Aa rajasthan millino

R a j a s t H a n Siamo in due: io “A.” e la mia ragazza “S.” 15 giorni di sole senza una nuvoletta, di giorno arriva sui 32 di notte 20/24 umidità bassa, si sta bene come da noi d’estate quando ero piccolo. Le stanze doppie con bagno costano tra i 10 e i 15 € e sono quasi sempre pulite, hanno sempre asciugamani, acqua calda,...
Scritto da: ermagghe
aa rajasthan millino
Partenza il: 01/01/2001
Ritorno il: 02/02/2002
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
R a j a s t H a n Siamo in due: io “A.” e la mia ragazza “S.” 15 giorni di sole senza una nuvoletta, di giorno arriva sui 32 di notte 20/24 umidità bassa, si sta bene come da noi d’estate quando ero piccolo.

Le stanze doppie con bagno costano tra i 10 e i 15 € e sono quasi sempre pulite, hanno sempre asciugamani, acqua calda, finestra e presa di corrente, mai aria condizionata, un po’ perchè non l’ho mai chiesta visto che mi da fastidio, un po’ perché non c’era; sappiate che la carta igienica è sempre esclusa. Abbiamo trovato camere libere in qualsiasi albergo (tranne a Jaipur dove comunque sono bastati 5 min. Per risolvere con un altro) quindi direi che non serve prenotare città per città.

Inoltre gli hotel sono aperti 24 ore su 24 e anche arrivando di notte non ci sono problemi ad avere una stanza.

Cambio all’epoca del nostro viaggio: 1,00 € = 57 INR (rupie indiane) – 100 INR = 1,75 € L’India è abbastanza economica e ce la siamo cavata con una media di 25 € al giorno a testa compresi anche un infinità di oggetti di dubbio gusto che ci siamo portati a casa.

I programmi televisivi sono da sbattersi per terra dalle risate, proprio come uno si immagina i lungometraggi indiani: balletti con coreografie improponibili e filmoni dove il belloccio, tamarro e baffuto coi pantaloni a zampa, scarpe a punta e camicia semiaperta con catenazza d’oro, salva la sgazolina di turno dal cattivone ricco con la barba che sembra Sandocan e che vive in una super villa (che poi vorrei sapere quante case indiane sono come quelle che fan vedere nei film e nella pubblicità) Itinerario: volo fino a Delhi; treno notturno fino a Pushcar; taxi fino a Bikaner con sosta al tempio dei topi; autobus notturno fino a Jaisalmer; treno notturno fino a Jodpur, da cui escursione nelle campagne circostanti in giornata in taxi; autobus notturno fino a Udaipur da cui escursione a Ranakpur in giornata in taxi; autobus notturno fino a Jaipur; taxi fino a Agra con sosta a Fatehpur Sikri; treno fino a Delhi.

Venerdì 21 ottobre – gg 0 Malpensa terminal 1 – gate 20 – ore 21:30.

Stiamo aspettando l’aereo per Doha per poi andare a Delhi.

Io sto ricaricando il mio cellulare approfittando di una presa di corrente messa gentilmente a disposizione dall’aeroporto.

S. È seduta di fianco ad un signore sulla sessantina con aria da prete ma in abiti civili e visto che l’aereo è un po’ in ritardo attacchiamo bottone.

Parla un italiano perfetto anche se è libanese, ci dice che fa il vescovo a Beirut e che è venuto in Italia per un convegno in Vaticano.

Ci chiede se siamo credenti ed io senza esitare rispondo: “certamente!” (non ho mentito! È lui che non ha specificato in cosa.), poi comincia a raccontarci dei problemi che hanno in Libano più con gli ebrei che con gli arabi, descrive la città, dove sono ancora tangibili i danni fatti dai bombardamenti israeliani (e pensare che non c’era ancora stata la crisi del luglio 2006).

Il Vescovo è simpatico e parla talmente volentieri che io non resisto alla tentazione di chiedergli se ha conosciuto personalmente i due Papi e cosa ne pensi del resto se non lo chiedo ad un vescovo in un gate a chi lo chiedo ? (…) Caspita, mi aspettavo qualche indiscrezione clamorosa e invece niente! Anche se, ripensandoci, si è già sbilanciato parecchio… potevamo anche essere due spie turche.

Sabato 22 ottobre – 1°gg L’aereo decolla, atterra, ridecolla e riatterra a Delhi verso le 15.00, usciamo nell’androne antistante gli arrivi internazionali e sorpresa … Non c’è nessuno! Non mi riferisco a nessun tassista, procacciatore, mendicante, o scassamaroni in generale ma proprio nessuno, vuoto totale, neanche un parente che si era perso.

Un pochino sorpresi ci avviciniamo a uno di quegli ufficetti delle agenzie che ci sono negli aeroporti, acquistiamo senza problemi un biglietto ferroviario per Ajmer e prendiamo un taxi prepagato che ci porti in stazione nella vecchia Delhi.

Incredibile, avevo mille preoccupazioni, pensavo di sbarcare in un girone infernale, prima di partire ne avevamo sentite tante e invece… Andando verso il centro vedo grandi viali, molto verde, traffico regolare, automobili in discrete condizioni e zero mucche.

In 30 min. Arriviamo fino al Delhi gate e poi… UN MURO! Il traffico è quasi fermo, tipo tangenziale di Bologna ad agosto, dal finestrino passa odor di diesel, merda, morte, vita.

Chiudo subito il finestrino! I clacson impazziti e le moto a scureggetta mi rimbombano nelle orecchie, per strada c’è di tutto: autobus, camion, auto, motocicli, motocarrozzette, biciclette, carretti trainati da buoi o dromedari, mucche, elefanti, mendicanti, topi e bambini che vogliono lavarci il vetro.

