Verso le vie dei Catari

Quest’anno le mete del nostro viaggio sono state la Provenza e la Linguadoca. Siamo partiti in macchina in tre: io, la mia ragazza e mio fratello. 1° Giorno: Siamo partiti da Pistoia alle 10:20, e abbiamo preso alla volta di Ventimiglia che abbiamo raggiunto ca. 4 ore più tardi (con sosta pranzo). Superato il confine abbiamo proseguito...
Scritto da: Ale Andrea
verso le vie dei catari
Partenza il: 30/07/2003
Ritorno il: 08/08/2003
Spesa: 500 €
Quest’anno le mete del nostro viaggio sono state la Provenza e la Linguadoca. Siamo partiti in macchina in tre: io, la mia ragazza e mio fratello.

1° Giorno: Siamo partiti da Pistoia alle 10:20, e abbiamo preso alla volta di Ventimiglia che abbiamo raggiunto ca. 4 ore più tardi (con sosta pranzo). Superato il confine abbiamo proseguito in autostrada fino a Nizza e da qui, attraverso strade statali, ci siamo portati a Moustiers Ste Marie passando da Grasse e da Castellane. La strada fino a quest’ultima è splendida e, considerato il caldo della costa, climaticamente molto agevole. Da Castellane (piccolo paesino di montagna apparentemente molto frequentato) ci siamo portati a Moustiers Ste Marie attraversando le Gole del Verdon. Il panorama è da paura e qualche sosta lungo la strada risulta d’obbligo (da evitare secondo me quelle segnalate; si rischia di trovare il vero”carnaio” di turisti).

In serata si raggiunge il paese e pernottiamo in un campeggio fantastico: praticamente una fattoria che nei mesi estivi mette a disposizione un campo per i turisti che vi vogliono piantare la tenda con tanto di miele alla lavanda prodotto dai fattori.

2° Giorno: Mega colazione con il sopracitato miele e visita al paesino che è veramente minuscolo e pittoresco, dominato dalla chiesa che si arrampica sulla parete e che si può raggiungere soltanto a piedi attraverso un sentiero. Abbiamo deciso che la chiesa era più bella da lontano e così abbiamo ripreso la macchina e ci siamo diretti di gran lena verso Fontane de Vaucluse passando da Apt che, a parer mio, non vale la sosta. Fountaine è carina e variopinta. E’ completamente assediata dai turisti che, a mo’ di pellegrinaggio, seguono la strada che costeggia il fiume per andare a rendere omaggio alla sua spettacolare sorgente. La via è piena di negozietti che vendono chincaglierie e che possono vantare i propri locali perennemente pieni di acquirenti in cerca dei soliti originalissimi sacchetti di lavanda e cicale profumate (mi riferisco ovviamente ai rumorosi insetti!).

La passeggiata si rivela piacevole e la sorgente ancor di più. Purtroppo il fiume era abbastanza asciutto e questa sorgente appariva come una grossa pozza d’acqua e non di più; tuttavia si potevano osservare, nelle pareti di roccia circostanti, i segni lasciati dall’acqua nei periodi invernali ed immaginarla nel suo pieno vigore.

Abbiamo mangiato una “tartillette” da un fornaio per la strada (portatevi un panino!!!) e siamo ripartiti. Prossima tappa: Gordes. Il paesino non è neppure sottolineato nella mappa del TCI ma è passaggio obbligato per l’abbazia di Senanque. Il posto è molto carino e l’abbazia è completamente circondata da piante di lavanda che, purtroppo, erano già state raccolte e quindi non abbiamo potuto ammirarla immersa in quell’abbraccio viola che si vede nelle cartoline. In serata arriviamo a St Rèmi de Provence: piantiamo la tenda in un campeggio 4 stelle (sigh! Ne volevo uno come quello della prima notte) e decidiamo di fermarci lì due giorni come base per varie escursioni. Prima di andare a letto ci facciamo una passeggiatina per il paese: solite viuzze, solite piazzette, soliti localini (pochi, a dir la verità). Chiediamo a due ragazzi dove fosse la casa di Nostradamus e loro fanno palesemente finta di non capire, risvegliando così il mio molesto nazionalismo che avevo mantenuto sopito per 2 giorni di fila e che non mi risparmierà qualche piccola tensione con i francesi. Troviamo cmq la casa che, a parte le iniziali NM applicate sulla facciata, è una banalissima palazzina come altre.

