Da Delhi al Rajasthan: alla ricerca della mitica India

Alla scoperta del nord dell’India, un viaggio tra sogno e realtà, dove i colori e gli odori si mescolano in un turbinio di movimenti e sorrisi. E dove è facile trovare un vero amico.Arrivo a Delhi con soggiorno di 2 giorni, visita a Agra con sosta di 1 giorno, proseguimento per Fatepur Sikri, soggiorno di 2 giorni a Jaipur, 1 giorno a...
Scritto da: fabio.fondi
da delhi al rajasthan: alla ricerca della mitica india
Partenza il: 01/10/2007
Ritorno il: 11/10/2007
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Un anno prima, sorvolando con un volo notturno l’India per andare in Indocina, avevamo sognato ad occhi aperti i fantastici templi indù, i palazzi dei maharaja,i ghats che portano alle acque sacre e le foreste dove sopravvivono gli ultimi esemplari liberi di tigri. Insieme a mia moglie Lina e a mia figlia Valentina abbiamo deciso in quella notte, così, che dovevamo mettere piede nel subcontinente prima che l’omologazione culturale del pianeta cancellasse buona parte degli aspetti affascinanti della civiltà millenaria e del paesaggio dell’India. L’anno dopo, quindi, sia per tagliare i costi che per favorire il turismo locale, abbiamo ricercato un tour operator direttamene a Delhi, Ancient India, ed in effetti abbiamo centrato l’obiettivo! Il prezzo definitivo è stato di 1.730 euro a persona, compreso il volo a/r con Qatar Airways. DELHI, LA CITTA’ DALLE MILLE CONTRADDIZIONI Il 1° ottobre siamo decollati dall’aeroporto di Fiumicino alle 23,40 con destinazione intermedia Doha nell’emirato del Qatar: a bordo un trattamento di ottimo livello! Valentina continua a mugugnare perché mi sono dimenticato la sua valigia in garage e prima dell’imbarco abbiamo dovuto comprare per lei lo stretto indispensabile in aeroporto. Alle 14,30 l’aereo inizia la discesa verso Delhi. A questo punto, girando la testa a sinistra in direzione nord io mi commuovo profondamente: dall’oblò vedo sfilare lentamente le cime innevate dell’Himalaya ed il cuore mi si apre ai ricordi di bambino quando mia mamma mi leggeva resoconti di spedizioni alpinistiche sul tetto del mondo e racconti sul grande regno al di là delle nevi, il Tibet! Fuori dall’International Airport Indira Gandhi abbiamo la prima lieta sorpresa dell’ottima organizzazione di Ancient India: un funzionario dell’agenzia viaggi, che parla italiano e ci mette al collo tre corone di fiori di tagete (il fiore sacro indù color zafferano), ci sta aspettando accanto ad un Suv Toyota con l’autista: è il giorno di nascita del Mahatma Gandhi ed è festa nazionale. La macchina scivola veloce lungo viali alberati di New Delhi, la città coloniale inglese, fino all’Hotel International Le Grand ,bello ed elegante (risalente agli anni 40 del secolo scorso) ma assediato in strada da una massa di diseredati e di umanità dolente che sopravvive sui marciapiedi e sugli spartitraffico. La sera ci facciamo coraggio ed usciamo da soli per andare a cena in un ristorante di cucina indiana in Connaught Place.Per fendere il traffico impazzito che ruota nella piazza ci aiuta un gentilissimo signore indù che, quando siamo al centro della strada, in inglese mi consiglia di “urlare” a mia moglie di correre! Il giorno dopo alle 08,30 il funzionario di Ancient India ci consegna al nostro autista (si chiama Ghanesh ed ha circa 35 anni , si rivelerà una cara persona e diverrà un amico sincero con il quale siamo tutt’ora in contatto) e alla guida jainista che ci condurrà subito al Mehrauli Archeological Park per vedere il Qutb Minar, l’altissimo minareto di 5 piani costruito nel 1193 che svetta sulle rovine della grande moschea della prima città musulmana del sultanato di Delhi. Attorno a noi sfrecciano tra gli alberi stormi di parrocchetti, i pappagalli onnipresenti in India. Ci dirigiamo poi, costeggiando il Forte Rosso (cittadella imperiale dei sultani Moghul), alla bellissima Jami Masjid (la moschea del venerdì) che si innalza su una collina ed è circondata dalla città vecchia frastagliata da un dedalo di viuzze piene all’inverosimile di uomini, donne e bambini con vesti differenti a seconda della religione e del censo. Poi, dopo che Lina e Valentina hanno acquistato e indossato abiti punjabi, ci dirigiamo al Rajghat, dove il Mahatma Gandhi è stato cremato: è un luogo