Il Cairo a confronto è il lungolago di Stresa. Delhi sembra il pianerottolo davanti all’ingresso dell’inferno, e pensare che il Rajastan dovrebbe essere la Svizzera dell’India e che noi la visitiamo senza monsoni… chissà com’è quando le piogge fanno esondare le fogne a cielo aperto, il caldo umido rende ogni respiro affannoso, i vestiti ti si appiccicano addosso, le strade all’improvviso diventano fiumi in piena che trasportano spazzatura, cacca, topi, cadaveri, mucche, mendicanti, ecc Per fortuna nel frattempo siamo arrivati in stazione, ormai è quasi buio ma il nostro treno parte alle 22:00. Depositiamo i bagagli e cerchiamo di tirar tardi.

La stazione è lercia ma pensavo peggio e comunque non mi sembra girino brutte facce, anzi … facciamo amicizia con un gruppo di ragazze e ragazzi indiani. Il primo approccio con gli indigeni è ottimo.

Cominciamo a guardare i treni e a notare lo stato di conservazione nel quale questi si trovano: a seconda delle classi ci sono vagoni decenti, quasi decenti, indecenti e trasporto bestiame (che però trasportano persone e comunque sempre meglio della 1° classe birmana).

Noi siamo fortunati, siamo in classe “quasi decente” con scompartimenti a 6 cuccette provvisti di ventilatore, coperta e cuscino. Intorno solito casino, bambini che giocano, genitori che mangiano, tutto regolare.

Al piano di sopra ci sono due ragazze inglesi, facciamo due parole prima di addormentarci e scopriamo che la prima starà in india 6 settimane, l’altra più di due mesi … Noi con le nostre due settimane tirate ci facciamo pena e anche loro ci guardano con aria di compassione … Va beh! Buonanotte!! Domenica 23 ottobre – 2°gg Arrivo a Ajmer alle 7.20. Trattiamo il prezzo per un passaggio in taxi per Pushkar ma l’autista insiste per portarci all’ hotel con il quale “è convenzionato” (che gli paga le commissioni) e noi decidiamo di accontentarlo, non si sa mai, magari va bene.

Il posto è carino ed economico ma noi vogliamo stare in centro, ad un passo dal lago, non ci va di dover prendere un taxi tutte le volte che usciamo e così, per essere pagato, il tassista ci accontenta. Alloggiamo al Payal Guest House.

Giusto il tempo di appoggiare le valigie in stanza e subito andiamo a fare un giro del lago, ma qualcuno ci stava già aspettando : due sedicenti pseudo bramini ci regalano un fiore (ma caz! Siamo arrivati da 5 minuti, un pochino di pazienza perdincibacco!!! … ecco in cosa consiste la cerimonia: 1) ti regalano un fiore; 2) te lo fanno buttare nel lago sacro; 3) ti chiedono quanti componenti ha la tua famiglia; 4) recitano una preghiera che tu devi ripetere con loro; 5)ti legano al polso un braccialettino di lana; 6) GRANDE NOVITA’… ti chiedono i soldi).

Noi stiamo al gioco ma quando chiedono l’offerta S. Dice di non aver moneta e io gli rifilo l’equivalente di 30 €cent. Prendere o lasciare! … ha avuto il coraggio di chiedermi 10 €. Ma il braccialetto è un affare!! Se ne hai uno gli altri scassamaroni stanno lontani.

La cittadina è molto piacevole, in giro si vedono bramini, mendicanti, santoni, qualche nostalgico fricchettone e incontriamo anche un italiano che vive lì da 3 anni… (noi con le nostre solite due “settimane tirate” ci vergogniamo come dei ladri).

Abbiamo poca voglia di stancarci, così prenotiamo un taxi che l’indomani ci porti a Bikaner con sosta a tempio dei Topi (22 €) e cerchiamo di mangiare ma facciamo fatica a trovar qualcosa che ci piaccia, soprattutto S. Che è quasi esclusivamente carnivora e da Pushkar si sa: la carne è bandita, in compenso è molto facile trovare da fumare.

Dopo 35 ore finalmente un letto vero! Mi addormento quasi subito ma una domanda mi assilla la mente: il termine “pusher” deriverà da “Pushcar”? Lunedì 24 ottobre – 3°gg Puntuale il nostro taxi con autista ci viene a prendere davanti all’albergo. È una berlina nera degli anni ’70 in buone condizioni l’autista è uno preciso e di poche parole … fin qui tutto bene.

Ma nel primo tratto di strada si mette a sorpassare i camion incurante dei dossi, con visuale scarsissima, rischiando innumerevoli scontri frontali con altri veicoli (o presunti tali) che sarebbero potuti sopraggiungere in direzione opposta.

Più di una volta ho creduto di morire, già mi immaginavo il classico patetico servizio a studioaperto nel quale qualche viscido giornalista avrebbe intervistato anche i miei vicini di casa ed il parroco per sapere se mi mettevo le dita nel naso o se andavo regolarmente alla toilette e questi ultimi avrebbero risposto: “non me lo sarei mai aspettato! sembrava un ragazzo tranquillo”.

Il tassista invece è tranquillissimo, certo! Lui anche se muore si reincarna. Io invece finita questa finito tutto! Arriviamo tutti d’un pezzo al tempio dei topi per una sosta. Architettonicamente non è nulla di eccezionale ma vale una visita di un’oretta per vedere quarantine di topi assiepati un po’ ovunque e fedeli che tra di loro parlano, pregano, banchettano con il cibo che le tenere bestiole hanno appena rosicchiato con gusto ( loro credono porti un sacco di fortuna, io credo porti solo la leptospirosi ad andar bene) Arriviamo alla stazione dei bus di Bikaner verso le 15.00 ma il deposito bagagli è chiuso, il nostro bus dovrebbe partire alle 22.00 e non possiamo neanche fare il biglietto.

Piano “B”: scegliamo sulla L.P. Un albergo a prezzi medi in centro a Bikaner e ci facciamo portare lì. (l’idea è quella di depositare i bagagli senza pagare nulla, visitare la cittadina, avere a disposizione un gabinetto decente e tirar sera).

