Bretagna 2007

BRETAGNA 2007 dal 23 luglio al 6 agosto La penisola e le sue isole. Una parte di mondo… un mondo a parteTIPO DI VACANZA: culturale ( città, chiese, calvaire, fari , usi e costumi) e soprattutto naturalistica LUNGHEZZA DEL PERCORSO:. Km.3905DIARIO DI VIAGGIO 1°giorno: lunedì 23 luglio 2007 ...
Scritto da: furiovolante
bretagna 2007
Partenza il: 23/07/2007
Ritorno il: 06/08/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
BRETAGNA 2007 dal 23 luglio al 6 agosto La penisola e le sue isole.

Una parte di mondo… un mondo a parte

TIPO DI VACANZA: culturale ( città, chiese, calvaire, fari , usi e costumi) e soprattutto naturalistica LUNGHEZZA DEL PERCORSO:. Km.3905

DIARIO DI VIAGGIO 1°giorno: lunedì 23 luglio 2007 Km 769 Il tempo è coperto, in via di rasserenamento, ma le previsioni per la Francia sono…Bagnate.

La partenza da Alessandria avviene alle 8.55, con direzione Torino, traforo del Frejus, Modane ecc…

Il viaggio si svolge in modo regolare, tranne un piccolo inconveniente dovuto a sbadataggine. All”Aire du Plain de Forez” facciamo benzina e beviamo qualcosa. Distrattamente dimentichiamo di pagare la benzina e così proviamo l’emozione di venire inseguiti e condotti alla “ Gendarmérie de Noiretable” dove un gendarme, per la verità molto cortese, ci spiega con parole semplici e con aria paziente che “ ce n’est pas bon!” Ce la caviamo con il semplice pagamento della benzina e un po’ di tempo perso! Alle 16 l’Alvernia si apre davanti a noi con una vasta piana verde bordata sul fondo dal profilo dei Puy tra cui domina il Puy de Dome con i suoi 1450m di altezza.

Il viaggio prosegue tranquillo nel paesaggio piano e dolcissimo, molto coltivato, prevalentemente a grano (già tagliato) e a granturco alto e verde. Tra i campi scorgiamo macchie di boschi, e tracce di girasoli. A tratti seguiamo morbide ondulazioni su una strada ottima anche se trafficata.

Consigli per gli automobilisti: “fatigué au volant, risque d’accident”, “prenez l’air dans l’aire”.

Ore 18.30, arrivo a Bourges, dove troviamo sistemazione all’hotel Ibis, con camera ampia a tre posti e servizi comodi, molto semplice ma funzionale. Dopo la cena in albergo ci concediamo un breve giro per Bourges, affascinante cittadina con castelli e palazzi rinascimentali, alcuni dai tetti neri altissimi, tra i più alti mai visti. L’atmosfera è un po’ morta, con pochissima gente in giro.

Ma il pezzo forte di Bourges è ovviamente la gigantesca cattedrale gotica, con i suoi cinque portali, di cui due in restauro. Benché la facciata manchi di un adeguato spazio per poterne ammirare tutta la grandiosità, la fiancata si apre in tutta la sua maestosità su una grande piazza che continua in giardini curatissimi pieni di fiori dai colori smaglianti. Nei giardini, contro un vecchio muro sbrecciato, viene proiettata ogni dieci minuti ( dalle ore 22) la storia di Bourges con una serie di immagini, illustrate da una voce narrante. La cattedrale, illuminata con discrezione nel buio della notte, è molto scenografica.

2°giorno: martedì 24 luglio 2007 Km 522 Il tempo è nuvoloso con rasserenamenti, temperatura frizzantina.

Purtroppo poco dopo la partenza il tempo peggiora rapidamente, mentre la strada scorre diritta e ampia in un paesaggio agreste, con coltivazioni e pascoli.

A 57 km da Tours finisce l’autostrada (la prosecuzione è in costruzione); ora seguiamo il corso dello Cher, da Vierzon a Tours, e la strada corre tra alberi e campi. Siamo nel cuore dei castelli della Loira, attorno a noi: Blois, Amboise, Loches, Chenonceau .

I paesi che attraversiamo sulla statale hanno casette basse dai tetti a punta con abbaini, molto curate e immerse in un’atmosfera dolcissima, da “douce France”, agreste e non deturpata dal turismo selvaggio. Ci sono anche ville signorili di vecchia nobiltà.

Ore 11.17, dép. D’Indre et Loire.

« La Touraine nous accueille », Chenonceau è due km a destra.

Superiamo vigneti, piantagioni di tabacco e di girasoli su un percorso che segue le ondulazioni del territorio, che qui si presenta più abitato.

Gli alberi pullulano di fasci di vischio. La terra farinosa e scurissima è ricoperta di coltivazioni di insalata, finocchi e altre verdure in file che sembrano tracciate col righello. E poi…Quanti girasoli!, erano anni che non ne vedevamo tanti così.

Alle 12 siamo a Tours sulla Loira, dove sostiamo un paio d’ore per un rapido giro in città. E’ una bella cittadina con zone animate di shopping e zone antiche con caratteristiche case a graticcio.

Alle 18.15 entriamo finalmente in BRETAGNA nel dép. Morbihan, per arrivare un’oretta dopo a St. Anne d’Auray.

Troviamo un bel posto comodo e ombreggiato in un ottimo campeggio e, felici e ottimisti, ci accingiamo a montare la tenda. Qui iniziano le nostre vacanze in Bretagna.

Mentre stiamo stendendo il telo esterno della tenda… Questo semplicemente si squarcia! Evidentemente il sole e la pioggia delle precedenti vacanze lo hanno inaridito e noi siamo stati imprudenti a non controllarlo prima di partire. Urge cambiare programma: dovremo sempre cercare dei b&b, cosa che, considerato il clima della Bretagna, non sarà poi neppure tanto male. Ci rivolgiamo al disponibile ragazzo della réception chiedendogli di procurarci in paese una chambre d’hote ( l’equivalente francese dei b&b).

Seguendo le sue indicazioni troviamo una buona sistemazione in una bella villetta nuova: una piccola camera in mansarda con letti separati e i servizi in comune con un’altra camera, ma è carina e il prezzo è buono (39 €). Questa casa appartiene alla catena ” Clèsvacance” .

Alla sera cena in paese,ottima e abbondante, in un ristorante di fronte alla grande chiesa chiara dedicata a S.Anna patrona di Bretagna. Proprio in questi giorno si stanno celebrando i festeggiamenti per la patrona con grande afflusso di fedeli e concerti in cattedrale.

E così, dopo cena, ci troviamo nella cattedrale completamente gremita di persone sedute e in piedi che, in religioso silenzio ascoltano un concerto di…Cornamuse, binious, bombarde, strumenti della tradizione bretone. Ci sono anche canti con e senza accompagnamento strumentale. Guai fiatare! Al minimo sussurro si alza un coro di sssssshhhhhh…! E’ molto suggestivo, ma dopo un po’ ci annoiamo e usciamo verso le dieci.

3°giorno: mercoledì 25 luglio 2007 Il tempo è buono , per fortuna, perché la giornata sarà dedicata a Belle Ile en Mer, la prima isola del nostro programma di viaggio.

Ci imbarchiamo alle 11 da Quibéron e ci rendiamo conto subito di quale sia l’afflusso turistico a Belle Ile. C’è un gran traffico e ci sono grandi parcheggi un po’ prima di Quibéron con il servizio di navette fino al porto.

La traversata di 45’ si svolge tranquilla tra mare e sole, poi si sbarca a Le Palais, il centro principale dell’isola e qui, dopo un lungo e attento esame delle varie possibilità di visita, decidiamo di prendere un bus per i Poulains. La cosa è però tutt’altro che semplice, poiché la stazione dei bus è a diverse centinaia di metri dall’imbarcadero e lungo il tragitto troviamo un ponte sollevato per il passaggio di un battello e una ripida salita da affrontare di corsa. Arrivati trafelati al bus scopriamo che è completo. Qui completo significa che sono esauriti i posti a sedere. Quasi come i nostri bus riempiti come scatole di sardine! Prendiamo quindi un altro bus che ci porta a Sauzon dove ci riprenderà il nostro, che fortunatamente ha scaricato qualche passeggero e può così portarci fino ai Poulains. Le strade di Belle Ile sono strette, tortuose, ondulate e anche ripide in certi tratti. I paesaggi sono molto belli, con case bianche dagli infissi azzurri o blu, e tanti fiori. Il clima è mite, ed anche il proprietario della casa di St. Anne d’Auray ci ha detto che è più facile trovare bel tempo a Belle Ile che sul continente. Arrivare alla Pointe des Poulains è l’avverarsi di un sogno, ci pare di entrare nella famosa foto di Philippe Plisson che teniamo a casa e che rappresenta i Poulains durante uno spettacolare “colpo di vento”. Questa volta niente vento o mareggiata, ma tutto è comunque affascinante.

Una bella passeggiata ci porta ad attraversare la sottile lingua di spiaggia che viene sommersa dall’alta marea, e che permette di raggiungere il faro attraversando sentieri bordati da erica e cespugli di fiori gialli.

Le scogliere sono grandiose e molto tormentate, anche se il mare calmo ed il sole rendono l’ambiente meno selvaggio. Passeggiamo tutto attorno al bianco faro dei Poulains e visitiamo all’interno una esposizione di foto e di tavole con informazioni ambientali.

Terminato il giro passiamo accanto al forte Sarah Bernhard e riprendiamo il bus per Le Palais. Avremmo voluto vedere altre parti interessanti dell’isola come Port Cotton e la plage de Donnant, ma i tempi dei bus non ci avrebbero dato margini di sicurezza per l’imbarco, decidiamo pertanto per un giro a Le Palais.

Il centro è molto pittoresco, con le case che si susseguono seguendo il porto e il piccolo fiordo canale.

Visitiamo all’esterno la vasta Cittadella (guarda caso…Di Vauban!), situata in una zona rialzata che domina il porto. (Citazione di Fu’: Vauban è il Wilbur Smith o il Renzo Piano delle fortificazioni).

Con due ottimi panini acquistati in paese pranziamo sul molo, poi passeggiamo in attesa dell’imbarco insieme con altre migliaia di persone. In effetti l’isola, pur bella ed affascinante, è un po’ troppo presa d’assalto e congestionata, almeno in questo periodo.

Rientrati sul continente, seguiamo in macchina il profilo tormentato della Cote Sauvage de Quibéron, con una breve puntata su una spiaggia. Le scogliere sono selvagge, come dice il nome, e bellissime sotto la luce rosata del tardo pomeriggio! Alla sera andiamo alla Riviére d’Auray per una cena (per la verità poco soddisfacente) nella pittoresca piazzetta che si affaccia sul mare. Vicino al molo dondola un bellissimo veliero.