di forte misticismo e bellezza ed avvolto da una dolce musica rituale cantata da voci femminili. Sulla lastra di marmo nero le ultime parole pronunciate da Gandhi: “He Ram!” ( “Oh Dio!”). Nel primo pomeriggio, soli con il nostro Ghanesh, partiamo in direzione sud est per Agra nello stato dell’Uttar Pradesh. Dobbiamo percorrere c.ca 240 Km, ma la cosa più sconvolgente è la “cosiddetta” autostrada. All’ingresso troviamo delle garitte di mattoni dove si paga il pedaggio , poi le sbarre costituite da pali di legno manovrati con un contrappeso di cemento da un uomo seduto su uno sgabello, e poi … L’assurdo traffico che si svolge su doppie corsie per carreggiata, ma con macchine, autotreni, cammelli che tirano carretti o in carovana, camion con enormi carichi grossi il doppio della struttura dell’automezzo, vacche sacre ovunque (anche sullo spartitraffico), ferme o in lento movimento, gente a piedi, numerosi automezzi che viaggiano in senso contrario e nessuna recinzione! All’imbrunire vediamo in distanza le torri dei numerosi templi di Mathura, la città dove è nato il dio Krishna, e con il sopraggiungere della notte arriviamo a Agra.

AGRA, IL TAJ MAHAL E FATEHPUR SIKRI: LA MAESTOSITA’ DELL’ARTE MOGHUL La mattina dopo andiamo a fare colazione e, dalle ampie vetrate della sala, appare una visione da sogno: in lontananza, nella bruma che si innalza da una ampia ansa del fiume Yamuna, si intravede la mole lattea ed eterea del Taj Mahal. A quel punto ci prende la frenesia di raggiungerlo e scendiamo rapidi verso la nostra macchina dove ci aspettano un nuovo funzionario di Ancient India , una guida e il nostro amico Ganesh che ci porta a circa 1 Km dall’ingresso del monumento (fortunatamente il Taj Mahalsi può raggiungere solo con mezzi elettrici o non inquinanti: cammello, asino, elefante o risciò. Passata la seconda grande porta di accesso si presenta ai nostri occhi uno spettacolo sublime: è mattino e il marmo bianco rende il Taj Mahal di una incomparabile bellezza lunare … Ciò che abbiamo di fronte è al di sopra delle nostre aspettative e ci riempie di un magnifico senso di appagamento! Tenera è poi l’immagine all’interno delle due tombe di Mumtaz, l’amata moglie, e di Sha Jahan. Dagli spalti del Taj guardiamo il fiume Yamuna riflettendo sul senso della morte: anche qui vengono gettate le ceneri delle pire funerarie. Visitiamo poi l’immenso Forte Rosso, altra sede degli imperatori Moghul. Il giorno successivo partiamo in direzione sud ovest verso i confini con il Rajasthan. Nel primo pomeriggio raggiungiamo i primi bassi contrafforti dei monti Aravalli e ci fermiamo sotto una montagna di arenaria rossa sulla quale si vedono mura diroccate ed imponenti edifici: siamo a Fatehpur Sikri, la capitale fatta costruire dal primo imperatore Moghul, Akbar il Grande. La città, praticamente intatta, fu abitata per 14 anni, dal 1571 al 1585, e poi abbandonata per mancanza d’acqua. I palazzi sono magnifici ed il Diwan i Khas, il palazzo delle udienze, ha al centro della sala una grande colonna, anch’essa di rossa arenaria, dove sono scolpiti i simboli delle tre religioni principali del regno (cristiana, musulmana ed indù). Arriviamo poi alla superstite grande moschea Jami Mashid fatta costruire da Akbar attorno alla tomba del santo musulmano Salim Chishti. E’ il mese del Ramadam e il grande cortile della moschea è pieno di bancarelle che vendono generi alimentari da consumarsi al tramonto , souvenir religiosi e giocattoli. La nostra guida, un giovane ragazzo musulmano, vuole a tutti i costi che entriamo nella tomba del santo per rendergli omaggio ed insiste perché acquistiamo delle coperte damascate da stendere sulla pietra tombale. Abbiamo capito che è in affari con i rivenditori e gli facciamo presente che siamo disposti a fare l’omaggio con petali di fiori (che non si “riciclano” in continuazione come le coperte). Intanto il nostro caro Ghanesh ci aspetta per affrontare i 320 Km che ci separano da Jaipur, capitale del Rajasthan. Viaggiamo per diverse ore e finalmente raggiungiamo Jaipur. Ghanesh ci conduce in un bellissimo ristorante all’aperto, l’Indiana. Gli avventori sono quasi tutti indù benestanti e la cucina è ottima come ottimo è lo spettacolo folcloristico offerto dal locale. Alle dieci di sera raggiungiamo il nostro hotel Clark Shiraz.

