India: l’esperienza che lascia il segno

Due settimane attraverso il Rajasthan. "Emozioni contrastanti, un viaggio a tratti duro, ma ci tornerei"
Scritto da: ziadenny 1
india: l'esperienza che lascia il segno
Partenza il: 09/08/2016
Ritorno il: 24/08/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Fermo immagine: il cielo è ancora buio, sono immersa nelle putride acque del Gange fino alle ginocchia, in un fetido vicoletto di Varanasi, davanti ad un’enorme catasta di legna.

COME È POTUTO ACCADERE TUTTO CIO’?!?!?

Rewind.

Ritorniamo dove tutto è cominciato.

NAWALGARH – MANDAWA

Il tempo di atterrare, avere un primo forte impatto col caldo ed il caos di Delhi, riposare pochissime ore in hotel (che poi non si è riposato affatto) e siamo già sulla strada per Mandawa, prima tappa del tour. Appena due parole di saluto col nostro autista e poi il silenzio. Non riusciamo nemmeno a commentare ciò che vediamo dai finestrini. Camion, pedoni, auto, moto, mucche, trattori contromano, dromedari. Sporcizia e rifiuti ovunque. Ah dimenticavo, siamo in autostrada. Tutti suonano, tutti si sfiorano, unica regola… nessuna regola.

Benvenuti in India!

Sarà che i tempi di percorrenza in India sono lunghissimi (per fare 200 Km. servono in media dalle 4 alle 5 ore), sarà l’effetto del jet lag, ma non riusciamo a restare svegli. Continuamente ci addormentiamo e risvegliamo. Mukesh, il nostro driver che per ora non conosciamo ma avremo modo di apprezzare nei prossimi giorni, probabilmente capisce che siamo sconvolti e ci propone una pausa caffè in quello che con tanta ma tanta buona volontà si potrebbe definire un autogrill. Normalmente non mi sarei nemmeno avvicinata ad un posto come questo. Per mesi ci siamo ripetuti come un mantra: non si mangia niente che non sia in ristoranti ultra puliti, ci si disinfetta sempre le mani, ci si mette i calzini quando si visitano i templi, ci si lava i denti solo con acqua in bottiglia (regola quest’ultima già infranta stanotte senza accorgercene) e davanti all’aspetto della tazzina e del tavolino abbiamo un attimo di esitazione. Un attimo solo però e poi via, caffè e biscottini. Se deve essere India che India sia!

Anche l’arrivo a Nawalgarh è sconvolgente: caldo infernale, fogne a cielo aperto,branchi di cani randagi e rognosi, puzza, sporcizia e un caos tale che si perde pure l’autista. Insomma l’incontro con l’India è stato finora uno scontro. Non ci aspettavamo così tanto…. così tanto…..tutto! Anche se frastornati riusciamo comunque a fare un giro tra le haveli (antiche case decorate di ricchi mercanti) alcune in buono stato altre lasciate al degrado più totale. Giriamo anche per il mercato iniziando i primi timidi approcci con la gente del luogo ed il loro modo di vivere. Arrivati a Mandawa, dopo una pausa in hotel, facciamo un giro per la città. Mandawa è più tranquilla e la visita risulta estremamente semplice, le haveli però ci sembrano meno belle. Tra Haveli, mercato e castello si è fatta sera, siamo fisicamente e psicologicamente distrutti. Una cena al buffet dell’hotel e poi un lungo e meritato riposo.

DESHNOK – BIKANER

Di nuovo in auto per ore nel dormiveglia diretti a Bikaner. Il panorama cambia, attraversiamo vaste zone agricole, ma la sostanza rimane la stessa: sporcizia, caos, case fatiscenti, clacson. E poi ci sono i colori degli abiti femminili a distogliere lo sguardo e a lasciarci incantati.

A metà strada sosta a Deshnok per visitare il Karni Mata Temple o Tempio dei Topi. Il tempio non è niente di che ma la particolarità sta nel fatto che è popolato dai topi che qui vengono adorati. Quindi ci infiliamo due paia di calzini a testa ed entriamo. Caldo rovente, topini che sfrecciano ovunque ed un odore che non si può descrivere. Scopro di avere uno stomaco d’acciaio perché riesco mettere in secondo piano tutto ciò e a concentrarmi sui fedeli in preghiera e le donne che si scattano foto divertite.