Scegliamo il “Bothra Planet” e in effetti meglio di così non poteva andare: in hotel possiamo anche acquistare i biglietti dell’autobus notturno con cuccette che parte proprio a 200 mt. Dall’albergo.

Trascorriamo il pomeriggio visitando il forte e la cittadina. Il forte è molto interessante anche se la guida che ti appioppano all’ingresso ci martella per ottenere una mancia. La cittadina invece è … periferia invivibile! Verso le 21.00 partiamo con il nostro bus da Bikaner alla volta di Jaisalmer.

Martedì 25 ottobre – 4°gg Arrivo a Jaisalmer alle 5.00. E’ notte ma non fa freddo. Anche a quest’ora c’è molta gente in giro: fedeli che vanno a pregare al tempio, donne ,bambini, ecc Entriamo a piedi con gli zaini in spalla nella città fortificata, i bastioni e le torri della cittadella illuminati dai lampioni la fanno sembrare irreale e ci accorgiamo subito che il posto è eccezionale.

Troviamo una camera al Paradise Hotel in una stupenda, pulita, spaziosa e luminosissima doppia con bagno.

Jaisalmer è l’esempio migliore che abbia visto di architettura Moghul.

È piccola ma tutta in stile: gli edifici, scolpiti in arenaria, sembrano fatti all’uncinetto. Anche il nostro albergo è ricavato in una haveli d’epoca e dal terrazzo c’è una vista spettacolare sul palazzo del maharaja e sulla pianura circostante.

La mattina gironzoliamo per il forte e il pomeriggio visitiamo le haveli nella città bassa.

Splendida giornata ma il nostro destino è in agguato sotto forma di batterio… Verso le 16, proprio mentre stiamo visitando una delle Haveli, io ho un tracollo psicofisico totale: le forze mi mancano le gambe mi cedono, anche il sole mi da fastidio, ho proprio bisogno di stendermi.

S. Mi riaccompagna in albergo, anche lei non sta benissimo.

Ci misuriamo la febbre, io 37.6° lei 37.2°, pensiamo che sarà stanchezza dovuta ai frequenti spostamenti e allo scarso cibo assunto negli ultimi 4 giorni e decidiamo di schiacciare un pisolino.

Ore 18.30, la situazione non è per nulla migliorata, io 38°, lei 38.2°, ci prendiamo una tachipirina e torniamo a dormire.

Ore 02.30, io 39.5° e S. 40°, comincio a pensare che non sia stanchezza, non abbiamo nessun sintomo oltre la febbre, telefoniamo all’assicurazione sanitaria che ci dice di chiamare un medico e conservare le ricevute (grazie al caz! … ma io un medico dove lo trovo? … giù in reception non c’è nessuno).

Che fare? 1- mi stendo e attendo che sopraggiunga la morte; 2- comincio ad urlare, qualcuno arriverà!; 3- provo con un’altra tachipirina.

Decido per la terza opzione subito seguita dalla prima.

S. Fa ipotesi su che tipo di malattia potremmo aver contratto e decide per la meningite. (lei è sempre ottimista!) Io ripenso al servizio-spazzatura di studioaperto nel quale si dice: “non è il primo viaggio fuori dall’occidente che fanno … se la sono andata a cercare!” Mercoledì 26 ottobre – 5°gg Ore 5.00 finalmente la svolta! Continue e potenti scariche di dissenteria ci tormentano fino all’alba.

Ore 09.00 temperatura 35.9, pesiamo 2 kg meno di ieri, facciamo colazione e, un po’ debilitati, ricominciamo subito a fare i turisti.

Per fortuna è finita bene, ma d’ora in poi faremo molta più attenzione a quello che mangeremo.

Giovedì 27 ottobre – 6°gg Oggi giornata tranquilla, dobbiamo ancora riprenderci totalmente dal problemino intestinale di ieri. Quindi facciamo i turisti, andiamo al lago, affittiamo un pedalò e ci dedichiamo allo shopping.

La sera dopo cena con i biglietti ferroviari che abbiamo acquistato in hotel ci facciamo accompagnare da un risciò in stazione per partire alla volta di Jodpur.

Diamo un occhiata ai vagoni: stavolta è andata peggio, siamo in classe “indecente”.

Le cuccette, in vagoni sovraffollati, non sono dotate né di lenzuolo né di cuscino, ma solo di coperta e oltretutto, sfortunatamente, il finestrino non si chiude neanche bene per cui durante il tragitto continuano ad entrare terra e polvere.

Non so se è un caso o se lo fanno apposta, ma anche questa volta dividiamo lo scompartimento con altri tre turisti.

Sono francesi e scambiando due parole prima di addormentarci scopriamo che rimarranno in India un mese e mezzo.

Io a questo punto non resisto e preso da una smania di competizione fantozziana dichiaro: … noi rimarremo in India tre mesi !! Sì !! sono stato “politicamente scorretto”, ma non potevamo continuare a passar per i 2 sfigati che in India sono venuti per rimanere solo 2 settimane. Venerdì 28 ottobre – 7°gg Tanto per cambiare è ancora notte quando il nostro terno arriva a Jodpur.

Prendiamo un risciò per farci portare all’albergo che abbiamo scelto.

Il conducente si ferma in una piazzetta zeppa di spazzatura e parecchio maleodorante. Io rimango a presidiare l’automezzo, non vorrei che l’albergo fosse chiuso e che l’autista ci abbandonasse nel cuore della notte.

S. Va in avanscoperta inoltrandosi in una viuzza buia e per farlo deve scavalcare due mucche che ne ostruiscono l’accesso.

Sembra tutto spento ma dopo qualche minuto ci aprono e per fortuna c’è posto! Dormiamo per un paio d’ore poi facciamo colazione sul terrazzo del nostro hotel che è adibito a ristorante.

La giornata è stupenda, la visuale sul forte è spettacolare, si mangia pure bene, direi che anche questa volta siamo stati fortunati.