JAIPUR, LA CITTA’ ROSA Il giorno successivo (05/10/2007) partiamo per il Forte di Amber, attraversando prima il centro di Jaipur. E’ una bellissima città piena di parchi e la tonalità predominante dei palazzi è il colore rosa. Costeggiando le mura del palazzo reale ci fermiamo di fronte al celeberrimo palazzo dei venti, Hawa Mahal, che è essenzialmente costituito da una enorme facciata con più piani costituiti da un fantastico merletto di bovindi traforati dietro i quali le donne dell’harem reale potevano vedere i passanti senza essere viste. Di fronte al palazzo ci “assediano “ mendicanti, santoni con i capelli incolti e incantatori di serpenti cobra, ma comunque tutti mantengono una profonda dignità di fondo . Le donne sono bellissime e “regali” nei loro sari colorati, gli uomini hanno un aspetto nobile con i loro turbanti rossi. Ma il tempo stringe e ci dirigiamo rapidamente verso la gola che attraversa la zona montuosa dove si trova l’Amber Fort. Improvvisamente, dopo una curva, ci appare uno spettacolo indimenticabile: su un fianco della montagna sale una strada costeggiata da mura e porte difensive, e una fila interminabile di elefanti bardati a festa con gualdrappe di innumerevoli fantastici colori sale e discente ininterrottamente. Sulla cima un immenso palazzo da sogno: ci do’ dentro a tutto spiano con la piccola telecamera e Valentina, che è un’ottima fotografa, impazza con la digitale! Lina ed io veniamo issati in breve su un elefante, Valentina ci segue sul suo pachiderma. Il problema è che il nostro sedile è formato da un’unica piattaforma di legno a forma di balconcino e stiamo seduti di lato rispetto all’elefante: a metà salita io e Lina ci ritroviamo letteralmente sdraiati con metà delle gambe che penzolano di fuori con il rischio di cadere improvvisamente. Il cornac ci guarda con rassegnazione e, dopo un profondo sospiro, ferma l’elefante e ci fa recuperare una posizione più dignitosa. Appena entrati nel primo cortile del palazzo la nostra guida (che evidentemente era stato informato da Ancient India che il giorno 10 sarebbe stato il nostro 25o anniversario di nozze) ci conduce rapidamente nel tempio di Kalhi, dove 10 minuti prima è stato compiuto il rituale sgozzamento giornaliero di un capretto. Il bramino inizia una puja solo per noi, ci imprime il sigillo di Shiva sulla fronte e ci mette al collo due collane di fiori mentre Valentina ci guarda sorridendo. Usciamo un po’ frastornati ed iniziamo la visita del palazzo che ci lascia senza parole per la bellezza degli ambienti e per i panorami mozzafiato che ci godiamo dai terrazzi. In basso l’antica città con le torri dei templi. Nel pomeriggio ritorniamo a Jaipur e visitiamo il palazzo di città dove risiede l’attuale maharaja con la famiglia e poi il Jantar Mantar, l’osservatorio astronomico in pietra fatto costruire nel 1728 dal maharaja Swai Jai Singh II. Dopo di che:… libera uscita! Con Valentina mi immergo nelle viuzze del centro e visito i principali bazar finchè non troviamo una famiglia che produce terrecotte artigianali e comperiamo statuette ed effigi di divinità indù. A sera cena in un tipico ristorante indiano con Ghanesh nostro ospite.