A Bikaner visitiamo il Junagarh Fort,( l’unico forte non costruito su di un rilievo ma a livello della città), la città vecchia e i templi Jain. La visita del forte è piacevole e all’uscita viviamo la nostra prima esperienza da vip. Un signore ci chiede timidamente se può fare una foto con noi. Non capiamo il perchè ma accettiamo. In un attimo si materializzano altre persone felicissime che fanno a gara per sistemarsi di fianco a noi e scattano selfie a più non posso. Da oggi non passerà giorno in cui non poseremo al centro di gruppi di indiani entusiasti. Basta poco per fare la loro gioia, si avvicinano timidamente, o più spesso mandano avanti i ragazzini, chiedendo “please selfie?”. Basta rispondere con un sorriso ed un leggero cenno del capo e ci si trova al centro di un gruppo chiassoso che scatta. Se la vostra autostima è un po’ in calo verrà immediatamente portata alle stelle.

La città vecchia ci appare come il solito girone infernale, ma ci buttiamo (e ci perdiamo) in una miriade di vicoletti. La visita ai templi Jain è invece piacevolissima, i templi sono tranquilli e bellissimi e le persone estremamente accoglienti. Peccato che all’uscita la pioggia scenda a secchiate e ce la prendiamo tutta, visto che in un momento di estremo ottimismo avevamo deciso di lasciare tutto in auto. Ah una mucca si è pure mangiata i nostri calzini dato che si doveva entrare rigorosamente scalzi ( e qui abbiamo infranto un’altra delle nostre rigidissime regole). Bikaner è famosa per le miniature e ci facciamo portare in un negozio che è anche una scuola d’arte. Mukesh non ha la più pallida idea di dove sia e le nostre indicazioni sono molto sommarie, ma non demorde e dopo vari giri a vuoto la trova. Questo autista inizia proprio a piacerci.

RAMDEVRA – JAISALMER

Bene, jet-lag superato. Riesco a rimanere sveglia e a godermi il viaggio. Adesso c’è una lunga strada libera, o quasi, costeggiata da una verde campagna pulita e ordinata. Ogni tanto attraversano la strada manguste ed antilopi. Tante persone a piedi vanno verso il tempio di Baba Ram Devji, dove anche noi facciamo una sosta. Si tratta della divinità a cui sono devote le popolazioni del deserto del Thar e infatti anche nei prossimi giorni incontreremo piccoli drappelli o persone sole che camminano verso il tempio, impiegando anche più giorni. La visita è interessante, i turisti fanno un percorso un po distaccato da quello dei fedeli e poi si riuniscono a loro in un salone dove tutti cantano e ballano con grande gioia. Ci lasciamo mettere il Bindi (il puntino arancione in mezzo alla fronte) e facciamo una piccola donazione. In India tutto si muove grazie a piccolissime mance (pochi centesimi per noi) che però bisogna elargire in continuazione.

Proseguiamo per Jaisalmer e, dopo la consueta pausa in hotel, saliamo a visitare il forte. Bellissimo, l’unico ancora abitato in Asia. Visitiamo il Palazzo e ci aggiriamo nei vicoletti, tra antiche dimore, templi, abitazioni, persone che offrono insistentemente i loro servizi e mucche, mucche, mucche. Il solito miscuglio di odori di tutti i tipi e rumore assordante rimane invariato, ma mi accorgo che stiamo lentamente iniziando a non farci più caso. Saliamo sul tetto dell’abitazione di un ragazzo che ci invita a bere qualcosa e scattiamo belle foto alla città nella luce dorata del tramonto.

L’indomani troviamo Mukesh come sempre puntualissimo, con la sua auto tirata a lucido e profumatissima. Ormai abbiamo rotto il ghiaccio e d’ora in poi al mattino ci farà ridendo il programma della giornata: visita di qua, visita di là, riposino il albergo, visita su e visita giù. Gli dico che vogliamo andare ai templi Jain, ma dopo un po’ mi accorgo che deve esserci stato un malinteso. Io intendevo quelli dentro al forte, ma stiamo andando in tutt’altra direzione. Ci dice di fidarci di lui, stiamo andando ai templi di Ludarva e devo dire che aveva ragione. Sono luoghi bellissimi, pulitissimi e ci siamo solo noi. Fantastico! Ci voleva una visita così!