4°giorno: giovedì 26 luglio 2007 Km 187 Solito tempo bretone, con sole e nuvole che si scambiano continuamente i ruoli in cielo, e vento discreto.

Partiamo dal b&b alle 9.30, per dedicarci ai siti archeologici di Carnac. Visitiamo così due “alignements”, quello di Kermario e quello di Ménec. Entrambi i siti hanno numerosi ménhir e sono ora recintati (nel 1986, anno della nostra precente visita, si poteva girare liberamente tra le pietre). Adesso c’è pure un grande centro visitatori della zona dei mégalithes: è molto grande e ben fornito di materiale cartaceo di vario tipo.

Lasciata la zona archeologica, alle 12.45 arriviamo a Pont Aven dove comperiamo un gigantesco panino e con questo pranziamo in due sulla pittoresca riva dell’Aven ornata da vari battelli, gruppi di oche e papere e caratteristiche ville fiorite di ortensie e agapanti. Tira un vento molto forte, ma c’è in giro parecchia gente, abbiamo anche faticato a trovare parcheggio. Qui a Pont Aven soggiornò Gauguin che vi fondò una scuola di pittura e il posto è sempre stato di grande richiamo.

Proseguendo il viaggio, superiamo Concarneau, La Foret Fouesnant, e Pont l’Abbé, per arrivare alle 16.45 verso Penmarch dove troviamo una chambre d’hote dei Gites de France. Saper già a quest’ora dove dormiremo stanotte è un’ esperienza rara ed esaltante! La camera si trova nella piccola dipendenza di un casale con tetto in paglia, ha infissi rossi e si sviluppa su due livelli divisi da una ringhiera in bambù. L’alto soffitto a punta tipico delle case bretoni è attraversato da travi orizzontali di legno chiaro, due pareti sono tappezzate con decori di canne verdi e due pareti sembrano di sughero. Anche nei particolarissimi servizi domina il verde: l’originale lavabo è in vetro verde, le pareti sono a mosaico nei vari toni del verde e formano motivi di bambù. Testata del letto, attaccapanni, appendini per abiti, è tutto in bambù. Proprio bello e non caro ( 48€ ).

Per la cena si va a Penmarch e si prosegue per la punta di St.Pierre col faro di Eckmuhl. Purtroppo il tempo è grigio e il luogo non dà il suo meglio, ma il faro che svetta alto e imponente sull’abitato e sul mare riesce sempre ad intimorire e ad affascinare. L’accesso al faro è chiuso e all’azienda di soggiorno ci dicono che il motivo è il forte vento. Forse domani… Passeggiamo sotto il faro sul piccolo molo che costeggia il porticciolo gremito di barche galleggianti. Non capiamo che marea sia, perché le barche galleggiano , ma ci sono vasti banchi di alghe scoperte. Questo luogo, che già conoscevamo, rappresenta uno dei simboli della “nostra” Bretagna, uno dei più ricordati e amati, tanto che Ma’ (come l’altra volta) non resiste alla tentazione di portarsi a casa qualche manciata di conchigliette che abbondano sulla spiaggia. Ci rechiamo poi alla punta di St.Guénolé con le sue famose rocce rosse ( les rochers de St.G.).

Il luogo è stupendo, c’è una mareggiata che abbatte sulle rocce ondate verdi e lingue di schiuma bianca.

Purtroppo, per la scarsa luce, gli scogli rossi non possono manifestare i loro intensi colori, ma lo scenario è oltremodo affascinante. Siamo incantati e ci spostiamo da un posto all’altro scattando foto. Ci sono strane rocce a forma di bruco, di triceratops, di sedere di elefante… Ritorniamo al faro e, cercando il nostro vecchio e storico ristorante delle sardine grigliate, scopriamo con un po’ di rammarico che non c’è più. Ci consoliamo andando a cena in un bel locale lì vicino dove gustiamo, tra le altre cose, un ottimo far alle mele.

Uscendo torniamo al mare e scopriamo che ora le barche sono appoggiate all’asciutto, allora adesso c’è bassa marea! Ad un certo punto guardiamo il sole che sta tramontando, libero da nuvole e sta dardeg-giando il mare con i suoi ultimi, luminosissimi raggi rossi e Furio ha una folgorazione. Corriamo , si fa per dire, ancora a St.Guénolé e ammiriamo affascinati la mareggiata rosata che si infrange sulla scogliera sotto i nostri occhi, come spinta dal disco solare arancione davanti a noi. Siamo rapiti. Assistiamo al tramonto, fino a quando del sole restano soltanto striature rosse nel cielo, quindi a malincuore ce ne andiamo, anche perché non fa per niente caldo, anzi c’è un vento fortissimo che getta salino sui capelli, sugli occhiali e, se non si sta attenti, sugli obiettivi delle macchine fotografiche.

5°giorno: venerdì 27 luglio 2007 Km 117 Il sole è, forse, dietro le nuvole. E’ umido e fresco, non freddo.

Dopo una buona colazione con gatto, lasciamo la “charmante” chambre d’hote e sostiamo a Penmarch dove facciamo il giro esterno della chiesa di St. Nona del XVI secolo. E’ una grande e larga costruzione in pietra grigia, dalla struttura molto particolare e molto diversa dalle nostre chiese.

Visto il tempo rinunciamo a visitare il faro e ci consoliamo con qualche acquisto bretone nel negozio accanto.

Ci rechiamo alla Pointe de la Torche battuta da vento e pioggia, ma non fa freddo. Il posto è sempre bello, tra dune e ampie baie sabbiose. È piuttosto frequentato, infatti ci sono vari bar e ristoranti. Ma’ raccoglie semi di margherite di vario tipo. Chissà! Continuando il viaggio, mentre ci accompagna la fida pioggerelle bretone, visitiamo solo all’esterno la già nota chiesa di N.D. De Tronoen, con il calvaire più antico di Bretagna.

Verso Audierne il tempo peggiora con pioggia decisa e nebbia, tanto che, seppure a malincuore, rinunciamo alla Pointe du Raz, già visitata nel 1999, ma sempre tanto desiderata.

Alle 13.20 siamo ad Audierne: dicono che ci sia una baia, ed in effetti possiamo confermarlo avendola vista in passato sotto il sole. Oggi è dietro un velo di pioggia e di nebbia. Con questo tempo lattiginoso la città ed il porto appaiono suggestivi, avvolti in una atmosfera ovattata. C’è però un vento che rende la pioggia orizzontale, per cui non scendiamo neppure dalla macchina per non infradiciarci.

Proseguiamo verso il Leclerc in cerca di cibo, e il tempo è tale che ci rassegnamo a pranzare in auto nel parcheggio coperto del supermercato. Nel primo pomeriggio smette di piovere ma resiste la nebbia. Battuta di Fu: “che Raz di tempo: tempo di Pen’hir, ha ha..”.

Visto il miglioramento (si fa per dire) del tempo ci concediamo un breve giro ad Audierne lungo il porto. La cittadina è molto graziosa, con le case disposte lungo la linea della baia che pullula di imbarcazioni.

Il camminamento lungo il porto è rivestito per lunghi tratti da grate di legno, spesso scivolose, tanto che un bimbo cade pesantemente di fronte a noi e scoppia in un pianto dirotto. Il nonno rifiuta il cioccolatino che gli offriamo. Bah! Sosta a Pont Croix per la visita della bella cattedrale di N.D. De Roscudon con parti costruite dal XII al XV secolo. Ha una struttura mossa: la prima parte è romanica con archi a tutto sesto e la parte verso l’altare è gotica con alto soffitto a botte. Ha il pulpito e la tribuna di legno intarsiato e diverse statue e pale in legno verniciato di bella fattura.

Superiamo il paesino di Confort Meillard con un vecchio calvaire proprio sulla strada di fianco alla chiesa.

Cerchiamo una camera a Douarnenez, senza successo. Il gestore di una chambre d’hote situata in un bellissimo casale un po’ fuori del paese, molto gentilmente telefona per noi e ci fornisce le indicazioni (complicatissime!) per una camera dopo Locronan. Chiacchierando ci dice che è bello aver a che fare con gli italiani, perché sono sempre contenti, e non prenotano mai, vanno alla ventura.

Alle 17 siamo quindi a Locronan sotto la pioggia. Il paese un po’ in collina è immerso in un paesaggio di boschi di conifere e latifoglie. La volta precedente avevamo soggiornato nel campeggio.

Per un po’ cerchiamo la camera segnalata, poi ci accorgiamo che è “ tra i lupi” e ci costringe a fare un sacco di strada in più. Decidiamo quindi di cercare a Locronan. Troviamo posto in piena campagna a Kergoat, vicino a Locronan, in una casa in pietra,vecchia ma ben tenuta, con ampio cortile attorniato da cespi di ortensie dai colori tenui e forti. Ci accoglie una gentile vecchina in compagnia di un vicino suo coetaneo e ci indica la camera al piano superiore ( da scegliere tra due contigue), ma non può accompagnarci per la difficoltà di salire le scale. Ci dice che domani ci sarà la nuora. La camera è mansardata col soffitto piuttosto basso rivestito in legno e il pavimento rivestito di moquette verde acqua, con mobili antichi e lavabo verde ( i servizi sono in comune con l’altra camera). Dalla finestra la vista si allarga sulla campagna. Facciamo un giro a Locronan, affascinante cittadina che ci appare tra le nuvole con un’aria un po’ ovattata e misteriosa, terra di elfi e di folletti. Comperiamo l’adesivo per il parcheggio (3€) , valido tutto l’anno e che noi useremo solo per due giorni. Astuti loro! Comunque i parcheggi sono comodissimi per il centro che in questo modo è libero dai veicoli e quindi tranquillo, godibile e molto fotogenico, attraversato ogni tanto da qualche carrozza a cavalli. Ceniamo in un bel locale vicino alla chiesa. All’uscita i lampioni delle strade diffondono aureole di luce cotonosa che si sfuma nella nebbia, le vie e le case sono tutte grigie, poco frequentate. L’atmosfera è irreale.

6°giorno: sabato 28 luglio 2007 Km 157 Il cielo è coperto e il tempo è molto umido. Durante la colazione, in una sala in piacevole stile d’antan, conversiamo con la belle fille (nuora) della vecchia signora di ieri sera. Ottimo e abbondante il servizio: gateau breton, crepes, pane e marmellata, burro demi-sel, caffè e latte. Parliamo del tempo in Bretagna e della Grande Tromérie che si è tenuta da poco. Si tratta della più importante processione della tradizione bretone, che si svolge su un percorso di 12 Km attraverso i campi. E’ la celebrazione pagana della fertilità, ripresa e fatta propria dal cristianesimo. L’altra importante processione è la Petite Tromérie di soli (!) 6 Km.

