Nella terra dei Re

Ho immaginato il viaggio in Giordania, come un qualsiasi altro viaggio alla scoperta di una terra straniera. Storia, cultura, paesaggi, popoli, tradizioni, come avrei potuto trovare in molte altre parti del mondo. Portavo con me un piccolo bagaglio di conoscenze, tante notizie, molte informazioni utili. Immaginavo di incontrare altre persone con...
Scritto da: Sormaestro
nella terra dei re
Partenza il: 23/12/2007
Ritorno il: 30/12/2007
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
Ho immaginato il viaggio in Giordania, come un qualsiasi altro viaggio alla scoperta di una terra straniera. Storia, cultura, paesaggi, popoli, tradizioni, come avrei potuto trovare in molte altre parti del mondo. Portavo con me un piccolo bagaglio di conoscenze, tante notizie, molte informazioni utili. Immaginavo di incontrare altre persone con le mie stesse aspettative ed i miei stessi interessi. Ho trovato luoghi di leggenda e posti unici dove la storia è passata ed ha lasciato le sue tracce. Storia di fede, di passione, di lotta e di oppressione, storia di fughe e di vittorie. La storia fatta dagli uomini che nascono da questa terra, combattono per la vita e conquistano infine la libertà. La storia di uomini che per questo diventano Re.

Sono appena le otto del mattino, il sole è già sorto da parecchie ore al canto del muezzin. Ci ritroviamo nella hall dell’albergo che ci ha ospitato per la notte, riconoscibili nella nostra abituale tenuta da turista, zaino in spalla, macchina fotografica, jeans, scarpe comode. Siamo ancora un piccolo gruppo ma presto incontreremo tutti gli altri e accompagnati dalla guida locale partiremo in pullman alla scoperta della Giordania. È un lunedì qualsiasi ad Amman. Il traffico intasa le strade, le piccole ma anche le grandi. Case, palazzi e uffici si susseguono lungo i chilometri dei viali della capitale. Quando rallentiamo in prossimità dei semafori riesco a scorgere bambini in gruppo che si dirigono verso la scuola, uomini seduti ai tavolini di un chiosco mentre sorseggiano caffè e fumano sigarette, donne con il capo coperto che fanno capolino da piccoli negozi di frutta e verdura. Amman, l’antica capitale del regno degli Ammoniti, è una vera metropoli di milioni di abitanti. Nata qualche migliaio di anni fa, sorgeva intorno a sette colli mentre oggi ne conta quasi una ventina. Dalla sommità dell’antica Cittadella romana si gode di una vista panoramica sui quartieri della città vecchia. Un insieme di case una accanto all’altra, un piano, due piani, un balcone, una finestra, strade, viuzze, vicoli, unico denominatore il colore della pietra bianca con le quali sono costruite. In basso, sotto di noi, l’anfiteatro, ancora ben conservato e usato per manifestazioni pubbliche e rappresentazioni all’aperto. All’interno del museo archeologico mi colpisce la scultura greco-romana di una testa femminile sormontata da una fortezza: è la Philadelphia simbolo della città antica. Mi siedo al bar del museo per una pausa ed osservo altri avventori giordani che chiacchierano fumando mentre aspettano che la polvere di caffè mista ai semi di cardamomo si posi sul fondo della tazzina prima di sorseggiarlo. Col sole alto la temperatura sale ed anche il gruppo comincia a sciogliere le proprie resistenze e ad amalgamarsi. Il passo del nostro pullman si fa veloce mentre usciamo dalla città in direzione Est. Ci stiamo addentrando sempre di più verso le zone desertiche ed a poco a poco il paesaggio aspro e ruvido ci inghiotte. Solo una lunga striscia di asfalto davanti a noi e tutt’intorno un’orizzonte piatto, bruciato e arso dal sole alto sopra le nostre teste. Siamo su una delle piste carovaniere più battute di tutti i tempi. Convogli di cammelli la attraversavano provenienti dal Mar Rosso in direzione della vicina Siria, dell’Iraq e dell’Arabia portando con sè spezie, stoffe, pietre preziose. Oggi potenti mezzi la solcano ancora con ogni genere di mercanzia, giorno e notte, senza tregua. Piccoli castelli sorgono di tanto in tanto. Usati dapprima come ricovero per uomini e animali, poi anche come avamposti di difesa. Il più imponente, Qasr al Kharanah, rompe il silenzio del deserto. La luce di mezzogiorno illumina la sua pietra rossa e lo disegna all’orizzonte. Quattro torri circolari ai vertici delle mura spesse e alte, soltanto poche fessure per la luce e l’aria. All’interno un cortile a cielo aperto, stalle, l’ingresso