Torniamo in città e ci aggiriamo nel bazaar. Piccolo fuori programma: da un negozio scalcinato un barbiere invita ridendo mio marito e rimane di stucco quando lui accetta e si siede sulla poltrona. In pochi minuti si raduna un gruppetto di spettatori tra l’incredulo e il divertito e il barbiere da il meglio di se con taglio all’ultima moda e massaggio finale. Naturalmente io sono lì davanti piegata in due dalle risate e non riesco a trattenere le lacrime quando vedo il risultato finale.

Nel pomeriggio andiamo al lago Gardisar che sarebbe un vero e proprio gioiello, tra scalinate e padiglioni nell’acqua, se non fosse tutto così trascurato e lasciato andare in rovina. Che peccato.

Per cena scegliamo una piccola trattoria alle porte del forte. Livelli di igiene non proprio nella norma, ma cibo buonissimo. Di sera il forte cambia faccia, smette di essere una località turistica e torna un luogo in cui la gente vive. Forse è il momento migliore per visitarlo. Dalle porte si intravedono brevi scene di vita quotidiana, davanti ai templi le donne, da una parte, intonano una melodia che incanta e gli uomini, dall’altra, chiacchierano e fumano. I bambini smettono di essere acchiappaturisti e tornano a fare il loro mestiere: giocare. Ridono, corrono, tirano calci ad una palla e rincorrono i topi battendo le mani per farli scappare. Beh quest’ultimo forse un po anomalo come gioco, ma paese che vai….

JODHPUR

Lungo la strada per Jodhpur troviamo tanti cantieri con lavori in corso. Le donne scavano e riempiono bacinelle di terra e pietre che poi portano sulla testa. Nonostante la fatica hanno un’eleganza tale che sembra stiano danzando nei loro begli abiti dai colori sgargianti, creando un forte contrasto con i camion e il catrame fumante tutto intorno. Ai lati parecchi uomini che le stanno a guardare…. Mukesh ci propone il Jaswant Tada, palazzo in marmo bianco usato come crematorio dalla famiglia reale, anche questo sfuggito alla mia programmazione e che sarebbe stato un vero peccato perdere.

Visitiamo poi il bellissimo Mehrangarh Fort. Anche qui è difficile descrivere la bellezza dei palazzi e della vista sulla città blu nonostante il caldo massacrante e le tantissime persone. Non ci siamo ancora ripresi dall’incanto del forte che di nuovo veniamo catapultati nel solito calderone infernale della città vecchia, nei pressi della Clock Tower. Ma ormai ne siamo consapevoli e va bene così. Shopping tra spezie e pashmine al Sardar market, poi ci concediamo un ottimo lassi e una meritata cena in una bellissima terrazza di una haveli con vista forte illuminato.

RANAKPUR – UDAIPUR

Il complesso dei templi di Ranakpur è semplicemente stupendo. Si trova in una zona verdissima tra i monti Aravalli. Il benvenuto lo danno le tante scimmie che sostano tranquille nel parcheggio e tra i templi. Il tempio principale (Adinath Temple) è di una bellezza che toglie il fiato, ma anche i minori non sono da meno. Come tutti i templi Jain è pulitissimo, si gira tranquillamente a piedi nudi. L’interno dona un senso di pace e maestosità, con le sue infinite colonne scolpite.

Una strada stretta e tortuosa tra le montagne ci porta poi fino ad Udaipur. L’arrivo in città non è dei migliori, le strade sono chiuse per una manifestazione religiosa, così ci tocca trascinare le valigie zigzagando tra i vicoletti sconnessi, i rifiuti, gli zoccoli dei cavalli bardati a festa e gli onnipresenti escrementi di mucca. Faticaccia ripagata all’arrivo in hotel, bellissimo palazzo storico con stanza vista lago da favola. A Udaipur staremo due giorni soli, non serve l’autista, tutto è raggiungibile a piedi. Sarà che la città è veramente bella, sarà la totale autonomia ma abbiamo l’impressione di fare una piccola vacanza all’interno della vacanza.

