Friuli Venezia Giulia, alla scoperta di una terra di confine

Un intreccio di vicende storiche, bellezze artistiche, patrimonio culturale e influenze mitteleuropee. Con una produzione vinicola e una tradizione gastronomica tutte da gustare
Scritto da: madeinflorence
friuli venezia giulia, alla scoperta di una terra di confine
Partenza il: 02/09/2012
Ritorno il: 10/09/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Pochi giorni a disposizione e un budget limitato. Due ottimi pretesti per orientare le nostre ferie di settembre verso un bel giro on the road in Italia, alla scoperta di una delle magnifiche regioni che compongono il nostro (troppe volte) trascurato stivale. Il Friuli Venezia Giulia è, per noi, terra ignota: ecco l’occasione giusta per scoprire i suoi gioielli artistici, i suoi piccoli borghi, le tradizioni locali e l’intreccio di culture. Una terra di confine che, come tale, ha tanto da mostrare e ancor di più da raccontare del suo avvincente quanto travagliato passato. Luoghi intrisi di storia, in alcuni dei quali è ancora vivo e palpabile il ricordo dei tragici eventi del secolo scorso. Dalle furiose battaglie della Prima guerra mondiale alle atrocità commesse dalla follia nazista, dalle sconvolgenti foibe del Carso alla indomabile forza distruttrice della natura manifestatasi prima nel terribile disastro del Vajont e poi nel terremoto che nel 1976 scosse violentemente questa regione. Ma il Friuli Venezia Giulia è anche uno scrigno di tesori d’arte romana, bizantina e veneziana; è una babele di dialetti e lingue che risente delle influenze provenienti dalle aree circostanti proprio come l’ottima tradizione gastronomica che unisce alle specialità tipicamente locali ricette di origine mitteleuropea.

Da Firenze il nostro viaggio ci conduce, come prima tappa a Sacile, la porta occidentale del Friuli. Un’atmosfera assai tranquilla caratterizza questa cittadina sviluppatasi su due isole del fiume Livenza e la cui posizione la rese, in passato, un florido centro commerciale che raggiunse il suo massimo splendore sotto l’influenza veneziana tanto da guadagnare l’appellativo di “giardino della Serenissima”. Proprio ad una borghese famiglia veneziana appartenne il Palazzo Ragazzoni, fiancheggiando il quale si arriva alla Piazza del Popolo, elegante cuore urbano circondato da portici.

Deviando in Via della Pietà si raggiunge il delizioso Oratorio della Pietà, a forma esagonale con pronao affacciato sul fiume.

Pochi minuti di auto lungo la statale 13 ed eccoci a Pordenone. Lasciata la macchina nei pressi di Piazza Cavour, imbocchiamo Corso Vittorio Emanuele II, fulcro nevralgico dello shopping cittadino. Questa lunga strada porticata è un susseguirsi di raffinati palazzi in stile gotico, rinascimentale e barocco contraddistinti da splendide facciate decorate da piccoli balconi aggettanti e bifore che conferiscono una certa vivacità alla composizione architettonica. Sotto i portici, eleganti negozi di moda si alternano agli storici esercizi commerciali come l’antico Caffè Municipio, occasione per una pausa caffè. Al termine della strada il Palazzo Comunale da un lato e il Duomo di S. Marco su quello opposto introducono alla piazza omonima.