ai piani più alti dove sono visibili ancora le ampie stanze di accoglienza e gli stretti cunicoli di comunicazione. Qualche chilometro più avanti ci fermiamo presso un altro Qasr chiamato Al Amra, al cui interno pareti annerite dal fumo rivelano antichi affreschi risalenti al periodo degli Omayyadi (660-750 d.C.).Vengono raffigurate scene di vita rupestre, carovane di cammelli, battute di caccia alle gazzelle e donne immerse nei bagni termali . La nostra corsa nel deserto si ferma presso l’oasi di Al-Azraq proprio a ridosso dei confini con Iraq e Arabia. Un tempo ricca di acqua e vegetazione, ritrovo per tutte le carovane in transito, oggi ha perso gran parte della propria fama a causa della vicinanza della capitale che ne reclama sempre di più le riserve idriche. Di qui la strada del deserto si divide e ci costringe a decidere il nostro destino: nord Iraq, sud Arabia. Decidiamo per una comoda sosta e mangiamo il Mansaf, tipico piatto di riso con verdure e carne accompagnato dal Khobz, pane arabo basso e tondo. Il sole si abbassa lentamente all’orizzonte. Abbiamo ancora il tempo di scattare qualche foto allo Qasr di pietra nera basaltica, quartier generale delle truppe beduine di Lawrence d’Arabia eppoi il sole ci lascia andando a nascondersi dietro la linea d’orizzonte del deserto salutando così la nostra prima giornata in terra giordana.

L’indomani la nostra carovana è di nuovo in marcia. In questi primi giorni ci muoveremo sempre da Amman visitando i luoghi intorno a noi che hanno fatto la storia di questo Paese. La destinazione di oggi è a nord, punto estremo del nostro tour. È lontano il ricordo del deserto, piatto, pietroso, arido. La vegetazione qui è più ricca, il paesaggio si increspa, salite e discesce intorno a campi coltivati, ulivi ma anche viti e ortaggi. Gadara è un’antica città romana costruita su un’altura nella tipica roccia di basalto nero, apparteneva alla Decapoli, confederazione in cui erano riunite le città più importanti della Palestina al tempo dei Romani. Dalla sommità della città si possono ammirare le alture del Golan, più in lontananza il Lago di Tiberiade e la valle del Giordano. Scendendo, lungo la strada che costeggia il corso del fiume, facciamo sosta al castello di Ajlun, fatto erigere dal feroce Saladino per difendere le proprie terre dalle mire dei Crociati. Il castello offre un bell’esempio di architettura araba e domina la parte settentrionale della Valle del Giordano. Durante il viaggio impariamo a conoscere anche le abitudini della nostra guida, sempre fuori dalle rotte turistiche abituali, sempre alla ricerca di un particolare che possa attirare la nostra attenzione, è solito farci consumare la seconda colazione in orari poco abituali ed evitare così l’inevitabile calca. Questa volta siamo all’interno delle mura dell’antica città romana di Jerash. Il banchetto è a base di piatti tipici tra cui spiccano le melanzane farcite di carne in salsa di yogurt, gli involtini di pane ripieni di carne e spezie, l’immancabile riso. Il fornaio ci omaggia di focacce ai semi di sesamo in onore delle nostre donne. L’ingresso alla città è trionfale sotto un maestoso arco mentre il sole si nasconde dietro delle piccole nuvole. Dopo un breve viale di lastre di pietra calcarea, arriviamo nell’ampia piazza del Foro di forma ovale, circondata da colonne con capitelli ionici. Da qui inizia il lungo Cardo romano che sale verso la parte alta della città. Ci incamminiamo estasiati dalla vista di tanto splendore mentre il sole torna ad illuminare le colonne di pietra rosa che lo costeggiano. Prima la fontana delle Ninfee, poi il tempio di Artemide fanno risaltare ai nostri occhi la gloria e la magnificenza dell’arte romana in terra giordana. Il sito è molto ben conservato e per un attimo voltandomi indietro verso il Foro con la luce del tramonto che mi abbaglia, ho l’impressione di scorgere i carri romani che solcano il lungo viale di pietra. In alto dagli spalti del Teatro Piccolo si può ammirare tutta la vastità della città. In fondo al viale il grande Ippodromo dove ancora oggi si tengono le corse delle bighe e le rappresentazioni storiche in costume. Alla destra del teatro i resti di piccole chiese con i pavimenti mosaicati. Scendiamo dalla collina al calar del sole, di fronte a noi dall’interno del Teatro Grande una musica di flauti, tamburi e campanelli ci accompagna mentre usciamo dalla porta della città.

