Giordania in Febbraio

Nuova avventura in terra mediorientale, visitando uno degli stati più genuini che questo angolo del mondo ospita. Da Amman a Petra, passando per ksar, suq e deserti, 10 giorni di storia, cultura, arte e meraviglie della natura.
Scritto da: Tonyofitaly
giordania in febbraio
Partenza il: 18/02/2020
Ritorno il: 27/02/2020
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
A settembre 2019, in accordo con una coppia di amici, abbiamo deciso di organizzare una decina di giorni da trascorrere non lontano dall’Italia come pausa invernale dal lavoro e, grazie alle tariffe favorevoli di Ryanair, la meta scelta è stata la Giordania: ad appena 4 ore di volo da Milano, questo stato offre un panorama storico, culturale e gastronomico molto interessante nonché una certa facilità nell’organizzare un tour fai da te.

Prenotato il volo aereo (Ryanair da Bergamo nel periodo 18 – 27 febbraio per un importo cadauno di € 135,00 a/r con priority, posto assegnato e un bagaglio da stiva da 20 kg in due), si è passati quasi subito alle prenotazioni alberghiere, grazie all’ampia scelta offerta da Booking: in base al giro previsto, abbiamo riservato 2 notti ad Amman, tre a Madaba (queste spezzettate in due soggiorni), tre a Wadi Musa (per Petra) e una notte nel deserto del Wadi Rum.

Per affrontare gli spostamenti in base all’itinerario progettato, ho contatto a dicembre una società giordana di noleggio molto quotata nei forum, la Monte Carlo rent a car, la quale mi ha offerto un’auto di media grandezza (che si rivelerà essere una Nissan Sunny, esteticamente orribile ma comunque funzionale) al prezzo finale di € 312 per 8 giorni, comprensiva di assicurazione full e drop off (da ritirare nell’ufficio di Amman e lasciare in quello aeroportuale).

A parte poi il ParkinGo (€ 65 al coperto nella nuova sede di Bergamo Orio), ci è restato solo da comprare il Jordan Pass, acquisto che rimandiamo ai giorni precedenti la partenza.

Giunti, però, a febbraio, abbiamo un drastico cambiamento di programma: la coppia nostra di amici non può più partire per gravi problemi familiari (perdendo così il biglietto aereo e il soggiorno a Petra, non rimborsabile) e quindi restiamo in due.

Rimoduliamo le prenotazioni cancellandole e poi riservandole di nuovo solo per una coppia e compriamo il Jordan Pass, quello da due ingressi a Petra, che viene a costarci cadauno € 106,00.

A questo punto, LP alla mano, non ci resta che partire per le bellezze giordane.

18 febbraio – martedì

L’alzataccia mattutina ci consente di attraversare la vuota e fredda pianura per giungere ad Orio giusto in tempo da lasciare il bagaglio da stiva, fare i controlli, una veloce colazione e imbarcarci per Amman, il cui volo parte con un po’ di ritardo poco dopo le 6.

L’aereo piomba in un silenzio da sonnellino ma, poco prima dell’atterraggio ci destiamo tutti per ammirare la costa israeliana sotto di noi e le colline dell’entroterra: un paio di virate tra le nuvole e, con pochi minuti di differenza dall’orario previsto, si tocca terra all’aeroporto di Amman. Fuori l’aereo tira vento e, tutto sommato, l’ancora pesante giaccone trova una sua utilità. Seguendo comunque il percorso, passiamo prima per l’accettazione del visto (va mostrato il Jordan Pass, che verrà timbrato) poi al controllo passaporti ed infine al ritiro del bagaglio, già disponibile.

Cambiamo giusto i primi € 50 per il transfert in città (1 JOD = € 1,30 circa) e compriamo una sim, visto che dobbiamo telefonare quotidianamente in Italia per esigenze familiari: alla Zain ci offrono una card con 50 minuti di conversazione e un certo numero di Giga disponibili per un mese al prezzo di 29 JOD (€ 38).

Uscendo dall’aeroporto, sulla sinistra troviamo sia il servizio taxi che quello shuttle e scegliamo il primo che, al prezzo fisso di 22 JOD, ci porta all’Amman Pasha Hotel, sito proprio di fronte il Teatro Romano: siamo in piena dowtown, quella che per i giordani è la parte antica della città.

Per la camera doppia in hotel, molto spartano ma centrale e funzionale, paghiamo 65 JOD (€ 84) per due notti, colazione compresa.

Disposti i bagagli e fatto un frugale pranzo al caffè dell’albergo, ci concediamo un breve riposino e poi, nel pomeriggio, usciamo per conoscere un po’ la zona.

Andiamo subito ad ammirare il dirimpettaio Teatro Romano e, con sorpresa, lo troviamo aperto: ci basta dire che abbiamo il Jordan Pass e ci lasciano entrare.

Giusto un giro veloce poi ci perdiamo per le strade rumorose e trafficate di Amman, ricordandoci di cambiare presso un change un altro po’ di soldi.

La sera, per cena, ci rechiamo all’Hashem Restaurant, il più famoso rivenditore di falafel della città: una porzione da 12 di queste buonissime polpette arabe (fatte con la farina di ceci) accompagnata da abbondante pane, hummus, tabouleh (un’insalata tipica) ed altre salsine allo yogurt o speziate, ci viene a costare neanche 15 JOD.

Una breve passeggiata e poi a nanna.

19 febbraio – mercoledì

Dopo la colazione nel caffè/ristorante del Pasha, prendiamo un taxi che ci porta, per pochi JOD, all’ingresso della biglietteria della Cittadella, il complesso di scavi e resti archeologici siti sulla collina che sovrasta downtown: iniziamo da qui le visite alla città e al paese.

Entriamo dopo aver dichiarato di avere il Jordan Pass e di essere italiani (in alcune parti basta non mostrarlo ma solo dire di possederlo) e iniziamo la visita dal Tempio di Ercole, le cui colonne svettano sulla cima e sono quasi visibili da ogni angolo della città.

Il percorso suggerito dalle carte ci porta poi al piccolo Museo archeologico sito alle spalle, in cui sono conservati reperti vari appartenenti a varie epoche storiche e ai popoli che hanno abitato qui, per poi passare davanti a ciò che resta della Basilica bizantina.

Le rovine della cittadella, frammentate da terrazze da cui si possono scorgere panorami e vedute su ogni direzione, proseguono fino a ciò che resta della piazza del mercato, che divide il Palazzo Omayyade e la Moschea: entrambe le costruzioni sono state costruite durante la dinastia Omayyade, che governò sulla Giordania durante il ‘700 ma della Moschea restano solo il pavimento e la facciata esterna mentre il Palazzo si presenta completo di una magnifica cupola restaurata e della sala d’accesso.

Entriamo in quest’ultima, spoglia sì ma che conserva ancora la sua regalità e imponenza, e ne ammiriamo le forme stilistiche nonché le restaurate velature architettoniche. Poi usciamo in quello che resta della parte interna del vasto complesso: alla nostra sinistra le camere pubbliche; davanti a noi la strada colonnata, che ospitava la zona amministrativa; in fondo, invece, le camere private con la sala delle Udienze.

Il tempo fresco e il vento costante aiutano a mantenere il cielo abbastanza limpido e ci permettono la visita di queste mura accompagnata dalla visione dei quartieri di Amman visti dall’alto.

Uscendo, passiamo davanti la cisterna bizantina e poi, regredendo sul percorso, ci avviamo all’uscita.

Per ritornare di nuovo in centro, questa volta scegliamo di scendere a piedi e attraversiamo il parcheggio adiacente scendendo per Museum street tenendo la destra e poi, dopo la curva a gomito, c’è una scalinata che conduce in basso: in fondo alla rampa di scale c’è una terrazza coperta da cui si ammira il Teatro Romano e, appena vicino, un’altra rampa che porta proprio davanti.

Arriviamo al Teatro Romano ed accediamo all’ampio emisfero (stesse domande da parte della biglietteria: avete il Jordan Pass? Da dove venite?) dalle cui gradinate tuttora si possono assistere a spettacoli ed eventi.

Di lato ci sono gli accessi al Museo delle Tradizioni Popolari e del Folklore in cui sono mostrati, tramite ricostruzioni, gli stili di vita delle popolazioni locali durante i secoli.

Dopo il Teatro, facciamo una breve visita all’Odeon, utilizzato per eventi musicali, e poi ci incamminiamo verso il suq, la cui visita in una città mediorientale può mai mancare: lungo il tragitto ammiriamo ciò che resta del Ninfeo, di epoca romana.

Il suq inizia proprio di fronte e ci accoglie prima con i suoi banchi colorati di frutta, poi tanti negozi di spezie ed infine di fermiamo estasiati davanti quella che è in effetti una pasticceria, con tantissimi dolci arabi esposti, dal baklava alla knefa.

A proposito di ciò, vista l’ora decidiamo di pranzare velocemente in un locale e accettiamo il consiglio della nostra LP per recarci da Zajal, situato in una traversa della Sha’aban 9 street: l’ingresso è alla fine di una scalinata ricoperta di ombrelli colorati e l’interno enorme ricalca molto lo stile arabo di un suq. Per non parlare del cibo: due panini ripieni al pollo serviti con patatine, insalata e l’onnipresente hummus di proporzioni gigantesche e che abbiamo pagato appena 8 JOD in due.

Trascorriamo un po’ il pomeriggio gironzolando tra i negozi di souvenir e artigianali e poi ci ritiriamo in hotel, non senza passare prima davanti la Moschea di Al Husseiny, la cui piazza è perennemente affollata.

Prima di cena, prepariamo le valige (domani inizia il giro vero e proprio) e poi andiamo per cena all’Amoun Cafè che, per 19 JOD, ci offre una lauta cena completata dall’umm ali, un tipico e buonissimo dolce arabo.

Al rientro, passiamo per la Moschea Al Husseiny e il Teatro per fare alcune riprese notturne.

20 febbraio – giovedì

Dopo colazione, partiamo alla volta dell’ufficio della Monte Carlo dove ritiriamo l’auto prenotata: la Nissan Sunny che ci viene data è l’ideale per 4 persone ma un po’ troppo per due però ospita largamente la nostra valigia da stiva e i due trolley (e ne resta ancora un bel po’ di spazio).

Partiamo subito per Jerash sotto un cielo plumbeo e, dopo aver affrontato il caoticissimo traffico di Amman, raggiungiamo il parcheggio degli scavi, dove lasciamo l’auto.

La biglietteria è anticipata da una specie di suq coperto in cui poter acquistare i soliti souvenir e le kefiah, i classici copricapi arabi, e ci basta solo dire che abbiamo il Jordan Pass e siamo italiani per accedere al percorso negli scavi più famosi del paese e tra i più importanti del mondo romano.

Iniziamo a dall’arco di Adriano per passare a ciò che resta dell’Ippodromo e proseguire fino all’ingresso della porta meridionale (qui, però, c’è una seconda biglietteria che ci chiede di vedere i Pass) ed accedere in quella che era la città vera e propria: il Foro Ovale, piazza principale, è semplicemente stupenda nel suo essere circondata dalle colonne ioniche.

Le scale adiacenti ci portano al Tempio di Zeus, con delle altissime colonne, e al Teatro sud, il più grande dei due: all’interno, ancora utilizzato per eventi, un simpatico trio di zampogne e grancassa suona per i presenti una serie di marce famose, fra cui “Fra Martino campanaro”.

Riscendiamo al Foro Ovale e ammiriamo il rettilineo del Cardo, abbellito anch’esso da una lunga serie di alte colonne, su cui si aprono moltissimi resti di chiese, palazzi e templi: il Tetrapilo meridionale con le sue fontane, il Ninfeo, la Cattedrale, la Chiesa di San Teodoro, il Propileo con la scalinata maestra e la porta nord, che dà termine alla città antica.

Visitiamo anche la parte più interna con il teatro nord, il maestoso Tempio di Artemide e la Chiesa di San Giorgio per poi ammirare dall’alto questi stupendi scavi ed uscire dopo aver completato questa bella ed interessante visita.

Facciamo un frugale pasto nel ristorante adiacente al parcheggio e poi riprendiamo la strada di ritorno diretti a Madaba, non avendo più il tempo per visitare il castello di Ajlun.

Ben due ore d’auto abbondanti di traffico e strade intasate ed arriviamo a Madaba in tardo pomeriggio, parcheggiando proprio davanti il Moab Land Hotel, un discreto alberghetto sito di fronte la chiesa di San Giorgio: le camerette funzionali sono adatte al nostro riposo e il prezzo, pagato online al momento della prenotazione, è stato di € 34 in b&b.

Ceniamo, su suggerimento del concierge, al Fokar e Bhar Restaurant con un menù così abbondante che i neanche 15 JOD che paghiamo non sembrano sufficienti per così tanto cibo buonissimo.

21 febbraio – venerdì

Dopo la colazione non proprio abbondante e varia, partiamo alla volta di Al Azraq, una piccola cittadina situata ad est del paese: arrivati all’autostrada per l’aeroporto, la imbocchiamo solerti per poi uscire subito al primo incrocio, diretti a Sahab/Zarqa.

Continuiamo sulla quasi solitaria autostrada nuovissima fino a Sahab e poi usciamo in direzione Al Azraq, per ritrovarci, dopo più di un’ora d’auto, al cospetto del Ksar Al Kharana, una delle tante fortezze che si ergono nel deserto giordano.

Visitiamo questa struttura antica, sita sulla via della Seta, di cui rimangono le mura e le camere senza gli abbellimenti che probabilmente l’adornavano.

La bella giornata, resa limpida dal venticello fresco, esalta la bellezza di questa struttura ed è famosa anche perché, nei film epici, tutte le fortezze del deserto sono state costruite su questo esempio.