3° Giorno: Blanda colazione. Prima tappa di oggi: Les Baux, un piccolo paesino che si trova ad una dozzina di km a sud di St. Rèmi. Sulla strada si osservano diverse rovine romane tra cui un arco di trionfo, anch’esse invase da turisti e di cui gli abitanti del posto sembrano andare molto fieri. Arriviamo al paese e subito “doniamo” 3 euro alla locale società dei parcheggi. Poche scale ed eccoci alle porte di Les Baux. Il paesino è un amore e, alle 9:30 del mattino sembra non risentire dei pascoli turistici. Anche qui i negozietti si sprecano, Chiara conclude un affare dopo estenuanti trattative con un commerciante e riesce a strappargli un rullino da 24 miseri scatti a soli 7EURO!!! Io per non essere da meno mi infilo in un negozietto e cedo al mio provincialismo latente regalandomi un trita-aglio a forma di girasole (alla faccia del buon gusto!) che non ho mancato di testare appena rientrato a casa: è meraviglioso, lo consiglio a tutti gli amanti di questa magnifico bulbo come me.Terminato il giro del paese ci rechiamo alla biglietteria del castello dove mi chiedono 8 euro. M’incazzo!. E’ possibile che questi facciano pagare tutto così caro? Il paragone con l’Italia è doveroso, bisognerebbe far pagare di più la nostra arte agli stranieri visto che loro non hanno pudore nel chiedere soldi anche per quattro sassi. Il castello è particolarmente interessante a parte la trovata un po’ kitch del torneo medievale che, manco a dirlo, registrava il tutto esaurito. E’ interessante anche la ricostruzione di un trabucco che avevo avuto modo di vedere soltanto in alcuni disegni. La guida diceva che poteva effettuare solo 2 lanci in un ora. La struttura nel suo complesso è stranissima perchè unisce elementi architettonici alla conformazione delle rocce che si trovavano sul posto, addirittura l’acqua piovana veniva raccolta attraverso un solco già presente nella roccia stessa.

Nel pomeriggio Avignone. La città mi ha un po’ deluso, se posso essere sincero. Il palazzo papale è splendido e anche il ponte St. Benezet evoca una certa suggestione ma, nel complesso, la città si presenta un po’ spoglia. Non voglio dire che sia brutta ma diciamo che dalla “capitale europea della cultura” mi sarei aspettato qualcosina di più.

Cena atroce: a grande richiesta per una maggioranza di due contro uno (cioè io) pollo fritto al KFC.

4° Giorno: Pont du Gard. Grande! Grande! e, mi ripeto, grande! Il ponte (è un acquedotto) è bellissimo ( non a caso lo abbiamo fatto noi) ma la cosa più bella è stato farci il bagno sotto. L’acqua è pulita e la corrente lenta, è un po’ profondo ma graduale così da consentire anche a chi non sa nuotare di godersi lo spettacolo. La freschezza delle acque e il punto di osservazione privilegiato per una mirabile tecnica ingegneristica ne hanno fatto uno dei momenti più emozionanti del viaggio.

Nel pomeriggio raggiungiamo Nìmes, il campeggio è pietoso, praticamente una bidonville. Montiamo la tenda non senza un certo imbarazzo e ci dirigiamo verso il centro della città. Il caldo, che ci ha immancabilmente accompagnato per tutta la vacanza, qui raggiunge soglie disarmanti, io ho dilapidato buona parte dei miei averi in acqua che in Francia, a dispetto della fama, fa veramente schifo. La città è carinissima: non me lo aspettavo. Il centro poi ha un non so che di veramente accogliente, anche perché interamente interdetto al traffico. Per oggi ci fermiamo ad una mera passeggiatina, domani approfondiremo la città.