Chiacchierando con l’albergatore, gli racconto che un paio di giorni addietro ho avuto un problemino di squaraus.

Lui mi mette in mano un pezzo di oppio dicendomi di mangiarlo invece di fumarlo per guarire … ma io non son convinto! A metà mattina ci incamminiamo a piedi e visitiamo il forte che è veramente eccezziunale e si visita tranquillamente in una giornata.

Nel pomeriggio girovaghiamo per la piazza con il mercato e passeggiamo per il centro che però, tolto il traffico caotico, le fogne a cielo aperto, la spazzatura accumulata nei vicoli e le solite carcasse (quasi sempre di animali) abbandonate ai lati delle strade non ci sembra offrire nulla di che.

Tant’è che vorremmo quasi andarcene già stasera ma io almeno una notte su due vorrei dormire in un letto.

S. Non ha il coraggio di negarmi questo privilegio perciò decidiamo di tornare in hotel per affittare un‘ auto con guida-autista che l’indomani ci accompagni a visitare i dintorni di Jodpur.

Ma è proprio sulla strada del rientro che S. Per evitare un ape-car non vede una mucca sacra con diritto di precedenza che sopraggiunge in direzione opposta.

Quest’ ultima la incorna in pieno stomaco.

S. Cade a terra rovinosamente addosso ad alcune biciclette parcheggiate.

Se la caverà con qualche graffio e un grosso livido sulla pancia, è fortunata: era una vacca dalle corna piuttosto corte.

Tutto sembra finito per il meglio ma ormai il nostro rapporto con i bovini si è deteriorato irrimediabilmente; già mi da fastidio che con la scusa di esser sacre possano gironzolare indisturbate ovunque, ma che addirittura mi incornino la moglie è decisamente troppo … io medito vendetta ! Sabato 29 ottobre – 8°gg L’escursione nelle campagne si rivela un po’ deludente ma l’autista che fa anche da guida parla un buon inglese e comincia a ragguagliarci su usi e costumi indiani e sulle caste, poi ci mostra orgoglioso dei pavoni ma quelli ci sono anche all’isola Bella.

Una signora in un villaggetto nel cortile della sua casa di fango rivestita di cacca cerca di vendermi un bel pezzo di “cioccolato” … sarà mica stata svizzera? Rientriamo in hotel e con biglietti comprati alla reception andiamo a prendere l’autobus per Udaipur in risciò.

Non c’è neanche una stazione degli autobus ma solo 3 o 4 bus sgangherati parcheggiati in una via nel solito variopinto traffico indiano.

Non esiste né una biglietteria né un bigliettaio né tanto meno un cartello che indichi la destinazione.

Mentre S. Controlla i bagagli io con i biglietti in mano chiedo informazione ai passanti, ad un barbiere, ad un benzinaio, in attesa che qualcuno ci raccatti e ci sbatta sul bus giusto.

Finalmente arriva qualche altro sventurato turista occidentale.

Si confrontano i biglietti, si parla un pochino, ci si accende una canna, le solite domande: “da dove vieni?”, “che giro fai?”, “quanto tempo rimarrai in india?” Quattro mesi, dice lui … io gli rispondo: “sei mesi, finché non ci scade il visto, poi vedremo!” Ormai sono entrato nel tunnel delle menzogne e non riesco più a smettere. Verso le 21.00 l’autobus parte e anche stavolta noi nella nostra cuccetta crolliamo dal sonno subito dopo.

Domenica 30 ottobre – 9°gg Anche stavolta l’autobus arriva di notte, un tizio in risciò ci carica e ci porta nell’hotel che abbiamo scelto noi (Hotel Gangaur Palace). L’albergo, che è una bella casa d’epoca affacciata sul lago, con una splendida terrazza ristorante, sembra chiuso ma lui bussa e ci aprono subito. Dormiamo poche ore e al mattino visitiamo City Palace e la cittadina.

L’atmosfera è quella di un giorno di festa, siamo nel bel mezzo del Diwali e le strade sono addobbate come se fosse Natale.

C’è molta gente in giro ma il momento clou comincia dopo il tramonto quando decine di donne e bambini si recano al lago.

L’usanza è quella di gettare nelle acque innumerevoli imbarcazioni costruite artigianalmente con scatole e stagnola, nelle quali vengono alloggiati fiori e candele accese.

Lo spettacolo di queste offerte che bruciano nel lago è di grande effetto.

Nelle strade del centro invece intere famiglie vanno in processione al tempio e i bambini si divertono facendo esplodere migliaia di petardi.

Dal ristorante all’ultimo piano del nostro hotel abbiamo una splendida vista sul lago e sul terrazzo della casa adiacente dove una famiglia di indiani assatanati con 5 bambini e le loro miccette sempre accese semina il panico tra i passanti e i bovini che transitano lungo Gangaur Ghat Road.

In tutta questa confusione un toro, che vaga libero per le strade, cerca di caricare dei passanti, ma nessuno sembra accorgersi del pericolo. Va bene che qui muoiono per tradizione ma noi non ci sentiamo di partecipare, quindi appena vediamo che il toro si avvicina a testa bassa, ci infiliamo in un portone.

Poco dopo veniamo a sapere che questa volta a farne le spese è stato un turista francese.

Lunedì 31 ottobre – 10°gg Oggi tramite apposita barchetta per turisti ci rechiamo alla Jagmandir Island.

L’isola non ci sembra nulla di particolare ma dal lago il colpo d’occhio sulla città e sul suo palazzo è notevole.

Vorremmo anche andare a cena al Lake Palace ma ci dicono che la cena a buffet costa ben 25$, l’equivalente del nostro budget giornaliero, quindi desistiamo.

Ci facciamo invece un bel giro in groppa ad un elefante alla modica cifra di un €/cad.

Giornata stupenda ma una se c’è una cosa che mi fa incazzare è dover andare a comprare la carta igienica, che tra l’altro qui è un bene di primissima necessità.

