Sumatra: into the wild

Due settimane nella selvaggia Sumatra (con bimba al seguito) con tappa a Giacarta
Scritto da: Silviar73
sumatra: into the wild
Partenza il: 21/08/2015
Ritorno il: 06/09/2015
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Poche righe per dare qualche consiglio pratico a chi decidesse di organizzare una vacanza a Sumatra, vista la difficoltà a raccogliere informazioni on line.

Sumatra è molto bella e ancora poco turistica (e questo con i suoi pro e i suoi contro). I pro sono che c’è poca confusione in giro e i prezzi veramente bassi (in 3 – due adulti e 1 bambino – per 2 settimane, tutto compreso, abbiamo speso in totale circa 3.500 €, volo incluso); i contro che le strutture ricettive sono poche (e di un livello piuttosto scarso) e che i collegamenti stradali tra le varie città/punti di interesse molto lunghi e spesso faticosi.

La gente è estremamente accogliente e gentile e non ha mai cercato di imbrogliarci o approfittare di noi (a parte i tassisti in aeroporto a Jakarta – se potete utilizzate le vettura della Blue Bird, che hanno il tassametro e sono rinomate in quanto affidabili).

Noi siamo stati due settimane tra fine agosto e inizio settembre. La stagione è secca, anche se qualche temporale è comunque da mettere in conto.

Le cose da vedere sono molte e, non avendo molto tempo, abbiamo optato per le seguenti tappe:

– Lago Toba

– Bukit Lawang

– Pulau Weh.

Siamo sbarcati a Jakarta (in realtà conviene arrivare a Kuala Lumpur, che ha molti collegamenti diretti con Sumatra), da lì abbiamo preso un volo interno per Medan.

Una precisazione sui voli interni: non so se siamo stati sfortunati noi o se è la regola, ma dei voli prenotati (Lion Air, Garuda, Batik) quasi nessuno è partito all’ora prevista. Un paio sono stati anticipati di un paio d’ore (la comunicazione è arrivata per mail un paio di giorni prima), qualcuno è partito con molto ritardo.

A Medan ci siamo fermati solo poche ore a dormire (Guest House 77, pulita e personale gentile, con bagno in comune, a circa 45 minuti di strada dall’aeroporto KNO). Non ci siamo fermati in città perché avevo letto che non ne valeva la pena, e da quanto abbiamo potuto vedere in effetti non è un granché.

Da lì, tramite auto privata, siamo andati sul Lago Toba (circa 5 ore di auto + mezz’ora di traghetto, auto prenotata tramite l’albergo sul Lago Toba), alloggiando alla Horas Family Home, sistemazione molto carina e assolutamente consigliabile: le stanze sono degli appartamenti molto spaziosi e puliti e il cibo è fantastico!

Sul Lago non c’è molto da fare (noi ne abbiamo approfittato per riprenderci dalle 48 ore di viaggio), ma l’atmosfera è molto rilassante. Da visitare ci sono la tomba del Re e le sedie di pietra, entrambe molto vicine a Tuk Tuk (ci si arriva in mezz’oretta di bici): non sono nulla di spettacolare, ma visto che si è lì…

Il giorno dopo abbiamo affittato uno scooter e siamo arrivati fino alle piscine termali. Non abbiamo fatto il bagno (avevo letto commenti molto negativi – in realtà non ci sono sembrate poi così terribili), ma il percorso per arrivarci ne vale la pena, con tutte le vecchie case batak ancora abitate.

Dopo 2 giorni e mezzo a Samosir (l’isola all’interno del lago Toba), sempre con auto privata, siamo andati a Bukit Lawang. Facendo una paio di soste veloci (ma meritevoli) a Berastagi, a un tipico villaggio e alle cascate, il viaggio ha preso una giornata intera.