BIKANER, IL FIORE DEL DESERTO Di primo mattino partenza per Bikaner: ci aspettano 380 Km di viaggio attraverso il deserto del Tar, il più vasto deserto del subcontinente. Valentina, che è laureata in lingue e letteratura straniera, fa conversazione in inglese con Ghanesh che parla la lingua abbastanza bene. Quando mi introduco io, Valentina mi corregge continuamente per i miei errori grammaticali: da parte mia continuo imperterrito e contemporaneamente mangio panini e frutta, presi dalla borsa frigo, che divido con Ghanesh imboccandolo mentre guida. Il nostro amico ci tiene a farci vedere qualcosa di inusuale rispetto ai soliti percorsi turistici e, fatta una deviazione, ci conduce in una piccola città circondata da monumentali bacini idrici costruiti in pietra per la raccolta dell’acqua piovana: il centro, seppur caotico e trascurato, è bellissimo e pieno di antiche “haveli”, ossia le tipiche case dei mercanti che, tra ‘400 e ’500, trasportavano il sale da Bombay verso l’interno del paese. Chiediamo a un vecchio uomo disteso su un lettuccio sulla soglia di una haveli il permesso di entrare: l’interno è splendido! I cortili sono tutto un susseguirsi di loggiati in pietra o legno traforati ed alle pareti ammiriamo affreschi di paesaggi e divinità. Dopo esserci “rinfrescati” all’ombra d un albero centenario, riprendiamo il viaggio nel pieno calore del pomeriggio. Lungo la strada incrociamo un “santone” completamente nudo e con i capelli incolti che, a piedi scalzi, cammina in senso contrario al nostro, insensibile dei 38 gradi “senza vento”. Sfiniti dopo un giorno di viaggio, alle 17,30 giungiamo al magnifico Palazzo del maharaja di Bikaner. All’interno del palazzo ammiriamo la stanza della pioggia , fatta costruire da un maharaja per il figlio che non aveva mai visto piovere: fra le intercapedini delle pareti scorreva l’acqua e tutto l’ambiente è affrescato con nuvole e rivoli di pioggia. Il museo contiene bellissime portantine per elefanti e … Un piccolo aereo ad elica, donato dagli inglesi al maharaja regnante che aveva fatto istruire dagli specialisti del proprio esercito le truppe cammellate di Laurence d’Arabia! All’imbrunire, ben cotti da una giornata di viaggio, raggiungiamo, di nuovo nel deserto, un caratteristico lodge a noi destinato composto da bungalows costruiti in muratura attorno ad una bella piscina. Valentina ed io, felici, facciamo una splendida nuotata e poi con Lina ci rechiamo a cena. Mangiamo bene al lume di candela ma, mentre agli altri tavoli siedono coppie di eleganti signori indiani ed uomini d’affari improvvisamente, dal tavolo a noi vicino, parte da una attempata ed elegante signora … Un sonoro rutto! Da quel momento per circa un quarto d’ora è un incrociarsi continuo di rutti radenti a pelo d’acqua, mentre noi imbarazzati guardiamo gli altri commensali che tranquillamente si godono la serata.

JODPUR, LA CITTA’ BLU E’ un nuovo giorno e Ghanesh ci sveglia presto perché anche oggi ci aspetta un viaggio di oltre 320 Km in direzione di Jodpur, la “favolosa” città blu! Dopo circa 30 Km di viaggio ci fermiamo nella piazza di un villaggio di fronte ad una grande costruzione che ha la porta completamente spalancata: dall’interno giunge un canto salmodiante. E’ il Tempio Karni Mata, meglio conosciuto come il tempio dei topi! Entriamo con gli altri pellegrini nel primo cortile e Lina quasi sviene dall’orrore: ovunque brulicano centinaia di topi ed il puzzo degli escrementi prende alla gola. Lina si rifiuta di entrare nel tempio centrale mentre io e Valentina ci incuneiamo in mezzo alla folla. All’interno, sia sui lati che di fronte al sacello della divinità, sono poste mangiatoie per cereali e bacili per il latte dove i bramini rovesciano le offerte solide e liquide dei pellegrini scalzi ed i topi si azzuffano per mangiare. Ci spiega poi Ghanesh che i topi sono la reincarnazione dei bambini morti in tenera età ed anche il veicolo celeste sul quale viene trasportato il dio più amato del pantheon indù: Ghanesh per l’appunto! Ritornati poi sulla piazza tentiamo di rimetterci le scarpe mentre numerose vacche sacre tentano di mangiarsele. Nel primo pomeriggio, dopo un lungo tratto di territorio semidesertico infuocato dal sole, raggiungiamo i contrafforti di alte colline rocciose di arenaria rossa e lo spettacolo è impareggiabile: Jodpur giace in parte sulle alture ed in parte nella pianura. Lunghi pinnacoli