Le nostre scorte portate dall’Italia si sono già esaurite il quinto giorno a Jaisaimer.

Decidiamo così di andare al Shin Niwas Palace Hotel e compiere quell’atto ignobile che d’ora in poi rimarrà noto come “il ratto della carta igienica”.

Entriamo disinvolti nell’hotel e mentre io chiedo alla reception di poter cambiare dei soldi S. Si reca alla toilette munita di zaino e fa incetta di rotoli.

Lo so, è scorretto, ed è una cosa che non si fa, ma dobbiamo pur risparmiare su qualcosa! Martedì 1 novembre – 11°gg Questa mattina partiamo presto con un taxi privato prenotato il giorno prima tramite l’hotel.

La destinazione è il tempio di Ranakpur, splendido esempio di architettura giainista risalente al XV secolo, che dista una sessantina di km da Udaipur.

Il sopracitato tempio, facente parte di un complesso di tre edifici, si trova in un curatissimo ed ordinatissimo parco con tanto di giardinieri e spazzini, talmente pulito che non pare di stare in India.

I due templi minori hanno comunque il perimetro finemente scolpito ma il Chaumukha con le sue 29 sale e 1444 colonne è un vero e proprio gioiello.

All’ora del rientro cerco il nostro autista ma non lo trovo, vado in panico quando mi accorgo che il parcheggio vuoto al momento del nostro arrivo si è riempito di Ambassador nere come la nostra … io tra l’altro nemmeno mi ricordo la faccia del tassista.

Sono proprio un pirla ! potevo almeno leggere la targa!! Per fortuna che di occidentali ce ne sono pochi per cui venti minuti dopo sarà lui a riconoscerci.

Sulla strada del ritorno incontriamo pastori con le greggi. Questi ultimi indossano tutti degli abiti bianchi e degli enormi turbanti rossi; poco più in là una donnina di età indefinibile con degli stranissimi abiti tradizionali trasporta i suoi figli in sella a un dromedario.

Chiediamo subito al tassista di fermarsi, vorremmo scattare qualche foto a questi strani personaggi, ma appena li raggiungiamo veniamo accerchiati.

Mi tirano letteralmente per la giacca dicendo qualcosa che suona tipo “paisà” … ma io non sono di Napoli, sicuramente mi confondono con un altro! Ma no! Vogliono ovviamente dei soldi.

Noi saremmo anche disposti a pagare purché si lascino fotografare, ma nulla, non c’è dialogo, si mette di mezzo anche il nostro tassista, ma l’affare non va in porto.

Veniamo a sapere poi che la comunità di pastori parlava un’altra lingua.

Tornati a Udaipur dopo la solita cena frugale a base di chapati e omelette, (dura la vita per i carnivori in India), raccogliamo le nostre povere cose e ci facciamo portare nel luogo nel quale dovremmo prendere il bus per Jaipur.

Mentre aspettiamo che quello che è stato individuato come l’autista del nostro autobus si decida a caricarci i bagagli e a farci salire conosciamo un ragazzo spagnolo con una “evidente esperienza di viaggio alle spalle” (uno sfattone).

Ha vestiti stracciati e lerci, (…E fin qui è messo come noi !), profuma come un arbre-magique al letame (… anche noi !) e dice di essere in viaggio da otto mesi, ha visitato il Tibet, Nepal ecc.

Questo non lo posso sopportare; Gli dico che noi siamo partiti che era ancora primavera e abbiamo attraversato Giordania, Siria e Pakistan prima di arrivare in India, dove resteremo fino a data da destinarsi.

Ci avrà creduto ? … non so! ma sicuramente Shiva non l’ha bevuta.

Ed implacabile la vendetta divina non tarda ad abbattersi sul sottoscritto.

L’autobus sta per partire, io e S. Prendiamo posto nella nostra cuccetta.

Dopo pochissimi minuti mi si tappa completamente il naso ma non sono rafreddato, non riesco più a respirare, gli occhi mi lacrimano e mi prude dappertutto.

Provo a grattarmi ma è inutile, la cuccetta è troppo stretta, non posso neanche cambiare posizione e S. Giustamente vuol dormire.

Sicuramente una reazione allergica, forse agli acari grandi come gatti.

Proverò ad aver pazienza e far finta di niente… il viaggio durerà solo 9 ore.

(tra l’altro, a differenza di tutti gli autobus del mondo che fanno soste notturne ogni due ore, in Rajastan non si fermano quasi mai) Mercoledì 2 novembre – 12°gg Quando arriviamo a Jaipur verso le 7.00 sono un uomo distrutto.

Avrò dormito due ore stanotte, sono cieco e non riesco a respirare.

La situazione migliora radicalmente appena riesco a scendere dal bus.

Causa la mia cecità non ho nemmeno ricordi dell’autostazione ma una cosa colpisce subito la mia attenzione: lungo la strada, accampati sui marciapiedi decine di mendicanti dormono coperti da cartoni, nascosti tra la spazzatura, intere famiglie con figli vivono in uno stato di degrado e miseria che mai mi era capitato di vedere fin ora nei miei viaggi .

Ma non c’è tempo e, in qualità di unici turisti occidentali, veniamo subito aggrediti da una folla di tassisti/risciòisti che ci strattonano per farci salire sul loro mezzo.

Ne pigliamo uno e andiamo al Pearl Palace Hotel, uno tra i più rinomati hotel per occidentali itineranti, ma è completo (ci andremo comunque poi a cena perché ha un ottimo ristorante sulla terrazza).

Risolviamo subito con il Kalyan hotel, che sta proprio di fronte.

Alloggio dignitoso ma con una clientela quasi esclusivamente indiana, infatti non è indicato sulla LP. (mi ricordo il nome perché mi sono tenuto il portachiavi della stanza).

Mi bastano 45 minuti sotto la doccia per riprendermi al 90% (anche se il senso dell’olfatto mi tornerà intorno al 15 di novembre in Italia).