Il primo giorno si conclude a Spilimbergo, borgo medievale sede di una importante scuola di mosaicisti. Proprio su Corso Roma, l’arteria principale che taglia il centro storico da ovest ad est, nei pressi della Torre Ovest, si trova il B&B Relais La torre. Le uniche due camere disponibili, sono in realtà due mini appartamenti mansardati di quasi 60 mq. Accompagnati dalla gentilissima padrona di casa ci accomodiamo nella camera chiamata “riflessi d’ambra”: l’ambiente è nuovo, curato nel dettaglio e assai confortevole. Senza dubbio si rivelerà la migliore sistemazione del viaggio. Seguendo la direttrice da ovest ad est, dopo aver percorso tutto Corso Roma tra i classici porticati, enoteche e numerosi palazzi storici, incontriamo l’ampia Piazza Duomo, con il Duomo gotico di Santa Maria Maggiore decorato con affreschi del Pordenone e gli edifici trecenteschi della Loggia della Macia e della Casa del Daziario. Proseguendo su Via Castello, attraversato il fossato e la torre di guardia si entra nel Castello che si presenta come una serie di residenze signorili, disposte ad anello intorno ad una corte centrale, scenicamente affacciate sulla valle del fiume Tagliamento. Di pregevole fattura il Palazzo Dipinto, così chiamato per gli affreschi che ne ricoprono l’intera facciata. Le viuzze del Borgo Valbruna, vestigia dell’epoca medievale, conducono al Palazzo comitale degli Spilimbergo di Sopra, oggi sede del Municipio, anch’esso affacciato su una terrazza che domina il Tagliamento.

Su consiglio della proprietaria del B&B ci rechiamo a cena “Al mus c’al svuale”, tipica osteria appena fuori il centro storico per una cena a base di tortelli all’agnello e gulash con patate.

La mattina seguente prima tappa a Fagagna, presente nel sito internet dei borghi più belli d’Italia. Niente da segnalare se si escludono i ruderi del castello cittadino. A Rive d’Arcano, nella frazione di Arcano Superiore, si erge invece un castello di epoca medievale ben conservato, circondato da possenti mura merlate. E’ proprietà privata e quindi visibile solo dall’esterno.

Immancabile una sosta gastronomica a San Daniele del Friuli, il paese famoso per la produzione dell’omonimo prosciutto intorno al quale verte l’economia del paese. Sono solo le 11.15, ma l’enoteca La Trappola, nei pressi del Duomo, offre un’opportunità imperdibile per degustare un piatto di prosciutto e un tagliere di formaggi tipici friulani tra cui il favoloso Formadi Frant. Il tutto accompagnato da un calice di Tocai toblar.

Imboccata in direzione nord la strada statale 463, che si snoda parallelamente al corso del fiume Tagliamento, raggiungiamo Bordano un piccolo borgo di poche centinaia di abitanti. La curiosità che ci ha spinto fin qua è la citazione, riportata ovunque, di “paese delle farfalle”. In effetti sulle facciate delle le case e perfino sul municipio sono pitturate farfalle di tutti i colori e dimensioni. L’attrazione principale è la Casa delle farfalle, 1000 mq di serre nelle quali migliaia di farfalle provenienti da tutto il mondo volano libere tra una ricca vegetazione tropicale e non solo. Una visita divertente ma allo stesso tempo didattica per bambini e adulti.

Sulla sponda opposta del Tagliamento, qualche km più a nord, sorge Venzone una caratteristica cittadina circondata dalle mura che racchiudono un interessante centro storico. Appena varcata la porta d’ingresso nelle mura ci si imbatte nei ruderi della chiesa di San Giovanni, indelebile testimonianza del terremoto che sconvolse l’alto Friuli nel 1976. Il paese fu gravemente devastato dalle scosse telluriche che colpirono prima a Maggio e poi a Settembre di quell’anno, ma grazie alla tenacia del popolo friulano tornò ben presto a nuova vita. Emblema della rinascita è il Duomo trecentesco di S. Andrea apostolo che fu ricostruito, pietra per pietra, secondo la struttura originaria. Nella cappella antistante il Duomo sono esposte cinque mummie, originariamente sepolte all’interno della chiesa e conservatesi grazie all’azione di una particolare muffa che ha indotto sui corpi il processo di mummificazione. Un tocco di colore nelle strade cittadine regalano i negozi di lavanda: in vendita non solo aromi e profumi ma anche biscotti, marmellate e altri generi alimentari aromatizzati con questa pianta.