Alle 9.35 usciamo per vedere Locronan di giorno.

Locronan è una vera trappola per fotografi! Ma’ soffre di crisi di astinenza da foto, dovendone limitare il numero, poiché ne ha gia fatte 200 e ha ancora spazio in memoria “solo” per altre 450.

La cittadina è molto pittoresca, pulita e curata, con grandi cespugli soprattutto di ortensie e fucsie. Quando spunta il sole il paese si illumina, il suo grigio diventa perla e i suoi fiori esplodono; il nostro umore segue il sole.Visitiamo l’interno della bella chiesa con la tomba di St. Ronan. E’ tutt’altro che grigio, ci sono notevoli vetrate, statue antiche, un pulpito di legno verde e oro decorato da medaglioni intarsiati, e vi sono esposti gli stendardi variopinti portati nelle grandi processioni.

Lasciata Locronan dopo circa due ore, ci dirigiamo verso il Menez Hom, il tetto della Bretagna, e ne conquistiamo la vetta ( 330 m. !!!). Altezze da vertigine, soffriamo la quota…Ah,ah! Nonostante l’altezza irrisoria, di lassù il panorama è vasto a 360° e indubbiamente molto bello: a ovest la penisola del Raz e Cap Sizun, poco più a destra Crozon, a nord le anse del fiume Aulne , a nord-ovest in lontananza Brest (dice Fu’). La cima è un panettone erboso con due cippi di pietra che da lontano sembrano tavole di orientazione e invece da vicino ci sembrano… pietre sacrificali dove sacrificare i turisti per propiziarsi il bel tempo! (battuta di Fu’) Proseguiamo verso Crozon lungo una bella strada in mezzo al verde di coltivazioni, boschi e prati, dotata di numerose aree di sosta ben curate e attrezzate di tavoli e panche. Il percorso segue il profilo lievemente ondulato del territorio, con vista panoramica sul mare in lontananza.

Le case che incontriamo sono per lo più o completamente in pietra grigia o bianche col tetto nero, fatto di tegole di ardesia sottile agganciate una ad una con ganci metallici. Gli infissi sono bianchi o nelle varie tonalità dell’azzurro e del blu. Superata la cittadina di Crozon ( Kraozon ) la strada si abbassa sul mare in una magnifica insenatura sabbiosa, dove la vista spazia da un lato su pascoli con mucche e dall’altro lato sull’inconfondibile profilo della Pointe de Dinan col suo arco di roccia.

Arriviamo poi alla Pointe de Penhir col bel tempo. Superato il monumento ai caduti bretoni per la Francia libera, giungiamo di fronte ai Tas de Pois, i faraglioni conici che brillano nel blu del mare. Alle nostre spalle un manto di erica viola ricopre tutto il pianoro. Pranziamo in un posto riparato dal vento in vista della Pointe de Toulinguet lontana, in compagnia di gabbiani voraci che si contendono il cibo che lanciamo. Assistiamo ad un fatto interessante: il primo gabbiano arrivato ha divorato fette di pane, ma, dopo aver assaggiato una crosta di formaggio, non vuol più saperne del pane e lo rifiuta riconoscendolo al volo mentre gli altri, che non hanno assaggiato altro, si contendono il pane accanitamente. Un comportamento molto umano! Lasciata la punta, sostiamo al Memoriale della Battaglia dell’Atlantico circondato da enormi ancore, mine, cannoni antiaerei e numerosi bunker.

Incontriamo dei non meglio identificati alignéments di menhir e, attraverso enormi distese di erica, scendendo fino al mare e poi risalendo, arriviamo alla Pointe de Toulinguet da cui si gode uno splendido panorama. Da un lato Penhir con i suoi Tas de Pois e la spiaggia di Pen Bad e dall’altro lato scogli con isolotti. Tutta la zona è rivestita di erica e fiori gialli. La punta non è accessibile per un lungo tratto, poiché una sbarra impedisce l’accesso al faro (Sémaphore de Toulinguet).

Sull’ampia spiaggia numerose le persone ma pochi i bagnanti.

Poco dopo eccoci alla Pointe de Dinan ( Beg Din ) tutta ricoperta di erica, ginepro, fiori gialli, roselline selvatiche e altri cespugli spinosi, un manto uniforme e totale ad eccezione dei numerosi sentieri tracciati. Arriviamo fino allo Chateau de Dinan , affascinante e originale castello di roccia nel mare, inciso da numerose grotte a fior d’acqua, a cui si accede da un grande arco naturale. Per un po’ siamo incerti se avventurarci sul sentiero che passa sopra all’arco e porta al castello, poi decidiamo di proseguire. Frattanto il tempo si è rannuvolato e le condizioni di luce non sono delle migliori. Più oltre scopriamo un’altra punta di conformazione simile con due archi naturali in cui la fantasia di Ma’ vede un lucertolone con due zampe. La vista spazia, di fronte sui Tas de Pois di Penhir e a destra su varie anse sabbiose e su scogliere traforate da grotte e archi. Molto bello! Alle 18.25 arriviamo a Douarnenez, con il suo “port sardinière”, ed il mercato delle sardine più importante di Francia. Qui le sardine sono giganti, le nostre mediterranee sembrano le loro neonate. Al mercato delle sardine è collegata una florida industria conserviera e numerosi negozi espongono montagne di scatole di sardine accuratamente impilate, alcune addirittura millesimate, con l’annata di preparazione. Per restare in tema ceniamo lungo il mare, in uno dei numerosi ristoranti affollati, con sardine grigliate e calamari all’armoricana (listelli di calamari con pomodoro e poco sapore), e un altro “far breton“ per Ma’. Dopo cena ci spostiamo in un’altra zona sul mare, di fronte all’Ile Tristan. Douarnenez è piuttosto grande, con porto di pesca, porto turistico e canale tutti occupati da imbarcazioni. La città non ha una grande vocazione turistica, ed ha palazzi piuttosto grandi e ville a schiera; la parte più animata e frequentata sembra proprio essere vicino al porto di pesca dove abbiamo cenato. Notiamo anche qui, come in tutta la Bretagna, numerose creperie, tanto che Fu’ non perde occasione per la solita battuta ( “ma qui crepano solo!…”, ah, ah!).

7°giorno: domenica 29 luglio 2007 Autunno!!! Ci si risveglia al suono della pioggia bretone. Dalla finestra non si vede praticamente nulla, siamo immersi nella nebbia, che ci nasconde il noto panorama: il bel prato verde con ortensie dal colore intenso, fasci di gladioli, fucsie, dalie e cespugli vari, oltre i quali la vista spazia fino ad alberi e boschi lontani. La vegetazione trae indubbio beneficio da questo tempo, noi no! Ci consoliamo con una buona colazione conversando con la gerente. Scopriamo che qui in Bretagna la temperatura non è mai alta d’estate (già lo sapevamo!) e mai bassa d’inverno, raramente va sotto lo zero e raramente nevica. Ci spieghiamo perché nella nostra camera ci sia un termosifone molto piccolo, cosa che ci aveva un po’ sorpresi. La grande pendenza dei tetti non è per la neve, ma per la pioggia.

Ce la prendiamo comoda per vedere se cessa la pioggia. “Prenez votre temps!” dice la bretone, ma il maltempo è senza speranza. Alle ore 9.50 lasciamo quindi Kergoat sotto l’acqua, e poco dopo entriamo nel Parc Naturel Régional d’Armorique.

Piove forte e il tempo non migliora, anche se non fa molto freddo. Abbiamo comunque addosso tre strati: canottiera, maglia e felpa o pile, calze e scarpe. Pensiamo a casa, dove forse stanno morendo di caldo! Arriviamo a Chateaulun e, a causa della pioggia, ci rifugiamo in un Leclerc cercando alcune cornici che non troviamo, e decidiamo di proseguire per Sizun passando per Le Faou. Chateaulun è una graziosa cittadina sviluppata lungo le sponde del fiume Aulne, che scorre con grandi meandri, creando scorci caratteristici e pittoreschi. Per colpa del tempo, a tratti il paesaggio scompare appena oltre la strada, avvolto dalla nebbia, dalla pioggia e da un fine vento umido. Verso Le Faou il paesaggio è molto verde, con boschi di conifere e latifoglie e campi di granturco che ondeggiano al vento: poco lontano, verso ovest, c’è la Foret de Cranon. Alle 12.20, ancora sotto la pioggia, accendiamo i fari antinebbia. Brouillard!!! (ci sembra di avere l’orologio indietro di alcuni mesi!!!).

Poco dopo siamo a Sizun , nel Léon, famosa per il suo “Enclos parroissial” del 16° secolo. Si entra attraverso la porta trionfale a tre arcate e si accede alla chiesa e alla cappella ossario, dove si trova un piccolo museo delle tradizioni locali ( chiuso eccezionalmente). Il piccolo calvaire, terza componente degli enclos secondo la tradizione, si trova sopra la porta trionfale. L’interno della chiesa è molto particolare, a pianta quadrata con un transetto centrale e un’abside terminale con tre altari. E’ abbellito da un bell’organo grande e riccamente decorato, e da un pulpito verde in legno lavorato, sormontato da un angelo. Attorno ci sono altri altari e decori dai tenui colori pastellati, ed il soffitto ha una struttura che ricorda il fasciame di una nave, in legno azzurro a doghe con travi marroni intarsiate. Si vede bene che nel 17° e 18° sec. Tutto l’interno è stato rimaneggiato. L’esterno invece è tutto in pietra grigia piuttosto scura e consumata in molti punti, ma è ravvivato da lunghe file di ortensie dagli intensi colori fucsia, viola e bordeaux. Usciamo da Sizun alle ore 13.20. Siamo nel Léon, nel Parc Naturel Regional d’Armoric. La strada attraversa ampie zone verdi, con prati, boschi, campi di grano marrone ancora da tagliare, campi di granturco altissimo, anche due metri, e altri campi in cui sembra seminato da poco. Ci chiediamo come facciano a mietere il frumento asciutto, visto il tempo che fa! In vari paesi osserviamo che i campanili delle chiese hanno strutture slanciate, alleggerite verso l’alto con spazi vuoti che creano contemporaneamente motivi decorativi.

Il paesaggio va e viene con la nebbia, e siamo rassegnati a questo stato di cose che ci accompagna praticamente da questa mattina. Ci consoliamo con quanto detto a colazione dalla signora del b&b, cioè che sono previsti miglioramenti da domani.