Da non perdere sicuramente la visita al City Palace, al Jagdish Temple, ai ghat all’alba quando gli abitanti scendono al lago per lavarsi, pregare, fare il bucato. C’è anche la possibilità di fare la gita in barca al Lake Palace ma preferiamo spendere le ore rimanenti al Bara Bazaar. Ormai ci troviamo a nostro agio nel putiferio dei mercati indiani, e devo dire che in questa zona ne abbiamo trovato davvero tanto ma tanto.

Mi piace talmente Udaipur che decido di regalarmi un’altra esperienza indiana: entro in un negozio e chiedo un tatuaggio all’hennè e un massaggio ayurvedico. Il tatuaggio è bellissimo, il massaggio inizia un po’ così così. Mi sdraio e capisco che su quel lettino si è sdraiato prima di me mezzo mondo. Sono tesissima, comincio a elencare mentalmente tutte le malattie che potrei beccarmi lì sopra, ma le mani sapienti della massaggiatrice in poco tempo sciolgono ogni tensione. Rido pensando che ormai sto facendo tutto ciò che avevo giurato e stragiurato di non fare mai. Ed esco leggera e serena.

Ciliegina sulla torta sono state le cene sulla splendida terrazza dell’hotel, con un venticello fresco, la luna piena e vista sul Lake Palace illuminato.

CHITTORGARH – BUNDI

L’antico forte di Chittorgarh è enorme, lungo quasi 6 km., e di grande fascino. Tra templi, palazzi, torri e cisterne per la visita si impiega buona parte della giornata, ma vale assolutamente la pena. Prima di uscire Mukesh ci accompagna ad un ultimo antichissimo tempio e ci indica un sentierino da seguire per arrivare ad una bella cascata. Ormai ci fidiamo dei suoi consigli e non solo troviamo la cascata ma alcune belle piscine naturali con tanta gente a mollo che si gode il fresco all’ombra degli alberi. Naturalmente festa anche qui quando vedono che li fotografiamo. Sorrisi, ringraziamenti e saluti si sprecano. Ma che belle queste persone!

Arriviamo a Bundi nel tardo pomeriggio. E’ una piccola cittadina al centro di una regione agricola, fuori dalle rotte turistiche e sulla carta dovrebbe essere anche tranquilla. Noi però arriviamo, tanto per cambiare, nel pieno dei preparativi di una processione religiosa, quindi tranquillità addio. Non c’è tanto da vedere in realtà, il palazzo e alcuni Baori (antichi pozzi a gradini) che sarebbero sicuramente affascinanti, ma versano in uno stato di degrado totale, anzi sono letteralmente usati come discariche. Anche il Pozzo della Regina, ricco di notevoli fregi e sculture e per il quale si paga un biglietto d’accesso, non versa in condizioni migliori. Ancora una volta tanta bellezza completamente dimenticata.

Non resta quindi che buttarci nella processione e lasciarci stordire dalla musica indiana. La concezione che ha questa gente di decibel è lontana anni luce dalla nostra. Sfilano con altoparlanti capaci di emettere suoni talmente potenti che, giuro, tremavano perfino le pagine della mia guida.

AMBER – JAIPUR

Come sempre quando le aspettative sono alte è facile rimanere delusi. Sono arrivata all’Amber Fort convintissima fosse il luogo più bello del nostro viaggio, ma così non è stato. Mi aspettavo qualcosa che togliesse il fiato, mentre l’ho trovato bello solo esternamente, decisamente meno all’interno. Inoltre non si poteva accedere alla parte più bella, il palazzo degli specchi, in quanto tutto circondato da ponteggi per lavori. Esco estremamente contrariata, ho il broncio come una bambina (ah ah ah, ancora non so cosa mi aspetta nei prossimi giorni) . O forse sto solo iniziando a sentire il peso di tanta India in poco tempo. Niente di meglio per consolarsi che visitare una gioielleria nel bel centro di Jaipur, la zona chiamata Città Rosa. Carina anche la visita del City Palace e meraviglioso (anche se solo esternamente) l’Hawa Mahal, il famosissimo Palazzo dei Venti, emblema della città.

ABHANERI – FATEHPUR SIKRI – AGRA

Oggi una prima veloce sosta è ad Abhaneri per vedere il famoso Chand Baori, il pozzo a gradini che tante volte avevo visto in immagini televisive. Bello come pensavo.