Andiamo in centro, visitiamo il famosissimo palazzo dei venti, la cui facciata compare su tutte le brochure dell’India, mentre i suoi interni sono spogli e poco interessanti. Poi con un autobus di linea che parte proprio lì davanti andiamo fino al forte. Il forte di Amber è molto scenografico, bello ma decadente. Si può arrivare fino all’entrata a dorso di elefante.

Tornando in città visitiamo il city palace e dintorni ma noi non l’abbiamo trovato così bello; nel complesso Jaipur è la città che ci è piaciuta di meno. Per rientrare in hotel prendiamo un risciò a pedali (bicicletta con due posti dietro che costa la metà di quello a motore) tanto ormai usiamo il metodo egiziano per i taxi, ovvero: si sale disinvolti, si comunica la destinazione, si sorride ma senza dare confidenza e poi si paga quello che si ritiene giusto (ovviamente prima di pagare ricordatevi di scendere dal taxi).

Giovedì 3 novembre – 13°gg Ieri, nei ritagli di tempo, abbiamo chiesto alla reception del nostro hotel di procurarci un taxi con autista per stamattina in modo da poter visitare Fatehpur Sikri prima di raggiungere Agra.

Non è ancora sorto il sole quando carichiamo i nostri bagagli sul taxi.

Solitamente, negli altri viaggi, non usiamo così tanti taxi, ma il Rajastan in due settimane è veramente stancante.

Dopo questo tour de force una volta rientrato in Italia dovrò lavorare almeno un mese per riposarmi.

Mi piace ogni tanto viaggiare di giorno e anche se si perdono preziose ore di luce è un occasione per vedere un pò d’India fuori dalle città.

La campagna è verde e rigogliosa con capanne, case, campi coltivati e lo stile di vita delle persone sembra molto diverso da quello delle città. Saranno poveri ma sicuramente è una povertà molto più dignitosa.

Non ho visto né barboni né mendicanti ma solo contadini e lavoratori.

… E… un sacco di gente che fa la cacca ovunque. Io capisco chi la fa nel campo che concima, ma al bordo della strada o vicino alle rotaie no.

Quando manca meno di un km a Fatehpur Sikri alcune persone cercano di fermare la nostra auto. Bussano con violenza ai finestrini e sul parabrezza, cercano di aprire una portiera e salire ma l’autista non si ferma e quasi ne investe uno.

Io non ho ancora capito chi sono e cosa vogliono.

Mi dicono vogliano proporsi come guide turistiche … cazz, un pochino aggressive!! Arrivati nel parcheggio l’autista ci raccomanda di fare attenzione.

In effetti qualche intraprendente rompimaroni c’è nella zona della moschea di Jama Masjid ma non molti.

Invece nel sito di Fatehpur Sikri possono entrare solo i turisti.

Sul mezzodì arriviamo ad Agra. Anche qui barboni, mendicanti e storpi non mancano, anzi è una delle città più fornite.

Una famigliola composta da padre, madre, suocera e tre figli vive proprio nella piccola discarica vista fogna a cielo aperto davanti al nostro fetido albergo.

Ci vogliono almeno due settimane per abituarsi al fetore e alla miseria, al “sangue e cacca” come dicono da queste parti.

Ma il nostro viaggio dura appena 15 giorni, dunque appena ci abitueremo sarà ora di tornare a casa! Giusto il tempo di una coca cola, (sarà la sesta oggi e pensar che in Italia non la bevo mai), e andiamo subito al Taj Mahal, il monumento simbolo dell’India, il fulcro intorno al quale ruotava tutto il viaggio, l’essenza stessa dell’India per come io la immaginavo dalla mia casetta in Piemonte tra il malgone.

A questo punto cosa dire che già non sappiate, o che non possiate leggere sulle vostre guide?! 1° da quello che leggo sulla L.P. Hanno diminuito il prezzo ora costa 500 INR invece che 960 INR e inoltre, con il medesimo biglietto ma nella stessa giornata, è possibile accedere anche all’Agra Fort, all’Itimadud-Daula, a Sikandra e a Fatehpur-Sikri.

2° La facciata principale dell’edificio è esposta verso sud quindi è sempre in luce ma in particolar modo nel pomeriggio.

3° al tempo del nostro viaggio avevano proibito l’accesso alla fontana antistante il Taj Mahal, per la felicità dei turisti che lo hanno potuto fotografare perfettamente riflesso nell’acqua.

Per cena decidiamo di andare al The Park (secondo la L.P. “ristorante di categoria superiore” secondo noi una trattoria di terz’ordine che sembra la pizzeria “dal Pazzo” di Baraggia di Suno, prima che la ristrutturassero nel ’98, ma si mangia peggio).

Venerdì 4 novembre – 14°gg Oggi vorremmo andare a vedere il Taj Mahal da dietro, oltre il fiume, per poterlo fotografare riflesso nelle acque dello Yamuna, visitare il forte di Agra e girare un pochino per negozi.

Ci scontriamo subito con la “legge delle commissioni” che vige in questa cittadina (a dir la verità vige anche in tantissimi altri luoghi ma noi ancora non la conoscevamo).

La regola è la seguente: ogni risciò, taxi o autobus che vi porterà in un negozio riceverà una commissione solo per avervici portato più una percentuale che può variare dal 10% al 50% nel caso facciate degli acquisti.

Quindi non meravigliatevi se chiedendo a un risciò di portarvi al Taj dopo aver contrattato il prezzo quest’ultimo vi chiederà di visitare anche il suo negozio.

Ho capito però che questa “regola” che crea solitamente inutili contrattempi può anche essere usata a nostro favore.

Abbiamo appena visitato il forte e vorremmo fare qualche acquisto prima di tornare in albergo, ci avviciniamo ad un risciò e gli spieghiamo il nostro programma specificando però che non vogliamo assolutamente pagare la corsa e che oltre ai negozi scelti da lui dovrà portarci anche a quelli scelti da noi.

