Nel paese di Omar Bongo Omniba… Il nostro mito!

ANTEFATTO Il grande Redmond O’Hanlon ci ha sempre provocato una certa invidia nel leggere le sue narrazioni sui viaggi a scopi, a suo dire, di studio, effettuati nelle più belle e impenetrabili foreste della terra. La lettura del suo “Viaggio in Congo” aveva però provocato in me quasi un’ossessione, incontrollata che è bastato poco a...
Partenza il: 26/12/2003
Ritorno il: 07/01/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
ANTEFATTO Il grande Redmond O’Hanlon ci ha sempre provocato una certa invidia nel leggere le sue narrazioni sui viaggi a scopi, a suo dire, di studio, effettuati nelle più belle e impenetrabili foreste della terra. La lettura del suo “Viaggio in Congo” aveva però provocato in me quasi un’ossessione, incontrollata che è bastato poco a trasmettere ad Ale. Tuttavia la razionalità che mi caratterizza ha fatto sì che, sia per gli improponibili costi da sostenere per rivivere una tale avventura sia per le voci non certo rassicuranti sulle condizioni di sicurezza nel paese centrafricano, ha in un certo modo sopito tale “assurdo” desiderio. Senonchè, in una bellissima e grigia mattina milanese, contornata di una leggera nebbia, alla Stazione Centrale in attesa di salire sull’intercity per Parma, i miei occhi cadono sulla copertina di “Gente Viaggi” che riporta uno scimpanzé sdraiato su un ramo immerso in una vegetazione lussureggiante e, a caratteri maiuscoli leggo: “Gabon: avventura primordiale”. Rapida consultazione dell’hard disk cerebrale e penso: paese sull’equatore, confinante con Congo e Guinea Equatoriale, e per quanto sappia politicamente stabile. Il viaggio sull’intercity è dominato dalla lettura dell’articolo e dalla genesi dell’idea di partire…Penso a Ale e con un sms comincio a iniettargli in testa il “virus” dell’eventuale possibile metà per le tanto attese vacanze natalizie.

Discussioni, fantasticherie, ipotesi, telefonate all’ambasciata gabonese a Roma, ricerca del volo, OK, partiamo! MI RACCOMANDO PREPARIAMOCI BENE Inizia l’eccitante calvario della preparazione del viaggio. Io oberato di lavoro, Ale in trasferta lavorativa fino al 20 di dicembre. Vaccinazioni, recupero di una guida sul paese (la Lonely Placet non esiste, ma la Bradt fortunatamente ne pubblica una in novembre e riusciamo a farcela procurare dal nostro libraio), acquisto di kit da sopravvivenza, visto (ottenuto con truffa dal momento che era richiesta una prenotazione alberghiera in loco che abbiamo opportunamente disdetto nel momento in cui ci sono stati rispediti i passaporti con il beneamato visto di ingresso).

Provvediamo anche all’invio di e-mail ai pochi indirizzi di agenzie e organizzazioni gabonesi che siamo riusciti a trovare. Il testo della mail, mandata uguale a tutti gli indirizzi reperiti, diceva sinteticamente che saremmo arrivati a Libreville il 27 dicembre e che avremmo voluto passare almeno una settimana nella foresta, che avevamo la nostra tenda, ecc ecc…Bè, ci hanno risposto solo in due, uno dall’agenzia Mistral che diceva sostanzialmente “attaccatevi al c…” e l’altra che lui non poteva fare niente ma che aveva comunque provveduto a girare la mail a…Sentite bene…Mistral Voyages, il quale ha opportunamente ripetuto il concetto con una terza mail…”Come vi ho già detto, attaccatevi al c…Queste cose non potete farle e le strutture nei parchi sono tutte piene”. Ah si’? Va bene, vediamo, non ci facciamo scoraggiare (anche perché abbiamo già fatto emettere i biglietti).

DAI CHE PARTIAMO Natale in famiglia, partiamo a Santo Stefano! Eccitazione a mille, partenza del volo per Parigi alle 18.30. Ci accompagna Lele che passa a prenderci alle 15. Alle 15 e 40 siamo in Malpensa, facciamo impacchettare i nostri zaini, ci fumiamo una sigaretta prima di salutare Lele. “Anzi – si dice – entriamo a berci un caffè”. Entriamo e già che ci siamo buttiamo un occhio per vedere se il volo è in orario…Guarda tu che guardo anch’io…Sto c… di volo non c’è!!! La lampadina di Archimede si accende e un leggero velo di vergogna comincia a salire dalla punta dei piedi: lentamente estraiamo dalla tasca il biglietto…Infatti: il volo è da Linate. Lele si trasforma in Barrichello e partiamo verso Linate, arriviamo in tempo, altra sigaretta, caffè, saluti, convenevoli e frase ormai leggendaria (che risale ormai a quasi dieci anni fa pronunciata dalla mamma di Lino in lacrime prima della partenza del nostro primo viaggio in moto: “Non morite!”).

Partenza con la solita caghetta che mi/ci accompagna quando saliamo su un aereo, arrivo a Parigi, attesa con acquisto di due stecche di Chesterfield Light al duty free, squadratura delle persone in attesa di prendere il nostro volo (un prete, 10 minatori russi o comunque sovietici, francesi bianchi e…Gabonesi!!).

Abbuffata sull’aereo appena saliti, dormitina, risveglio all’alba all’atterraggio a Libreville. Usscita nella soffocante temperatura equatoriale, mezzo litro di sudore a testa in meno di dieci secondi, prima sigarettina per festeggiare, chiacchierata con due bingo bongo (NB: nel testo e nel viaggio gli abitanti gabonesi saranno chiamati “bingo bongo”: non c’è alcuno sfondo razzista in tutto questo ma un appellativo utilizzato a meri fini ludici in ricordo del mitico servizio delle “Iene” su Bossi e i Bingo Bongo).

Uno dei due, Daniel, si offre di accompagnarci nella migliore agenzia di Libreville per chiedere un po’ di informazioni…E indovinate dove ci ritroviamo: davanti alla Mistral Voyages. Ci guardiamo e ridiamo, decidiamo di entrare in incognito ma sappiamo che verremo vergognosamente riconosciuti! Sembriamo vestiti come due esploratori ottocenteschi, con zaino e tenda in spalla, entriamo e veniamo accolti, dopo essere stati squadrati come due tossicodipendenti in overdose che entrano al Four Season’s (noto hotel a 5 stelle di Milano), monsieur Gaston ascolta quello che vorremmo fare. Ci guarda sconsolato e dice…Non c’è niente in Gabon che possa fare per voi, posso proporvi solo una escursione a Gamba di 3 giorni alla modica cifra di 350 mila CFA (quasi 600 euro). Bello, peccato che abbiamo un budget di 800 euro per 12 giorni. Usciamo, rapida consultazione, momento di sconforto, reazione immediata da eroi, rientriamo e chiediamo come possiamo arrivare a Lambarenè (ah dimenticavo, tutto questo perché la guida della Bradt fa sostanzialmente schifo!).

Ci propone un taxi privato, prezzo elevato ma che accettiamo per regire e perché soprattutto non ancora ambientati dopo solo due ore dallo sbarco in un paese che, data la nostra macabra fantasia, ci riporta alla mente le immagini della Liberia (le ultime viste in televisione).

Ah dimenticavo, in agenzia facciamo il primo “incontro” con quello che sarà il nostro compagno di viaggio: il presidente del Gabon Omar Bongo (da noi soprannominato Bingo Bongo Bongo, la cui foto è onnipresente e il cui aspetto non può non fare ridere: nelle foto a mezzobusto in cui appare sorridente è la fotocopia dell’attore Richard Priyor (quello che faceva i film con Gene Wilder) e nelle foto intere evidenzia la sua peculiarità fisica: testa sproporzionatamente grande rispetto al resto del corpo).

DESTINAZIONE LAMBARENE’ Si parte, arriva Prince, il nostro “economicissimo” tassista nella sua fiammante Toyota “Urina” (era una Toyota “Carina”, ma la C era caduta e l’aspetto della vettura ci ha fatto pensare a questo nome).

Dopo tre ore di viaggio arriviamo a Lambarene’, villaggio situato in una regione circondata da laghi e attraversata dal più grande fiume gabonese, l’Ogoueeè. Mi alzo dal sedile e mi accorgo che sotto il mio sedere si stava svolgendo una festa di formiche e scarafaggi: menomale che me ne sono accorto alla fine del viaggio! Se a Libreville abbiamo avuto l’impressione di trovarci in Liberia, qui è ancora peggio! Ciononostante ci mettiamo alla ricerca dell’albergo con l’aiuto della guida e decidiamo per lo Schweitzer Hotel: bettola gestita da monsieur Sorriso (così soprannominato poichè non ha fatto un minimo cenno di sorriso in due giorni, nonostante le nostre ripetute e continue sollecitazioni a tal fine) e monsieur Parola (che, invece, non ha spiaccicato una parola o un saluto durante la permanenza in albergo).

Camminiamo per il villaggio, constatando di essere in un posto non particolarmente turistico e cercando di organizzarci autonomamente l’escursione al lago Evano, uno dei 5 della regione, senza rivolgerci all’hotel preposto (in Gabon ci sono, nei parchi nazionali, nei villaggi e nei paesi strutture semi governative che hanno il monopolio delle escursioni e visite e propongono prezzi spaventosi ma che, nonostante tutto, come ci siamo ripromessi e come siamo riusciti a dimostrare, con un po’ di abilità e capacità di adattamento, possono essere evitati!).

Andiamo al porticciolo alla ricerca di una piroga, chiacchieriamo, siamo circondati di gente, e troviamo il tipo che fa per noi, il quale ci dice che suo fratello ha una piroga e che se lo avessimo chiamato verso sera ci saremmo accordati su prezzo e appuntamento per il giorno dopo. Ci lascia il numero e Ale lo mette in una delle 1000 tasche del nostro grande acquisto pre-partenza: il gilet da provetto pescatore!! Bene, soddisfatto andiamo a farci una birra, e conosciamo Charlie, un bingo bongo ubriaco del loco il quale, sentendo che vogliamo fare un giro del lago, ci dice che lui ha un motore e che in serata avrebbe trovato una piroga in modo da farci fare il giro desiderato. Io sono un po’ diffidente, soprattutto per lo stato di vertigine che mi ha provocato l’alito di Charlie!! Arriva sera e…Ale si accorge di aver perso il numero del fratello del piroghiere. Niente, non si trova! Decidiamo di andare la mattina successiva al porto nella speranza di trovarlo. Ci alziamo di buonora e, scendendo nella “hall” dell’albergo vedo Sorriso che parla con … Charlie. Bene, meglio l’ubriaco che rischiare di non andare a vedere il lago con gli ippopotami! Ci accordiamo con Charlie e…Chiaramente non ci capiamo e ci troviamo dopo un ora ad un appuntamento inesistente in quanto io ho capito una cosa, Ale un’altra e Charlie probabilmente un’altra ancora. Ma ecco che all’improvviso vediamo una luce fortissima arrivare dal fiume…Guardiamo bene e … Si’, è il riflesso del sole su quattro turisti bianchi (uno bianchissimo coi capelli rossi, successivamente da noi soprannominato “carota”) seduti dentro una piroga accostata a riva mentre i due piroghieri stanno riempiendo il motore di carburante. Ci avviciniamo e chiediamo ai due piroghieri se conoscono un tale Charlie chiaramente ci viene detto di no…Ci pensiamo un attimo e la solita lampadina di Archimede si accende: proponiamo ai piroghieri di aggregarci alla famiglia (composta da padre, madre, e due figli, di cui uno è carota).