Superata Daoulas, ci fermiamo a Plougastel-Daoulas. Dalla guida apprendiamo che il grande e bellissimo calvaire (risalente al 1600 e con 180 figure) fu danneggiato durante un bombardamento americano che rase al suolo anche la chiesa. Un ufficiale americano si interessò al recupero aprendo anche una sottoscrizione, e dopo la guerra iniziarono i lavori di restauro che terminarono nel 1950. Pranziamo in macchina, vicino alla cattedrale e, dopo una breve passeggiata, ripartiamo alle 15.15 puntando verso Brest, rinunciando però alla Pointe de Kardenel a causa del maltempo. Alle 15.30 siamo a Brest, che ci sembra una città ben poco affascinante, e non ci piace per niente.

Nella parte bassa costeggiamo ampie zone del porto, che si sviluppa su una lunga rada protetta da numerosi fari. Troviamo piuttosto difficile orientarci nell’attraversamento, anche a causa della scarsità delle indicazioni.

Alle 16.30 arriviamo a Le Conquet, dove troviamo alloggio in un grazioso villino poco fuori dal paese. La proprietaria ci fa notare che si sentono le “sirènes a brume”, le sirene da nebbia nel porto.

La nostra casa si trova circa a metà strada tra Le Conquet e la Pointe de St. Mathieu, per cui decidiamo di farvi una puntata prima di cena.

Alle 18.50, con il tempo che si sta finalmente rasserenando, siamo alla punta: i due fari sorgono accanto alle rovine di una antica abbazia gotica, di cui rimangono soltanto alcune suggestive colonne ed una cappella. Il tempo è instabile, e mentre cerchiamo di fotografare il faro bianco contro il cielo azzurro, le nuvole si spostano velocemente ed il cielo diventa grigio.

Dopo la cena a Le Conquet prima di rientrare in camera facciamo una breve passeggiata sulla spiaggia vicino al b&b. E’ un bel posto, con bella sabbia a ridosso di scogliere con grotte e anfratti. Al rientro programmiamo con i nostri ospiti l’escursione all’Ile d’Ouessant di domani. Il proprietario, mr. Buisson, ci accompagnerà all’imbarco con la nostra macchina e verrà a riprenderci, ed in questo modo risparmieremo i soldi del parcheggio, il traffico della navetta, ed in più avremo la macchina al sicuro. Sono persone veramente gentili.

8°giorno: lunedì 30 luglio 2007 Km 149 (due giorni).

Oggi è estate! La giornata sarà dedicata all’Ile d’Ouessant (à chacun sa mer, dice mr.Buisson).

Alle ore 8 colazione, un po’ spartana a dire il vero, poi mr. Buisson ci accompagna al porto, dove ci fa anche ottenere uno sconto del 15% sui biglietti. Purtroppo, a causa della grande affluenza, il battello delle 9.45 proveniente da Brest è già completo, per cui ripiegheremo su quello delle 11.00, con ritorno alle ore 19.15 . Approfittiamo del tempo a disposizione per un giro sul fiordo (aber) nello splendido sole del mattino. Sui moli fervono varie attività legate alla pesca tra cui la manutenzione delle reti, un lavoro lungo e monotono, ma evidentemente indispensabile. Ci sono casse e casse di reti di nylon di vari colori e di vario spessore, ed i pescatori le fanno passare meticolosamente, districandole con le mani e liberandole dalle alghe, da pezzi di crostacei e riparando eventuali strappi con una lunga e grossa punta.

C’è bassa marea, e ciò consente anche la manutenzione degli scafi. Attraversiamo la lunga passerella sul fiordo asciutto, e da qui osserviamo divertiti i gabbiani e gli aironi che si rubano il pesce.

Alle ore 11.00 passate ci imbarchiamo: la nave è decisamente più piccola di quella di Belle Ile, e non trasporta auto. La traversata è abbastanza tranquilla, anche se a tratti si sente l’effetto di onde lunghe e lo scafo ondeggia. Si fa scalo all’isola di Molène, nel cui porto si entra da uno stretto corridoio tra infiniti scogli, con numerose boe di segnalazione.

Un po’ prima di Ouessant siamo in vista del faro di Kéréon, uno dei cinque grandi fari dell’isola, che si leva solitario nel mare, ed è molto suggestivo con i suoi 47 metri di altezza. La presenza di tanti fari attorno all’isola, soprattutto dei fari di mare così lunghi e difficili da realizzare, indica la pericolosità di queste acque.

Finalmente alle ore 12.25, un po’ in ritardo rispetto all’orario previsto, attracchiamo, e dal molo vediamo la strana sagoma doppia del faro di Stiff, vicino alla torre radio.

Con una piccola navetta arriviamo rapidamente a Lampaul, il principale centro abitato dell’isola, che comunque non ha nulla da spartire con Le Palais a Belle Ile. Qui tutto sembra più piccolo, più tranquillo e meno frenetico.

Dopo una consultazione con il ragazzo addetto che ci informa sulla natura delle strade, affittiamo due buone biciclette, con le quali ci dirigiamo verso il faro di Créac’h. La strada presenta in questa direzione delle ondulazioni abbastanza dolci, per cui non si fatica troppo a vincere le brevi salite, grazie anche all’uso regolare del cambio. Dopo una pedalata di circa mezz’ora conquistiamo il faro di Creac’h, dalle caratteristiche righe bianche e nere, posto in un ambiente eccezionalmente bello ed emozionante: non per niente è citato come tappa d’obbligo dalle guide di Ouessant. Attivato nel 1863, è il faro più potente d’Europa, visibile a 60 km di distanza, ed è anche sede del museo del faro.

Per prima cosa ci sediamo a pranzare tra le stupende scogliere rosso-marrone dalle forme irregolari e articolate, e con vista spettacolare tra faro e mare. Naturalmente sono commensali numerosi gabbiani, di cui uno, particolarmente prepotente, da noi battezzato Nividic come un altro faro dell’isola, ingurgita pezzi di pane e brandelli di prosciutto. Dopo un giro sulle affascinanti scogliere, valorizzate da un tempo magnifico, pedaliamo verso il faro di Nividic. Arrivati sul posto Ma’ si accorge di aver perso la sicura della bici, e Fu’ si offre di tornare indietro a cercarla. Per fortuna la ritroverà, però dopo essere risalito fino a Creac’h.

Alla sinistra di Nividic, abbastanza lontano, scorgiamo la sagoma del faro della Jument, reso celebre dalle tempeste e dalle famose foto (in particolare di Phippe Plisson e di Jean Guichard) che lo hanno immortalato. In tutti questi posti si respira quasi aria di leggenda, perché per la Bretagna i fari sono leggenda, quasi monumenti che gli uomini di mare hanno eretto al proprio coraggio e alle proprie avventure. Manca solo la tempesta (però in tal caso non saremmo qui), ma l’emozione è comunque grande.

Ci spostiamo quindi per portarci di fronte al mitico faro della Jument, ma abbiamo qualche difficoltà con la strada perché non troviamo una scorciatoia segnata sulla carta. Il risultato è un bel po’ di strada in più con la debita fatica. La visita vale comunque l’impegno, perché insieme alla Jument di fronte a noi, si vede a sinistra Kéréon spuntare da un mare blu e calmo. Questo mare oggi non fa certo sospettare la presenza di fortissime correnti causa di molti naufragi in epoche passate.

Lasciate le bici abbastanza stanchi per aver percorso una ventina di chilometri di saliscendi, riprendiamo la navetta per il porto, dove nell’attesa del battello saliamo al faro di Stiff (Ouessant è veramente l’isola dei fari!). Il sentiero è piuttosto ripido e attraversa radure ricoperte di erica, per condurre al bianchissimo faro dalla caratteristica struttura a doppia torre. Il posto è recintato e inaccessibile. Questo faro, voluto da Vauban ed entrato in funzione nell’anno 1700, è stato il primo dell’isola ed uno dei più antichi di Francia.

Il ritorno avviene con qualche ritardo, per cui avvertiamo con una telefonata mr. Buisson, che sarà poi ad attenderci per riaccompagnarci a casa. E’ un po’ tardi, ed è preoccupato per la nostra cena, ed anche stupito per il fatto che non abbiamo prenotato ( avez vous réserve?).

Tuttavia non ci sono problemi, e ceniamo nel bel locale (Dagenta) della sera precedente.

9°giorno: martedì 31 luglio 2007 Km 172 Tempo bello (incredibile!).

A colazione (ancora più spartana della precedente) mr. Buisson ci dedica una frase come “l’aventure commence a l’aurore de chaque jour”. Si riferisce al fatto che noi non prenotiamo nulla, nemmeno le chambres, proprio come ieri sera era costernato perché non avevamo prenotato al ristorante. Ci ricorda il francese di Douarnenez che aveva detto che andare alla ventura è una caratteristica degli italiani. Degli italiani non so, nostra certamente sì.

Alle 9.40 lasciamo Le Conquet e, mentre aggiriamo il fiordo, ci troviamo immersi nei boschi su strade ondulate e ombreggiate da castagni, querce, pini alti e folti.

Seguendo le frequenti e precise indicazioni arriviamo circa alle 10 alla grande Plage des Blancs Sablons.

La spiaggia appare dall’alto molto piana e vasta, anche perché siamo in bassa marea, bordata ai lati da lingue rocciose. Mare blu, cielo azzurro…Veramente bello! Per giungere al mare attraversiamo dune di sabbia chiara finissima, ricoperte di bassa vegetazione e protette da recinzioni attraversate da sentieri sabbiosi.

Proseguendo il viaggio verso nord , mentre il tempo si sta rannuvolando, facciamo alcune brevi soste per fotografare qualche casa caratteristica con gli infissi azzurri, vediamo molte pale eoliche ( parc éolien), attraversiamo boschi a poca distanza dal mare.

Poco dopo le 11 siamo alla Pointe de Corsen, di fronte a Ouessant e a Molène. Da qui si ha una vista spettacolare: ampie distese di erba e fiori bianchi a ombrello, che digradano rapidamente verso il mare, scenografiche anse sabbiose e rocciose, rocce grandi e piccole affioranti dall’acqua intensamente blu solcata da vele bianche. Incontriamo anche due pisani arrivati da Parigi con cui intratteniamo una breve conversazione.

Anche questa zona deve essere pericolosa per la navigazione, perché ci sono diversi fari, due di mare e uno di terra, il faro di Trézien.