Bukit Lawang non è molto grande e è quasi completamente dedicato al turismo. Avevamo prenotato tramite la nostra Guesthouse (Eriono, stanze nuove e pulite e personale squisito, costi molti contenuti) i 2 giorni di trekking nella giungla (il trekking è stato in realtà solo il primo giorno, poi siamo tornati col tubing) che, secondo me, è un’esperienza da fare assolutamente. In alcuni tratti è un po’ impegnativo, ma fattibile anche per gambe non allenate. Se però non siete camminatori di montagna abituali, suggerirei di non fare più di due giorni. La notte si dorme in un accampamento lungo un fiume, la mattina dopo relax e verso le 12.00 si parte col tubing, che è divertente e, soprattutto, permette di vedere la giungla da un diverso punto di vista ed è strepitosa.

Durante la camminata abbiamo incontrato parecchi oranghi (tra cui Jackie con i cuccioli, che si avvicina e stringe le mani, abbraccia, è stata un’esperienza molto emozionante), macachi, punk monkey e gibboni.

Da portare per il trekking: scarpe da trekking, giacca antipioggia, spray repellente antizanzare, una maglietta di ricambio (sia arriva zuppi!), una felpa per la sera, un costume per fare il bagno nel fiume e una torcia. Per dormire, noi avevamo portato i sacchi lenzuolo e una coperta leggera. Alla fine però abbiamo usato la coperta come materasso (si dorme dentro delle tende, su delle stuoie per terra) e dormito con la felpa dentro i sacchi lenzuolo. Un sacco a pelo leggero sarebbe l’ideale.

Negli altri due giorni nel Bukit Lawang abbiamo visitato il centro riabilitativo, la grotta dei pipistrelli (consiglio di farvi accompagnare da una guida) e il mercato che c’è il venerdì nel paese accanto.

Da lì, siamo partiti alla volta di Pulau Weh, prendendo il volo pomeridiano da Medan a Banda Aceh. Pernotto al Permatahati Hotel and Convention Center (sconsigliato, nonostante i pareri positivi di Tripadvisor) e la mattina successiva traghetto per l’isola. Abbiamo soggiornato a Casa Nemo, un posto delizioso a 20 minuti dal porto, adagiato su una collina a ridosso di una spiaggia meravigliosa, spesso vuota (quando è affollata, difficilmente raggiunge le 8 persone…). La proprietaria è sposata con uno svizzero italiano e parla bene la nostra lingua. La barriera corallina dell’isola è stata purtroppo distrutta dallo tsunami del 2004, ma si possono vedere molti pesci colorati.

Dopo un paio di giorni di totale relax al mare, ci siamo reimbarcati verso Banda Aceh, città che è stata l’epicentro del terremoto che ha scatenato lo tsunami del 2004, che nell’area ha causato circa 150.000 morti. Tramite Casa Nemo avevamo contattato un taxista che ci ha raccolto al porto d’attracco e ci ha fatto fare il giro della città (tra cui il museo dello Tsunami, la barca sulla casa e il coloratissimo mercato del pesce).

Nel pomeriggio, di nuovo in aereo diretti a Giacarta. La città è terrificante: 10 milioni di abitanti e un traffico mostruoso; per spostarsi da una parte all’altra della città ci si può impiegare tranquillamente anche un paio d’ore. Prima di partire avevo contattato un’associazione chiamata Jakarta Hidden Tour che mostra un aspetto della città di solito lasciato fuori dalle rotte turistiche (le baraccopoli). Il giro è molto interessante e toccante, assolutamente consigliato. A parte questo, non abbiamo visto altro della capitale.

Abbiamo soggiornato all’Allium Airport Hotel, bello, pulito, moderno e con standard occidentali (dopo due settimane a Sumatra alcune comodità si apprezzano…).

Giudizio finale sul viaggio: ne siamo rimasti entusiasti! A parte alcuni spostamenti, il viaggio non è stato particolarmente pesante, ma sicuramente richiede un moderato spirito di adattamento. Noi abbiamo viaggiato con nostra figlia di 9 anni e sia a Tuk Tuk che a Bukit Lawang abbiamo incontrato parecchie famiglie con bambini (alcuni anche piccoli – soprattutto nordeuropei, gli italiani sono spesso restii a viaggiare coi bambini…).

Se avete bisogno di maggiori informazioni, potete contattarmi all’indirizzo silvia.islanda@hotmail.com.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche