Verde Erin

5 giorni nella verde Irlanda alla scoperta della tradizionale festa di San Patrizio e di alcuni tra i più begli scorci che questa terra ha da offrire.
Scritto da: shamrocksilvia
verde erin
Partenza il: 16/03/2011
Ritorno il: 21/03/2011
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €
Luogo: Irlanda (Galway – Leenane – Dublino) Date: 16-20 marzo 2011 Volo: Milano Bergamo – Dublino A/R 70 euro circa Persone: 3

Quando nove mesi fa prenotammo il biglietto aereo per il nostro primo St. Patrizio in Irlanda eravamo appena tornati da una vacanza in Scozia e il marzo del 2011 ci sembrava lontanissimo, ora invece ci siamo: il nostro quinto viaggio nella Terra di Smeraldo è alle porte e l’eccitazione per la partenza come sempre alle stelle. Il 16 marzo lasciamo la piovosa Italia per l’assolata Irlanda, sembrerà strano, ma amici che nello stesso periodo hanno scelto mete “italiane” sono stati meteorologicamente sfortunati, mentre noi siamo stati baciati da un bel sole primaverile.

Giorno 1:

Partenza all’alba, come al solito la paura di trovare traffico, di un imprevisto e di arrivare tardi in aeroporto la fa da padrona e con un bell’anticipo arriviamo ad Orio al Serio da dove con volo Ryanair (70 euro A/R) arriviamo a Dublino per l’ora di pranzo. Sbarcati nella “Città dal Guado Fortificato” (questo è il significato del nome gaelico di Dublino che troneggia su tutte le insegne degli autobus) ci concediamo una breve sosta per il pranzo: rigorosamente al sacco in puro stile Backpackers e subito dopo ritirtiamo l’auto (180 euro per 4 giorni con assicurazione SCDW compresa) e imbocchiamo la M50 in direzione Galway. Fuori dal finestrino il paesaggio cambia rapidamente. In breve tempo abbandoniamo la zona più industrializzata e densamente abitata dei dintorni di Dublino e raggiungiamo le meno famose ed abitate zone centrali in cui verdi pascoli e animali che brucano l’erba la fanno da padroni. Il paesaggio ci affascina: per certi versi è questa l’Irlanda meno battutta dalle masse turistiche e forse più “autentica” e ci ripromettiamo di tornare un giorno per visitarla con cura, per eplorarla, per capire come si vive lì. Oggi invece siamo venuti per il San Patrizio, per capire cosa rappresenta questa festa per gli Irlandesi e naturalmente per farci una pinta di birra in compagnia. In circa tre ore raggiungiamo la nostra meta, Galway. Qui pernottiamo allo Sleepzone hostel: familiy room (un letto matrimoniale più due singoli) 60 euro a notte. Non male considerando anche il fatto che la scelta dell’ostello permette di sfruttare la cucina comune che quando si viaggia a budget ridotto permette sempre di abbassare le spese. Inoltre negli ostelli è sempre possibile incontrare persone provenienti da tutte le parti del mondo con cui scambiare qualche chiacchera e magari confrontare le proprie esperienze. Lasciati gli zaini in camera procediamo subito all’esplorazione della città (la terza per grandezza di tutta Irlanda). Già l’abbiamo visitata altre volte, ma il tornare in un posto, vedere come sono cambiate le cose ha sempre un fasciono particolare riportando alla mente i ricordi degli anni passati. A Galway è bello passeggiare per il centro città dove, su una bella via pedonale, si affacciano una miriade di pub e negozi di tutti i tipi fino a raggiungere il porto turistico dove case multicolore si protendono verso l’oceano e una colonia di cigni la fa da padrone. Da qui camminando lungo l’argine del fiume si possono vedere le strutture create per la pesca al salmone (pratica molto diffusa nella verde Erin) e raggiungere in pochi minuti la cattedrale cattolica della città e da qui la zona dell’università. La passeggiata termina in Eire Square, la piazza principale della città, ristrutturata negli utlimi 5 o 6 anni e in cui un bel parco è diventato punto di ritrovo per giovani e famiglie. Ci concediamo un momento di relax osservando la gente passare davanti a noi. Prima di rientrare in ostello è d’obbligo una tappa al supermercato, ci piace mescolarci alla gente nel fare la spesa: per certi versi è un modo per capire come si vive in un Paese. Subito notiamo un’importante novità che troveremo anche negli altri supermercati visitati in questi giorni: la presenza di stend che reclamizzano con orgoglio l’origine irlandese di certi prodotti con lo slogan “sostieni anche tu l’economia”. Questo,insieme al viso forse un po’ troppo tirato di alcune persone con i carrelli mezzi vuoti, è forse il segno più evidente della crisi economica che il Paese sta vivendo e che in altri luoghi non si riesce a percepire. Dopo cena la stanchezza della giornata comincia a farsi sentire allora decidiamo di uscire solo per una birra e ascoltare un po’ di musica tradizionale. Entriamo in un pub affollato, qui la gente è allegra, parla ad alta voce e un paio di musicisti intonano canzoni popolari. Ordiniamo subito una pinta di Guinness, un brindisi e l’eccitazione sale alle stelle: domani è festa, domani è il nostro primo San Patrizio in Irlanda…chissà come sarà. La serata trascorre piacevole tra un po’ di musica e un po’ di chiacchere.

Giorno 2:

Ci svegliamo presto, la colazione non è compresa nel prezzo della camera così ce la prepariamo da soli con ciò che abbiamo acquistato il giorno prima. Subito dopo usciamo per respirare l’aria di festa. Forse è ancora un po’ presto e la città ci sembra un po’ assonnata, allora decidiamo di concederci la classica passeggiata che lungo la costa conduce dal porto turistico fino alla bella spiaggetta di Salt Hill dove un bel faro domina il paesaggio. Questo percorso è fianchegggiato da un parco verde dove in alcuni campi da rugby i ragazzi si stanno orgnanizzando per cominciare un partita. Man mano che avanziamo cominciamo anche ad incontrare sempre più gente, sorridente ed allegra ci saluta: oggi è festa, oggi è il Santo Patrono che scacciò i serpenti dall’Isola che soprattutto diffuse il cristianesimo tra la gente. Verso le dieci siamo di nuovo in centro è il momento di visitare qualche negozio, comprare qualche gadget per la tradizionale parata, un Claddagh ring (uno dei motivi per cui siamo a Galway) e di trovare una buona postazione da cui poter seguire il flusso di gente che da lì a poco sfilerà mostrando il proprio orgolio cittadino. Mentre aspettiamo l’inizio della parata non sappiamo bene cosa aspettarci: una manifestazione più legata alle tradizioni o una cosa più moderna stile le nostre sfilate di carnevale…ancora un po’ di suspance e sapremo cosa succederà. Alle 11 la parata ha inizio: sfilano tutte le associazioni della città, tutte le etnie, tutte le religioni, ogn’una con una propria formazione, con un proprio numero studiato e preparato per un anno. Alla fine la parata di San Patrizio è risultata una manifestazione moderna in cui la città mostra se stessa, in cui tutti si riuniscono per fare festa, senza distinzione di religione tra cattolici e protestanti o di etinia: insieme al tipico irlandese con capelli rossi e lentiggini vediamo fare festa anche gli immigrigati giunti qui in seguito alla crescita economica che il Paese ha avuto negli anni passati. Nel pomeriggio ci dirigiamo verso un paese che mi affascina da prima della partenza: Athenry, proprio quella dei campi verdi della famosa canzona i cui versi sono scolpiti nella mente e nel cuore di chiunque ami l’Irlanda. Una volta giunti lì notiamo subito che nella giornata di festa le attrazioni turistiche sono chiuse, così ci limitiamo a guardare l’eritage center e il castello solo dall’esterno e ci facciamo una bella passeggiata. Finiamo per raggiungere il parco della città. Qui l’atmosfera è di festa, famiglie che fanno dei pic-nic, bambini che giocano e un’atmosfera di felicità generale che un po’ ci contagia e così ci sediamo per un po’ sul prato a goderci il bel sole ed a osservare la gente. Tornati in ostello ci concediamo un po’ di relax programmando la tappa del giorno successimo e dopo cena usciamo per la classica pinta. Qui l’unica nota negativa della vacanza: è sera e l’atmosfera felice del pomeriggio si è traformata in decadenza in cui gruppi di knacker si aggirano per la città eccitati dall’alcol. E’ l’unica volta in cui in Irlanda mi è capitato di incotrare questi tipi di ragazzi in centro città, comunque per quanto ne so il fenomeno è abbastanza diffuso sia in Irlanda che in Gran Bretagna. Poco male, non ci facciamo scoraggiare ed entriamo in un pub nei pressi dell’ostello dove un gruppo di anziani intona canzoni popolari e l’atmosfera torna ad essere spensierata e felice e così sarà per tutta la serata.