di roccia si incuneano dai colli nella città bassa e sono sovrastati da palazzi fantastici che sembrano nidi d’aquila. Siamo nell’antico regno di Merwar e sul pianoro più alto che incombe sulla città vecchia si erge possente il vecchio palazzo reale, il Mehrangarh Fort. Ghanesh ci conduce al nostro hotel che ci riserva una bella sorpresa: si tratta di uno degli altri palazzi del Maharaja sparpagliati nella città! Ci attende alla reception uno degli omnipresenti funzionari di Ancient India che ci dà il benvenuto e ci presenta la guida che ci accompagnerà subito dopo a visitare la città. La nostra camera è una bella suite tutta arredata, come il resto del palazzo, con mobili antichi, tappeti e quadri di proprietà della famiglia reale. La visita sulla cima della montagna al Mehrangarh Fort è fantastica: il palazzo è uno scrigno di tesori e tutt’ora l’ultimo maharaja organizza al suo interno ricevimenti per ospiti di rango. La vista dagli spalti più alti è impareggiabile: subito sotto le alte muraglie si avvita una strada lastricata in pietra sulla quale transitavano gli elefanti e che porta agli stretti vicoli della città bassa. Sotto di noi un mare di basse costruzioni dipinte di blu: sono le case dei bramini in quanto il colore blu contraddistingue la divinità. In alto sopra le torri volano in circolo numerose aquile! La nostra guida ci propone una discesa a piedi nella città vecchia ed accettiamo con piacere. Uscendo dalla porta principale del forte notiamo sulla parete ventuno impronte di mani impresse nel gesso dipinto di rosso: sono le impronte delle sati, le mogli dei maharaja defunti, che si sono immolate vive, più o meno consenzienti, sulle pire funebri. Raggiungiamo la città bassa all’imbrunire ed il bazar è uno spettacolo fantastico. Il nostro bramino tenta di “sterzarci” verso negozi che gli pagano una commissione, ma noi schiviamo la trappola ed attendiamo che Ghanesh ci conduca poi in quelli più a buon mercato. A sera ceniamo nel “nostro Palazzo” e la notte sogniamo maharaja, tigri e guerrieri rajiput!

IL TEMPIO DI RANAKPUR E UDAIPUR: IL PARADISO FRA LE MONTAGNE Alle ore 08.00 del penultimo giorno di viaggio riaffrontiamo l’ultimo pezzo del deserto del Thar e sul mezzogiorno cominciamo ad intravedere nella foschia i primi contrafforti della lunga catena dei monti Aravalli. Quando la strada inizia a salire sulle prime colline vediamo in mezzo agli alberi i bianchi pinnacoli di un immenso fantastico tempio in marmo: è il celebre tempio jainista di Ranakpur, o Adinath Temple, costruito nel XV secolo. La religione jain, nata quasi contemporaneamente a buddismo , rispetta qualsiasi essere vivente e non compie sacrifici. Entriamo in una foresta di 1.444 colonne con sale e cappelle splendidamente decorate dove le sculture del primo profeta Adinath si ripetono lungo le pareti. Fuori dal tempio una immensa foresta lussureggiante ricopre le montagne e al suo interno si muovono le poche ultime tigri e pantere, scimmie e cervi. Salendo poi sul verde altipiano la bella vegetazione ed il fresco ci ritemprano dopo giorni di sabbie infuocate. Ed infine raggiungiamo la mitica “Shangri La”: alle cinque del pomeriggio siamo a Udaipur, distesa su tre fantastici laghi incastonati fra montagne aguzze. Questa è stata l’ultima e definitiva capitale dei maharana del regno di Mewar, l’unico che non si è mai arreso ai musulmani e ai successivi imperatori moghul. Ed ecco una sorpresa : l’hotel scelto per noi da Ancient India è il Laxmi Vilas Palace, un palazzo da sogno di proprietà dell’attuale maharana ubicato su una collina prospiciente uno dei tre laghi. Quando arriviamo troviamo una banda in costume da rajiput che inizia a suonare le cornamuse per porgerci il saluto di addio all’India: è un apprezzatissimo regalo offertoci dall’agenzia di Delhi! Il giorno successivo saliamo al meraviglioso Lake Palace, l’immenso bianco palazzo reale costruito sulla cresta della collina prospiciente il grande lago Pichola. Dalle finestre ammiriamo rapiti le barche che incrociano sulle acque ed il magico Jag Niwas Palace, il palazzo- isola al centro del lago. Giunge rapidamente per noi il momento della partenza e sulla strada per l’aeroporto guardiamo sfilare ai lati della strada, già con struggente nostalgia, la bella città immersa nel verde e tutta l’India che rimarrà per sempre nei nostri cuori.



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