Un’altra città in cui il terremoto seminò morte e distruzione fu Gemona del Friuli. Anch’essa interamente ricostruita, si presenta come un’ordinata cittadina che ha in via Bini l’arteria principale del centro storico. Proprio sotto i portici che fiancheggiano questa strada riecheggia ancora l’eco del terremoto attraverso una mostra fotografica permanente. Fotografie, video e documenti dell’epoca perpetuano il ricordo di quegli attimi della sera del 6 maggio 1976 quando le scosse del 10° grado della scala Mercalli spazzarono via la vita di interi paesi. Immagini toccanti e tante testimonianze di dolore e morte; ma non solo. Viene dato giusto merito all’efficienza dei soccorsi, alla generosità degli aiuti e alla grande dignità e forza d’animo di chi, fin da subito, seppe rialzare la testa seppur colpito negli affetti e nei beni.

Troviamo una sistemazione economica a Buja, nel B&B “Cip e Ciop” a conduzione familiare. Al nostro arrivo la camera non è pronta, ne approfittiamo per fare un giro a Tarcento, meta che si rivelerà piuttosto anonima. Per la cena troviamo qualche difficoltà in quanto giorno di chiusura di molti ristoranti della zona; dopo diverse telefonate infruttuose della proprietaria del B&B decidiamo quindi di recarci in centro ad Udine, distante una quindici di chilometri.

L’osteria “Ai frati” ci delizia con una serie di piatti tipici della cucina friulana: polentina morbida con frico formadi frant e salame cotto nell’aceto e toc di briade del norcino con formaggio Asin e salsiccia per antipasto; delle delicate tagliatelle con ragù di coniglio e porcini e gnocchi di patate al sugo di anatra come primi piatti. Un calice di Cabernet sauvignon del Collio e il conto ragionevole rendono ancora più piacevole la serata e la scelta del posto azzeccata.

Il giorno successivo il risveglio avviene sotto una leggera pioggerellina. Raggiungiamo nuovamente Udine per una visita alla città del Tiepolo. Lasciata l’auto in Piazza primo maggio nel parcheggio a pagamento (ma comodo per la vicinanza ai principali punti di interesse), ci addentriamo nelle strade del centro storico dopo aver fatto visita al punto informazioni. E’ un’amara sorpresa scoprire che il martedì non è il giorno migliore per andare alla scoperta della città. E’ il giorno di chiusura, infatti, sia dell’Oratorio della Purità sia del Palazzo patriarcale che conservano al loro interno i celebri affreschi del Tiepolo. Il centro di Udine è raccolto e si gira tranquillamente a piedi. Piazza della Libertà, con la loggia e il tempietto di San Giovanni da un alto e la loggia del Lionello dall’inconfondibile stile veneziano dall’altro, rappresenta un ottimo punto di partenza. Per le strade, davanti ai negozi o alle boutique, sotto i portici della caratteristica via Mercatovecchio, o seduti tra gli storici palazzi che si affacciano su piazza San Giacomo si respira una raffinata eleganza.

Da Piazza della Libertà, attraverso l’Arco Bollani, si guadagna la salita che conduce al Castello da cui si ammira una bella vista panoramica sulla città. La leggenda vuole che la collina su cui sorge il castello sia stata innalzata per volere di Attila, per poter osservare le fiamme dell’incendio con cui distrusse Aquileia. Alla fine della salita merita una visita la piccola Chiesa di S. Maria in castello, la più antica di Udine. Gli interni del castello ospitano i Civici musei: con un unico biglietto si visitano il Museo Archeologico, la Galleria d’Arte Antica, la Galleria dei Disegni e delle Stampe, il Museo Friulano della Fotografia e la Fototeca. La Galleria d’Arte Antica conserva, tra le altre opere, quattro dipinti del Tiepolo ed un Caravaggio (sfortunatamente assente perché prestato ad una mostra). Il Museo Archeologico è invece attualmente chiuso per lavori. Possiamo dire che da un punto di vista “artistico” la nostra visita di Udine non è stata affatto fortunata.