Parlottiamo un po’ e ci viene detto che a loro sta benissimo e ci fanno un prezzo decisamente buono…Bene, chiediamo alla famiglia se a loro sta bene e la stron.. Della mamma dice seccata di sì ma purchè venga diviso il prezzo della piroga…Ok, ok sciura, andiamo. Gitarella al lago, sole massacrante, spettacolo della natura, risate, incontro con taglialegna bingo bongo dalle dimensioni esagerate, nessun ippopotamo avvistato… e ritorno verso Lambarene’. Sulla strada del ritorno, bene attenti a non farci capire da carota, seduto al nostro fianco, cominciamo a porci il problema del pagamento del prezzo: facciamo un paio di calcoli facendo diverse congetture se sia meglio pagare ai piroghieri quanto stabilito o, invece, dividere il costo della piroga come richiesto dalla mamma (non sappiamo quanto è). Con un pizzico di audacia ci azzardiamo a chiedere alla mamma quanto costa la piroga: la risposta ci fa gelare il sangue nelle vene…Una cosa come 350 euro (successivamente abbiamo scoperto che si erano rivolti appunto all’hotel a cio’ preposto), che diviso in sei, veniva circa 60 euro a testa (quando io e Ale ci eravamo accordati con i piroghieri per 40 euro per tutti e due). Momento di panico, voglia di buttarsi nel fiume e allo sbarco scena memorabile: la mamma si aspetta che gli diamo i circa 120 euro dovuti per la piroga, i piroghieri che invece pretendono i 40 per loro, ulteriori rispetto ai 350 dovuti all’hotel…La madre comincia a dare in escandescenza, noi ci guardiamo e in silenzio tiriamo fuori i 40 euro opportunamente preparati durante il tragitto, li mettiamo in mano ai piroghieri e in silenzio, senza voltarci, scendiamo dalla piroga con la madre alle nostre spalle che sbraita come una indemoniata!!! Bene, risata grassa e birra con sigarettina e chiacchierata con un poliziotto ubriaco al bar! Il tutto sta prendendo la piega giusta. E inoltre, la sensazione “Liberia” sta lentamente scemando di fronte alla consapevolezza che i gabonesi sono proprio niente male, anzi, tutt’altro! DIREZIONE CONGO: VERSO IL LEKEDI PARK A BAKOUMBA Con Prince (il proprietario della Toyota Urina, vedi capitolo precedente) avevamo raggiunto un accordo: ci sarebbe venuto a prendere dopo due giorni a Lambarene per riportarci a Libreville da dove avremmo preso il Transgabonaise, il treno che attraversa tutto il paese per dirigerci a Bakoumba, dove si trova il Lekedi Park, foresta e savana a 30 km dal confine con il Congo. Bè, con un po’ di rimorso sono costretto a dichiarare che l’abbiamo paccato alla grande, o meglio, abbiamo provato a chiamarlo per dirgli di non venire ma non ha risposto e non abbiamo insistito più di tanto. Infatti abbiamo cambiato programma, sia perché c’era una stazione più vicina di Libreville (Ndjolè), sia perché abbiamo constatato che prendendo un taxi collettivo ci sarebbe costato molto meno. E così è stato. Abbiamo trovato il taxi collettivo diretto a Ndjolè (che ci è costato un decimo di quanto ci sarebbe costato Prince) e ci siamo diretti con un viaggio di due ore e mezzo verso la “vicina” stazione di Ndjolè. Degne di nota sono: 1) la foratura a metà tragitto sulla strada che attraversa la foresta, da dove è spuntato un uomo con fucile in mano (e improvvisamente ci sono riemerse le immagini da TG5 della Liberia), che si è rivelato essere il capo del villaggio coperto dagli alberi e che, nell’attesa del cambio della gomma, ci ha invitato nella sua casa-capanna piena zeppa di bambini a bere e rinfrescarci, mettendoci in mano una scimmia fresca di cattura destinata ad essere venduta 2) i diversi posti di blocco caratterizzati da quiz tipo “Chi vuol essere milionario” con domande sui nostri alberi genealogici e la famigerata foto di Bingo Bongo Bongo alle spalle del poliziotto Jerry Scotti di turno che invece che farci concentrare sulle risposte da dare non faceva altro che farci venire convulsioni isteriche per trattenere le risate Arrivati alla stazione aspettiamo il treno che si presenta con solo due ore di ritardo, saliamo senza prenotazione e quindi senza posti a sedere e ci facciamo queste belle 12 ore di viaggio seduti nella carrozza ristorante in mezzo a tanti amici amanti della birra!!! Al nostro tavolo (fatto di 4 posti) un uomo e una donna con la faccia a macchie (che si ripresenterà nel corso del viaggio).

Scendiamo alla stazione di Moanda il giorno successivo e dopo un’ora e mezza di auto arriviamo a Bakoumba all’Hotel Impala, sede del Lekedi park. Qui passiamo due giorni nella foresta, dormendo dentro al parco su delle assi di legno dentro una capanna, marciando con una guida congolese per 6 ore dentro una giungla decisamente fitta che, pur non regalandoci l’incontro tanto agognato con i gorilla ci ha regalato un incontro altrettanto stupefacente: 4 bracconieri con fucile puntato verso la nostra guida che, sebbene noi ci stessimo decisamente ca…Ndo sotto, ha avuto il sangue freddo di minacciarli che sarebbe stato in grado di riconoscerli mettendoli così in fuga e avendo dopo 5 minuti la forza di spacciarsi per uno di loro con versi strani gridati all’aria per farli ritornare e riconoscerli veramente. Come trofeo abbiamo recuperato una Nike di un bracconiere fuggito!! Grandi, non abbiamo visto i gorilla ma almeno abbiamo salvato la vita di un animale! Compensato però dall’insetto che ha molestato Ale per circa 10 minuti e che, quando la guida gliel’ha con delicatezza prelevato dal corpo, Ale non ha esitato a ucciderlo spietatamente con una scarpata di fronte agli occhi increduli della guida stessa! CAPODANNO È giunto il 31 dicembre e stabiliamo che ci meritiamo una notte di feste sfrenata. Sì ma dove? Con la guidaccia della Bradt stabiliamo che forse il posto più indicato è la cittadina di Franceville! Ne parliamo con un ragazzo di Libreville conosciuto a Makoumba il quale, chiaramente, smentisce quanto abbiamo potuto desumere dalla guida e ci dice che è molto meglio andare nella più piccola cittadina di Moanda, dove sarebbe andato anche lui. Bene, passaggio scroccato sulla prima macchina decente da quando siamo arrivati in Gabon. Nemmeno il tempo di salire e godere dell’aria condizionata che vergognosamente ci addormentiamo per svegliarci all’arrivo a Moanda.