Da qui ci spostiamo al successivo ksar, molto diverso dal primo, e siamo al Al Amra, che più di un ksar era un hamman in pieno deserto: riconosciuto come Patrimonio dell’Unesco, questa antica struttura omayyade è abbellita all’interno da magnifici e sensuali dipinti, insoliti per l’epoca in cui sono stati realizzati. Si possono infatti trovare, misti a scene di caccia o di feste, anche nudi di donna, oltre che figure storiche e immagini di animali e di allegorie.

Molto particolare il tetto del frigidarium, che mostra uno dei primi dipinti d’astronomia fatta su una superficie curva.

Ripartiamo alla volta di Al Azraq per visitare l’ultimo castello, quello dove visse Lawrence d’Arabia durante la rivolta Araba e le cui gesta sono state riprese nell’omonimo famoso film: il castello, la cui figura nera spicca tra le case della cittadina, ci accoglie con le sue possenti mura anche se l’interno è costituito solo da ruderi, dalla camera di Lawrence e da una piccola moschea.

Dopo, pranziamo al Azraq Palace Restaurant (a buffet per 24 JOD) e poi partiamo per Wadi Musa: non ritorniamo indietro ma scendiamo lungo la strada che va verso Ma’an, la statale n. 5

E’ un viaggio totalmente solitario: la strada nuova è pochissimo frequentata, dove si incrociano solo greggi di pecore o cammelli e qualche beduino annoiato che ci saluta un po’ sorpreso dal ciglio della strada.

Gli unici diversivi di questo viaggio nel deserto giordano sono una pattuglia di poliziotti, che ci lascia subito andare, e la sosta, dopo 140 km, a l’unico distributore di benzina presente, sotto lo sguardo sbigottito e curioso di un gruppo di beduini.

A Ma’an, complice alcuni lavori stradali, perdiamo un po’ di tempo a ritrovare la direzione giusta ma basta qualche punto di riferimento e Google Maps per riprendere la strada in direzione Wadi Musa, arrivandoci al calare del sole: il Rocky Mountain Hotel ha una hall e una terrazza molto carine, a tema con le tende beduine, ma le camere sono proprio spartane. In questo hotel molto gettonato dai turisti, per tre notti, abbiamo pagato 105 JOD.

Dopo esserci sistemati e fatti una rigenerante doccia, ceniamo al ristorante sul tetto che, per 10 JOD cadauno, ci offre un buffet caldo con dolcetto finale.

Poi a nanna presto, che la visita a Petra è consigliata in orari antelucani.

22 febbraio – sabato

Sono appena le 7,45 e già siamo al Visitor Center di Petra, dove c’è il principale accesso al sito archeologico più celebre del Medioriente: passiamo prima in biglietteria per ritirare i biglietti, mostrando il Jordan Pass e il passaporto, e poi ci avviamo verso l’ingresso, dove il biglietto col Pass dovrà essere di nuovo mostrato.

Da qui in poi inizia la discesa verso il Siq, il lungo canyon che porta alle rovine: siamo entusiasti ed elettrizzati sia perché iniziamo a scorgere una serie di monumenti sia perché il cielo è limpido e la giornata promette bene.

Appena percorriamo la strada, troviamo la case dei Djinn (spiriti in arabo) e, di fronte, la Tomba dell’Obelisco e il Triclinio di Bab As Siq, composto di tre stanze.

Poco più giù, un cartello avvisa che ha inizio il Siq, la spaccatura di faglia che s’inoltra nella montagna: proseguiamo sempre in leggera discesa, circondati dalle rocce multicolore e dai giochi di luce e ombre che il sole concede. Alzando lo sguardo, si può scorgere il cielo a spicchi, spesso interrotto da arbusti e massi. Lungo le pareti si scorge ancora il sistema idraulico che permetteva la raccolta delle acque nonché una serie di piccole figure scavate nella roccia e qualche rada statua.

Sul percorso trotterellano carrozzelle colorate, cavalli al galoppo e comitive chiassone fino a quando, dopo una curva, si intravede dalla fenditura una parte del Tesoro, il palazzo che si incontra appena entrati: è una visione shockante, bellissima, affascinante e che coglie impreparati.

Appena si arriva allo slargo, la meravigliosa facciata di Al Khazneh o Tesoro si offre ai visitatori: i giochi di luce, le ombre, il magnifico colore delle pietre e la possanza della struttura architettonica rendono questo momento davvero emozionante.

Le foto e le riprese video si sprecano, grazie anche alla presenza di cammelli bardati messi proprio in posa per foto solitarie o di gruppo, fino a quando ci rendiamo conto che Petra non è solo questo affascinante monumento ma anche altro e riprendiamo, quindi, la visita percorrendo la Strada delle facciate, in cui si aprono una serie di tombe, fino al teatro Nababbo, che poteva ospitare fino a 8.000 persone.

Più avanti, una scalinata non proprio messa bene conduce alle tombe Reali, distinte per stili, grandezze e uso. Queste tombe sono visitabili anche all’interno, a differenza delle precedenti, e quindi si possono ammirare le parti interne scavate e modellate nella roccia.

Dalle tombe reali si ammira un ampio panorama sugli scavi e si vede anche la via Colonnata, che raggiungiamo subito non appena discesi: questo lungo percorso abbellito da colonne era il fulcro commerciale della città.

L’erta scalinata a metà percorso ci porta al Tempio Grande, utilizzato per onorare le divinità abate, mentre l’ampio arco finale introduce allo spiazzo su cui si erge ciò che resta del Osar Al Bit, l’unica fortezza presente.

Saliti sulla collina alle spalle del ristorante, a parte ammirare la città inondata di sole, percorriamo un sentiero che cinge la collina, passando per i canyon retrostanti e sbucando dietro al Tempio.

In questa passeggiata, oltre ad ammirare orridi e burroni, notiamo che alcune grotte sono ancora abitate e in una di queste c’è un signore beduino che offre tè e caffè ad un JOD in un curato giardino.

Ritornati sulla strada, ci rechiamo da Basin, poco prima della salita al Monastero: pranziamo a buffet con del cibo buonissimo ma paghiamo ben 34 JOD in totale, che rimarrà il prezzo più alto speso per mangiare.

Comunque il resto del pomeriggio lo trascorriamo in giro per gli scavi, visitando la Chiesa Bizantina e il Tempio dei Leoni alati e, piano piano, ritorniamo indietro fino di nuovo al Tesoro anche se, a personale parere, la mancanza della luce mattutina non ne fa risaltare la bellezza.

Ritorniamo di nuovo al Visitor Center e rientriamo stremati ma felicissimi: dopo un dovuto riposo e una doccia rigenerante andiamo a cena nel vicino Hotel Petra Sella, il cui ristorante si rivela un’ottima scelta, visto che qui assaggiamo un piatto tipico giordano, la maqluba, di cui ci innamoriamo: comunque il cibo è buonissimo, le porzioni abbondanti e il conto davvero ottimo (mai oltre i 20 JOD).

23 febbraio – domenica

Oggi effettuiamo una prima escursione alla Piccola Petra, situata a 20 minuti d’auto da Wadi Musa: si tratta di uno stretto e lungo canyon su cui si possono vedere resti di abitazioni e templi scavati nella roccia dai Nabatei, gli stessi costruttori di Petra.

Dal parcheggio antistante, entriamo nel canyon attraversando il piccolo suq che lo precede e ammiriamo, lungo i suoi fianchi, un tempio, alcuni triclini e la Casa Dipinta, l’unica che ha conservato qualche immagine. Alla fine della passeggiata, una pseudo scalinata si inerpica sul fondo e raggiunge la parte opposta, da cui parte un percorso escursionistico che conduce fino al Monastero.

Ed è proprio qui che ora dobbiamo recarci: l’idea iniziale è arrivare all’ingresso secondario che è sulla strada di ritorno, lasciare l’auto e raggiungere la salita al Monastero, situata proprio lì vicino. Però calcoliamo male perché pensavamo di poter entrare con l’auto fino al secondo varco invece dobbiamo parcheggiare al primo varco e raggiungere il secondo scendendo per una lunga discesa (che al ritorno si sarebbe trasformata in salita). Inoltre, un tizio insiste per farci evitare la salita al Monastero per una strada che, francamente non conosciamo e non vogliamo praticare: c’è gente che, per non voler faticare, è disposta a passare per posti non sicuri.

Comunque decidiamo di tornare al Visitor Center, entrare per il siq ed attraversare il sito fino al Basin, alle cui spalle inizia la salita al Al Deira o Monastero.

Con pazienza affrontiamo quelli che dovrebbero essere 800 gradini ma che, in sostanza, sono scalini consunti di roccia, che non offrono buone prese e sono usurati dal tempo. A salire con noi, oltre ai tanti turisti, gli immancabili asinelli con in groppa coloro che non vogliono affaticarsi (ma che palpitano di paura ad ogni passo che l’animale compie).

Ci impieghiamo una buona ora per salire fino in alto, con delle piccole soste per ammirare il canyon, il paesaggio sottostante e per curiosare tra le tante bancarelle sistemate lungo i lati.

Alla fine, ad ora di pranzo, sotto un bel sole caldo, sbuchiamo sulla spianata che ospita la bellissima e maestosa facciata del Monastero, ammirando così la mole del monumento più grande di Petra.

Prendiamo posto al bar proprio di fronte, che ha sistemato poltrone e tavolini in modo da poter guardare comodamente seduti la facciata illuminata dal sole e poi mi allontano per visitare i dintorni, giusto per riprendere dall’alto e far qualche foto ai canyon circostanti.

Al bar, successivamente, prendiamo del tè, due piccoli panini e una bottiglia d’acqua pagando il tutto 11 JOD e ce ne stiamo a riposare comodamente lì, nell’attesa di ridiscendere.

Ad orario consono, ridiscendiamo la strada percorsa, attraversiamo gli scavi, diamo un ultimo saluto a questo magnifico posto e ritorniamo al parcheggio per rientrare in albergo.

Cena al solito ristorante e poi a dormire con beatitudine.

24 febbraio – lunedì

Dopo la squisita colazione nella simil tenda beduina, partiamo per il castello di Shobak, situato a nord di Wadi Musa dopo un tragitto di una mezz’oretta. Giunti sul posto, però, ci viene detto che l’accesso è interdetto in quando ci sono delle cadute di massi lungo la salita e quindi va messo tutto in sicurezza. Fatta qualche foto e ripresa video di rito dell’esterno, decidiamo di partire per la nostra finale destinazione, il Wadi Rum.

Da Shobak, scendiamo fino a Ma’an e qui, poi, imbocchiamo l’autostrada (se tale si può chiamare): il lungo percorso di più di due ore ci porta al bivio con la strada per il Visitor Center, dove ci aspetta il contatto del nostro campo.

Ritrovatici nel parcheggio, mentre noi scarichiamo le valige, lui si occupa di far vistare il Jordan Pass e poi, su un pick up, ci porta diritti al Panorama Wadi Rum Camp, il campeggio scelto per la giornata nel deserto.

Già durante questo spostamento, pregustiamo le bellezze che ci circondano ma rimandiamo a dopo l’organizzazione del giro e, per ora, ci sistemiamo nella nostra simil tenda, comprensiva perfino di bagno e doccia.

Dopo poco, concordiamo con il nostro boss il giro nel deserto, la cena e il pagamento della tenda e spendiamo, in tutto, 100 JOD.

Accompagnati da un altro autista, partiamo per il giro del deserto, che avrà una durata di 4 ore: saliti sulla parte aperta di un altro pick up, veniamo condotti immediatamente alle iscrizioni di Alameléh, che sono raggiungibili anche a piedi dal nostro camp, e visitiamo le antiche scritture di origine preistorica, indicanti l’attività di nomadismo e pascolo che i popoli hanno tenuto in questo remoto ma affascinante posto.

Da qui, attraverso ampi canyons, montagne alte e aride, vaste distese di sabbia e pietra dai mille colori e baciate da un sole intermittente, giungiamo alle dune di Hasany: scegliamo quelle più piccole perché inerpicarci fino in alto alle mastodontiche non è che ne abbiamo molta voglia.

I colori sono pazzeschi, si va dal rosso delle sabbie al ruggine delle rocce, sotto il turbinio di nuvole bianche e cielo azzurro: davvero è una sensazione bellissima.

Proseguiamo per la Casa di Lawrence, dove pare che l’eroe si sia accampato prima di dare l’assalto alla fortezza di Aqaba e, infine, ci fermiamo al piccolo ponte di roccia, dalla cui sommità si ammira un panorama strabiliante.

Non sembra ma sono già passate quasi due ore quindi riprendiamo il giro e ci rechiamo al Fungo (Mushroom), una roccia che prende il nome dalla sua particolare forma e si erge solitaria nel deserto.

Qui l’autista ci offre un tè nella tenda di un beduini lì presente e poi, ripresa la strada, andiamo verso il canyon di Burrah: le alti pareti ne fanno un luogo frequentato dai climbers ma la particolarità è la spettacolare eco che si ascolta.

Riprendiamo il giro ma ci sediamo all’interno dell’auto, in quanto fuori inizia a calare la temperatura e il freddo non è più sopportabile, e ci fermiamo nel siq Um Al Tawaqi davanti l’ingresso di una grossa fenditura in cui, su una roccia presente proprio al centro, si trova scolpita la faccia di Lawrence d’Arabia: ultimamente, sulla parte opposta, è stata scolpita anche quella di Re Hussein, molto amato tuttora nel paese.

L’autista ci fa segno, dopo le consuete foto e riprese, di accelerare i tempi perché il sole sta calando e si deve raggiungere il Sunset Point quindi partiamo subito e lo raggiungiamo giusto in tempo per vedere il sole uscire dalle nuvole, attraversare il piccolo spazio di cielo libero e scomparire in un tripudio di colori, luci ed emozioni, dietro alle montagne. E’ stato uno spettacolo bellissimo che ha culminato il nostro emozionante tour.

Torniamo che la luce ormai è quasi sparita e il campo è nel buio: la cena, dopo un’ora, si tiene in un comune locale dove saremo in 6 a dividerci un buffet di riso con pollo, verdure, hummus, qualche dolcetto e tè o caffè a disposizione.

Ritirati nella nostra “tenda”, notiamo che il freddo della sera davvero si fa sentire e, purtroppo, sentiamo anche che inizia a piovere: alla fine, alle 21 siamo già sotto delle calde coperte di lana.

25 febbraio – martedì

Alle 7.30, sotto un cielo plumbeo, ci rechiamo nella sala comune per la colazione e poi, dopo un’ora, carichiamo i bagagli sul pick up e veniamo ricondotti alla nostra auto: ringraziamo per il breve ma intenso soggiorno il nostro committente e partiamo subito alla volta di Al Karak, con l’intenzione di visitare il castello.

Il viaggio di spostamento sull’autostrada è funestato da un tempo orrendo: freddo; vento forte; pioggia scrosciante e perfino del nevischio.

Dopo le quasi tre ore di tempo variabile e incostante, usciamo all’intersezione per Al Karak e guidiamo diritti sull’ampia e quasi vuota strada, allietati dalla presenza di un timido sole, che però scompare poco prima di arrivare, lasciando lo spazio a nuvole nere cariche di pioggia.

La città è caotica, il traffico irregolare e impazzito e, per di più, riprende a piovere. Cerchiamo di raggiungere il castello, situato su una collina in alto nel bel pieno dell’antico suq, ma la pioggia e la nebbia che scende nonché il traffico paralizzante delle strade e la difficoltà di trovar parcheggio, ci fanno desistere nella visita quindi ritorniamo indietro decisi a raggiungere la strada per Madaba, anche perché siamo a riserva e non abbiamo ancora incontrato un distributore di benzina.

Finalmente fuori dalla bolgia cittadina, facciamo benzina e ci fiondiamo sulla strada per Madaba, che ricalca la famosa Strada dei Re.

Tra pioggia e vento arriviamo a quella che è una meraviglia della natura, il Wadi Mujib, uno splendido canyon largo 4 km: scendendo lungo i tornanti, troviamo uno slargo da cui si può ammirare lo splendido spettacolo sottostante e dove c’è una specie di locale, gestito da un tipo chiacchierone.

Dopo esserci fermati qui per mangiare un piatto di hummus e bere del tè con dei biscotti ed ascoltare le chiacchiere del tipo, ripartiamo poi per Madaba, raggiungendo la diga in fondo al canyon e risalendo sull’altro fianco.

Arriviamo a Madaba nel pomeriggio e ritorniamo al Moab Land Hotel, dove ci fermiamo per le nostre ultime due notti in terra giordana.

Ci viene assegnata la stessa camera della volta precedente (paghiamo in cash 60 JOD) poi, dopo un riposino, andiamo a cena di nuovo da Fokar e Bahr.

26 febbraio – mercoledì

Oggi ci dedichiamo alla visita di questa piccola ma interessante cittadina, sita sulla Strada dei Re, che la collega a Petra: Madaba è famosa per le sue chiese ma, soprattutto, per i suoi reperti archeologici d’epoca romana, conservati in aree protette.

Il primo monumento che visitiamo è proprio di fronte al nostro albergo ed è la chiesa di San Giorgio, al disotto del cui pavimento è stato rinvenuto un antico mosaico che mostra una cartina della Palestina antica: un esempio raro pervenuto fino ai nostri giorni.

Dopo, ci spostiamo alla chiesa di San Giovanni Battista, dove visitiamo prima una sala con delle memorabilia della città e la ricostruzione del mosaico di Um Ar Rasas, poi entriamo nella chiesa e scendiamo nella Cripta, dove trova sede un piccolo museo archeologico e dove si possono scorgere resti di mura antiche e un pozzo.

Dalla chiesa attraversiamo il suq e capitiamo davanti all’ingresso del Parco Archeologico II, che conserva i resti di antiche costruzioni: la chiesa dei Martiri, il cui pavimento conserva splendidi mosaici rappresentanti scene di natura e di caccia; le costruzioni bizantine e una parte dell’antico cardo romano che percorreva la città; infine, il Palazzo bruciato, decorato anch’egli da splendidi mosaici di genere naturalistico.

Usciti, ci rechiamo al vicino Parco Archeologico I, meglio organizzato: all’interno ci sono i resti della chiesa della Vergine Maria, anch’essa abbellita di mosaici; della Sala di Ippolito, con meravigliosi pannelli rappresentanti figure leggendarie, e della chiesa del Profeta Elia, i cui mosaici sono siti in ciò che resta della cripta.

Dopo queste interessanti visite culturali, ci concediamo lo shopping dei souvenir e poi, riportato tutto in albergo, decidiamo di aspettare l’ora di pranzo andando a visitare il Monte Nebo, situato ad una ventina di minuti d’auto: con nostra sorpresa troviamo una multa per divieto di sosta (10 JOD, da pagare poi all’agenzia di noleggio) ma ciò non ci scoraggia dal partire e raggiungere, in breve, questo ameno posto sito fuori città.

Monte Nebo è il luogo dove Mosè vide la Terra Promessa ma non vi accedette, in quanto, essendosi mostrato dubbioso della potenza di Dio, fu punito da Lui in questo modo.

Lasciamo l’auto al parcheggio poi transitiamo per la biglietteria (gratis con il Jordan Pass) e saliamo verso la cima percorrendo l’ombroso viale, abbellito da una stele che ricorda il Giubileo del 2000, da un piccolo monolite su cui è impressa la scritta “Luogo Santo Cristiano” e da una scultura tonda che scopriamo essere l’antica porta del monastero che prima si ergeva qui.

La chiesa del Memoriale di Mosè si trova proprio davanti al bellissimo panorama che si apre ai nostri occhi: si può scorgere il Giordano, il Mar Morto e il territorio palestinese, che oggi si divide tra Israele, Giordania e Territori Occupati.

Una bellissima croce stilizzata, che riprende il bastone di Mosè nell’atto di dividere i due serpenti (come riportato nella vicenda biblica), segna il punto più alto di questa veduta, a cui si sono affacciati anche molti Papi.

La chiesa che visitiamo è più un museo che un luogo di culto: raccoglie tutto ciò che resta della vecchia chiesa bizantina e del successivo monastero francescano, costruito qui a protezione del luogo.

Ritorniamo a Madaba per pranzare un panino all’Hawa Madaba Cafè (circa 11 JOD), poi riposiamo e prepariamo le valige per la partenza del giorno successivo.

La sera ceniamo da Ayola Cafè e concludiamo l’ultimo pasto giordano con una scorpacciata di baklava e knefa.

27 febbraio – giovedì

Di buon mattino, senza far colazione, partiamo per l’ufficio della Monte Carlo, sito sulla strada che conduce all’aeroporto, arrivandoci poco dopo una mezz’oretta di viaggio: l’addetto controlla le condizioni, la benzina rimasta, incassa la multa e poi ci accompagna all’aeroporto.

Come richiesto dalla mail della Ryanair, ci siamo presentati quasi tre ore prima rispetto alla partenza ma, alla fine, il gate apre solo con mezz’ora di anticipo: comunque siamo tra i primi e possiamo accedere all’area controllo.

Passiamo prima per il controllo passaporti e pass poi per quello bagagli e ci troviamo, finalmente, nella zona imbarchi.

Facciamo colazione e compriamo dolci e vino giordano (è una mia abitudine acquistare il vino di un posto che visito) poi ci prepariamo all’imbarco: il nostro volo è puntuale e, pur partendo con qualche minuto di ritardo, recupera pienamente per atterrare a Bergamo-Orio: il nostro viaggio termina qui anche se la storia da ora prende un’altra piega che, però, esulo dal contesto del racconto.

Considerazioni finali

  • La Giordania può essere visitata in base alle proprie esigenze, affidandosi a tour preconfezionati, a tour con solo autista, con auto noleggiate o anche in totale libertà.
  • Non è un paese caro, soprattutto sui servizi e sul cibo: anche la benzina costa poco e il prezzo è fisso per tutte le compagnie (0,77 JOD al litro la verde);
  • Molti parlano l’inglese e, in alcuni posti, anche un po’ d’italiano. La cordialità fa parte dello spirito di questo popolo: girando per i suq, i “welcome to Jordan” si sprecavano.
  • I servizi alberghieri sono ottimi e i prezzi abbordabili: ci sono alberghi per tutte le tasche e le disponibilità economiche. Lo stesso vale per la ristorazione e i trasporti pubblici.
  • Febbraio è un mese abbastanza freddino in questi luoghi ma è in bassa stagione e i prezzi sono molto moderati: valutare se approfittarne portandosi una felpa in più, una sciarpa, un cappello di cotone e un k-way. Se però il tempo è stabile, può concedere giornate meravigliose senza l’afa.
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