Chi mi legge non è solo

La solitudine. La odi la rispetti la ami; ne parliamo e scriviamo per scacciarla, per darle un senso, per giustificarla. Ne parliamo perché ne abbiamo paura, come di tutte le cose a cui non sappiamo dare un perché. Ognuno di noi è solo anche senza saperlo. Ognuno di noi ha una parte che non condivide, che non scopre, che non conosce, che ha...
Scritto da: Mario Coletti 1
chi mi legge non è solo
Partenza il: 21/12/2001
Ritorno il: 29/12/2001
Viaggiatori: fino a 6
La solitudine. La odi la rispetti la ami; ne parliamo e scriviamo per scacciarla, per darle un senso, per giustificarla. Ne parliamo perché ne abbiamo paura, come di tutte le cose a cui non sappiamo dare un perché. Ognuno di noi è solo anche senza saperlo. Ognuno di noi ha una parte che non condivide, che non scopre, che non conosce, che ha chiuso in un cassetto per non vederla. E che è sola.

Questo è un viaggio d’immagini e sensazioni, questo è un viaggio di ricerca.

Per la prima volta dopo molti anni non c’e’ altro fine, non lavoro, non vela, non sub, non amore…

Guatemala City, 21 dicembre.

Manila, Jakarta o Guatemala city, lo squallore delle grandi città si ripete costante senza differenza di nazione, ma è sufficiente varcare la soglia della ‘Posada Colonial’ per trovarsi immersi nell’atmosfera latino americana, pavimenti lucidi rosso scuro, muri bianchi, ampi archi, stucchi e ferro battuto barocchi e spagnoleggianti.

Fuggiamo il giorno seguente dalla squallida città con un autobus di linea … Polli pacchi e musica incluso ‘Old land sight’ che commuoverebbe Sharon…

Lo spazio è un’opinione e comunque non è vero che sia incomprimibile ci sono 30 posti a sedere e siamo in 50 tutti seduti. Chanel, non è la marca più venduta. Destinazione Antigua la più bella città del Guatemala. Antigua di nome e di fatto, qualche turista di troppo altrimenti potremmo essere ad inizio secolo, qui l’architettura bassa e coloniale, predomina, misto di bianchi, gialli e rossi forti contornati da rigogliosi verdi di qualsiasi pianta che qui cresce a vista d’occhio mentre a Milano stenta striminzita. Ci fermiamo poche ore. Partenza in autobus, in programma attraversare tutto il paese fino a Copan oltre il confine con l’Honduras. L’autista è un pazzo o lo sarebbe da noi, ma forse lo ricorderemo come uno dei migliori, qui è lo stile di guida normale.

Ci arrampicano verso gli altipiani, si sale dai 1500m verso i 2700m, l’aria si fa più tersa e la vista meravigliosa, pinnacoli vulcanici contornati da grosse nuvole bianche, erti pendii incredibilmente coltivati a mais ed illuminati dal sole al tramonto, dal punto più alto della strada appare il lago Atitlan che navigheremo per passare di villaggio in villaggio il giorno di Natale.

Discendiamo a 2000m per le strade contorte verso Quetzaltenango (Xela) città quasi di confine e di sosta per chi va o arriva dal Messico, è caotica e buia nella sera dell’arrivo, la camera fredda, la doccia gelida, ci aggiriamo alla ricerca di un posto per mangiare, ne troviamo uno semichiuso, ci accolgono bene, ci portano una birra locale, scura e densa, e due fondine con pollo immerso in un sugo denso, marrone ed una specie di gulash piccante; la cosa migliore è che sono caldi, il primo pasto caldo in 48 ore, potrebbe essere qualsiasi cosa.

