raggiungere la nostra prossima meta, non possiamo perdere l’occasione di assaggiare un po’ di Hakarl nella fattoria Bjarnarhofn (segnalata dalla LP, ma non so se è l’unica della penisola). L’esperienza è “istruttiva”, praticamente vieni fatto entrare in una grande sala in cui ci sono foto, vetrine con apparati riproduttivi delle “squale” con tanto di uova e altri “resti” e piccoli pannelli che spiegano la produzione dell’hakarl e poi sul tavolo c’è un piccolo vasetto dall’odore nauseabondo con tanti dadini e stuzzicadenti…. La consistenza è quella dei cubetti di mortadella, l’odore è quello del cibo per gatti e il sapore… beh… io ho sentito solo una gran botta di ammoniaca tornare su per il naso! Ammoniaca perché è la tossina che viene fatta “evaporare” durante i mesi di “fermentazione” sotto la sabbia…che sarebbe appunto tossica per l’uomo, così invece è solo disgustosa! Ma merita un assaggio… mi ha fatto così ribrezzo che ci sono tornata altre tre volte! Poi però ho avuto difficoltà di digestione fino a sera… Altro pezzo dell’escursione alla fattoria è arrivare fino a sotto le “capanne” di essiccazione, non ci sono indicazioni, ma seguite il vostro naso… Nei dintorni ci sono mosche grosse quanto voi! Tutti contenti riprendiamo il nostro cammino.

Altra tappa è Olafsvik. Prima di arrivare ad Olafsvik però attraversiamo Grundarfjordur dove, proprio a destra della strada incontriamo il picco conico del Kirkjufell, veramente bizzarro così alto e così in mezzo al nulla.

Arriviamo ad Olafsvik nei pressi del quale dovrebbe esserci una colonia di foche…purtroppo troviamo solo la fantastica spiaggia lavica, ma delle fochette neanche l’ombra…speriamo siano altrove allegre e spensierate.

Passato quest’ultimo centro, decidiamo di tornare verso Borgarnes finendo il periplo della penisola. Altri scorci fantastici, altri panorami bellissimi, ma la fatica di un’altra giornata in auto si fa sentire, decidiamo quindi di ripiegare il prima possibile verso il motel.

16 Agosto – Verso Reykjavik, ma con una seconda capatina verso…

Ultimo giorno in terra islandese. Come spenderlo? Si potrebbe fare la parte tra Snaefelsness e Reykjavik, oppure, visto che “C’è un sole spettacolare e noi non abbiamo visto neanche un arcobaleno in questo paese che dovrebbe regalarne uno ad ogni angolo. Che dici se cerchiamo una bella cascata nei paraggi?”, “Che dici, invece, se ci rifacciamo tutto il Circolo d’Oro, che tanto è solo una piccola deviazione sulla strada per Reykjavik?” Aggiudicato! Di nuovo in marcia e di nuovo verso il tre luoghi più spettacolari che questo paese ci ha regalato e con il cielo limpido in effetti sono tutto un altro spettacolo! Nessun arcobaleno però… vabè!

Le foto non le metto perchè sono quelle che avete già visto in precedenza… quelle con le nuvole erano trooooppo tristi!

Di nuovo in campeggio! Stavolta sarà la stanchezza, sarà quello che volete, ma io sono morta di freddo! Il mattino dopo lasciamo l’auto nel Parcheggio dell’aeroporto con le chiavi nel cruscotto e con le sicure aperte (che paese meraviglioso!) e via verso Londra, dove due nostri amici che vivono lì ci stanno aspettando per passare un paio di giorni insieme!

Un paese aspro, duro, ma al tempo stesso coinvolgenete e caldo. Per la prima volta (e fino ad ora unica) ho sentito davvero di avere qualcosa di vivo sotto e intorno, una sensazione indescrivibile, come quelle che l’Islanda ti regala quando e dove meno te lo aspetteresti!



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