Scelta della bettola dove dormire, saltino in stazione dove acquistiamo i biglietti per la mattina successiva, capatina al bar “du equator” per doppia birra Regab (la birra popolare gabonese venduta esclusivamente in bottiglie da 66cl) e conoscenza della bellissima Rose (gnocchissima veramente), e ricerca del ristorante per cenone di capodanno romantico tra me e Ale (tristezza che incontra la malinconia).

Sta di fatto che ci facciamo un mega buffet al ristorante le Coconet, clienti io e Ale e un signore gabonese con tre signorine…E la cameriera Arlette! Mangiata e bevuta da essere ubriachi prima di iniziare a cenare, conoscenza sempre più approfondita con Arnette (notevole anche lei, sebbene non come Rose) la quale alla fine ci propone di andare con lei a Mounana, il villaggio gemello di Moanda a soli 25 km…Ebbene, la notte è stata lunga fino alla mattina e non può essere descritta in questa sede in quanto possibile bersaglio della temibile censura italiana (o gabonese)! Ma in realtà, nel delirio e sotto i fumi dell’alcol, non sapevamo bene ancora a cosa stavamo andando incontro al mattino stesso alla stazione di Moanda in attesa del treno per Lopè! LA TIPICA TORTURA GABONESE Da noi è normale che dopo una notte brava senza dormire, alle 9 di mattina, quando sali su un treno (e questa volta addirittura con i posti a sedere in seconda prenotati!), hai le allucinazioni pregustandoti una bella dormita di 6 ore!! E tutto questo sarebbe potuto accadere se non avessimo incontrato il temibilissimo Gaby e la sua banda alla stazione! Uno della stessa era infatti il ragazzo che ci aveva accompagnato da Lekedì a Moanda il giorno prima e, riconosciutici, ci ha invitato ad attendere il treno con loro.

Non dovevamo accettare: il terribile Gaby ci ha costretto (dopo averci offerto una bella manciata a testa di bachi – vermi sì!! – arrostiti dicendoci che facevano bene ed erano pieni di vitamine) a bere una bella birra e a passare tutto il viaggio con lui nella temutissima carrozza ristorante. Il tutto si è trasformato in un viaggio delirante, con Gaby (che era il sosia di Will Smith) che ha pressocchè bevuto ininterrottamente birra e vino zuccherato “Baron della Valleè” prodotto in Guinea Equatoriale, dispensando il treno di canti, palpate ai sederi dei passanti, dimostrazioni pratiche sulle modalità di utilizzo della “capote” (il preservativo) e offendendosi se ci vedeva “calare la palpebra”! Indimenticabile, in tutti i sensi, nel bene e nel male! Arrivati a Lopè, dopo baci e abbracci con tutta la combriccola (compreso il poliziotto ferroviario che alla fine era stato coinvolto nei cori da stadio pro inter (la mia) e pro juve (quella di Ale)) scendiamo sotto un sole assassino con gli zaini in spalla in un villaggio di poche anime in mezzo ad una valle da togliere il fiato.

Qualche passo e sentiamo, alle nostre spalle, grida sataniche emesse da una donna nei nostri confronti: ci giriamo e ci appare, sebbene con una acconciatura totalmente diversa, la donna con le macchie che era al nostro tavolo nel primo viaggio in treno! Ci corre incontro, ci trova un po’ spiazzata ma alla fine ci abbraccia e ci fa buon anno ricordandosi di noi! Mitica (è una parrucchiera ci confessa poi!).