Cividale del Friuli, l’antica Forum Iulii fondata da Cesare poi conquistata dai Longobardi e divenuta capitale del Ducato del Friuli, sorge in una posizione invidiabile sulle rive del fiume Natisone ai margini delle colline orientali friulane. Dal caratteristico Ponte del diavolo si gode di un bello scorcio sulla città; nei pressi è forte il richiamo di una rivendita di prodotti gastronomici tipici. Bottino della sosta “golosa”: della pitina sottovuoto (polpetta di carne affumicata), una gubana, dolce farcito con uvetta noci, pinoli, mandorle e fichi, ed un sacchetto di strucchi, biscotti fritti con ripieno simile alla gubana. Il Tempietto longobardo, scrigno di opere d’arte e fini decorazioni risalenti all’VIII secolo, e il vicino borgo Brossana con il suo dedalo di strette viuzze e l’incantevole casa medievale, costitutiscono gli elementi di maggior interesse della visita alla città.

Spostandosi pochi km a sud di Cividale in direzione di Dolegna si giunge ai margini settentrionali del Collio, “una mezzaluna di discese e di salite” al confine con la Slovenia i cui protagonisti assoluti sono la vite ed il vino. E’ qui che, tra piccoli borghi e dolci colline, vengono coltivati 1500 ettari di vigneti a denominazione di origine controllata che danno vita ad alcuni dei vini più apprezzati e pregiati d’Italia: dalla Ribolla Gialla al Picolit, dal Cabernet Sauvignon al Merlot, dal Pinot grigio allo Chardonnay solo per citarne alcuni.

Senza fretta assaporiamo il bel paesaggio che scorre davanti a noi lungo la strada che conduce da Dolegna del Collio a Cormòns. L’auto non è certo il mezzo ideale per andare alla scoperta di questo angolo di Friuli; una bicicletta e una sana voglia di pedalare garantirebbero ben altre soddisfazioni tra gli infiniti filari di vigne cariche di grappoli, agriturismi incastonati nella natura e splendide aziende vinicole.

E’ metà pomeriggio quando arriviamo a Cormóns, il “cuore del Collio”. La visita per le strade del centro di questa cittadina si rivela deludente; il consiglio è quello di capitarci possibilmente durante la rievocazione storica con costumi e atmosfere medievali o la celebre festa dell’uva, eventi che caratterizzano i primi due fine settimana di settembre e coinvolgono tutto il centro storico. Per il pernottamento la scelta ricade su “La Boatina”, rinomata azienda vinicola circondata da 80 ettari di vigneti e con 5 camere a disposizione degli ospiti. Al nostro arrivo ci viene offerto un calice di vino bianco prodotto dalle loro vigne. La cena al ristorante Felcaro resterà il ricordo più piacevole del soggiorno a Cormóns. Una dimora storica come location, un proprietario cordiale e affabile e una cucina basata sulle ricette tradizionali sintetizzano la serata. Una delizia per il palato l’antipasto misto di caccia con degustazione di paté, il prosciutto cotto nel pane con kren e mostarda di mele cotogne, i ravioli ripieni di capriolo alle erbe ed il misto di selvaggina (pernice, quaglia, polpa di cervo e cinghiale cotta al refosco con salsa di mirtilli) accompagnato da del Vino cabernet Franc Villa Martina Isonzo. Gran finale con il gelato alla crema con fichi giulebbati nel rhum e una grappa all’arancia e mandarino, fatta e gentilmente offerta dal proprietario.

Una colazione abbondante, servita all’esterno sotto un’ampia loggia, è un ottimo inizio per ripartire alla scoperta del Collio. Da Capriva del Friuli verso San Floriano del Collio percorriamo la strada che corre parallelamente al confine con la Slovenia per poi piegare in direzione Gorizia, passando per Oslavia dove si erge, su una collina, un sacrario militare. E’ una monumentale struttura cilindrica al cui interno sono sepolti poco meno di 58000 soldati, quasi tutti italiani e molti ignoti, periti durante le undici sanguinose battaglie che si combatterono nelle vicinanze durante la Prima guerra mondiale.