Alle ore 12 circa siamo sotto il faro di Trézien, faro di terra nel paese. Ha una particolarità, è stato dipinto di bianco verticalmente solo nella metà che guarda il mare.

Ancora pale eoliche, il che la dice lunga sulla continuità e intensità del vento che soffia in Bretagna.

Siamo nell’ovest dell’ovest della Francia, nell’ovest del Finistère. La costa prende il note di Cote des abers, perché è segnata da numerosi e talora profondi fiordi (abers), di cui il più notevole è quello di Le Conquet. E’ il Pays d’Iroise, che comprende venti comuni della zona.

Superiamo Lanildut, grazioso paesino, dopo il quale costeggiamo il fiordo Aber Ildut, veramente pittoresco con numerose imbarcazioni colorate, che ovviamente non manchiamo di fotografare (caso strano…Siamo in bassa marea) e, attraversato Porspoder, puntiamo verso la Presqu’ile de St. Laurent, di fronte al Phare du Four. La penisola é una autentica rivelazione, con paesaggi magnifici, spiagge bianche e mare blu. Ignorata completamente dalla pur accuratissima guida Michelin che neppure la nomina, è invece un luogo molto frequentato per le sue ampie spiagge bianche ed i suoi pianori di erba soffice e rasa. Le scogliere verso il faro, esposte ai venti, sono tormentate e scenografiche. Arriviamo in bassa marea e, dopo un rapido pic-nic, ritorniamo in macchina per meglio equipaggiarci contro il vento. Siamo di fronte alle secche del Four, costellate di scogli affioranti con la distesa del mare biancheggiante di schiuma.

Il faro del Four è una delle leggende bretoni, uno dei cosiddetti “enfers” (gli altri sono la Jument, la Vieille, Ar-Men), fari la cui storia è costellata di episodi drammatici, bufere e disavventure di guardiani bloccati per settimane dalle tempeste. E’ ormai nella leggenda dei fari il caso del guardiano di Ar-Men che nell’inverno del 1923 rimase isolato per tre mesi. Nel poco tempo trascorso per meglio coprirci, la marea è tornata a salire, e notiamo come alcuni piccoli scogli prima scoperti siano ora già sommersi, ed il profilo della costa stia cambiando sotto i nostri occhi. E’ un fenomeno che abbiamo già osservato numerose volte, ma sempre ci colpisce, è il “respiro del mare”, il susseguirsi inesorabile delle maree, che aggiunge fascino unico a queste coste.

Questi luoghi, pur molto frequentati, mantengano una loro tranquillità, la gente frequenta discretamente le spiagge alla ricerca di sole, ma fatte poche decine di metri tutto ritorna silenzio.

(Nota: nella Presqu’ile de St. Laurent notiamo diverse scritte riguardanti “Les Fours a Goémon”. Goémon è un’alga larga e coriacea, che attualmente viene utilizzata per prodotti alimentari e di bellezza. Ci spiegherà inoltre la proprietaria della chambre di Plouider che nell’800 e fino al 1950 tali alghe venivano bruciate in forni (fours) per ricavarne pani di soda, da cui poi si ricavava lo iodio).

Poco dopo le 16.00 lasciamo la zona e percorriamo lentamente la Route Touristique da Argenton a Kersaint . Seguendo il profilo della costa tormentato dagli scogli affioranti (les basses) vediamo pascoli con cavalli tranquilli, e verso il mare un bel sentiero costiero percorso da numerosi turisti. C’è anche una baia con surfisti, qui proprio il vento non manca! Superata Lilia, dopo un po’ di vicissitudini dovute a deviazioni varie e non previste, riusciamo a raggiungere Venan, ottimo punto panoramico sull’alto e slanciato Phare de l’Ile Vierge. E’ il faro più alto d’Europa con i suoi 77 metri di altezza e i suoi 397 scalini, e brilla al sole ergendosi su una piatta isoletta abbastanza vicina alla riva. Facciamo una passeggiata attorno ad una piccola lingua di terra di fronte al faro, dove c’è anche una baia sabbiosa con moltissimi bagnanti.

Dopo una breve sosta, più per curiosità che per bisogno, al supermercato Shopi (niente di speciale), ci dedichiamo alla ricerca di una camera per la notte, cosa che per la verità si rivela abbastanza laboriosa, con giri a vuoto tra vari paesi, e dopo averne trovata una già occupata.

Troviamo finalmente a Plouider una camera molto graziosa in una bella villetta, circondata da un ampio giardino. Bella e curata la camera, arredata con gusto e con un bel bagno grande.

Ceniamo alla Créperie de St. Goulven, con piatti a base di prodotti bretoni: crepes con le patate, andouilles, salsiccia, confiture d’oignon, crepes alla crema di marroni.

10°giorno: mercoledì 1 agosto 2007 Km 166 Tempo buono con un po’ di nuvole (durerà?).

Ottima colazione con crepes, pasta brioche, marmellate, tutto de la maison, accompagnati da succo di frutta, baguette, caffè e latte.

Questa sistemazione, per la qualità, per il prezzo e per la simpatia dei gestori, si sta rivelando finora la migliore. La cordialità genuina, semplice, spontanea, con sottofondo di musiche bretoni (con bombards, binious), la conversazione aperta con altre due coppie di ospiti, tutto ci ha reso molto piacevole la colazione. A proposito del tempo e del caldo torrido di Alessandria i bretoni ci dicono: ”Pour nous 20-25 degrés, c’est la canicule!”. L’ambiente inoltre sembra da rivista: una grande sala divisa in zona pranzo e zona salotto, mobili antichi molto belli, tende fiorate, fiori freschi in tavola. Una grande porta finestra si affaccia sul giardino retrostante dalla pelouse perfetta, con cespi di ortensie rosa carico che si affacciano alla finestra del salone. Lasciata con qualche rimpianto la bella casa ci dirigiamo a Le Folgoet, dove visitiamo la basilica di Notre Dame de Folgoet. L’interno è molto ricco e più lavorato delle altre chiese viste finora, il coro ha scranni lignei intarsiati e si notano inoltre parti in pietra nera di Keranton. La chiesa è un luogo di culto molto frequentato e meta di numerosi pellegrinaggi (non per nulla vi sono ampi parcheggi).

Lasciato Le Folgoet percorriamo una strada di campagna scorrevole ed ondulata. La rete stradale bretone è molto fitta e articolata, copre ogni centimetro quadrato di cartina ed è molto ben tenuta.

Alle 11.10 siamo al Chateau de Kerjean. E’ ben ambientato in un ampio prato, tra file di giovani alberi e ampi parcheggi nuovi. Il castello è in pietra grigia, materiale da costruzione molto usato nei secoli in Bretagna, ma ci pare un po’ confuso architettonicamente, addirittura con richiami romani.

Dopo una breve sosta a Lanmeur per acquisti entriamo in Cote d’Armor, costeggiando poi la baia di St. Michel en Grève con la spiaggia bordata di alghe verdi che vengono raccolte con trattori e rimorchi.

Alle 13.30 attraversiamo la periferia ovest di Lannion, per arrivare poi a Perros-Guirec, una elegante cittadina turistica ed importante centro di talassoterapia.

Siamo in bassa marea e molte barche sono in secca nell’insenatura, mentre nel porto turistico le chiuse trattengono l’acqua per i battelli più grandi. Dal centro la strada sale ad un promontorio ricoperto di case molto belle e raffinate, fino a dominare la vasta spiaggia. Superata poi la spiaggia di Trestraou troviamo il parcheggio per il sentiero dei doganieri, esattamente nel posto di otto anni fa, e come otto anni fa pranziamo nel parcheggio alle ore 14.00.

Iniziamo quindi, sotto un sole splendente ed il cielo azzurro, il celebre sentiero dei doganieri verso Ploumanach (andata 2 ore e mezza, ritorno 40 minuti).

Spettacolari come le ricordavamo le rocce rosa (siamo nella Cote de granit rose) dalle mille conformazioni e dalle molteplici possibili interpretazioni: murene, visi, bocche, piedi, tartarughe, bottiglie, conchiglie…Al di là di ciò che si vuol vedere, certe sinuosità sono belle esteticamente per le superfici che descrivono, e sembrano opere di grandi scultori moderni, senza che ci sia la pretesa di fantasiose e imposte interpretazioni critiche. Attraversiamo una parte di spiaggia in bassa marea passando da un masso all’altro: il granito è molto ruvido e assicura una buona presa per le suole delle scarpe, ma quando Ma’ vi striscia sopra per farsi prendere una foto, lascia il segno di trucioli di pelle sul ginocchio.

Dal sentiero vediamo un gruppo di canoe e barche a vela che tranquillamente solcano il mare blu. Tutta la zona è affollatissima di turisti di ogni età tra cui molti bambini in carrozzella, e per tutelare l’ambiente il sentiero è stato delimitato. Di conseguenza la vegetazione si è allargata molto, ricoprendo in certe zone tutto il pendio e circondando le rocce. Giungiamo al faro, grande protagonista tra i suoi massi rosa accatastati in equilibri apparentemente precari, invaso da gruppi di turisti che cambiano di continuo. Non si contano le foto.

Secondo i nostri ricordi é stata fatta qualche variante di percorso, soprattutto nell’ultima parte che conduce alla spiaggia di St. Guirec. Il percorso attuale non costeggia più il mare, ma passa in mezzo ad una vegetazione di tipo mediterraneo, composta di alti eucalipti, pitospori, allori, eriche, ginestre, tamerici, ligustri, tuie, ortensie ed agapanti.

Il ritorno avviene più rapidamente con il paesaggio che sta mutando per effetto della marea che sale.

Incappiamo in bouchons ( ingorghi) a Perros Guirec e, superati Tréguier e Lézardriuex passando sopra due grandi ponti sui rispettivi fiordi, alle 19 siamo a Paimpol.

Dopo aver trovato una chambre completa, su suggerimento del gestore ci rechiamo all’ ufficio del turismo. Veniamo a sapere che in città ci sono poche camere libere perché nei giorni 3,4,5 agosto si tiene la manifestazione “ Fetes des chants des marins “ e la cittadina è invasa dai turisti. Fortunatamente ci viene trovata e subito fissata per telefono una camera vicino al centro, non eccezionale e senza servizi privati, ma graziosa, comoda e non cara. E’ situata in una bella palazzina tipicamente bretone, con giardino.

Si cena in città con grigliata e quign amand : finalmente l’abbiamo trovato!, Costa 6,50€ a porzione , però è caldo e viene servito con gelato, una vera prelibatezza! Dopo cena è doveroso un giretto lungo il porto turistico. Nonostante sia già gremito di imbarcazioni pigiate le une alle altre, continuano ad arrivarne ancora da varie parti d’Europa .