Xela, città di mezzo, prospera ai tempi del caffè e del cacao sembra che alla gente Maia si siano mischiati germanici senza futuro venuti a cercar ricchezza e rimasti intrappolati dal lento scorrere delle cose di qui e diventati parte del paesaggio. Ci fermiamo al Caffè Bavaria per una cioccolata calda ed un Frankfurter, frequentato da gente locale, turisti solo noi ed una ragazza con l’aria dell’esploratrice, accompagnata da una guida Maia ed alla ricerca di …

23/12 Sveglia all’alba, doccia fredda e cioccolata al Bavaria, siamo immersi nella nebbia, è domenica e c’e’ già gente che si affretta alla messa in duomo, ma l’impressione viene dal terminal dei bus, ce ne saranno 50 ed un migliaio di persone. Ci caricano su un chicken bus per Encuentro da dove proseguiremo per Cicinastenango (Cici) la meta di oggi. Si sale dalla nebbia da 2400m verso i 3000m e come usciamo sopra le nuvole lo spettacolo è incredibile. La valle è immersa in una densa nebbia bianca da cui emergono i pendii ed i coni vulcanici che vanno oltre i 3500m, il blu’ del cielo è intenso ed il contrasto è spettacolare, se chiudi gli occhi e fai un respiro profondo ti puoi immaginare l’aria fresca e pura che invade i polmoni.

24/12 il bus per Panajachel (Pana). Pana, una Puerto Escondido per intenditori, prima invasa e poi abbandonata da ‘alternativi’ al tempo della rivoluzione, oggi si sta ripopolando di turisti ma senza eccesso. Troviamo la solita camera per 7 dollari a testa, doccia tiepida, ma ambiente confortevole. Pana, il lago ed i vulcani. La venditrice di orecchini… La messa di Natale ed i botti.

25/12 Giro in un battello. Visitiamo i paesi bagnati dal lago ai piedi del vulcano, foto stupende, immagini di un mondo così lontano dalla nostra quotidianità. Storie di guerra e di rivoluzione, di morti per nulla, quasi ti vergogni di essere un turista ad ammirare una povertà bellissima e dignitosa. Per caso, a notte fonda ritrovo i compagni del giro in barca, tutti intorno ad un banchetto che vende bibite e frutta, 11 italiani intorno al fuoco improvvisato per strada, salta fuori una bottiglia di rum, tutto diventa più fluido, ecco come si diventa amici per un giorno. Ogni tanto qualcuno passa e ci guarda curioso poi, una figura slanciata si avvicina e fa per aggregarsi. C’è posto per tutti, ma la curiosità è per l’ultimo arrivato. Lo guardo di nuovo, mi guarda ridendo, complice, come ci conoscessimo da sempre. E’ lei, l’”esploratrice” di Xela, mi si siede vicino a gambe incrociate, sorseggia dalla bottiglia del rum che le hanno passato, e dopo pochi minuti perdiamo le tracce di quell’allegra combriccola. Ci immergiamo in domande e racconti, … Julie studiosa di vulcani, amante del viaggio e dell’indipendenza, del fermarti se ti va, dell’andare quando serve, mi avrebbe dato quella notte una piccola parte di sé senza chiedere nulla in cambio, solo perché la nostra strada si era incontrata due volte ed i nostri sguardi anche. Il gruppo cominciò a diradarsi man mano che la mattina si avvicinava, finché non ci prendiamo per mano e ci seguiamo in silenzio fino alla sua piccola stanza, fino a dove le nostre parole si esauriscono ed il sonno si fa profondo. Alle prime luci la mia voglia di ricerca è terminata e la fuga pure. Non posso dire se è uno stato temporaneo oppure qualcosa che durerà, per certo sento una leggerezza interiore, guardo Julie distesa e profondamente addormentata, ci eravamo messi a dormire sapendo che il risveglio ci avrebbe separato di nuovo e per sempre. Mi alzo cercando di non far rumore, le do un’ultima occhiata chiudendo la porta, forse dormiva ancora forse aspettava in silenzio che me ne andassi. La notte finita ma le strade ancora deserte, se non fosse per i cani in caccia di cibo.

27/12 Partenza verso l’Honduras. Il paesaggio continua impervio e montagnoso via via più arido, siamo a metà della stagione secca. L’Honduras e Copan ci spalancano le porte al mondo Maia antico. Finora abbiamo visto solo i Maia moderni sulle montagne del Guate, rappresentano la parte più povera della popolazione, eppure sono fieri e forti, le donne vestono costumi coloratissimi e spesso un cappello fatto da una coperta piegata e che serve da cuscino su cui si caricano in precario equilibrio fagotti più grandi di loro di roba comprata o venduta al mercato e che trasporteranno per chilometri a piedi per le montagne e su e giù dai chicken bus.

