Il Cairo tra bellezze e disuguaglianze

Un percorso originale tra turismo e vita quotidiana.
Scritto da: Andrea Misuri
il cairo tra bellezze e disuguaglianze
Partenza il: 22/07/2010
Ritorno il: 03/08/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
E’ difficile resistere all’invito dei nostri amici Silvia e Andrea. Lavorano al Cairo nella cooperazione. Propongono a me e Susanna di raggiungerli nell’appartamento che hanno in affitto in Sharia Ahmed Hishmat, a Zamalek, il quartiere che si estende nella parte nord dell’isola di Gezira, sul Nilo al centro della città. Ci attira l’idea di vedere le bellezze artistiche del Cairo, così come l’opportunità di immergersi per qualche giorno nella vita quotidiana di questa metropoli di venti milioni di persone. Unica controindicazione, il periodo scelto. Per sfuggire al caldo torrido di questa stagione, i cairoti ricorrono all’aria condizionata sparata a tutta, nei locali come sui taxi. E questo diventa spesso un ulteriore problema. Zamalek è il quartiere delle Ambasciate. Dove risiedono e lavorano la maggior parte degli stranieri. Diplomatici e rappresentanti delle tante associazioni impegnate in progetti di cooperazione e sviluppo. Qui vivono molte famiglie della borghesia locale. Un quartiere che spesso i turisti non conoscono, ma che a mio avviso, concluse le tappe obbligate, merita una mezza giornata, da dedicare magari a uno shopping di alta qualità. Ad un costo comunque per noi accessibile, dato il cambio decisamente favorevole, poco più di 7 pound per 1 euro. Usciti dall’aeroporto, il primo impegno è la trattativa con il taxista per il prezzo della corsa. Sarà una costante che si ripeterà ogni qualvolta dovremo spostarci. I mezzi pubblici non sono consigliabili e per la metropolitana, che pure in un’occasione abbiamo preso, occorre conoscere a sufficienza la città. D’altro canto i taxi sono usati anche dagli egiziani come il mezzo di trasporto più veloce e comodo. Mediamente, la spesa per spostamenti in città varia dai 20 ai 40 pound. Da un paio d’anni ci sono anche due compagnie di taxi – gialli o bianchi, da preferire – che usano il tassametro e con le quali è possibile prenotare la corsa. Dall’aeroporto – lontano dalla città – a Zamalek si trova l’accordo a 80 pound (al ritorno, con la prenotazione, sono bastati 50 pound). Siamo in casa; dalle finestre dell’appartamento, nella luce del tramonto, il Nilo appare maestoso e tranquillo. Solcato da barche e velieri grandi e piccoli, carichi di turisti, con cena e spettacolo musicale inclusi o meno, che sparano dagli altoparlanti a tutto volume musiche assordanti. La nostra prima sera ci spostiamo a piedi fino alla punta nord dell’isola. Per la cena gli amici scelgono il Sequoia, 53 Sharia Abu El Feda. Ristorante all’aperto incorniciato dalle acque del fiume, moderno, frequentato dai giovani di buona famiglia della città. Tra divani e cuscini bianchi, si può fumare la shisha. La vista che si ammira merita da sola la scelta. Spendiamo 130 pound a testa. Rilassante. Si va a dormire. Ci sveglia la preghiera del muezzin. La voce giunge forte, lontana, metallizzata, amplificata dagli altoparlantI nell’aria calda della notte. Le preghiere si ripetono puntualmente a diverse ore del giorno, ed è così che presto non ci facciamo più molto caso. La mattina successiva ci si muove alla scoperta del Cairo, cominciando dal quartiere dove alloggiamo. Le Ambasciate si susseguono una dopo l’altra. A presidiare le garitte, giovanissimi soldati appoggiati ai fucili, rispondono con cordialità al nostro saluto. Ci infiliamo nei negozi, compariamo i prezzi, ci facciamo un’idea di cosa potremo acquistare. Cominciamo salendo al primo piano di un palazzo, al 27 Sharia Yehia Ibrahim. All’Egypt Crafts Center si vendono raffinati articoli d’artigianato prodotti all’interno di un progetto di cooperazione internazionale. Oggetti di legno intarsiato, tappeti, coperte in cotone fatte a mano, ceramiche. Da consigliare. La Loft Gallery, 12 Sharia Sayed El Bakry, è un grande negozio di antiquariato dove ammiriamo splendidi lampadari, tavoli costruiti utilizzando vecchie porte e finestre in ferro battuto, separé di squisita fattura. All’Organic&More, 8 Sharia Ahmed Sabry, si acquista vestiti per bambini e prodotti gastronomici. Al Nefertari, 15 Sharia El Marashly, saponi, oli e oggetti per regalo in cotone egiziano. Entrambi i negozi vendono prodotti rigorosamente naturali e biologici. Una realtà ben rara in questo Paese. Per l’argento, Hasan&Ali, 3 Sharia Sayed El Bakry, un artigiano che nella piccola bottega è intento a cesellare manufatti, anelli e collane. Durante il giro, il Caffè Costa, 15 Sharia El Marashly, è una