E’ un ometto sveglio e accetta di buon grado, otterrà quel pomeriggio 200 INR, molte più di quante ne avremmo mai pagate noi.

A questo proposito, mi sento di dare un consiglio anche se banale: se vi capita di entrare in uno di quei grandi negozi di souvenir che vendono un po’ di tutto, magari con autobus di comitive parcheggiati davanti e voi siete sfigati turisti zaino in spalla non provate neanche a comprare qualcosa !! Sabato 5 novembre – 15°gg Oggi è l’ultimo giorno, prenderemo in mattinata un treno per Delhi.

Credo che i treni siano migliori dei bus. Prima di tutto non si rischia di rimanere coinvolti in uno dei numerosi incidenti stradali, poi i biglietti si possono acquistare direttamente a bordo e in fine sul treno è molto più facile socializzare.

Infatti socializziamo con una classe di studenti del Kerala in gita scolastica.

Hanno circa vent’anni e sono molto curiosi, fanno tantissime domande ma sembra che arrivino da un altro pianeta, ci chiedono di che casta siamo e si stupiscono quando gli diciamo che in Europa le caste non esistono.

Non bevono alcolici, non mangiano carne, non concepiscono il sesso prima del matrimonio e sono tutti promessi sposi a qualcuno che non conoscono.

Ma come fanno a non innamorarsi, a prescindere dai genitori, la famiglia e le caste … e loro che sono giovani come vivranno questa imposizione sociale, questo terribile disagio!! Glie lo chiedo e la risposta è:”quale disagio?” Domanda stupida e risposta scontata.

Le ore volano e nel primo pomeriggio arriviamo nella stazione di Delhi.

Dopo aver posato i bagagli nel deposito della stazione andiamo a visitare ancora qualche monumento in città prima di prendere l’aereo del ritorno alle 21.00.

Carino il forte e bello il mausoleo di Humayun ma si è fatta una cert’ora.

Ci facciamo portare da un taxi alle partenze, facciamo i conti, tiriamo le somme della vacanza e in quel “non luogo” che è il bar di un aeroporto, l’India con i suoi colori e i suoi profumi sembra ormai lontana; ma si avvicina una ragazza italiana… I discorsi son sempre quelli: che fate? Dove andate? Io sono in viaggio attraverso l’Asia da un anno e mezzo, ora vivo in una grotta in Himachal Pradesh dove, con il mio fidanzato, sono “coltivatrice diretta”.

… e voi ? Che faccio? Dico la verità? Noi stiamo facendo il giro del mondo, siamo partiti nel 2004, abbiamo visitato l’Africa del Nord, il Medio oriente, l’Iran, le ex repubbliche sovietiche e ora siamo diretti a sud.

…Tiè! Pigliati questa!!

IMPRESSIONI DI VIAGGIO Immaginate di non potervi lavare, immaginate che il vostro sudore non abbia più puzza, ma che abbia creato, mescolandosi alla sporcizia, uno strato idrorepellente su tutto il vostro corpo.

Immaginate di avere fame, anzi, di ricordarvi di aver avuto fame; non ce l’avete più da quando avete visto le condizioni in cui si trovano le cucine dei ristoranti nei quali mangiate.

Ogni vota che inghiottite un boccone sperate che non contenga qualche batterio particolarmente aggressivo o che qualcuno non ce l’abbia messo di proposito; Speranza che il più delle volte è vana.

Immaginate di essere immersi in un traffico caotico dove i clacson sono impazziti e il tasso di polveri “sottili” nell’aria è talmente elevato da coprire il fetore della spazzatura accumulata nelle strade e delle fogne a cielo aperto; Immaginate di non poter camminare tranquillamente per le strade perché continuamente tormentati da mendicanti, procacciatori d’affari, vacche sacre e pirati della strada, … che anche il gesto più normale come distrarsi per guardare una vetrina possa voler dire rischiare la vita.

E poi come se non bastasse nei mesi estivi una elevatissima percentuale di umidità nell’aria e piogge improvvise e torrenziali rendono in tutto se possibile ancora meno piacevole.

Ecco, se l’avete immaginato, questa è l’India come può apparire la prima volta che ci si arriva.

Non l’ho detto per spaventarvi, è vero! Ma con un minimo di adattabilità, tolleranza e un po’ di attenzione è possibile passare oltre qualche piccolo inconveniente e godersi tutto ciò che di bello ed estremamente interessante questo viaggio può offrire.

Ci è capitato molte volte di essere fermati da ragazzi, ragazze, famiglie intere per scattare una foto insieme, scambiare due parole o solo per una stretta di mano.

Ed è proprio una stretta di mano ad aver lasciato un impronta indelebile su me … e la mia maglietta.

Ovvero quella di un paio di bambini di Jaisaimer che come tanti altri loro coetanei con una pentola sulla testa vanno in giro a raccogliere ( rigorosamente a mani nude come prevede la tradizione Hindu ) cacca di mucca.

Ma cosa ci faranno tutti sti bambini con tutta sta cacca? Ad Agra l’ho capito.

La portano a casa, la rovesciano in una vasca di cemento e la mescolano con della paglia, in fine confezionano delle polpette simili a dischi di 25 cm di diametro e alti 3 o 4 cm che poi verranno fatte seccare al sole e successivamente usate come combustibile, per stufe o fornelli.

È infatti possibile notare lungo le strade appena fuori dal centro migliaia di queste puppett d’merda stese al sole ad essiccare.

Capita anche nei villaggi in campagna che con un altro miscuglio composto di cacca, acqua e terra facciano una specie di boiacca con la quale intonacano le case.

Che in India ci siano le caste credo lo sappiano tutti ma noi dopo 3 o 4 giorni non ci eravamo ancora accorti di nulla.

Certo, in seguito all’avvento della democrazia sono state ufficialmente abolite ma “forse” qualcosa è rimasto.