5° Giorno: Smontiamo la tenda in un battibaleno e facciamo una foto ai gabinetti, che qui avevano raggiunto livelli spaventosi; la padrona del camping ci vede e abbozza un sorriso: bella figura di merda! Si ritorna a Nìmes: visita obbligata all’arena addobbata di tutto punto per le corride che qui si tengono frequentemente con grande plauso dei turisti. A dir la verità, la cosa mi intristisce un po’ e rovina quella bella impressione che avevo avuto la sera prima di questa città. Trovo che ci sia qualcosa di patologico nel divertirsi a vedere un toro che viene massacrato a colpi di lancia e di spada. Si va alla Maison Carrèe: dall’esterno è bella, isolata in mezzo ad una piazza a lei interamente dedicata dopo 2000 anni di ingiurie (è stata addirittura una stalla).L’interno un po’ meno, qualcuno infatti ha avuto la geniale idea di dipingerla di un bel rosso mattone che fa molto anni ’70. All’uscita mio fratello è andato a vedersi il museo di arte moderna mentre io e Chiara abbiamo visitato i Jardin de la Fontane. Decisamente belli e ben curati. Siamo arrivati in cima alla collina dove si erge la Torre Magna (romana anch’essa) e abbiamo visitato i resti del Tempio di Diana (anche se qualcuno sostiene che in realtà fosse un bordello).

Saluti alla città e via per Carcassonne, la strada è lunga e bisogna far presto.

Facciamo presto e, considerato il sole cocente sopra le nostre teste, cerchiamo un bel campeggio munito di piscina dove aspettiamo le 18:00 a mollo nell’acqua. Serata nel centro di Carcassonne, la cena a base di panini la consumiamo in un baretto dotato di posti a sedere all’aperto dove posso sbizzarrirmi a vedere le persone che passano. Cavolo! ci sono mandrie e mandrie di Italiani! Il paesino è pittoresco (forse dovrei dire “volutamente pittoresco” visto che è stata quasi tutta ricostruita nel XIX secolo da un magnate del posto) e passeggiarvi è piacevole, si può anche fare una passeggiata tra la prima e la seconda cinta muraria e perdersi nelle fantasie della città in stato di assedio. Vi sono anche alcuni musei tra cui l’immancabile museo delle macchine di tortura e un paio dedicati ai Càtari. Non mi interessano; la storia della crociata contro gli Albigesi mi è nota e anche la loro fede e poi preferisco farmela raccontare dalle rovine delle loro roccaforti piuttosto che dalla stridula voce di un telefonino.

6° Giorno: Prima mattinata a Carcassonne per l’acquisto delle cartoline per gli amici più “medievalisti” e qualche regalino per i genitori. Si parte poi per Lourdes. Io non ci volevo andare, mio fratello neppure ma Chiara aveva promesso ai nonni l’acqua della famosa fontanella e così ecco che ci dirigiamo verso la città del santuario. Pessima impressione: da un lato una miriade di persone sofferenti giunte lì serbando in seno l’ultima speranza di guarigione, dall’altro una quantità infinita di sciacalli che lucravano sulla fede della povera gente con madonnine ed effigi varie. La presenza degli italiani è esasperante, si vedono addirittura negozi di bancarelle che espongono la scritta “negozio italiano” e le caselle postali sono così suddivise: Francia – Italia – Resto del mondo.

7° Giorno: Questa volta scelgo io e gli altri… si attaccano! Rotta verso Montsegùr.

Arriviamo in mattinata, parcheggiamo la macchina alle pendici del picco e incominciamo la salita verso la fortezza. E’ ripidissima e non facile, in più, a metà tragitto, si trova un capannino nascosto tra le frasche con un omino dentro che vi guarda un po’ compiaciuto della vostra spossatezza. Cosa vorrà? Forse offrirvi da bere? Forse indicarvi gentilmente la via? NO, VUOLE TRE EURO E CINQUANTA!!!!! Te pareva… Risparmio le imprecazioni per concentrarmi sulla salita e raggiungo il più celermente possibile la rocca. A questo punto ci vuole una boccata d’acqua fresca di Vichy l’unica acqua che sa di uovo. Vabbé che è termale ma vi assicuro che è imbevibile.

Il posto è favoloso. Non è rimasto granché ma se uno si concentra riesce ancora a vedere quegl’ultimi Càtari che strenuamente resistevano contro gli attacchi dei crociati. Al ritorno verso la macchina, foto obbligatoria con la stele commemorativa dei 200 eretici bruciati sul rogo alle pendici del monte. Anche il paese non è male, decisamente minuscolo, ma tranquillo e dotato di una fontanella di acqua che sa di acqua e che ci ha regalato attimi di puro godimento.

