La Grecia continentale e il Peloponneso

Sono le sette del mattino e le rigogliose coste dell’isola di Corfù ammiccano degli oblò della Olimpia Palace, la nave che ci sta portando in Grecia. Partiti ieri, nel tardo pomeriggio da Ancona, tra poco sbarcheremo a Igoumenitsa Lasciato dietro di noi il porto ellenico percorriamo la regione montuosa dell’Epiro con i suoi paesaggi...
Scritto da: marimila
la grecia continentale e il peloponneso
Partenza il: 30/04/2005
Ritorno il: 08/05/2005
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
Sono le sette del mattino e le rigogliose coste dell’isola di Corfù ammiccano degli oblò della Olimpia Palace, la nave che ci sta portando in Grecia. Partiti ieri, nel tardo pomeriggio da Ancona, tra poco sbarcheremo a Igoumenitsa Lasciato dietro di noi il porto ellenico percorriamo la regione montuosa dell’Epiro con i suoi paesaggi incantevoli e selvaggi. I colori, ma soprattutto gli odori portati dal vento sono quelli tipici dei paesi del Mediterraneo, mirto, finocchio selvatico, rosmarino, una fragranza di profumi già conosciuti nei nostri precedenti viaggi in Croazia e nel Montenegro. Affacciata sul lago Pamvòtida, Ioannina è la prima importante città che incontriamo lungo il percorso. Visitiamo la cittadella fortificata che sovrasta le case dell’antico borgo dominato fin dal 1400 dai Turchi. Una delle due antiche moschee si trova proprio qui in questa collina a ricordarci l’influenza dell’impero Ottomano in tutto il Mediterraneo.

Superato il passo del Kataro a 1700 metri nelle montagne del Pindo scendiamo verso la pianura della Tessaglia arrivando nel primo pomeriggio alle Meteore, enormi rocce di colore scuro che s’innalzano maestosamente, creando uno spettacolo meraviglioso e selvaggio. In cima a queste enormi torri svettano grandiosi monasteri di religione Greco-ortodossa fedeli guardiani di un modello di vita monastica ormai perduto e che raggiunse l’apice 500 anni fa. I primi eremiti scalavano le rocce per mezzo di una serie di impalcature, che venivano sostenute da travi fissate nella roccia. Questa sistemazione fu rimpiazzata più tardi da lunghissime e vertiginose scale di corda. Quelli che non osavano servirsene venivano tirati su per mezzo di una rete. La salita durava circa mezz’ora: mezz’ora di angoscia e di terrore.

Dopo aver passato la notte a Kalampaka, proprio sotto le Meteore,ci dirigiamo verso sud-est per raggiungere le coste orientali della Grecia e inoltrarci nella penisola montuosa del Pilio stupenda regione della Tessaglia dimora dei centauri, personaggi mitologici metà uomini e metà cavalli. Attraverso un’ampia e panoramica strada, costeggiamo, tra saliscendi, questo lembo di terra che si insinua nel mare e dove le alte montagne che gli danno il nome occupano la sua parte centrale. Volos, importante città turistica del Pilio ci accoglie per la notte e la mattina, subito dopo una ipercalorica colazione a base di uova pancetta e formaggi, affettati, briosche, burro e marmellata, succhi di frutta e quant’altro, imbocchiamo l’ampia strada che ci porta al sito archeologico di Delfi. Dopo alcuni tornanti in salita, eccoci sotto le pendici del Parnaso, il monte Sacro che ospita da più di quattromila anni il complesso denominato l’Oracolo di Delfi. L’importante centro religioso sacro ad Apollo, era uno dei più grandi santuari panellenici della Grecia antica, nonché la sede del più autorevole oracolo del mondo greco-latino. Nessuna decisione, sia di carattere personale che di interesse generale, veniva presa senza consultare la sua sacerdotessa, la quale, con una foglia di alloro in bocca, dispensava consigli e previsioni. Il sito, posto in diversi piani sul fianco della montagna, è attraversato dalla Via Sacra. Sopra il tempio di Apollo si trova il teatro che poteva contenere oltre cinquemila posti e più in alto ancora, lo stadio.Molto più in basso rispetto al tempio di Apollo si trova il santuario della dea Atena Pronaia che racchiude in se la vera perla di tutto questo insieme di resti: il Tempio di Tholos, una rotonda di marmo che è la meraviglia di Delfi e ormai il suo stesso simbolo. Oggi, quarto giorno in terra greca, ci dirigiamo verso sud, costeggiando la lingua di mare che separa la Grecia continentale al Peloponneso. Passaggio obbligato per raggiungere questa regione è l’Istmo di Corinto impressionante opera dell’ingegno umano, lunga sei chilometri le cui pareti in alcuni punti raggiungono quasi gli 80 metri di altezza. L’opera completata nel 1892 taglia quel piccolo nastro di terra che unisce il Peloponneso al continente, creando così un canale per le navi che dall’Adriatico vanno verso il mare Egeo e il mar Nero. Dall’alto la visuale è incredibile sembra quasi che le imbarcazioni sfiorino le pareti benché siano distanti fra loro, in alcuni punti, anche cento metri.