L’atmosfera nell’antica Copan è unica, ci si sente avvolti nel mistero ed e’ facile immaginare suoni e colori della città viva. Non è difficile pensare a quello che gli spagnoli si sono trovati di fronte e, come in qualche modo il loro terrore deve essere stato più grande di quello degli indigeni. Deve essere stato proprio il terrore dell’ignoto la paura di una potenza occulta più grande di loro ad indurli a distruggere tutto, a convertire, ad occidentalizzare. Verifico l’asse del tempio maggiore con la bussola per osservare con quale precisione sia posto in direzione nord-sud così come anche le strade di Antigua sono poste perfettamente in linea con gli assi cardinali, perché? Quale superstizione, logica o necessità richiedeva di allineare tutto secondo gli astri (non certo la bussola), se non la venerazione degli stessi, più noti ai Maia probabilmente, che non agli Spagnoli del 1500, invasati dalla Santa Inquisizione, che taccerà Galileo di eretismo al punto da obbligarlo a ritrattare sulle sue scoperte per salvarsi dal rogo.

29/12 – 11ore in viaggio per Flores e Tikal, la capitale Maia. Questa volta si viaggia in autobus di prima classe. All’arrivo la strada è polverosa, l’aria, un misto di smog e terra sollevata dai veicoli. Cerchiamo il nostro albergo nella strada semibuia tra i cani randagi. E’ più lercio di un covo ad ore. Forse abbiamo toccato il fondo. Io l’ ho cercato, forse voluto, forse meritato, sempre più contento di non aver imposto a nessuno la stessa esperienza.

In realtà più che il disgusto per la sistemazione e l’evolversi di eventi che in fondo erano parte dell’avventura, ciò che mi ha rigirato dentro è la perdita dell’amuleto. Non certo un tesoro, ma con uno strano significato. Ora comincio a sentirmi solo, fisicamente solo, una cosa annunciata ed attesa, che volevo accadesse, che volevo affrontare capire e superare.

Ora mi manca Julie, non avrei voluto chiudere quella porta alle spalle o forse avrei voluto “fissare un appuntamento”, sapere che per le strade di Flores ci saremmo incontrati, riconosciuti e avremmo passato un’altra notte in bianco anche solo a ridere, palare ed infine dormire, di nuovo come la prima volta.

E forse capiterà, senza avere bisogno di organizzare nulla, anche se la sua strada era verso Sud, verso Panama ed il Sud America … Studiava i vulcani.

Julie mi ha fatto vedere l’altro lato del viaggio. Avevo definito il mio un viaggio di ricerca, Julie viaggiava perché non cercava più. Non ne aveva bisogno e, soprattutto nella sua pace e tranquillità riceveva e scopriva molto di più di quando inseguiva e rincorreva in una ricerca affannosa qualcosa senza sapere cosa.

Tornando a casa Una lieve emozione mi scorre nelle vene quando il grande jumbo inizia la discesa decisa verso casa… Il comandante ha una voce bassa ed autorevole non so se data dalla notte in bianco o dal fatto che non vuole disturbare.

20 minuti ed atterreremo a Londra alle prime luci del mattino nel freddo limpido e pungente dell’inverno inglese. E’ una scena famigliare non importa da dove arrivo, è sempre uguale ed anticipa il tepore di casa, l’impossessarsi di nuovo delle proprie cose lasciate indietro al momento della partenza. Ci si potesse portare la casa appresso.

Una ragione per amare la barca, non ha, in teoria, limiti di confine e ti porti dietro tutto… Non importa da dove arrivo, la casa sarà fresca e silenziosa ed il caffè sorseggiato guardando fuori dalla finestra e pensando al viaggio finito, sarà il migliore del mondo. Ci sono momenti senza spazio e senza tempo quando la mente, il corpo ed il luogo sono separati, disconnessi, slegati tra loro…



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