Abbiamo fatto qualche domanda in giro e rotto un po’ le scatole ai negozianti, agli albergatori, ai passanti e tutti hanno confermato che oramai le caste non esistono più.

Ma approfondendo il discorso abbiamo scoperto che ciò nonostante la divisione sociale in caste è ancora fondamentale per la gente.

Non so se lo cose di seguito riportate siano vere, io mi limiterò a trascriverle così come me le hanno raccontate o perlomeno come mi pare di averle capite… sta a voi crederci o no.

Le caste principali sono quattro: i bramini, i guerrieri, i mercanti e i contadini. Ognuna di queste caste è suddivisa in innumerevoli sottocaste (cammellieri, macellai, sciampisti ecc).

Oltre a questi ci sono i “paria”, i fuori casta che una volta erano destinati a vivere e a morire per strada, non potevano possedere nulla né essere aiutati da appartenenti alle altre caste, non potevano entrare nelle case e dovevano tenere lo sguardo basso per non incrociare quello degli altri, addirittura non potevano nemmeno calpestare l’ombra del cibo del bramino altrimenti l’avrebbero reso impuro.

Anche se ci dicono che ormai le cose sono cambiate, che anche un paria può diventar ricco, che addirittura il governo riserva dei posti di lavoro pubblici proprio a questi ultimi per far in modo che possano integrarsi a me non pare sia cambiato molto da allora.

Io non ho la certezza che tutti i mendicanti che ogni giorno incontro per le strade appartengano a questa “non casta” ma sicuramente vivono in condizioni di miseria e di degrado come mai mi è capitato di vedere fin ora.

Se un paria può diventar ricco un bramino può ovviamente cadere in miseria ma che sia chiaro che ogni individuo nasce, vive e muore senza mai uscire dalla sua casta originale.

Perché ciò sia possibile i matrimoni sono combinati in modo che ci si sposi sempre tra appartenenti alla stessa casta.

I matrimoni tra caste diverse non sono tollerati, specialmente nei piccoli centri dove il legame tra i membri della stessa comunità è molto forte.

Nel caso ciò accadesse i due trasgressori sarebbero subito allontanati delle famiglie e destinati ad emigrare in una grande città dove la cosa è più tollerata.

Come società mi sembra una delle peggiori che abbia mai visitato; mentre con noi sono tutti abbastanza gentili, tra di loro, se appartenenti a caste diverse si schifano.

Più di una volta mi sono sentito dire: “non parlare con quella persona poiché appartiene ad una casta inferiore”.

Non ho capito esattamente come sia possibile tra un miliardo di persone riconoscere la casta di quello che ti sta di fronte.

Mi hanno detto che si capisce dal cognome ma non mi convince.

Nei villaggi e nei piccoli centri non deve essere difficile avere informazioni sulla famiglia di appartenenza ma a Nuova Delhi !? Se c’è una cosa che accomuna tutti è il matrimonio.

I matrimoni, come già detto in precedenza sono per il 90% combinati dalle famiglie, (quasi nessuno si sposa per amore) e sono più simili a dei contratti commerciali. Infatti la famiglia della sposa deve pagare una dote alla famiglia di lui per accaparrarsi lo sposo.

Premesse: le figlie femmine sono obbligate a sposarsi per non essere escluse dalla loro società inter casta.

Per cui si contratta la dote con la famiglia dello sposo.

Quest’ultimo sposerà la ragazza la cui famiglia pagherà la cifra più alta.

Capita che la famiglia della sposa si indebiti per poter pagare la dote o che paghi ratealmente. Nel caso in cui la sposa non possa onorare il debito o non si dimostri adeguata, può succedere che quest’ultima sia bruciata viva e il tutto venga archiviato come incidente domestico Una volta sposate le donne lasceranno la loro casa e andranno a vivere con la famiglia del marito.

Ovviamente finche hai solo figli maschi va tutto bene ma se capita di avere due o tre femmine cominciano a sorgere problemi di carattere economico.

Le ferree regole del matrimonio obbligatorio per le donne vale anche per i paria che però non avendo nemmeno di che vivere mi chiedo come facciano a racimolare i soldi per la dote di una figlia.

Pena l’essere espulsi anche dalla loro società di pezzenti. Ma già che siete miserabili non potete chiudere un occhio almeno tra di voi ? Se ne deduce che se avere una figlia femmina non è un affare tra gente comune, in questi casi di estrema miseria possa essere ancora peggio.

Sfortunatamente pare che in questi casi la mortalità infantile specialmente tra le bambine sia particolarmente alta.

Causa lo stile di vita o gli daranno una mano i genitori? Io qualche bambina scheletrina visibilmente denutrita l’ho vista e sinceramente il dubbio che sarà comunque lasciata morire di fame e di stenti mi è venuto.

I figli maschi forse però non sempre hanno un destino migliore… Visitando l’india del nord sicuramente vi capiterà di notare un gran numero di mendicanti storpi.

Io all’inizio pensavo: “va beh, guidano di merda! Poi ci sono un sacco di bambini in mezzo al traffico a lavare i vetri, se non è una volta è un’altra, prima o poi li stirano” poi però mi hanno detto (…).

Prima di concludere, volevo ringraziare il popolo indiano perché ha smentito con i fatti le malignità e le dicerie che lo dipingono come uno tra i più infidi e rompimaroni del mondo, anche se ho saputo che con altri miei amici non è stato altrettanto cortese ed ospitale.

Inoltre intendo chiedere scusa alla Santa Sede per le indiscrezioni che stavo per diffondere tramite internet sul Papa vecchio e quello nuovo; alle vacche per quello che ho fatto alle loro cugine una volta tornato a casa; al Mahatma Gandi perché più di una volta ho avuto la tentazione di prendere i suoi principi di non violenza e spaccarli in testa ad un tassista; Ma soprattutto ai turisti ai quali ho mentito e che magari mi hanno anche creduto, ricordandogli che quello che conta non sono i posti dove uno è stato ma quelli dove deve ancora andare.



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