A Lopè, sebbene quello str… di Gaston (Mistral Voyages) ci avesse detto che era inutile andare perché il Lopè Hotel (quello governativo che gestisce il parco) era tutto prenotato e quindi non avremmo potuto fare un bel niente, andiamo a dormire in una “case de passage”, ovvero bettole di legno e lamiera adibite ad albergo. Doccia (immersi in una mandria di zanzare che se solo un centimetro del tuo corpo usciva dal raggio dell’acqua della doccia veniva letteralmente disanguato) evia a cercare di organizzarci la nostra camminata nella foresta! Manco il tempo di uscire e incontriamo un 4×4 marchiato Lopè Hotel! All’attacco!! Incontriamo Daniel, l’autista che, gentilissimo, ci porta a conoscere una guida che l’indomani ci avrebbe portato a fare quello che volevamo! Ma non era impossibile? Il giorno seguente marcia di 8 ore con un bingo bongo (se vedete la foto non potete non chiamarlo così) che sembrava un cane da tartufo: tutto quello che di commestibile c’è nella foresta lui lo trovava e se lo pappava allegramente! Animali, tanto per cambiare pochi (a parte un coccodrillino e uccelli), tanto che, sulla strada del ritorno, alla vista dell’ennesimo bufalo Ale esclama: “La storia degli animali in Gabon è solo una grossa BUFALA”.

A Lopè siamo stati anche coinvolti da una festa del villaggio…Birra (ancora…Non ce la facevamo più!!!) e un signore sulla cinquantina sdentato che ci saltava intorno emettendo striduli acuti con una bambola bionda in mano (abbiamo temuto fosse un rito woodoo ma alla fine non ci è successo niente…Se non una reazione allergica ad Ale post-morso di insetto anomalo che gli ha fatto venire un braccio che faceva vergognare lo zampone di Natale).

LIBREVILLE, NJONIE’ (DA QUEL CICCIONE DI MONSIEUR BETI) E ANCORA LIBREVILLE Alle 3 della notte stessa ci attendeva il treno per ritornare a Libreville! Non ha mai piovuto e quando va a piovere? Quando, alle due e mezza di notte, a piedi e con tutto in spalla, siamo sulla strada (chiaramente non asfaltata e non illuminata) per la stazione! Temporale equatoriale con gocce da due cm di raggio (non diametro!), bagnati completamente dalla testa ai piedi. Il treno è arrivato con solo 4 ore di ritardo alle 7 di mattina e il viaggio, che sarebbe dovuto durare quattro ore, causa 3 guasti ne è durato 8 (alla fine forse era veramente un rito woodoo). L’attesa di 4 ore in stazione e il viaggio di 8 con soste in mezzo alla foresta però, sebbene massacrante, è stato l’occasione per conoscere ancora un po’ la fantastica gente dell’Africa! Sorrisi (quando da noi un ritardo dell’intercity di 10 minuti è capace di scatenare una sommossa dei pendolari), lunghe chiacchierate, scherzi, prese per il culo, racconti sull’Africa e racconti sull’Italia, sogni, paure e desideri! Arriviamo a Libreville nel tardo pomeriggio (dovevamo arrivare alle otto di mattina), andiamo al Motel Luis nell’omonimo quartiere, insieme ad Arlette, ragazza madre conosciuta sul treno e con la quale usciamo pure a cena (col figlio che ha pure un po’ scassato perché non ha smesso un minuto di piangere!). Alle 10 a nanna…Distrutti! La mattina seguente siamo partiti per Njoniè, villaggio raggiungibile solo in barca attraversando l’estuario dell’Ogouèè…Qui abbiamo fatto due gironi nel complesso di Monsieur Beti (grandi mangiate, pesca di barracuda, ma alla fine per i soldi spesi, ci siamo pentiti…Era troppo “comodo”, non eravamo più abituati alle comodità e ci stavano un po’ strette).

Ultimo giorno a cazzeggiare per Libreville, conoscere un po’ di gente (ah…Consiglio: i gabonesi hanno un senso dell’umorismo tutto loro e certe battute proprio non le capiscono. Non parlate mai per paragoni e soprattutto se i paragoni sono con degli animali: dire a un gabonese sei “furbo come una volpe” si trasforma in una tragedia…Oltre che per la difficoltà di spiegare che da noi è un complimento anche per la difficoltà di fargli capire cos’è una volpe!) città che alla fine, nonostante il caldo, ha il suo perché, notte brava (biiiiip…Censura) e poi via…Ritorno a casa con tanta stanchezza accumulata ma tanta nostalgia per un paese e delle persone che, con le loro mille contraddizioni e difficoltà, ci hanno insegnato qualcosa e ci hanno fatto tornare a Milano sicuramente più ricchi (dentro) di come siamo partiti!! Cristiano e Alessandro (e tutti quelli che erano nella nostra testa e che ci sono mancati in queste due settimane)



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