Di seguito, e questa sì che è stata una sorpresa, Fatehpur Sikri, antica città Moghul costruita ed abbandonata pochi anni dopo. Per accelerare i tempi siamo stati indecisi fino all’ultimo se visitarla o meno. Che grande errore sarebbe stato non fermarsi. Si entra dalla Jami Mashid, la moschea, e devo ammettere che questo è stato uno dei momenti più difficili del viaggio. Fortunatamente il fido Mukesh ci aveva ben avvisati su come muoverci e cosa fare. L’imponente ingresso è costituito da un’enorme scalinata che può tranquillamente essere paragonata ad un girone dantesco. Mendicanti, storpi, bambini, finte guide, ognuno fa di tutto per ottenere qualche rupia, in modo davvero esasperante. A cominciare dalle scarpe, che, come in ogni moschea, vanno tolte. Tutti insistono per custodirle, peccato che omettano di dire che poi la visita prosegue per un’altra via fino ai palazzi reali e si esce da tutt’altra parte con il bus-navetta che riporta al parcheggio a 2 km. di distanza, per cui addio scarpe. Quindi vanno tenute in mano o nello zaino, e ai piedi tassativamente calze perchè a terra c’è veramente di tutto, peggio che al tempio dei topi….

Comunque una volta superati tutti gli ostacoli il complesso della moschea è bello e il complesso dei palazzi reali meraviglioso. Tutto costruito in arenaria rossa, perfettamente conservato, pervaso da pace e tranquillità e chicca finale il palazzo delle udienze private (Diwan-i-Khas) con la sua particolarissima colonna interna.

Ed eccoci seduti in auto diretti verso un luogo che mai nella vita avrei pensato di vedere di persona. Ero al corrente della bellezza leggendaria del Taj Mahal, così come so che è bello l’Everest o la Luna, ma mai mi sarebbe passato per la mente di andarci. E invece come è strana la vita! Domani all’alba sarò davanti ad una delle meraviglie del mondo.

Arrivati ad Agra decidiamo di visitare il Red Fort, patrimonio dell’umanità, anch’esso costruito in arenaria rossa. Ci aggiriamo per padiglioni e giardini quando notiamo tante persone accalcarsi in una terrazza. Ah guarda che bello! Da qui si vede il Taj Mahal in lontananza e…… no…. aspetta un attimo….. dimmi che non è vero….. provo a zoomare con la macchina fotografica per vedere meglio… NOOOOO!!! È CIRCONDATO DA PONTEGGI E TELONI!!!!!

Mi aspetto un immediato attacco di bile che stranamente non arriva, penso che se è così è perchè doveva andare così. Sarà il mio Karma…..e va beh…. Forse l’India mi sta insegnano qualcosa?

Usciamo e andiamo al Kinari Bazaar e come al solito veniamo catapultati in un’altra dimensione. Raggiungiamo l’hotel presto perchè domani la sveglia sarà prima dell’alba e l’attesa è davvero tanta.

AGRA – DELHI

Prima dell’apertura siamo già davanti ai cancelli del Taj Mahal. Nonostante l’orario la zona è già affollatissima. Cerchiamo di scattare qualche foto senza riprendere le impalcature, ma risulta essere impresa ardua. Come a consolarci esce un sole brillante. Adesso il monumento si staglia bianchissimo contro un cielo terso. Bello, bello, bello. Così come sono bellissimi tutti gli edifici che compongono il complesso monumentale. Giriamo più volte intorno al Taj Mahal osservando nei minimi particolari i preziosi intagli in pietra. E poi, in rispettoso silenzio, entriamo ad ammirare nella penombra l’interno. Eh sì, è proprio una meraviglia.