Nei giorni scorsi abbiamo attraversato il deserto ad est, solcato le montagne a nord e siamo di nuovo ridiscesi a sud. Oggi lasceremo Amman diretti a Petra dove arriveremo a tarda sera e dove ci fermeremo per le prossime visite. Lungo la strada la nostra guida ci accompagnerà alla scoperta di altre suggestioni in luoghi mitici e leggendari. Percorriamo la strada dei Re, come un tempo fecero gli ebrei in fuga dall’Egitto e alla ricerca della Terra Promessa. La prima tappa è il monte Nebo dove, si narra, siano celate le spoglie di Mosé. Sulla cima del colle si può ammirare una splendida vista su tutta la valle del Giordano e con un po’ di fortuna, riuscire a scorgere la città di Gerusalemme. La foschia delle prime ore del mattino non ci permette di arrivare a tanto, ma riusciamo comunque a scorgere in lontananza le sponde del Mar Morto dove finisce il corso del fiume. All’interno della Chiesa Bizantina alcuni mosaici in buono stato di conservazione raffigurano scene di caccia, animali, piante. Alcune foto ricordano la visita del Santo Padre in occasione del Giubileo del 2000. Scendiamo di nuovo, questa volta diretti a Madaba, famosa per i suoi mosaici in particolare quello conservato nella Chiesa di San Giorgio. Arrivare in pulmann alla chiesa è pressoché impossibile per via delle strette viuzze che caratterizzano la cittadina. Così attraversiamo a piedi un breve tratto di strada all’interno del paese. Nelle città come nei paesi, ogni attività quotidiana si svolge lungo la strada. La bottega è semplicemente un ripostiglio, un magazzino, mentre lungo la strada gli artigiani sono impegnati a piallare il legno, forgiare il ferro piuttosto che a cucire vestiti. Un lungo marciapiede animato di commercianti, fruttivendoli e macellai che animano la giornata. È bello perdersi fra questo variopinto mondo di colori e profumi. Agli angoli delle strade giganteschi poster inneggiano alla famiglia reale, in divisa, in atteggiamenti familiari, sempre sorridenti e beneauguranti. Poco prima di entrare nella chiesa, la nostra guida ci trasporta letteralmente in un viaggio nel tempo. Sulla parete del museo adiacente la chiesa, è riprodotto il mosaico che ne adorna il pavimento. Si tratta della più grande mappa geografica di quel tempo. Risalente al VI° secolo d.C., con essa riusciamo a ricostruire l’esodo biblico dalle terre d’Egitto. Per un attimo ho la sensazione di rivivere quei momenti, l’apertura delle acque del Mar Rosso, la consegna delle tavole dei comandamenti, il passaggio in Giordania, l’ingresso inibito dalle genti di Edom, il ritorno in Giordania, il Mar Morto e infine la Terra Promessa. Una suggestione senza eguali che le minuscole tessere del mosaico amplificano con i colori vivi e caldi della terra e della pietra. Il viaggio riprende ancora sulla strada dei Re e ci conduce sugli splendidi panorami del Wadi Mujib, una gola molto ampia e profonda scavata dall’acqua nel corso dei secoli che divide in due la terra arsa dal sole, la ricca vegetazione presente sul fondo colora di un verde lussureggiante il paesaggio desertico bagnato da uno dei maggiori affluenti del Giordano. La strada procede a zig-zag lungo le due dorsali della gola e lentamente risaliamo il versante opposto accompagnati dalla musica araba e dalle parole ammalianti di una famosa poetessa musulmana. Consumato il nostro