Giorno 3:

Ci siamo! L’avventura comincia! I primi 2 giorni di vancanza sono stati dedicati alla gente, agli irlandesi e alla loro Festa. Ora, invece, ci dedicheremo all’Irlanda, ai sui spazzi immensi, alla sua quiete, ai suoi scorci indimenticabili che riempiono il cuore. Prima tappa di questa nuova fase del viaggio è l’aeroporto di Inveragh (detto anche Connemara Airport), niente di più che un aeroporto turistico dove dei piccoli aerei (cesna 8 posti) effettuano un collegamento regolare con le isole Araan. Già, come avrete capito la meta di oggi sono le famose Araan Islands ed in particolare per la nostra prima esplorazione abbiamo scelto la più grande: Inishmore. Alle 8.15, puntualissimo il piccolo aeroplano si stacca dal suolo e alle 8.22 siamo a destinazione. Solo 7 minuti di traversata che ci hanno fatto emozionare: vedere il sole del mattino riflettersi sull’oceano, la piccola isola diventare sempre più definita all’orizzonte, ammirare i muretti in pietra dall’alto e scorgere in cima alla collina il Dun Aengus, ci ha fatto apprezzare appieno la scelta di effettuare la traversata in aereo che all’inizio era stata motivata soprattutto da motivi di orari e logistica. Una volta sbarcati sull’isola ci incamminiamo verso il paese, tutto è ancora calmo e l’atmosfera è sonnolenta, ma un bel sole ci riscalda e la quiete e la bellezza del luogo ci trasmettono sensazioni uniche. Lungo la strada per il paese notiamo subito che il territorio è caratterizzato dai famosi muretti in pietra che nelgli anni passati servivano per delimitare le proprietà, i pascoli e per proteggersi dal fuoco e sono stati costruiti in seguito all’opera di bonifica dell’Isola. Un’altra cosa che caratterizza il paesaggio è la costante presenza di piccole costruzioni di pietra sormontate da una croce, subito ci sembrano delle cappelle simili a quelle che si trovano nelle nostre zone in Italia, ma più tardi scopriremo che in realtà sono dei monumenti eretti alla memoria delle persone perite in mare o in seguito alla carestia delle patate. Alla luce di questo fatto il nostro pensiero non può che correre all’uomo di Araan e a quanto dovessere essere dura la vita su queste isole tra il finire del ‘800 e inizio del ‘900. Arrivati in paese la vista sta riprendendo, i noleggiatori di biciclette stanno esponendo la merce e i bar stanno aprendo le saracinesche. Un simpatico noleggiatore ci offre una mappa dell’isola e ci dà alcune indicazioni, nonostante gli avessimo detto che era nostra intenzione spostarci a piedi e non noleggiare una bici: gentilissimo. Seguiamo un piccolo percorso ad anello segnato sulla mappa. Uscendo dal paese notiamo alcune anziane signore chiaccherare allegramente e ci lanciano qualche battuta, la sensazione di essere gli unici forestieri è bellissima e diverititi seguiamo il nostro itinerario. Il luogo è bellissimo. Arrivati in cima alla collina visitiamo un vecchio faro abbandonato e saliamo fino in cima, da qui si ha un panorama mozzafiato e si vedono le onde infrangersi sulla costa calcarea dell’isola. Alcune foto di rito e spensierati continuiamo la passeggiata. Il tragitto di ritorno è più a ridosso della costa e il vento comincia ad essere forte, così una volta ritornati in paese ci rifugiamo in un coffe shop. Cosa c’è di meglio di un buon caffè bollente per riscaldarsi? Qui osserviamo la gente dall’ampia vetrina e siamo colpiti da un anziano signore che è andato al supermercato con il trattore e da una signora che,anche lei come noi, osserva il mondo dal suo tavolino. Scopriremo poi che è in attesa del bus per tornare a casa e avendone già perso uno non manca di fare quattro chiacchere con il gestore. Ci colpisce molto la sua calma, nonostante aver perso il bus (ed il prossimo fosse dopo due ore) non ha perso la sua giovialità e se ne sta ad aspettare. Invece noi guardiamo l’orologio e vediamo che è ora di incamminarci verso l’aeroporto dove alle 16 dobbiamo prendere l’aereo per poi recuperare la macchina e dirigerci a Leenane per pernottare allo Sleepzone Connemara, un ostello ricavato in un vecchio capanno di caccia che si affaccia direttamente sul Killary fiord, l’unico fiordo irlandese. Ques’ostello è fantastico, fuori dal mondo, raggiungibile solo da una stretta stradina e soprattutto immerso nel bosco e con una splendida vista sul fiordo. Passiamo qui la serata e la notte.

Giorno 4:

Ci svegliamo come al solito di buon’ora, colazione nell’ampia sala da pranzo dell’ostello, in cui ampie vetrate permettono di ammirare il panorama e il sole alzarsi sul fiordo e siamo pronti per raggiungere la meta di oggi: Achil Island. Per quanto ne sappiamo dovrebbe essere un angolo di Paradiso tra Connemara e Donegal: un’isola, ma è collegata alla terra ferma da un ponte e una strada panoramica costiera, l’Atlantic Drive, corre lungo la sua costa. Questo è il nostro obiettivo: percorrere l’Atlantic Drive. Usciti dal piccolo paese di Leenane già troviamo alcuni cartelli stradali che segnalano Achil Island e da li a poco individuiamo anche le segnalazioni per il percorso costiero. Alla prima deviazione capiamo perchè tutte le persone che ci hanno parlato di Achil ne erano estasiati: la strada diventa subito molto stretta, tanto da rendere difficoltoso il passaggio di due auto alla volta e in certi punti è completamente a strapiombo sull’oceano…senza parapetti. Lo spettacolo è eccezionale, ne siamo estasiati, facciamo diverse soste per le foto e nel frattempo incomincia ad alzarsi un forte vento che ci sferza il viso. Ad un certo punto si apre davanti a noi una bellissima e ampia spiaggia: ci fermiamo, la esploriamo, guardiamo gli animali che brucano l’erba ai suoi margini e contempliamo l’oceano e la forza del vento. Pranziamo qui. Ben rinfocillati non ci resta che riprendere il nostro viaggio attraverso stradine isolate, piccoli paesi e greggie di pecore che invadono la strada fino a raggiungere la famosa spiaggia di Keel. Bellissima, ma purtroppo il vento è diventato troppo forte e siamo costretti a guardarla solo dal parcheggio, osservando la miriade di vele dei kitesufer che affollano questo angolo d’Irlanda. Sulla strada del ritorno una deviazione sbagliata ci fa imboccare un’ipervia e dissestata salita alla cui cima troviamo la sorpresa di un panorama magnifico su tutta l’isola fino alla spiaggia di Keel. Recuperata la diritta via è ormai sera quando ritorniamo all’ostello portando nel cuore la maestosità dei luoghi visitati quest’oggi. Nel frattempo il viaggio sta volgendo al termine, domani ci attende una levataccia per raggiungere Dublino e così optiamo per la solita serata tranquilla con cena al pub,birra e quattro chiacchere in compagnia per confrontare le sensazioni e le impressioni derivanti dai luoghi attraversati.

Giorno 5:

Alle 6.30 siamo in auto, Daniele non ha mai visitato la Capitale irlandese, perciò abbiamo optato per una levataccia che ci permetta di assaporarla almeno in minima parte. Restistuita l’auto alle 10 siamo al Time Hostel di College Street, scelto come punto d’appoggio per questa parentesi capitolina. Siamo subito operativi: da College Street la prima tappa obbligata è il Trinity College, la famosa università di Dublino da cui, attraverso la bella via pedonale di Grafton Street raggiungiamo il parco di St. Stephen Green. Un bel parco cittadino in cui molti ragazzi si radunano per una passeggiata, specialmente oggi che è una splendida giornata di sole dal caldo quasi estivo. Pranziamo qui. Ripreso il nostro tour per la città visitiamo i principali monumenti della città, compresi il Castello, la cattedrale di St. Patrick e la Crist Church, rispettivamente la cattedrale cattolica e quella protestante della città. Una breve sosta ristoratrice all’ostello ci permette di prepararci al meglio per quello che rende Dublino famosa in tutto il mondo anglossassone, la Notte e i fiumi di birra che scorrono in Tample Bar. Arrivati in Tample Bar scorgiamo subito i gruppetti di donne inglesi che si recano qui bardate di tutto punto per festeggiare l’addio al nubilato. Dopo questa parentesi entriamo dritti nel famosissimo Tample Bar pub dove ordiniamo una pinta di Irish Stout e con un misto di malinconia e felicità derivanti dalla sensazione di fine del viaggio che ormai stiamo raggiungendo brindiamo a noi stessi, all’Irlanda e ai magnifici momenti che abbiamo vissuto. Qui ascoltiamo un po’ di musica tradizionale e socializziamo con alcuni altri avventori irlandesi con cui scambiamo quattro chiacchere sulla differenza tra la vita in Irlanda e in Italia. Quando la fame comincia a farsi sentire usciamo da tample bar e ci dirigiamo da Oneal’s un grande pub, più tranquillo di quelli presenti in Tample Bar ed in cui per modiche cifre si può approfittare di un fornitissimo buffet e assaggiare un’ampissima selezione di poco conosciute birre artigianali irlandesi. La serata scorre così tranquilla tra un paio di pinte e qualche brano della tradizione irlandese, siamo felici e stanchi. Domani l’aereo di ritorno è alle 6.30, perciò verso mezzanotte ritorniamo all’ostello, dove dormiamo tre ore da dove alle 3.30 prendiamo il bus per l’aereoporto e ritorniamo al freddo e piovoso clima che in questi giorni tra flagellando l’Italia.

Ripensando al viaggio, ora, ci sembra ancora di sentire il vociare della gente al pub, il freddo vento di Achil, la pace e la tranquillità di Inishmore e pensiamo che l’Irlanda ci resterà sempre nel cuore. Sappiamo che questo non sarà l’ultimo viaggio nella verde Erin, tanto che stiamo già pensando al prossimo.

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