Assistiamo all’arrivo da Lerwick nelle Shetland della Scotch Queen, storica imbarcazione della marina inglese, del 1944, lunga 22 m e larga 6 m. Troviamo tanta gente di lingue e provenienze diverse. Incontriamo degli italiani che avevamo visto al faro di Ploumanach e scambiamo qualche parola.

Ci dicono di aver prenotato la camera all’Arcouest fin da febbraio!!! Noi pensiamo ridendo al nostro sistema di prenotazione!!! Il porto è piuttosto grande e molto pittoresco, fitto di imbarcazioni di ogni tipo, grandi e piccole, tra cui spiccano splendidi velieri a due o tre alberi. Tutte sono tirate a lucido e qualcuna è decorata di bandierine colorate che si riflettono nell’acqua come pennellate di colore su una tavolozza.

11°giorno: giovedì 2 agosto 2007 Km 16 Al mattino il cielo è coperto. Alle ore 9.30 imbarco alla Pointe de l’Arcouest per l’Ile de Bréhat con dieci minuti di traversata.

Il tempo è nuvoloso già in partenza, poi subentra una pioggia non forte ma insistente e con vento, ottima per infradiciarsi tutti (“nous nous sommes bien mouillés à Bréhat”). Sono interessanti gli approdi sull’isola, perché cambiano a seconda delle maree: i moli vengono indicati con i numeri 1,2,3 con 800 metri di strada a piedi dalla cala 1 (alta marea, dove arriviamo al mattino) alla cala 3 (bassa marea, da dove ci imbarcheremo al pomeriggio). La strada sul molo per la cala 3 al mattino in alta marea è completamente sommersa, e quindi invisibile, tanto che appena arrivati la cerchiamo inutilmente.

Alla ricerca di punti panoramici, seguendo segnalazioni molto incomplete, arriviamo al campeggio, sopra l’imbarcadero. Dalla sommità abbiamo una prima visione della miriade di isole, isolotti e scogli rossicci che spuntano dall’acqua tutto attorno all’isola, e che sono la caratteristica e la bellezza di Bréhat.

Proseguiamo poi per La Chapelle de St. Michel, bel punto panoramico alla sommità di una scalinata tutta fiorita. Ci guardiamo attorno conquistati dalla bellezza del posto, ma sferzati da un vento fortissimo e dalla pioggia. Tuttavia non resistiamo alla tentazione di fare foto, proteggendo gli obiettivi delle macchine fotografiche.

Continuiamo per il Phare de Paon, punta estrema nord occidentale dell’isola, dopo aver superato il breve ponticello che unisce la parte nord con quella sud di Bréhat. Il faro è in posizione splendida, con vista panoramica su scogliere rosse molto accidentate. L’ambiente è particolarissimo e affascinante, e visto dall’alto, il mare tempestato di isolotti sembra costellato di brandelli di terra galleggianti sull’acqua.

Purtroppo non apprezziamo adeguatamente il luogo perché ricomincia una pioggia fredda, insistente, e resa sferzante dal vento. Per fortuna siamo attrezzati di ombrelli e giacche a vento. Ci concediamo un breve giro attorno al piccolo faro bianco e ritorniamo passando per il borgo. Strada facendo Fu’ consuma un panino acquistato sull’isola, mentre Ma’ non mangia perché non è molto in forma.

L’isola presenta una vegetazione tipicamente mediterranea, con grandi eucalipti, oleandri, agavi, maquis, e strani cespugli con una spiga alta e sottile, dalla struttura morbida e arcuata (echium). Ma Bréhat è il regno delle ortensie e soprattutto degli agapanti: ce ne sono dappertutto, a file, a cespuglio, a distese, di colore bianco e blu. Le case bianche spiccano con i loro infissi vivaci, azzurri, blu, rossi, e completano il quadro.

Nel borgo ci sono tanti ristoranti e bar, e c’è tanta gente, Bréhat è molto turistica anche con il maltempo.

Nel complesso abbiamo percorso circa dieci chilometri. Avremmo dovuto imbarcarci alle ore 18.00, ma prendiamo il traghetto delle ore 15.00: in effetti abbiamo visto molto, abbiamo camminato molto, ci siamo bagnati molto, e siamo un po’ stanchi.

Nel pomeriggio il tempo si rasserena, peccato sia un po’ tardi, e che l’incontro con Bréhat sia stato bagnato! Chissà quando ci torneremo! Rientriamo a Paimpol in camera per un riposino, poi si va a cena in centro.

Vicino al ristorante ci sono musicanti che suonano e cantano musiche bretoni con un’arpa e uno strumento strano con corde che vengono pizzicate orizzontalmente. Dopo cena si va ancora a passeggiare lungo il porto. Paimpol aspetta 250 battelli e 80000 persone per la festa dei canti di mare! Su suggerimento della nostra padrona di casa ci rechiamo alla fine del molo per vedere l’ingresso in porto dei battelli che continuano ad arrivare. Ma dove li metteranno? Con noi c’è un folto gruppo di persone e le imbarcazioni vengono accolte con grandi saluti e applausi ricambiati. Arrivano diversi velieri a tre alberi bellissimi che si stagliano contro uno strano cielo al tramonto dove si mescolano l’azzurro, il rosa, il rosso e il viola , decorato da artistiche nuvole. Foto a non finire.

Nella rada di Paimpol, a lato del porto, sono visibili molti barconi grigi e piatti per la raccolta delle huitres, e sul molo ci sono cataste di sacchi di huitres contenuti in gabbie metalliche.

Tutto è colore, nell’acqua e fuori, e c’è un clima festoso, anche se la festa comincerà solo domani. Ogni tanto qualche gruppo canta e la gente si accalca per ascoltare. Su un battello vicino al molo c’è un gruppo di marinai che canta a squarciagola canzoni di mare con i boccali levati in alto, tra grandi bevute e grande allegria: dal molo un’armonica si unisce al coro.

Ci sono piccoli stand dove viene affumicato il pesce in barili, alla vecchia maniera, ci sono cataste e rotoli di corde colorate… Visitiamo un grande negozio a due piani completamente intasato di bellissimi articoli tutti legati al mare.

Fu’ ammira le carte nautiche molto particolareggiate per la navigazione anche in acque pericolose (scala 1:25000 , 1:15000). Vorrebbe comprarne una, ma poi pensa che prima dovrebbe comprare la barca! Comunque costano care (19 € ). Ma’ scatta due foto nel negozio, prima di accorgersi dei cartelli di divieto che invitano a chiedere il permesso per fotografare. Comunque nessuno ha detto niente! 12°giorno: venerdì 3 agosto 2007 Km 180 E’ tutto sereno. Alle 8.40 lasciamo la chambre di Paimpol. Marisa si accorgerà più avanti, troppo lontano per tornare indietro, di aver dimenticato dei pantaloni appesi sotto il tendone. Pare diventata una nostra consuetudine disseminare roba in giro, forse inconsciamente è un po’ come lasciare una parte di noi! Lungo la strada facciamo una visita veloce all’esterno (chiusa perché apre alle 10) dell’Abbaye de Beauport, abbazia gotica. In verità si tratta dei ruderi di una chiesa senza tetto con costruzioni attigue, molto ben ambientati tra prati fioriti, con vista sul mare.

Alle 9.20 ci fermiamo ad un belvedere sul mare con vista panoramica sull’Anse de Paimpol. Siamo incuriositi da una statua in pietra di difficile interpretazione, un po’ sirena e un po’ statua greca.

Poco più avanti raggiungiamo la Pointe de Bilfot , spettacolare belvedere sul mare dove la vista spazia sull’ ansa di Paimpol, la Pointe de l’Arcouest e l’isola di Bréhat a sinistra, la Pointe de Minard a destra, tre isolette e isolotti di fronte. Verso Minard la costa presenta ripide falesie verdi ricoperte di vegetazione fino al mare.

Attraversiamo paesi di case bianche o di pietra grigia, con infissi bianchi, azzurri e rossi.

Alle 9.50 siamo alla Pointe de Minard, con una vista panoramica grandiosa sulle falesie e sulle isole già viste di fronte a Bilfot. La bellezza del posto ci invita a seguire un tratto del circuito delle falesie che, costeggiando il mare tra cespugli, campi e piccoli centri abitati, ci porta a Bréhéc.

Vediamo dall’alto il porto turistico di S.Quay Portreux che, come tutti i porti turistici incontrati, grandi o piccoli, è affollato di imbarcazioni varie tra cui numerosi battelli a vela. Sembra che in Bretagna ci siano più battelli che abitanti! Ci ricorda un po’ l’Olanda.

Alle 11 siamo a Binic, con un sole smagliante. Il mare è calmo e azzurro e la spiaggia è disseminata di alghe, forse per effetto di una mareggiata. Binic (84000 abitanti) è detto “Il paese degli Islandesi”, come indicato da numerosi cartelli. Ciò è dovuto al fatto che in epoche passate da qui partivano pescherecci diretti ai banchi di pesca dell’Islanda e di Terranova. La città è graziosa, e si sviluppa attorno ad una baia con porto turistico e due spiagge ai lati.

Il porto è costituito da due bacini, uno per i grandi battelli e motoscafi d’alto mare, con una chiusa per garantire il livello dell’acqua anche in bassa marea, l’altro per imbarcazioni più “proletarie” (si fa per dire!). C’è poi sul molo una curiosa rastrelliera per barchette di plastica, sistemate in piedi e legate da corde e sicure da bici: les velos de la mer! Il posto è indubbiamente molto frequentato, degli antichi pescatori d’Islanda non c’è più traccia, ne rimangono il ricordo e la suggestione per i turisti.

Alle 12.30 partiamo da Binic per superare St. Brieuc, grande città con un polo commerciale molto sviluppato. Questa zona è caratterizzata da numerose vallate che scendono al mare, con alti viadotti per superarle, tanto che nei cartelli turistici St. Brieuc è indicata come “ville des vallées“, con l’icona dei viadotti.

Alle 13.15, superata Erquy, entriamo nella Cote d’Eméraud. Attraversiamo Les Sables d’Or, cittadina che appare nuovissima e molto frequentata, con una bella spiaggia a semicerchio su cui si affacciano grandi alberghi e ville sparse.

La strada sale un po’ sul mare tra una fitta vegetazione mediterranea, caratterizzata da pini di varie altezze. Ai lati si cominciano a vedere le caratteristiche distese di erica sempre più vaste, e tra esse scorgiamo la sagoma di Cap Fréhel. Oggi, data la giornata splendida, probabilmente incontreremo molta gente.