La visita di Gorizia non può che partire da Piazza della Transalpina, presso l’omonima stazione. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale la piazza è rimasta divisa in due zone da una recinzione, il cosiddetto “Muro di Gorizia”, che segnava il confine tra Italia e Jugoslavia e tagliava in due la città: da un lato la Gorizia italiana, dall’altro la Nova Gorica slovena. Tale recinzione è stata abbattuta nel 2004 con l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea e con l’occasione, a ricordo, fu posto un mosaico al centro della piazza. Emblema di una città di confine, punto di incontro di culture e influenze mitteleuropee, crocevia di tradizioni e lingue ma anche precario equilibrio tra eventi politici, tensioni sociali e nazionalismi più o meno marcati. Il centro di Gorizia si sviluppa ai piedi del Castello fortificato, eretto su un’altura nel corso dell’XI secolo. Monumento più significativo della città, rivela al suo interno una serie di notevoli ambienti con arredi originali e una collezione di armi bianche.

Per ora di pranzo ci spostiamo verso Gradisca d’Isonzo, i cui freschi giardini di Via Alighieri ci offrono riparo per un veloce spuntino. Data l’assenza di luoghi di interesse turistico, ripartiamo ben presto in direzione di Fogliano Redipuglia dove si trova il sacrario militare più grande d’Italia e uno dei principali a livello mondiale. Il fianco di una collina è stato interamente occupato con una colossale scalinata di pietra bianca che ospita le spoglie di oltre 100.000 soldati italiani deceduti durante la Grande Guerra. L’intera zona, che si estende fino alla prospiciente collina di Sant’Elia, è consacrata a parco della memoria e della commemorazione. Un piccolo museo, ad ingresso libero, custodisce cimeli di guerra e preziose testimonianze della vita al fronte.

Ci addentriamo nel Carso per raggiungere la località di Duino dove, su uno sperone roccioso a picco sul mare, sorge lo splendido castello di proprietà della nobile famiglia dei Principi della Torre e Tasso. Una ventina di sale circa, impreziosite da lussuosi arredi, sono aperte al pubblico; il vero punto di forza del castello rimane però lo scenografico panorama che spazia dalle bianche falesie di Sistiana al golfo di Trieste. Dal giardino del castello si accede ad un bunker scavato nel 1943 dalle truppe tedesche a difesa della baia di Sistiana in funzione anti-alleata.

Base per la notte è il B&B “la culla di Trieste”. La posizione, un po’ periferica e nelle vicinanze dell’ospedale, non è affatto bella ma la camera è comoda e la proprietaria serve degli squisiti dolci fatti in casa per colazione. Affidandoci alle ottime recensioni lette su internet ceniamo all’Osteria de Scarpon, ambiente minimale e casalingo frequentato dai locali dove è d’obbligo la prenotazione. Nel menù pietanze di pesce tipiche della cucina triestina tra le quali abbiamo provato gli spaghetti allo scoglio, piatto forte del locale servito in quantità smisurata, i conchiglioni all’amatriciana di gamberi e il fritto misto di pesce.