Più tardi, arrivati a Nauplia, in una caratteristica taberna, facciamo conoscenza delle tradizionali pietanze greche come la moussaka, i souvlaki, la greek salade , i pomodorini ripieni di riso e gli involtini con foglie di vite.

Inforcate le moto nelle primissime ore del mattino, facciamo visita alle antiche rovine di Epidauro la cui principale attrattiva è il teatro, stupefacente struttura risalente al IV secolo a.C. Dove grazie alla sua acustica perfetta, all’insuperata armonia architettonica e all’enorme quantità di spettatori che ancora oggi può contenere, vi si eseguono rappresentazioni classiche costituendo un esempio brillante su come usare con rispetto e intelligenza un antico monumento. Proseguendo fino all’estremo sud del Peloponneso arriviamo nella penisola del Mani, una lingua di terra lunga non più di sessanta chilometri e caratterizzata da panorami contraddittori: grotte e villaggi austeri da un lato e lo scintillio del mare dall’altro, che con il suo colore turchese e le deliziose spiagge protette da dirupi, crea uno scenario suggestivo ed irripetibile. L’ostilità di questa terra e la fierezza della sua gente, perfettamente rappresentata nella caratteristica forma a torre delle case, ne decretò l’isolamento rendendola immune dal passaggio del tempo e dai mutamenti che esso porta. Verso sera, stanchi, con i muscoli indolenziti, dopo una giornata intera passata sulla strada, continuamente in “piega” per affrontare le innumerevoli curve che disegnano queste coste, ci fermiamo ad Areopoli, piccolo, ma importante paesino di chiara origine medioevale e tipico esempio dell’architettura di questa regione. La mattina, dopo una veloce sosta a Kalamata per i soliti acquisti di souvenirs, prassi ormai consolidata e tanto attesa dai familiari al ritorno, risaliamo velocemente il Peloponneso. Immersa nella pianura del fiume Alfeo, troviamo Olimpia, la terra dove gli dei assistevano ai trionfi degli uomini e dove i vincitori diventavano delle divinità. Antico luogo sacro, qui venivano celebrati i Giochi Olimpici, che con il passare del tempo divennero le più importanti celebrazioni di tutta la Grecia. Gli scavi archeologici, compiuti verso la fine dell’ottocento, ritrovarono, sotto una strato di fango spesso almeno cinque metri, i resti di importanti edifici come il ginnasio e la palestra dove gli atleti si allenavano, il recinto sacro, il tempio di Era e quello di Zeus, e lo stadio, la pista dove gli atleti gareggiavano completamente nudi, lunga circa 200 metri e larga 30, dove dagli spalti in terra battuta, sprovvisti di gradinate, potevano assistere alle gare almeno 30.000 spettatori. Il nostro viaggio finisce qui in questo luogo, carico di antica bellezza, nel pomeriggio a Patrasso saliremo sul traghetto che ci riporterà in Italia. Ma le suggestioni del luogo continuano a sortire su di noi il loro effetto. Cosa c’è di meglio allora, per concludere adeguatamente questi giorni vissuti insieme, di una improvvisata e fantozziana corsa nel mitico stadio di Olimpia. La sfida è singolare per un gruppo di motociclisti che per emulare la storia, sfrecciano a piedi sulla pista, come gli atleti di qualche millennio fa … Non dico nudi… Naturalmente!!!!… Ma almeno senza casco!!! Pino Perugini



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