pranzo ci dirigiamo a Kerak per la visita dell’omonima fortezza. Realizzata dai crociati, occupa la parte superiore della collina che domina la città. Le mura possenti ne fanno una roccaforte inespugnabile. Stretti cunicoli e passaggi senza luce conducono nei meandri della costruzione che ospitavano soldati e prigionieri. Lasciamo la strada dei Re per tornare all’autostrada del deserto e raggiungere più in fretta la nostra meta. Giunti alle porte del Wadi Musa la guida ci riserva un’ultima suggestione. Siamo in mezzo alle montagne, nel buio totale della sera e alzando gli occhi si riescono a scorgere ad occhio nudo miriadi di stelle, grandi, piccole, vicine, lontane, sembra che tutto il firmamento si possa toccare con una mano. Nessuno è riuscito a filmare uno spettacolo simile che rimarrà comunque per sempre nella nostra memoria.

La giornata per la visita di Petra, antica capitale del regno Nabateo si apre all’insegna del bel tempo. Uno splendido sole farà da sfondo per tutta la visita del famoso sito mentre una leggera brezza terrà lontane le nuvole minacciose. Il gruppo è in fermento lungo il tragitto che ci conduce alle porte della città. Si rievocano immagini di pellicole recenti per tentare di anticipare la sorpresa. Restiamo comunque tutti ammaliati dalle parole della nostra guida che ci narra le epiche vicende della scoperta di questa che è oggi una delle sette meraviglie del mondo. Siamo alle porte del Siq, il canale che si apre fra le montagne e che è l’unica via di accesso alla città con le pareti della gola che quasi si toccano e sulle quali appaiono piccole edicole votive che catturano la nostra attenzione, mentre in basso si scorgono ancora i resti di un antico acquedotto. Scendiamo sempre di più e la luce si fa ancora più scarsa, ognuno cerca di scoprire per primo l’immagine simbolo di questo sito e ogni angolo sembra l’ultimo che celi la vista del prezioso tesoro. Eccoci infine al cospetto di questo capolavoro. Le pareti della montagna si aprono come un sipario per svelare agli occhi di tutti lo splendido capolavoro simbolo della città: Al Khazneh. È la tomba in stile greco classico del re dei Nabatei, risalente al I° secolo d.C., scavata interamente nella roccia, imponente e meravigliosa. Una bellissima luce illumina di rosa tutta la facciata. L’effetto ci lascia senza fiato e siamo tutti attratti da questo capolavoro di una bellezza inimmaginabile. Ogni singolo particolare è curato in dettaglio, capitelli corinzi, fregi floreali, divinità, sono riprodotte nella roccia scolpita. Dopo un primo impatto di stupore, siamo attratti da questo capolavoro ed ognuno si avvicina per toccare quello che sembra un miraggio, un sogno, un’opera fantastica. Saliamo sul vestibolo e poi dopo una piccola gradinata siamo all’ingresso della sala centrale. Il colore della pietra rosa illuminata dalla luce del sole ne fanno un capolavoro unico di rara bellezza. La vita tutto intorno alla piazza del tesoro è animata dai gruppi di turisti che si accalcano di fronte alla tomba, ognuno col suo stupore, tutti increduli e stupiti. La nostra visita al sito inizia da qui per proseguire alla scoperta della città. Scendiamo lungo un vialone che si apre fra due pareti di roccia. Questa parte della città è riservata alla necropoli e si susseguono varie tombe scavate anch’esse nella montagna, più