Rientriamo in hotel per fare colazione e poi si parte in direzione Delhi. Che differenza tra questa supermoderna autostrada e le strade colorate del Rajasthan. Oggi decidiamo di visitare solo Old Delhi, riservando il resto della città all’ultimo giorno prima della partenza. Ormai in India ci sentiamo perfettamente a nostro agio e iniziamo la visita a piedi. Avevo tanto letto del caos impossibile di Old Delhi, ma sinceramente mi è sembrato alla pari degli altri luoghi visitati. A parte forse gli indescrivibili grovigli dei fili della luce che qui credo abbiano raggiunto i livelli massimi. Proviamo a prendere un ciclorisciò ma ce ne sono talmente tanti carichi di turisti, oltre a moto, tuc tuc, carretti e scooter che in pochi minuti si forma un ingorgo inestricabile. Dopo 15 minuti fermi lasciamo il compenso pattuito al proprietario e preferiamo continuare a piedi. Sta iniziando una funzione al tempio Sikh, voglio provare ad entrare. Alcune persone ci aiutano nelle “formalità” da espletare: lasciare le scarpe in un organizzatissimo deposito, lavarsi i piedi in un’apposita vasca e mettersi in testa qualcosa in stoffa (no cappelli, va bene anche un fazzoletto da naso). Poi dentro penombra, fresco, pace e una preghiera che sembra una nenia infinita ma che fa bene alle orecchie e al cuore. Girovaghiamo praticamente tutto il pomeriggio per Chandni Chowk curiosando nei negozi e tra le bancarelle e verso sera arriviamo alla moschea. Ecco forse l’unica zona dove ho sentito la necessità di alzare un po’ l’attenzione. Finiamo in una specie di corte dei miracoli tra invalidi, mendicanti, animali e persone che vivono come animali. E’ ora di raggiungere il fido Mukesh che come sempre ci attende paziente e rassegnato in un parcheggio da qualche parte . Adesso sì che con un ciclorisciò arriviamo fino alla meta.

VARANASI

Decolliamo da Delhi per trascorrere due giorni a Varanasi. Visto che era la parte del viaggio che più mi preoccupava avevo prenotato, anche se controvoglia, una guida che ci avrebbe accompagnato in giro per la città e sulla barca all’alba e al tramonto per vedere la cerimonia dell’Aarti e la preghiera del mattino. Ecco proprio di questo avevo il terrore prima di partire: che anche solo uno schizzo dell’acqua fetida del Gange potesse colpirmi.

Bene, già all’arrivo riceviamo la prima batosta: il Gange è straripato a causa dei recenti monsoni quindi non si possono effettuare le uscite in barca. Ma quando arriviamo ci accorgiamo che la situazione è decisamente più grave. I Ghats sono completamente sommersi come pure buona parte delle strade. E il nostro hotel che si trova in riva all’Assi Ghat ha il primo piano completamente sommerso. Dobbiamo entrare da un fangoso stradello laterale facendoci largo tra tante mucche e relative deiezioni e salendo tramite una scaletta in ferro di fortuna. Cominciamo bene!

E la nostra guida che doveva stare con noi tutto il pomeriggio ci annuncia che si presenterà alle 17. Mah, nell’attesa proviamo a muoverci da soli ma risulta difficile senza il punto di riferimento delle scalinate e con le strade inagibili. Quando arriva la guida è antipatia al primo sguardo. Una specie di bulletto del quartiere che cammina con fare spavaldo dando ordini a destra e a manca, noi compresi. Dobbiamo correre a più non posso per andare a prendere i posti al ghat principale per vedere l’Aarti (cerimonia del fuoco), visto che ci saranno migliaia di persone. Presentarsi un’oretta prima no eh? Comunque raggiungere il luogo è impossibile vista la fiumana di persone che sì è riversata nella stessa direzione, a meno che non siamo disposti a camminare nelle vie sommerse dall’acqua e arrivarci da un’altra parte. Non se ne parla neanche!!! Siamo stanchi, sudati, senza fiato e anche un bel po’ incavolati. Vorremmo solo tornarcene in hotel. Ma il ragazzo insiste che quello è l’unico posto dove fanno la cerimonia ed è un peccato perderla. E visto che lui è il boss delle guide ha il suo asso nella manica. Un amico di un suo amico ha una bella terrazza da cui si vede il ghat principale e per qualche rupia è disposto ad ospitarci. Entriamo in un labirinto di case fatiscenti, passiamo per un magazzino pieno di gabbie con centinaia di galline che emanano una puzza che non saprei come descrivere, attraversiamo la camera da letto di tizio (namastè), la cucina di caio (namastè) e dopo una lunga scala buia e stretta sbuchiamo in una terrazza da cui non si vede un bel niente. E ci litighiamo pure col proprietario che vuole le sue rupie.