tappa obbligata. Prende il nome dai due fratelli italiani che fin dall’inizio degli anni Settanta hanno aperto una catena di locali. C’è il wireless. Qui le ragazze si danno appuntamento e parlano tra loro sottovoce. All’entrata, impilati in bella mostra, i quotidiani locali sono a disposizione degli avventori. Al di là delle vetrate, osserviamo un venditore che dietro la sua bancarella, sbuccia fichi d’India per i rari clienti. Nel pomeriggio attraversiamo il ponte 26 Luglio e raggiungiamo a piedi il quartiere di Baluq. Il grande mercato, che dalla riva destra del Nilo si estende verso est, pur centrale nel contesto urbano, non è frequentato dagli stranieri. Camminiamo per ore. Seguendo il flusso ininterrotto delle persone intorno a noi. Nel rincorrersi delle grida dei venditori, le trattative dei compratori, gli odori che riempiono l’aria. Due realtà così diverse, soltanto a distanza di un km. O poco più! Riattraversato il ponte, ceniamo all’Abou El Sid, 157 Sharia 26th of July. Ristorante dall’ambiente e dalla cucina tradizionale egiziana. Tavoli bassi intarsiati e grandi lampadari. Luci soffuse. In attesa dei piatti, i clienti, compreso quelli in formato familiare, fumano la shishia. Da provare. Nei giorni che seguono visitiamo i tesori artistici per i quali il Cairo è considerato un patrimonio dell’umanità immenso e unico. Il Cairo copto è il centro della comunità cristiana locale. Un quartiere permeato del forte sentimento religioso che nei secoli ha attraversato i cristiani di Egitto. Assolutamente da visitare, la Chiesa Sospesa, il Convento e la Chiesa di San Giorgio, la Chiesa di San Sergio e quella di Santa Barbara, la Sinagoga di Ben Ezra. Si attraversa il mercato coperto di al-Fustat e si arriva alla Moschea di Amr ibn al-As, la prima costruita in Egitto, nel VII sec.. Nella zona della città conosciuta come il Cairo islamico, molti sono i luoghi di culto di grande valore storico e religioso, a cominciare dalle moschee di Al-Azhar e Sayydna al-Hussein, che si affacciano sulla grande piazza Midan Hussein, affollata di turisti a ogni ora del giorno. Più a nord le madrase e i mausolei di Barquq, An-Nasir Mohammed e Qalaun. Il mercato Khan al-Khalili è il più famoso del Cairo. Dal XIV sec. È il centro pulsante del commercio cittadino. Con un minimo di attenzione, si possono fare ancora ottimi acquisti, dai manufatti in vetro ai patchwork. Il mercato è molto esteso e ci sono delle zone dove difficilmente arrivano gli stranieri. La sosta è d’obbligo al Khan El Khalili Restaurant – Naguib Mahfouz Café, 5 El Baddistan Lane. Un piccolo locale in stile moresco. Oasi elegante e quieta dove fermarsi, come noi, per sorseggiare in tranquillità un tè all’ibisco e provare la shoraba’adas, la zuppa di lenticchie sempre servita con spicchi di limone. Lasciamo fuori dal portoncino del locale, mimetizzato tra le botteghe della strada, il caos e i rumori quotidiani del bazar. Quasi un tuffo nel passato. Il ricordo torna alle ambientazioni di certe pellicole anni Quaranta. Ai margini a est del centro storico, la Cittadella voluta da Saladino nel XII sec., per secoli residenza dei sovrani egiziani, considerata dagli esperti al seguito di Napoleone una delle grandi bellezze del Cairo, è oggi uno dei luoghi più frequentati dai turisti. All’interno si erge maestosa la bianca Moschea di Mohammed Ali. Intorno si rincorrono vocianti i venditori di souvenir. Preso un taxi al volo, dalla Cittadella risaliamo Sharia Salah Salam e arriviamo all’Azhar Park. Fino a pochi anni fa, qui s’innalzava a perdita d’occhio un gigantesco cumulo di rifiuti. L’Aga Khan Foundation ha trasformato la discarica in un immenso parco a disposizione della cittadinanza. Un’oasi di verde. Da queste parti non si era mai visto niente di simile. Palme, alberi di datteri, siepi interrotte da macchie di fiori dai colori accesi, vialetti che si disperdono nel sottobosco, fontane e panchine. Un lago artificiale, un bar e un ristorante invitano alla sosta. Qua e là giovani coppie cercano un attimo d’intimità. Quasi di fronte all’entrata del parco si estende la Città dei Morti. Un quartiere assolutamente a sé stante. Fuori dai percorsi delle guide turistiche. Anzi, la cui visita non è certamente invogliata dalle autorità egiziane. Un gran numero degli abitanti lavorano a contatto dei morti. Una sorta di guardiani delle tombe che si estendono sotto le abitazioni. Qui sopravvivono riti ancestrali. Si veglia e si banchetta ancora sulle tombe. In un rapporto stretto tra la vita e la morte che si perpetua da secoli. Camminiamo per strade quasi deserte, tra cumuli di nettezza bruciata. Siamo più volte invitati a entrare nelle case. Per visitare