o meno raffinate ma comunque molto belle e imponenti. Più in basso un anfiteatro, segno della dominazione romana, proprio all’ingresso della città vera e propria. Prima di continuare la visita la nostra guida ci invita a prendere un caffé sotto una tenda beduina. La parte bassa del sito ospita la città vera e propria. Riconoscibile la tipica pianta romana con il cardo centrale costeggiato dai colonnati, i templi ai lati, il ninfeo, le terme. La città doveva ospitare migliaia di persone a giudicare dalla gran quantità di palazzi governativi e residenziali ancora visibili. La gran parte delle costruzioni in pietra sono in realtà crollate e rimangono visibili cumuli di pietre e cocci di terracotta. La presenza dei beduini sui cammelli rende ancor più suggestiva l’immagine di Petra. È quasi l’ora di pranzo e siamo arrivati ai piedi delle montagne che circondano la città da dove parte anche il sentiero che conduce al mausoleo di Ad-Deir. Il nostro gruppo si divide. Alcuni seguono il consiglio della guida e attirati dal profumo di Kebab che si sprigiona dalla griglia, approfittano per consumare un lauto pasto. Altri, fra cui io, impavidi affrontiamo la montagna. Il sentiero si fa via via più stretto e più ripido man mano che si sale. Alcuni si fanno accompagnare a dorso di mulo fino in cima. Noi invece con un buon passo ci incamminiamo a piedi. Nei tratti più ripidi sono stati scavati degli scalini nella roccia per facilitare la salita. Ogni tanto facciamo una sosta per prendere fiato ed ammirare lo splendido paesaggio che si apre sotto i nostri occhi. Si riescono a scorgere i templi romani, il cardo, la necropoli nabatea e le tombe più imponenti addossate alla montagna. In meno di un’ora siamo in cima e un’altra sorpresa si svela ai nostri occhi. Il mausoleo infatti è una costruzione interamente scavata nella roccia ancora più imponente la cui facciata ricorda quella della tomba del tesoro. Lo stile è pressoché identico mentre probabilmente quest’ultimo aveva una funzione celebrativa anziché commemorativa. Ci riposiamo seduti ad ammirare la bellezza del monumento e del panorama circostante nel silenzio delle montagne. La discesa è più veloce e durante il tragitto incontriamo alcuni nostri compagni del gruppo che salgono per la visita al mausoleo. Consumato il pranzo a base di polpette di kebab, siamo pronti a ripartire per tornare indietro. La luce del pomeriggio illumina di rosso tutta la valle della città di pietra. Scopriamo altre tombe scolpite sulle montagne di fronte a noi che sprigionano una luce rossa dalla pietra calcarea. Lungo il cardo file di cammelli si mischiano ai turisti che ritornano. Stavolta il nostro passo è più lento e fatichiamo a risalire lungo il canalone che ci riporterà alla piazza del tesoro. Ritroviamo il monumento principe di Petra, forse di tutta la Giordania, insolitamente spento. Il sole è ormai nascosto dalle montagne di fronte. Mi volto indietro per osservarlo l’ultima volta prima di imboccare di nuovo il Siq. Risalire la gola si rivela più faticoso del previsto. In cima ci attende la guida con il gruppo al completo. Sono stanco e neanche la proposta di un bagno turco rigenerante mi invoglia. È stata una lunga giornata ricca di emozioni e di suggestioni, su tutte l’immagine simbolo di Petra, come una luce che si accende dal buio della gola.