Un bellissimo sole e un leggero “borino” ci accolgono al nostro risveglio: quale preludio migliore per la nostra visita di Trieste. Prima tappa il Castello di San Giusto, posto sulla collina omonima raggiungibile comodamente in auto. Senza visitare gli interni, adibiti a musei civici, ci limitiamo a osservare l’esterno per poi spostarci all’attigua Cattedrale. Un tozzo campanile ed un ampio rosone al centro della facciata caratterizzano l’esterno dell’edifico religioso principale della città. All’interno l’attenzione è invece focalizzata sui magnifici mosaici absidali, opera di maestranze bizantine e veneziane, dal grande effetto cromatico. Abbandonata la collina di San Giusto, scendiamo con l’auto verso la zona di Piazza dell’Unità d’Italia. Sul lungomare una serie di parcheggi a pagamento, cari ma strategici, consentono di raggiungere comodamente la piazza e il centro storico. Elegante, austera e signorile di giorno, questa piazza acquisisce di notte un’atmosfera magica grazie ad una sapiente illuminazione che ne mette in risalto le raffinate grazie architettoniche. Questo spazio racchiuso da imponenti palazzi su tre lati e scenograficamente aperto sul mare sul quarto, merita una pausa di ammirazione seduti in uno dei caffè storici di Trieste che si affacciano proprio sulla piazza. La scoperta della città prosegue tra le meraviglie disposte a cintura alle spalle di Piazza dell’Unità d’Italia: dalla piccola basilica millenaria di San Silvestro fiancheggiata dalla ben più imponente Chiesa di Santa Maria Maggiore, al teatro romano per poi perdersi nelle strette vie del vecchio ghetto ebraico ora costellate di botteghe di antiquari. Giungere nella vicina Piazza della borsa, così chiamata perché sede della Vecchia Borsa ospitata in un massiccio edificio neoclassico, significa ritrovarsi al centro di un triangolo simbolo della quotidiana vivacità cittadina. Svettano in cielo, con il loro colore celeste intenso, le cupole del Tempio ortodosso di S. Spiridione, luogo di culto della comunità serbo ortodossa. La visita del centro si conclude percorrendo il Borgo Teresiano, dalla neoclassica Chiesa di S. Antonio nuovo verso il mare costeggiando il Canale Grande.

Fuori dal turismo di massa, ma raggiungibile con pochi minuti di auto dal centro è la Risiera di San Sabba, la cui spettrale sagoma svetta proprio di fronte allo stadio di Trieste. Dichiarata monumento nazionale nel 1965, la Risiera è una ex stabilimento di lavorazione del riso trasformato nel 1943 in campo di prigionia nazista e, dall’anno seguente, in campo di sterminio (unico presente su suolo italiano). Un inquietante corridoio, stretto tra alte e spesse mura di cemento, segna l’ingresso a un grande cortile dove rimane una flebile traccia del forno crematorio distrutto dai tedeschi stessi prima dell’abbandono. Le celle, le camere di tortura e il museo con oggetti e documentazioni fotografiche sono un continuo richiamo al senso di angoscia, di dolore e violenza che impregnano questo luogo. Tutto è perfettamente condensato nella lettera, conservata in una teca, scritta alla fidanzata da un giovane studente triestino, imprigionato nella Risiera prima di essere deportato: una lucida analisi di un presente incomprensibile quanto immodificabile (la detenzione) accompagnata dall’angosciosa consapevolezza del destino ignoto ma certamente tragico che l’attende. A ciò si mescolano e si amalgamano, in un vortice di emotività, le tenere raccomandazioni e le manifestazioni di affetto rivolte alla ragazza.

A pochi km a sud verso il confine con la Slovenia, affacciata sul golfo di Trieste, si trova l’ultimo lembo d’Istria in terra italiana: Muggia. Dei 350 anni di dominazione della Repubblica di Venezia rimangono evidenti tracce nel dialetto, di chiara derivazione veneta, nel dedalo di “calli” che si arrampicano verso il castello e nelle architetture di Piazza Marconi, vero e proprio manifesto dell’arte veneziana.

Il pomeriggio è ancora lungo davanti a noi, lasciamo quindi la zona costiera per raggiungere la Chiesa e la rocca di Monrupino, che si ergono sulla cima di un colle alle spalle di Trieste. Da qui, in un contesto di assoluto silenzio, la vista si allarga fino al mare.

Ci addentriamo nuovamente nella caotica viabilità triestina, destinazione il B&B “Al Ferdinandeo”. Le gentilissime proprietarie, madre e figlia, sanno creare quel forte spirito di accoglienza e “senso di casa” che ogni B&B dovrebbe avere. Prodighe di consigli e ben disposte alla conversazione, si sono offerte per prenotarci un tavolo al buffet storico “Siora Rosa” in centro a Trieste. Ambiente informale, tavolini all’aperto nel periodo estivo, buona cucina tipicamente triestina che varia in base alle stagioni. Immancabile l’assaggio degli gnocchi di susine e dei sardoni in savor, veri e propri capisaldi dell’arte culinaria locale.