La sera ci fermiamo a Quillan dove decidiamo di passare due notti. Il campeggio è in buono stato e i bagni sono puliti.

8° Giorno: Ci alziamo e ci dirigiamo verso Couiza, colazione a base di Pizza e visita al paesino di Rennes les Chateau. E’ inutile che mi metta a raccontare la storia di questo posto: chi lo conosce deve assolutamente andarci. Si presenta spartano, quasi irreale, poche persone e tanto silenzio… poi, da un angolo, spunta la chiesa. Con lei Villa Bethania e Torre Magdala e dietro di essa, il cimitero. Una Maddalena crocefissa osserva i turisti che si recano a vedere la tomba di Sauniere. L’interno della chiesa è pauroso ed inverosimilmente buio, decorato in maniera a dir poco esuberante e malsana. “Terribilis est locus iste” recita una scritta sul portale e, al di là di qualsiasi speculazione sul posto, è decisamente una gran verità. Nel pomeriggio ci rechiamo a Chateaux d’Arques; la temperatura arriva a 40°C: si muore! Il posto è affascinante anche se non c’è un alberello neanche a pagarlo oro. Riesco comunque a trovare una specie di cantina e sostiamo lì per qualche minuto. Fuori dal cancello una anziana signora vende prodotti tipici fatti da lei. Ci regaliamo una bottiglia ghiacciata di succo di mela, una delle cose più buone mai assaggiate e ci facciamo spiegare dove si trova la tomba raffigurata nel celebre dipinto di Poussin. Ci dice che la tomba non esiste più perché il comune ha deciso di toglierla dopo i numerosi tentativi di profanazione e di scavi nel suo sito, tuttavia si può ancora vedere il posto dove si trovava. E’ proprio nella strada del ritorno e anche qui scatta l’immancabile foto da far vedere agli amici. Verso il finire della serata ci dirigiamo a Rennes les Bains dove parcheggiamo la macchina e proseguiamo a piedi in direzione delle rovine del castello di Blanchefort. Percorriamo 4km di strada nel bosco ma il posto non si vede; incomincia a far buio e, seppur a malincuore, dobbiamo rinunciare all’impresa.

9° Giorno: Ci portiamo verso Arles. Attraversiamo la famosa Camargue, che altro non è che la maremma francese con tanto di tori e di butteri. Anche qui sostiamo nelle varie botteghe di prodotti tipici regionali e Chiara si compra un salame di toro che, da quanto puzzava, sembrava quasi di avercelo in macchina. Arles è la città dove ha soggiornato Van Gogh e anche qui ci regaliamo un bel camping con piscina. La sera passeggiata nella città e sosta turisticissima al “caffè Van Gogh” (Chiara ha insistito per una foto) dove ci fanno pagare mezzo litro di acqua ben 4,40 euro. E’ l’ultimo giorno e allora si va al ristorante. Menù fisso a 13 euro, è il più abbondante che hanno: stasera si “sciala”! Fine del pasto e io e mio fratello un po’ brilli convinciamo il padrone del ristorante a farsi una foto con noi. Accetta di buon grado.

10° Giorno: Mattinata ad Arles bisogna comprare i pensierini a parenti ed amici. E’ la cosa che odio di più ma se gli altri te li fanno, ti tocca farglieli pure te. Orientativamente abbiamo puntato su bottiglie di Assenzio eccetto che per la mamma, sapone di Marsiglia (ma guarda un po’!), per il babbo, un piccolo “santon” di S.Giuseppe e per l’unico mio amico astemio: Lucio, che si è beccato una stampa di… Van Gogh! Fa schifo ma se la tiene, vediamo se adesso incomincia a bere. Visita all’arena, anch’essa allestita per l’olocausto di tori, ed al teatro che la guida riportava come l’unico con la “scena” ancora intatta. Si sbagliava perché quello si trova ad Orange e, grazie al suo piccolo errore, ce lo siamo perso.

A pranzo ci spostiamo ad Aix en Provence, un posto veramente carino, troviamo anche il mercato; ma purtroppo abbiamo poco tempo e quindi facciamo soltanto un rapido giro.

Si riparte verso casa. Siamo a Pistoia verso le dieci e mezzo di sera. Dopo 2485 km, sporchi, stanchi, decisamente felici.



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