Ok, direi che per oggi può bastare. Ci facciamo riaccompagnare in hotel e liquidiamo la guida, che ci da appuntamento per l’indomani alle 5. Poi ho una specie di illuminazione. Il nostro hotel è vicinissimo ad un tempio, se riusciamo a raggiungerlo magari…..BINGO! Hanno appena iniziato l’Aarti e anche se lo spazio fuori dall’acqua è poco riusciamo a trovare una postazione di fortuna e a vederla tutta. Ce la siamo sudata ma ne è valsa la pena.

Il mattino dopo usciamo che è ancora buio pesto, piove, il fiume nella notte è salito di parecchio. Cerchiamo di raggiungere i luoghi frequentati dalle persone che vanno a pregare e fare le abluzioni. Restiamo allibiti nel vedere con quanta serenità, anche in queste condizioni, affidino fiori, lumini e preghiere al Gange. Poi vengo a sapere che i vicoli sono tutti sommersi, quindi che vogliamo andare avanti o tornare indietro dobbiamo per forza camminare nell’acqua. Oddio!!! La mia espressione di panico non sfugge ad un anziano signore che sorridendo dolcemente mi dice: Vai, non aver paura, sei fortunata, è la madre Ganga che sta venendo verso di te.

A beh…. in tal caso…

Entro e non succede niente. Sto solo camminando nell’acqua. Procediamo ma la nostra strada è interrotta da lugubri cataste di legna nera. In questi casi straordinari si autorizzano le cremazioni anche nei vicoli. Ed ecco qua come siamo arrivati all’immagine di partenza. Non è però così terrificante come poteva sembrare. Non sono più terrorizzata, anzi una strana tranquillità (o forse rassegnazione?) mi pervade, tanto che proseguiamo e visitiamo il tempio tibetano con i ragazzi che studiano accampati come possono su qualche passerella. Insomma un’esperienza questa di Varanasi che, campassi cent’anni, non dimenticherò mai. In questi due giorni ho giurato e stragiurato che non ci sarei mai più ritornata, ma adesso non sono più tanto sicura.

Nel pomeriggio, in attesa del volo di rientro, visitiamo la zona universitaria e il sito Buddhista di Sarnath. Bello, soprattutto per la sensazione di pace e serenità di cui si gode passeggiando tra le rovine. E che gioia ritrovare il nostro Mukesh all’aeroporto di Delhi! Siamo salvi, vorrei abbracciarlo, quasi quasi mi commuovo.

DELHI

Ultimo giorno. Un caldo infernale come oggi non l’avevamo mai sentito. Aggiunto alla stanchezza dei due giorni precedenti fa si che ci ritroviamo sul sedile dell’auto devastati. Non riesco a dire altro che “Mukesh fai tu”. E lui per consolarci ci porta a Connaught Place per un po’ di shopping. Qui ci sono due differenti zone: Janpath Road con bancarelle dove si possono acquistare (contrattando) foulards e pashmine di seta, abiti, tessile per la casa, gioiellini e via dicendo a prezzi davvero irrisori, e Baba Kharak Singh Marg, via sulla quale si trovano gli State Emporiums, negozi con oggetti dell’artigianato proveniente da tutti gli stati dell’India. Prezzi fissi, decisamente più alti ma prodotti certificati e bellissimi.

Bene ci siamo ripresi, partiamo con la visita della città. Raj Ghat, luogo in cui fu cremato Mahatma Ghandi, India Gate, arco che commemora i caduti nella prima guerra mondiale, e le due perle di Delhi: Humayun Tomb e il complesso di Qutb. La prima è un bel mausoleo patrimonio dell’Unesco che ricorda molto le architetture del Taj Mahal (anche se sarebbe più corretto dire il contrario visto che è antecedente). Il Secondo (imperdibile) è un insieme di antichi monumenti con il meraviglioso Qutb Minar, il più alto minareto di mattoni al mondo, impreziosito da bellissime lavorazioni, e la meno bella ma con una storia affascinante e misteriosa colonna di Ashoka.