Alle ore 13.50 finalmente siamo a Cap Fréhel, dove pranziamo su un pietrone con incredibile vista sul mare azzurro, che ci fa apprezzare ancora di più uno squisito flan al cocco.

Dopo pranzo passeggiamo sulle scogliere attorno ai fari (chiusi) fino alla famosa roccia della Fauconnière. Il posto, che abbiamo già visto anni fa, ci conquista ancora, e pare che la stessa cosa capiti ad altre centinaia di persone. La vista spazia sulle falesie di rocce viola e sulle immense distese di erica e di piante spinose dai fiori gialli. Notiamo che la vegetazione si è allargata e alzata da come la ricordavamo. Sono passati otto anni, e da allora sono anche stati tracciati numerosi sentieri e percorsi obbligati per preservare la vegetazione (come a Ploumanach). Anche questa volta abbiamo avuto fortuna con il tempo, visto che è una bellissima giornata calda, leggermente ventilata, con mare blu solcato da pittoresche vele.

Dopo circa due ore riprendiamo la strada puntando verso Dinan, dove contiamo di pernottare. Nei dintorni della città troviamo un cartello con la scritta “Manoir, chambre d’hote”. Si tratta del “ Manoir Le Bas Carheil” in località St.Samson sur Rance. Un po’ scettici, decidiamo di tentare, anche se il termine “Manoir” ci scoraggia alquanto, pensando di non potercelo permettere. Superato un alto cancello e percorso un tratto di parco arriviamo alla casa, una dimora signorile in pietra circondata da un ampio parco di alti alberi, laghetti e con uno spazio antistante a ghiaia. Ci accoglie con aria altezzosa ma cordiale un cane di buona taglia, seguito da una signora giovane e molto gentile che ci accompagna all’interno per mostrarci le camere. Restiamo senza fiato entrando in vasti saloni dai soffitti con grandi travi di legno scuro, con camini antichi di pietra, mobili d’epoca di legno pregiato, poltrone, tappeti. Tutto di gran classe, segno di antica nobiltà. La camera è enorme ( 35 mq ), dai soffitti sorretti da grosse travi in legno, preceduta da un ampio ingresso. Il bagno non è da meno, verde e azzurro, diviso in due ambienti da una tenda colorata, con pareti e soffitto dipinti con grandi volute che richiamano il disegno delle tende. La camera ha due grandi letti matrimoniali, uno con materassi morbidi ed uno con materassi più rigidi (elementare, vero?), lunghi tendoni bianchi che scendono dal soffitto alto quattro metri. Su un lato troneggia un grande camino in pietra chiara (non funzionante), completano il tutto mobili, porte e suppellettili antiche. Tutto questo ci lascia a bocca aperta, ma ancor più sorprendente è il prezzo di 55€ , tanto è vero che ad un certo punto ci sorge il dubbio che sia a persona! Ma andrebbe bene lo stesso! Alle 18.15 si parte per Dinan, città sempre affascinante con i suoi angoli caratteristici, come la Torre dell’Orologio, la cattedrale, il Vieux Dinan cioè il centro storico con le sue case a graticcio. Per una ripida scaletta scendiamo al Port de Dinan, pittoresco gruppo di case lungo la Rance con ponti ad arco. Purtroppo la macchina digitale di Ma’ sceglie proprio questo momento per andare in panne, segnando memoria piena e bloccandosi del tutto. Panico! Domani cercheremo un fotografo. Ceniamo al caratteristico ristorante” l’Atelier Gourmand”, adiacente al ponte sul fiume, con: choucroute de la mer, moules, frites, ottima tarte Tatin, sidro. Cena soddisfacente.

13°giorno: sabato 4 agosto 2007 Km 102 Il tempo è molto bello, senza una nuvola, intonato al maniero! Anche la colazione è all’altezza del resto, ricca e signorile, servita in vasellame di grès azzurro.

( Leggiamo poi che qui nel maniero c’è una “ école de potérie” ). Siamo nel salone con un grande camino, un pianoforte, bei mobili, un tavolino con scacchiera; la castellana ci offre il pane fatto da lei con le erbe del giardino, la marmellata di fichi e di prugne fatta da lei coi frutti del giardino, e un dolce fatto da lei. Inoltre ci offre dei biscotti leggeri , tipo nuvole di drago, che sono tipici di Dinan ( le galettes de Dinan). Conversando, facciamo i complimenti per la “ maison charmante” e per l’ospitalità e chiediamo notizie sul maniero. Veniamo così a sapere che è una casa del 17° secolo, che il nonno del marito aveva lasciato in rovina e che il marito ha ristrutturato.

E’ tanto bello stare qui, che chiediamo se la camera è disponibile per un’ altra notte, ma purtroppo non lo è. Al momento di pagare ci viene confermato il prezzo globale di 55€ per la camera! Alle 9 salutiamo quindi il manoir e poco dopo , superato il ponte sulla Rance, eccoci a St. Malo, dèp. Ile et Vilaine. Spettacolare e affascinante la vista della città racchiusa dalle mura, anche questa volta sotto un sole smagliante che fa brillare i suoi alti tetti neri.

Entriamo all’interno delle mura e cerchiamo anzitutto un fotografo per scaricare la memoria della macchina digitale e per acquistare delle pile per l’altra macchina. Abbiamo rischiato di rimanere privati dei vitali strumenti fotografici! Ora è tutto a posto. Così crediamo, perché in effetti al ritorno ci accorgeremo che sono andate perse nella digitale oltre 200 foto della parte più nuova e interessante del viaggio, da Pénhir a Ploumanach! Visitiamo la chiesa dal bell’interno gotico, adornata da magnifiche vetrate che proiettano fantasmagorici giochi di luci colorate sulle pareti e sui fasci di colonne di pietra grigia . L’abside è curiosamente ad un livello inferiore rispetto alle navate. L’altare maggiore è moderno, in ottone massiccio con parti verdi, ornato agli angoli dai simboli dei quattro evangelisti.

Le strade sono piene di vita, di bancarelle, di chioschi, di musici e di turisti. Percorriamo poi il largo camminamento sulle mura dove si ha la miglior vista sui caratteristici palazzi grigi dai tetti neri. Siamo sempre sorpresi da questi tetti molto ripidi dagli altissimi e numerosi camini e dai mille abbaini, anche a più livelli. Da un abbaino aperto un gabbiano osserva il mondo con l’aria disinvolta del padrone di casa, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Il tempo è splendido e il mare invitante, infatti le spiagge sotto le mura sono animate di bagnanti e velisti. C’è parecchia folla, ma non eccessiva. Ci rendiamo poi conto che per fortuna noi siamo un po’ in anticipo sugli orari di molte migliaia di turisti. Lasciata St.Malo, ci dirigiamo verso il Barrage de la Rance, incontrando una coda ininterrotta di auto quasi ferme , che si dirigono a Dinard e che occupano tutta la lunghezza della diga. Decidiamo quindi di parcheggiare l’auto e di percorrere la diga a piedi. Quest’opera è veramente magnifica, sia per la sua importanza tecnica, poiché all’interno c’è una centrale che trasforma in energia elettrica il movimento delle maree, sia per la bellezza del luogo, perché si trova sull’estuario della Rance tra Dinard da un lato e St. Malo dall’altro. Arriviamo fino al centro di accoglienza dove viene illustrato da filmati il funziona-mento della centrale mareomotrice e si può vedere dall’alto il locale delle 24 turbine che producono energia elettrica per 230000 persone.

Questa tappa ci impegna per circa 45 minuti, quindi proseguiamo e arriviamo a Dol de Brétagne alle 14.30. Dalla superstrada si vede l’impressionante coda di ingresso a St.Malo.

Questi luoghi, pur bellissimi e interessanti, sono proiettati fortemente verso il turismo e non sono più permeati dello spirito bretone tradizionale, o di ciò che esso rappresenta nel nostro immaginario.

Per noi la vera Bretagna è soprattutto il Finistère, mentre in Cote d’Armor, dove ci troviamo, non sentiamo più il rude spirito bretone, ma una nuova dolcezza nel clima e nei paesaggi che l’avvicina già alla Normandia.

Alle 16.30 siamo in Normandia, vicino al Mont S.Michel, e troviamo facilmente una camera in una bella fattoria normanna.

Il posto è comodo, vicino alla strada, ma soprattutto, uscendo dalla porta, si ha di fronte il Mont S.Michel che col suo profilo inconfondibile spunta sopra i campi di grano tagliato.

L’unica pecca della camera sono i servizi… in camera, cioè non hanno una porta, ma solo una tenda. A volte non si capiscono le ragioni di certe scelte! La camera è carina, mansardata con finestra sul tetto, il bagno è completo e neppure tanto piccolo, ma…Una porta per favore!!! Poco dopo esserci sistemati non resistiamo al richiamo del Mont. Parcheggiamo a lato della diga- strada abbastanza lontano da gustarci una lunga e trepidante marcia di avvicinamento. Questo è uno dei luoghi magici del mondo! Attraversiamo il paese facendoci largo tra folle di turisti e arriviamo all’abbazia alle 18.15. Seguendo le indicazioni di un opuscolo, cominciamo il giro. E’ una meraviglia! E’un’abbazia grandiosa, affascinante e ben conservata. Dalle alte mura lo sguardo spazia sulle fitte anse del fiume Couesnon e sulla baia. Tra la sabbia della baia, pericolosissima da attraversare per la presenza di sabbie mobili, vediamo dei puntini che sono gruppi di turisti a cavallo. Contenti loro! Nella chiesa un coro di monaci e monache, con lunghi sai e mantelli chiari, intona canti religiosi che si innalzano verso le alte volte gotiche. Ci appare meraviglioso il chiostro dalle colonnine appaiate sottili e ritorte, con gli archi gotici decorati da intarsi floreali. Visitiamo tutte le sale tra cui la splendida sala dei cavalieri con una selva di colonne. Per aumentare la suggestione del luogo e dare vita a questi enormi spazi non c’è nulla di meglio della musica: in una sala un giovane suona le note piene e vibranti di un violoncello mentre in un’altra sala suona una clavicembalista. Ascoltiamo rapiti.

Purtroppo in qualche circostanza siamo infastiditi dal comportamento assolutamente inadatto alla spiritualità e alla bellezza del luogo da parte di adulti starnazzanti e bambini sguinzagliati tra le colonne dello splendido chiostro.

Tornati in paese ceniamo in un bel ristorante situato tra le strette viuzze del Mont.