le tombe, dietro un compenso economico. Invito che decliniamo. L’unica sosta è per acquistare delle piccole lampade di vetro a un prezzo inferiore che a Khan al-Khalili, da Mamlukes Factory, Sharia El Souk, di fronte alla Moschea Qaitbay Raggiungiamo il Museo Egizio percorrendo a piedi la Corniche, il lungo Nilo. Gli alberi lungo il fiume aiutano a trovare refrigerio al caldo agostano. Luogo di incontro per gli innamorati, che seduti sui muriccioli, parlano sottovoce, quasi per non farsi notare. Le famiglie passeggiano con i bambini; gli anziani, sulle panchine, consumano un pasto frugale oppure fumano lentamente. Attraversiamo Sharia Ramsees. Il Museo si estende su due piani. Da non perdere assolutamente le Gallerie di Tutankhamen, con il tesoro del giovane faraone ritrovato negli anni Venti nella Valle dei Re. L’area delle Piramidi di Giza è ormai lambita dalle costruzioni che negli ultimi decenni si sono estese fino a qui. La Grande Piramide di Cheope, la Piramide di Chefren e quella di Micerino, la Sfinge. Da visitare anche il Museo della Barca Solare. Contiene una grande imbarcazione di legno di cedro che serviva a trasportare la mummia del faraone. Al più tardi entro un paio di anni, a Giza aprirà il Grande Museo d’Egitto. Oltre alla stessa Barca Solare, vi troveranno posto gran parte dei tesori che attualmente non trovano una giusta collocazione al Museo Egizio. Infine, come perdersi la salita sulla Torre del Cairo, ormai uno dei luoghi più visitati della città? Una torre di 185 m., decisamente moderna ma dalla cui cima lo sguardo si estende fin verso i lontani confini della metropoli. Prima di concludere, ancora qualche dritta. Assolutamente da non perdere è l’esibizione dei colorati dervisci egiziani. Un paio d’ore di danze sufi da lasciare a bocca aperta. Al-Tannoura Traditional Troup è il nome della compagnia. Wekalet El Ghouri il teatro all’aperto, vicino a Khan El Khalili. Entrata libera fino a esaurimento dei posti, dalle ore 18,30, il lunedì, mercoledì e sabato. Per una cena di pesce, la scelta è obbligata: Fish Market. Una catena di ristoranti su barconi lungo il Nilo. In particolare, uno più centrale, al 26 Sharia el-Nil. Un’altro, forse superiore, in Corniche Maadi, quartiere residenziale in direzione sud, sempre sulla riva destra. Sul grande banco prospiciente la cucina, scegliamo il pesce che ci verrà cucinato. Calamari, gamberi, triglie, branzini, sogliole, pesce azzurro. Una cascata di frutti di mare. Unica avvertenza per quest’ultimi, chiedete che siano cotti poco. La tendenza è all’opposto e diventano troppo duri. Una serata unica, magari a lume di candela, mentre le barche – il contorno disegnato da lampadine colorate, quasi “natalizie” – solcano il placido Nilo. Un salto in centro a Down Town. Obbligatorio fermarsi a El Horryia café (“Libertà” in italiano) in Sharia Muhammad Mazloum. Un bar d’altri tempi. L’arredamento, a cominciare dai grandi specchi alle pareti, ci riporta indietro negli anni. La sala – illuminata dalla bianca luce dei neon – è frequentata da studenti di ogni Paese. Tutti parlano contemporaneamente in mezzo al fumo. Si beve “Stella”, la birra nazionale, insieme a grandi quantità di lupini. Non mi risulta che sia segnalata dalle guide turistiche. Questi giorni ci hanno permesso di conoscere realtà diverse, a volte contrapposte, della stessa città. Abbiamo camminato spesso senza una meta precisa per mercati e quartieri. Una metropoli infinita. Che non ha un sindaco ma cinque governatori. Dove si percepisce la forte differenza dei ceti che vivono il Cairo; basta affacciarsi dai grattacieli e gettare lo sguardo in basso, non fino ai giardini e alle strade, ma fermando l’attenzione ai tetti delle abitazioni, popolati da famiglie numerose e in miseria. Disuguaglianze sociali e di genere che sono ancora profonde, radicate a condizionamenti culturali difficili da mettere in discussione. Dove stridono l’abbandono e la povertà a confronto di un nuovo modello di ricchezza che avanza. A giro nelle strade, troppi i minori che chiedono sostegno vitale. Vendono mazzi di menta nel caos del traffico quotidiano all’incrocio di Sharia El Brazil; vanno sotto il peso di grandi ceste ripiene di pani in Sharia Darb El Malaheen a Baluq; spingono carretti più grandi di loro sulla dissestata Sharia Haret El Salheia in Khan al-Khalili. Disuguaglianze e condizionamenti che aumentano se ci si allontana verso i confini lontani dell’immensa periferia. Un’esperienza da consigliare, per cercare di conoscere dal di dentro l’anima più profonda di un Paese che si affaccia sul Mediterraneo. Dirimpetto alle nostre coste.


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