Ormai il nostro viaggio è terminato. Anche se con largo anticipo ci facciamo accompagnare in aeroporto e, sebbene sappiamo non si faccia, stavolta sì che abbracciamo il grande Mukesh. Quindici giorni fa abbiamo incontrato un autista, oggi, a malincuore, lasciamo un amico. E’ stato un viaggio piuttosto pesante, a tratti duro, un continuo alternarsi di emozioni contrastanti, che mi porta ad un’unica considerazione finale… INDIA: NON ESCLUDO IL RITORNO.

Alcune info pratiche per chi fosse interessato:

Volo Bologna-Monaco-Delhi acquistato direttamente dal sito Lufthansa con alcuni mesi di anticipo a 500 €.

Per l’organizzazione del tour ci siamo rivolti a Shambhoo Travels, ottima agenzia, disponibili a creare un tour su misura in base alle esigenze di ognuno e che soprattutto si avvale di personale che non lavora con l’odioso commission system. Questo in India può fare la differenza tra un bel viaggio ed un viaggio allucinante.

Hotels: in India costano poco quindi conviene scegliere strutture di livello medio alto che garantiscano un buonissimo standard di pulizia ed igiene.

Molti degli hotel erano “Heritage hotel” e cioè antiche dimore storiche, haveli o palazzi di Maharaja riconvertiti in hotel, ricchi di fascino, anche se a volte leggermente a discapito di comfort o tecnologia. E’ stata un’esperienza fantastica che ripeterei mille volte.

Tra i più belli segnalo

Ratan Vilas a Jodhpur, Jagat Niwas a Udaipur, Bundi Vilas a Bundi, Shahpura House a Jaipur, Ganges View a Varanasi (ma in realtà anche tutti gli altri erano davvero belli).

Cibo: dico solo che non ho mai mangiato così bene.

Nonostante fossimo molto attirati abbiamo cercato di evitare il più possibile il cibo da strada (qualche lassi e chai ci è scappato) e non abbiamo avuto il benchè minimo problema di salute per tutto il viaggio.

Vaccinazioni: ci siamo affidati alla nostra Asl che ci ha consigliato:

Antitetanica, antiepatite A e B (vaccino unico), antitifica, anticolerica. Tutte insieme sono costate un botto. Abbiamo poi fatto uso quotidiano di repellente per insetti con DEET al 30 % e fermenti lattici.

Acquisti: ovunque bisogna trattare fino all’esasperazione. Esistono alcuni negozi dove i prezzi sono più alti ma fissi, si può entrare e guardare senza che nessuno insista per vendere qualcosa. Noi abbiamo preferito questo tipo di negozi.

Miniature: Bikaner Miniature Arts

Spezie: MV Spices Jodhpur

Artigianato del Rajasthan: Rajasthali (negozi presenti in diverse città)

Artigianato indiano: State Emporiums a Dheli

Mance: meglio mettersi il cuore in pace e rassegnarsi ad elargirne in continuazione: 10 rupie a chi effettua piccoli servizi (es. facchinaggio o altro negli hotel o a chi tiene le scarpe fuori dai templi) 300/500 rupie al giorno per l’autista. Detta così sembra poco ma vedrete che è un continuo mettere mano al portafogli. Mai dato niente a chi chiedeva l’elemosina o faceva servizi non richiesti (e questo succede davvero continuamente)

Foto: gli indiani amano essere fotografati, quasi sempre chiedono di poter rivedere la foto, comunque è sempre meglio chiedere prima l’autorizzazione gentilmente. A volte è capitato che non volessero oppure chiedessero in cambio la solita mancia.

Clima: Agosto è periodo di monsoni e forte caldo-umido . In alcune zone tipo Udaipur il caldo è decisamente più sopportabile. Noi siamo stati fortunati, abbiamo preso la pioggia solo un paio di volte, generalmente il cielo è stato sereno o a tratti coperto. Ma nei giorni precedenti al nostro arrivo è piovuto molto ed il risultato lo si è visto a Varanasi.

Smog: ovunque se ne respira tantissimo.

Festività: nel nostro periodo cadevano due festività, Rakhi e Independence day. L’impressione è stata che gli Indiani abbiano iniziato a festeggiare alcuni giorni prima e continuato per alcuni giorni dopo. O più in generale che ogni occasione sia buona per feste, riti religiosi, processioni, cerimonie e via dicendo.

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