Sono diversi giorni ormai che siamo arrivati in Giordania. La abbiamo attraversata da nord a sud, dalle steppe alle montagne e poi le piccole cittadine, la capitale, le strade principali, i principali monumenti, le epoche, gli stili, i popoli, le tradizioni. Ci resta soltanto il Wadi Rum. Ci arriviamo quando il sole è già alto, dopo aver salutato per l’ultima volta Petra dall’alto delle montagne che la circondano, un tempo irraggiungibili, ma oggi solcate da comode strade asfaltate, che regalano panorami mozzafiato e suggestioni uniche. Come la vista del mausoleo di Aronne, bianco e isolato in cima alle rocce, eppure così visibile e così vicino alla tradizione musulmana. Il paesaggio cambia improvvisamente alle porte del deserto sabbioso del Wadi Rum. Siamo pronti ad affrontarlo a bordo di potenti fuoristrada che solcano le piste disegnato dal tempo e dalle rotte dei mercanti beduini. Ancora un’emozione, ancora momenti indimenticabili. Perché proprio mentre siamo in mezzo al deserto, con la polvere della sabbia che ti entra negli occhi, il sole alto che ti scotta la testa, la nostra jeep si ferma. Il serbatoio perde benzina. Soli isolati nel mezzo del nulla. Arriva in nostro soccorso un’altra autovettura che percorreva la pista in senso opposto. Ci ricongiungiamo al gruppo e ci dirigiamo verso le montagne che circondano quest’immensa distesa di sabbia rossa finissima. Qui si trovano importanti incisioni risalenti a millenni or sono che raffigurano le scene di vita quotidiana delle popolazioni che abitavano questi luoghi ameni, un tempo bagnati dalle acque del Mar Rosso e quindi ricche di vegetazione e quindi di vita. Muoversi sulle piste desertiche con i fuoristrada ci agevola e così siamo di nuovo a bordo per raggiungere la grande duna di sabbia rossa. La tentazione è fortissima. Tutti saltiamo giù dalle jeep e tolte le scarpe ci gettiamo di corsa su per la duna di sabbia rossa. Dietro la duna, riparata da un costone di roccia, la tenda di una famiglia beduina ci ospita per sorseggiare un tè aromatizzato alla menta. Seduti sui tappeti di lana colorata, sorseggiamo la tipica bevanda mentre, con la complicità di una coppia del nostro gruppo, viene inscenata la vestizione di due novelli sposi negli abiti tipici della tribù. È tempo di rintrare al campo base, punto di partenza della spedizione nel deserto. Dalla jeep mi volto indietro mentre una carovana di dromedari sta battendo la nostra stessa pista per tornare anche loro al campo. La polvere rossa che si solleva al nostro passaggio rende ancor più misterioso e suggestivo l’orizzonte di rocce rosse del deserto del Wadi Rum. Al campo ci aspetta una tavola imbandita, riso, carne, verdure e patate. Consumiamo il nostro pranzo al sole del deserto. Vicino a noi è appena arrivata la carovana dei dromedari che ci seguiva. Gli animali si fanno avvicinare dai bambini che portano del pane da mangiare. Quando il sole scende dietro le montagne, ci incamminiamo verso l’uscita del parco. Ultima suggestione il massiccio di roccia dei Sette Pilastri della Saggezza, da cui probabilmente Lawrence d’Arabia trasse ispirazione per raccontare la sua vita.

Sono sufficienti soltanto pochi giorni, poche ore trascorse insieme e con tutti i componenti del nostro gruppo riesco a condividere momenti ed emozioni come se la nostra conoscenza fosse lunga di anni. Ognuno ha la sua storia, ognuno i suoi pensieri. Tutti hanno qualcosa da dare e tutti vogliono mettersi a disposizione degli altri per vivere insieme queste suggestioni uniche. Per l’ultimo giorno del nostro viaggio, la guida ci ha riservato una sorpresa inaspettata. Scenderemo fino al livello del mare, anche centinaia di metri sotto il livello del mare, alla scoperta del bacino del Mar Morto. In effetti nel corso dei secoli il Mar Rosso si è ritirato da queste terre abbandonando letteralmente al suo destino il piccolo mare di sale che oggi è poco più grande di uno specchio d’acqua dolce. Lungo la discesa il paesaggio cambia di nuovo ed alla roccia delle montagne si sostituisce il terreno paludoso e salmastro del lago salato. Il nostro pullman procede lento lungo i tornanti che scendono attorcigliandosi intorno alle ultime propaggini delle montagne. È difficile