Ammiriamo lo spettacolo del Mont S.Michel al tramonto, fotografandolo da mille angolazioni diverse e, passeggiando, scendiamo verso la riva dell’acqua ( mare o Couesnon?), dove incontriamo due spagnoli. Parliamo un po’ e ci facciamo foto vicendevolmente. Lui ha una Nikon spettacolare! Restiamo sulla diga in attesa, fino a che il sole, che sta tingendo di rosa l’azzurro dietro il Monte, scompare all’orizzonte. La sagoma del Mont si specchia magicamente nell’acqua, quasi a duplicarsi. Nel frattempo assistiamo al massimo dell’incursione turistica: un pullman di giapponesi, arrivato sulla strada di fronte al Monte, si ferma per 30 secondi mentre la guida illustra “dettagliatamente” le bellezze del luogo, poi fa inversione e se ne va. Il tutto, senza scendere dal pullman, dura poco più di un minuto. Guarda e fuggi! Osserviamo con un po’ di angoscia l’insabbiamento della baia, dovuto alla costruzione della diga di accesso, che l’ha resa molto diversa dal lontano 1986, quando la vedemmo la prima volta. Allora l’acqua arrivava a lambire i parcheggi sotto la strada e ci avevano colpito i cartelli di pericolo con l’immagine di un’auto sommersa dall’acqua. In effetti se non si stava attenti alle maree, si correva il rischio di parcheggiare in bassa marea e di restare senza macchina in alta marea! Adesso, alle 22.30 e nonostante ci sia l’alta marea, la baia appare asciutta, con molti tratti ricoperti di erba e che quindi si suppone non vengano mai coperti dall’acqua. 14°giorno: domenica 5 agosto 2007 km 416 Incredibile ma vero, è un’ altra giornata di sole! Roba da tornare nel Finistère (ma c’è il rischio che là non sia proprio così).

Alle ore 8.00 colazione abbondante con croissant ecc… E partenza per Rennes.

Il paesaggio che attraversiamo è tipicamente agreste, per la verità più normanno che bretone. Si susseguono campi coltivati soprattutto a granturco, pascoli con mucche chiare e pezzate e rotoli di fieno che brillano al sole del mattino.

Alle 9.45 entriamo in Rennes, capitale della Bretagna. La città appare sonnolenta, soprattutto perché è domenica e quindi i negozi sono chiusi, Halles comprese. L’aspetto non è comunque di un vero centro turistico, anche se la parte vecchia ha numerose case a graticcio molto pittoresche. Si mescolano vari stili architettonici. Hotel de Ville, Operà, Palais de Commerce sono in stile classico. La cattedrale di St. Pierre ha un interno grandioso con grandi colonne marmoree e volte a botte con cassettoni, e nell’abside un mosaico dorato in stile bizantino. L’insieme è molto elegante ed equilibrato. Usciamo subito perché è in corso la Grande Messe.

Da quanto visto riteniamo che la capitale spirituale della Bretagna sia Vannes, città molto più interessante, che emana uno spirito bretone ed in cui palpita un cuore bretone. Ricordiamo con piacere ed un po’ di nostalgia l’entusiasmo provato durante la “Fête d’Arvor” di Vannes otto anni fa.

Ripartiamo da Rennes e alle 12.50, sotto il sole, lasciamo definitivamente la Bretagna, entrando nel Dép. Maine et Loire.

La strada verso Angers per lunghi tratti è una nuova superstrada a quattro corsie con fondo scorrevolis-simo, inoltre non c’è traffico e per parecchi chilometri siamo quasi soli.

Proseguendo velocemente in autostrada superiamo Angers e, dopo una breve sosta in autogrill per benzina e caffè, lasciamo l’Anjou ed entriamo in Touraine.

Attraversiamo la Loire e subito incappiamo in una centrale nucleare gigantesca, con un tipo di fungo di raffreddamento che non avevamo mai visto, il tutto sulle rive della Loire, storico fiume dai famosi castelli e in mezzo a vigneti.

Dopo aver attraversato grandi distese di vigneti in zone piane o lievemente ondulate, arriviamo a Chinon. Il castello non ci pare un granché, è una sorta di fortezza piazzata in alto, con parti diroccate e grandi impalcature per opere di restauro. Proseguiamo attraversando la grande foresta demaniale di Chinon, con estesi boschi di latifoglie e pinete ai lati della strada, e sottobosco di erica e felci. E’ una foresta molto folta, e non scorgiamo vie di accesso.

Alle 16.25 arriviamo ad Azay le Rideau, sul fiume Indre. Il castello, piuttosto piccolo, è pittoresco e molto scenografico, come ricordavamo. Valorizzato dal sole del tardo pomeriggio, appare luminoso e di forme armoniose, sorgendo dall’acqua di un laghetto ricoperto da uno strato verde di lenticchie d’acqua. Si specchia con i suoi pinnacoli e le sue punte, ed è circondato da un ampio prato verde da cui si innalzano grandi cedri e tigli.

Lo fotografiamo da tutte le angolazioni, e ci accorgiamo ben presto che come sempre ci sono molti italiani. Visitiamo gli interni, arredati con mobili antichi, per lo più in stile rinascimentale e impero, con grandi quadri ed enormi arazzi, e con letto a baldacchino nella camera del re.

Andiamo poi al castello di Chenonceaux, ma sono già le 19.15, e l’orario di visita termina alle ore 20.00. Visto anche il costo di € 9.50 rimandiamo il tutto a domani, per poter fare con calma.

E qui comincia il calvario della ricerca di una camera per la notte. Giriamo anche parecchi paesi vicini, ma troviamo inesorabilmente tutto completo. L’unica disponibilità è quella di una grande mansarda divisa in due camere con cinque posti letto, locale molto bello e molto francese ma a cui si accede passando per stanze raffazzonate che sembrano ripostigli. Il prezzo poi, 75€, ci pare francamente eccessivo, no grazie! Finalmente, già molto tardi, troviamo un albergo a Montrichard, dép. Loir et Cher, (paese consigliato da una gentile gerente di chambres), con camera a due lettoni. Cena alla pizzeria”Procopio”, dove gustiamo due buone pizze “Ocean” con St. Jacques, moules, totani, pomodoro e formaggio. Dopo cena, passeggiata sulle rive dello Cher, bel fiume largo con sponde verdi, affluente della Loira.

Nota di viaggio: le chambres d’hote di queste zone della Loira ci appaiono molto diverse da quelle viste finora, in particolari da quelle bretoni. Esternamente ci appaiono un po’ trascurate, due volte non abbiamo trovato nessuno ad accogliere ospiti. Per lo più appaiono come vani staccati dalla “casa madre”, ricavati da altri ambienti e riciclati (forse addirittura qualche stalla!). Inoltre, parafrasando Carlo Martello, “Anche sul prezzo c’è poi da ridire…”, in quanto troviamo i prezzi certamente più alti, tutti sopra i 52€ tranne uno di 48€.

15°giorno: lunedì 6 agosto 2007 Km 869 Erano stati previsti orages e infatti piove.

Partiamo dall’albergo alle 8.55 e, visto il tempo, decidiamo di tralasciare la visita di Chenonceaux, che del resto abbiamo già visitato anni fa, e di rientrare a casa in giornata.

Durante la colazione al bar parliamo del tempo con la barista, che ci informa che contrariamente agli ultimi anni, quest’anno c’è stata un’estate fredda. Da buona commerciante commenta: è meglio se fa caldo, perché la gente beve! Durante il viaggio a tratti la pioggia è molto intensa a scapito della visibilità e ci consoliamo guardando un motociclista che viaggia con noi sotto l’acqua. Sempre sotto l’acqua entriamo nella regione Auvergne, dép. Allier.

Il pleut en Auvergne? Mais non ! La pioggia aumenta ! Volevamo ben dire che buona Alvernia non mente! Pensiamo che anche questa volta non vedremo la cima del Puy de Dome, e forse nemmeno la base! A conferma del nostro scetticismo poco dopo mezzogiorno, al cartello che indica Puy de Dome, praticamente non vediamo nulla per la foschia, si intravede solo qualcosa che potrebbe essere la sagoma della montagna.

La pioggia è la fedele compagna del ritorno, tranne per brevi tratti, in uno dei quali approfittiamo per fare benzina e comperare qualcosa per il pranzo.

Piove bello forte (dalle 8.30 di questa mattina, per 356 km!) e la visibilità è pessima.

Finalmente, quasi di colpo, alle 13.30 smette di piovere e troviamo addirittura le strade asciutte.

Ne approfittiamo subito per una breve sosta per il pranzo all’Aire du Plan du Forez. Superata la trafficatissima Lione alle 17.15 imbocchiamo il traforo del Fréjus e finalmente alle 17.30 siamo in ITALIA! Come saluto di benvenuto la patria ci accoglie con belle nuvole grigie che coprono quasi tutto il cielo, ma per fortuna verso Susa il tempo migliora. Il viaggio prosegue veloce, e dopo aver passato Avigliana e la tangenziale di Torino, alle 19.20, con un tempo tutto sereno, approdiamo ad Alessandria (CASA!!!).

NOTE DI VIAGGIO Questa è stata la nostra terza Bretagna dopo il 1986 e il 1999. Anche questa volta la Bretagna ci ha profondamente colpito ed emozionato con i suoi paesaggi ed i suoi ambienti. Pur trovandola più frequentata e turistica, nulla è andato perso del fascino delle sue coste, delle sue scogliere, e perché no, anche delle sue giornate piovose, o della nebbia che avvolge all’imbrunire uomini e cose.

Un discorso a parte meritano i fari della costa bretone, che da sempre ci affascinano e ci inquietano. Aver visto da vicino (per quanto possibile) fari leggendari come Kéréon, La Jument, il Four, i Poulains ci ha richiamato le immagini appese nella nostra casa con le foto straordinarie di Philippe Plisson e di Jean Guichard. Il faro in mezzo al mare è il simbolo più intenso e mitico della solitudine e della tenace resistenza. Quando il tempo è buono sembrano in attesa, come audaci sentinelle, ma è durante le tempeste, da noi viste solo in foto, che diventano dei veri protagonisti ed eroi, sfidando il mare. Le escursioni alle tre fantastiche isole sono stati momenti irripetibili, in cui ci siamo immersi negli aspetti più diversi del paesaggio. Belle Ile, l’isola dei Poulains, ancora in parte da scoprire ; Ouessant, l’isola dei fari, conquistata con grande soddisfazione ed emozione; Bréhat, l’isola tra le isole, bellissima anche se un po’ guastata dalla pioggia. Abbiamo infine trovato ospitali e gentili i bretoni, che pensavamo più scorbutici: forse le esigenze turistiche smussano gli spigoli! Anche questa volta è stata un’ ottima Bretagna!! Alla prossima (la quarta)!!!



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