Al nostro risveglio ci attende un’abbondante colazione con dolcetti sloveni e una bella fetta di Pinza, uno dei dolci tipici triestini. Percorrendo la strada litoranea che da Trieste conduce verso nord facciamo tappa al Castello di Miramare. Troviamo posto in uno dei parcheggi liberi situati poco prima dell’inizio di quelli a pagamento che precedono l’ingresso al castello. Il castello e la posizione a picco sul mare sono incantevoli, tanto da costituire una delle maggiori attrattive turistiche dell’intera regione. Costruito intorno alla metà dell’800 per l’Arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo e la moglie Carlotta del Belgio, fu abitato solo per pochi anni dai suoi proprietari a causa di una serie di disavventure che culminarono nella morte di entrambi i coniugi. Stessa sorte ebbero anche i successivi abitanti, tutti periti prematuramente in circostanze violente, tanto da donare al castello la tetra fama di luogo di sventura. Gli appartamenti di Massimiliano e Carlotta, ancora impreziositi con molti degli arredi originali, costituiscono la parte più interessante del castello. Dalle finestre si gode di una splendida visuale sul golfo e sul piccolo porticciolo sottostante, su cui fa bella mostra di sé una sfinge egizia a cui sarebbe attribuita l’origine delle disgrazie che ha colpito il castello nel corso degli anni. Il parco intorno al castello sembra un po’ lasciato andare e non è all’altezza della notorietà del complesso.

Prima di giungere a Palmanova, optiamo per una breve deviazione verso Clauiano che un cartello all’ingresso del paese annovera tra i borghi più belli d’Italia. Come già successo in precedenza, questo appellativo è da ritenersi eccessivo tanto che la nostra visita si limita a un fugace giro in auto.

L’inconsueta pianta urbanistica, con triplice cerchia muraria a stella a 9 punte, rappresenta l’elemento distintivo di Palmanova. La peculiarità di questa città-fortezza, costruita dalla Serenissima come baluardo contro le invasioni ottomane, non è però pienamente apprezzabile girando per la città. Le strade convergono tutte in direzione della piazza principale, l’esagonale Piazza Grande, il cuore della città dominato dal candore della facciata del seicentesco Duomo Dogale.

Lungo la strada statale 352 che collega Palmanova ad Aquileia sorge Strassoldo, castello privato (non visitabile) incastonato in un piccolo borgo in pietra.

Aquileia è la perla archeologica del Friuli Venezia Giulia. Il porto fluviale, il foro, il sepolcreto sono alcune delle vestigia ancora visibili in città dell’antica colonia romana, fondata nel II sec. a.C come avamposto militare di difesa contro i barbari. La visita all’eccezionale esposizione di reperti del Museo archeologico nazionale è fondamentale per una completa scoperta dell’Aquileia romana.

L’area archeologica di Aquileia è considerata Patrimonio dell’Umanità al pari della Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta. Tale basilica, insieme al campanile e al battistero, forma uno splendido complesso risalente all’XI secolo, fatto erigere dal patriarca Poppone su un presistente edificio voluto dal vescovo Teodoro nel 313. L’interno della basilica è decorato da un pavimento mosaicato eccezionale per estensione e talento artistico, risalente all’edificio teodoriano del IV secolo. Dalla basilica si accede a due diverse cripte, vere e proprie “chicche”: quella degli affreschi, collocata sotto l’altare, ha un ciclo di affreschi sulla Passione di Cristo, opera di sapienti mani bizantine; l’altra, detta degli scavi, conduce alla scoperta delle vari fasi edili susseguitesi nel tempo e delle tracce perpetuate fino a noi.

A Grado si arriva percorrendo una lunga e diritta strada che corre nel mezzo della laguna. E’ pomeriggio inoltrato e la luce del sole che si riflette sull’acqua intorno a noi crea uno strano effetto di colori e riflessi. Ancora oggi Grado è detta l’isola del sole o l’isola d’oro, benché siano passati parecchi decenni da quando fu realizzato il collegamento con la terraferma. Esperienza breve ma piacevole addentrarsi nella parte vecchia della città, tra gli stretti campielli animati da ristoranti e locali, fino al Campo dei Patriarchi dove sorge la basilica di Sant’Eufemia con il suo eccezionale pavimento mosaicato. Cena al ristorante “La cambusa”, in un binomio di ambiente curato e servizio attento, a base di capesante gratinate, spaghetti con scampi alla busara e il tipico boretto alla gradese con polenta. Tutto semplicemente favoloso.