catturare con la macchina fotografica le immagini che si susseguono da una parte all’altra dei finestrini. Giunti in basso, una lunga strada diritta costeggia le sponde del lago salato. Proprio a ridosso della riva iniziano ad apparire i primi campi coltivati di verdure ed ortaggi. Braccianti accovacciati raccolgono pomodori, melanzane, banane, frutta e verdura che caricano su grandi camion destinati alle zone più desertiche del paese e di tutta l’Arabia. Un tempo questo grande lago costituiva il confine naturale con il vicino stato di Israele. Campi militari, torrette e soldati armati ce lo ricordano. Oltre alla preziosa acqua, il Mar Morto è fonte di ricchezza anche per l’industria dell’estrazione del salgemma. Da una piccola altura a picco sull’acqua riusciamo a scorgere le rocce bianche cristallizzate che si specchiano nel mare turchese. L’alta concentrazione di sale presente in queste acque non permette ad alcuna specie animale di sopravvivere. Arriviamo a destinazione quando il sole è già alto. Una stazione balneare e termale ci accoglie per trascorrere una giornata indimenticabile. Il clima è decisamente caldo così decidiamo di immergerci nelle acque del Mar Morto e provare l’ebbrezza di galleggiare sull’acqua come spinti da una forza sovrannaturale. Si può restare in acqua soltanto per pochi minuti per non rimanere scottati dall’alta concentrazione di sale presente. Così usciamo sulla spiaggia per un tonificante massaggio a base di fanghi. Completamente ricoperti dalla melma ci crogiolamo al sole fino a che tutto il corpo prende la consistenza della creta. Prima di sciacquare il fango dal corpo, facciamo una foto ricordo di questo momento, irriconoscibili per via del fango che su alcuni di noi copre anche il viso. Sono momenti che per noi non hanno tempo, caldo in inverno e sdraiati al sole in riva al mare, per un attimo vorresti fermare il mondo e allungare queste emozioni all’infinito. È l’ora del pranzo e la nostra guida ci richiama ai doveri di turisti. Stanco, quasi spossato dalla depressione del Mar Morto, mi adagio su un divano e sorseggio un caffè al cardamomo mentre il resto del gruppo è intento ad acquistare i preziosi fanghi e sali del mare. La sera ad Amman è il momento dello shopping alla scoperta delle abitudini degli abitanti locali. Il viale King Hussein è molto trafficato e ai lati della strada le luci dei negozi illuminano a giorno la strada. È l’ora della passeggiata serale prima della cena e nessuno si sottrae. Si possono incontrare delle graziose donne giordane con il itpico chador, uomini che immancabilmente fumano sigarette, tutti molto cordiali e curiosi di conoscere da quale paese straniero provenissimo. Oltre ai negozi di moda e vestiario, tante gioiellerie, eppoi rivendite di spezie, pistacchi, semi dolci e salati da sgranocchiare mentre si passeggia. Più di tutti le pasticcerie attarggono la nostra attenzione e prima di rientrare facciamo scorta di biscotti e dolcetti che con il loro profumo ci ricorderanno questa terra.

È il giorno della partenza. All’aeroporto di Amman l’ultima suggestione. Nella sala d’attesa del volo verso l’Italia, centinaia di musulmani attendono come noi il momento della partenza. Sono i fedeli che rientrano dal pellegrinaggio. Siamo curiosi ed iniziamo a parlare con qualcuno di loro. Si tratta di egiziani, marocchini, tunisini. Donne e uomini che vivono e lavorano in Italia e che hanno partecipato all’Haji, il momento più alto dell’Islam, il viaggio alla Mecca. Ognuno di loro indossa il tipico saio, i sandali, la barba lunga, i capelli cortissimi coperti con il copricapo arabo, tutti per imitare le sembianze del profeta. Il viaggio è stato lungo ed ora si apprestano a rientrare. Hanno molte storie da raccontare in un arabo che tutti capiscono anche se provengono da paesi diversi. Ognuno di loro conserva un ricordo particolare di questo viaggio, molti addirittura riporteranno in Italia taniche di preziosa acqua della Mecca. Per un attimo ci confondiamo a loro intorno al tappeto che trasporta le nostre valigie. Per un attimo siamo spalla a spalla, cristiani e musulmani, tutti uguali uniti da un solo destino, tutti fratelli.



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