Il mattino seguente, presso il B&B “Immersi nella storia e nella natura” ad Aquileia, ci viene offerta un’ottima e abbondante colazione (prosciutto San Daniele, formaggio, fichi freschi, cornetti e marmellate) dai gentili proprietari della struttura, Carlo e Denisa. Sempre ben disposti a dare consigli sulle attrazioni della zona e attenti alle esigenze degli ospiti, si sono dimostrati degli ottimi padroni di casa.

Prima meta del giorno è la seicentesca Villa Manin, in località Passariano di Codroipo, fatta costruire dalla famiglia Manin come propria residenza di campagna. Gli ambienti dell’ala destra della Villa accolgono un museo di carrozze e una collezione di armi provenienti da tutto il mondo. Il corpo centrale dell’edifico ospita invece mostre di arte temporanee; l’esposizione di costumi di scena di opere teatrali non ci convince (biglietto di ingresso €10) e decidiamo di fare una passeggiata nell’immenso parco che circonda la villa, all’ombra di alberi secolari.

Da Codroipo, attraversando il ponte sul fiume Tagliamento, si giunge in breve tempo a San Vito al Tagliamento, borgo medievale circondato da un fosso e da una cinta muraria che conserva tre torri. Il cuore cittadino è la Piazza del Popolo, su cui si affaccia il Duomo. Merita una visita la vicina chiesetta di Santa Maria dei Battuti: un ambiente raccolto con una pregevole decorazione parietale, opera del pittore Pomponio Amalteo.

A Cordovado si nasconde un piccolo angolo medievale dove il tempo sembra essersi fermato: Borgo Castello. E’ l’antico nucleo di epoca medievale, cinto da fortificazioni, al cui interno si ammirano eleganti palazzi signorili.

Ultima tappa culturale del nostro tour, prima di un po’ di riposo al mare, è Sesto al Reghena. In questo piccolo centro di origini romane sorge l’Abbazia di S. Maria in Sylvis, risalente alla prima metà dell’ VIII secolo e distrutta quasi completamente dagli Ungheri meno di due secoli dopo. Ricostruita interamente, con il suo sistema difensivo di torri e fossati, assunse dall’esterno un aspetto di fortificazione più che di luogo religioso. L’interno dell’abbazia (ad ingresso gratuito) è decorato con un pregevole ciclo di affreschi del XIV secolo. Per gli ultimi due giorni di vacanza scegliamo Lignano Sabbiadoro, rinomata località di villeggiatura che si conferma meta ambita anche nei week end di settembre. Molti hotel registrano addirittura il tutto esaurito, tantissimi i turisti (soprattutto austriaci) a godere di un sole cocente. Memorabile la cena al ristorante “O sole mio”, che ha dimostrato di possedere un’ottima organizzazione, nonostante la ressa di clienti, e una cucina di pesce veramente deliziosa. Con delle linguine alla scogliera con tanto pesce, dei panzerotti ripieni di capesante e gamberi con crema di broccoli, una tagliata di tonno con salsa di senape e della coda di rospo con olive, tutto ottimamente cucinato, chiudiamo il nostro ultimo giorno in Friuli Venezia Giulia. Ci congediamo così da questa nostra avventura in una terra che ci ha regalato profonde emozioni e delle soddisfazioni grandi quanto il suo patrimonio storico e culturale.

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Villa Manin a Codroipo

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Sacrario di Fogliano Redipuglia

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Castello di Duino

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Sacile, il giardino della Serenissima

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Muggia

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Castello di Miramare

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Castello di Trieste

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Piazza dell'Unità d'italia, Trieste

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Udine

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Basilica di Aquileia



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