Voilà la Bretagne et la Normandie!

L’inizio del viaggio: Ronchamp e l’Hotel-Dieu Ci siamo, è il 7 di Agosto 1999 e dopo esserci inutilmente ripromessi di contenere i bagagli ci ritroviamo a stipare la nostra auto con valigie, tenda e borse più o meno grandi, ma poco importa perché finalmente le tanto sospirate vacanze sono arrivate e dopo tutti i nostri progetti...
Scritto da: Stefano Granata
voilà la bretagne et la normandie!
Partenza il: 07/08/1999
Ritorno il: 22/08/1999
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
L’inizio del viaggio: Ronchamp e l’Hotel-Dieu Ci siamo, è il 7 di Agosto 1999 e dopo esserci inutilmente ripromessi di contenere i bagagli ci ritroviamo a stipare la nostra auto con valigie, tenda e borse più o meno grandi, ma poco importa perché finalmente le tanto sospirate vacanze sono arrivate e dopo tutti i nostri progetti dell’ultimo mese, ora è il momento di metterci davvero in movimento.

Il viaggio di Stefano e Debora inizia percorrendo l’autostrada A9 da nord di Milano in direzione della Svizzera. Giunti alla frontiera attenti doganieri non mancheranno di farvi pagare un intero anno della vignetta autostradale anche se il vostro viaggio sulle loro strade durerà solo poche ore. Assorbito questo primo colpo ci dirigiamo percorrendo l’autostrada numero 2 in direzione del tunnel del San Gottardo, proseguendo poi per Basilea ed infine per la vicina Mulhouse, situata in territorio francese.

Per la notte facciamo tappa a Besançon, città natale del grande romanziere Victor Hugo e dei fratelli Lumières. Da qui il mattino seguente possiamo avviarci verso la prima tappa della nostra vacanza, la Chapelle Notre-Dame-du-Haut a Ronchamp. Questa mirabile opera di Le Corbusier, che ricorda la chiglia di una nave, è situata in cima ad una collina e domina il paese stesso. Dopo la visita della basilica sostiamo brevemente in paese. Ronchamp è anche nota per essere stata un tempo un paese di minatori e tracce di questa antica attività sono visibili lungo la strada che porta alla cattedrale, oltre all’ingresso di un’antica miniera, potrete osservare anche alcuni vagoni per il trasporto del carbone estratto.

Il giorno seguente visitiamo la Saline Royal ad Arc-et-Senans, sebbene la visita si riveli inferiore alle aspettative. La costruzione di questa sorta di villaggio operaio è infatti rimasta incompleta e l’unico elemento che ci appare degno di nota è la sua geometrica struttura architettonica.

Quindi ci dirigiamo verso Beaune dove è situato lo stupendo Hotel-Dieu, un ospizio fatto costruire nel 1443 dal cancelliere Nicolas Rolin dopo la guerra dei Cent’anni, per prestare assistenza alle persone prostrate dalla povertà e dalla carestia.

In questo gioiello dell’architettura medievale spicca il tetto multicolore, fatto di tegole di maiolica. Al suo interno da non perdere la Grande Sala dei Poveri con 28 letti a baldacchino, ciascuno dei quali accoglieva spesso più malati allo stesso tempo, la cucina recentemente restaurata e la farmacia dove sono esposti gli antichi medicamenti del tempo.

Chartres Ora il nostro viaggio deve riprendere in direzione della Bretagna e, in una Francia tutta rivolta con gli occhi al cielo per osservare la tanto attesa eclissi di sole del 1999, percorriamo una delle tante autostrade (la nr. 6) che per nostra sfortuna, converge verso Parigi. Giunti alle porte della capitale invertiamo direzione e proseguiamo sulla 11 verso Le Mans ma la sera si avvicina e così, alla ricerca di un albergo dove trascorrere la notte, ci imbattiamo in una cittadina che si rivelerà stupenda, Chartres.

La città è famosa in particolar modo per la sua cattedrale gotica del 1020 che colpisce non solo per la sua navata principale che con i suoi 37 metri risulta essere la più alta d’Europa, ma anche per le 150 vetrate policrome la cui superficie complessiva è di oltre 3.000 mq. (per evitarne la distruzione, durante le due guerre mondiali le vetrate vennero smontate pezzo per pezzo e conservate in un luogo più sicuro) e, non meno importante, per la più grande cripta di Francia.

Allontanandoci dalla cattedrale scopriamo che Chartres è anche un insieme di strette stradine che si arrampicano tutte verso l’imponente costruzione religiosa e sulle quali si affacciano antiche case a graticcio. Al calare del sole la cattedrale illuminata artificialmente svetta ancora più imponente su questa cittadina medievale che assume così un’atmosfera ancora più particolare. La Bretagna, i Calvari, le tradizioni e le coste La mattina successiva, felici per questa sosta arrivata un po’ casualmente, ripartiamo sempre sulla 11 in direzione ovest, verso l’Oceano Atlantico dove arriviamo nel tardo pomeriggio. Siamo in piena Bretagna e la prima cosa che notiamo, oltre ai cartelli bilingue ed alle molte fattorie che vendono il Sidro, è il notevole numero di turisti presenti cosa che ci complica un po’ la vita nella ricerca di un campeggio per le successive notti.

Apriamo una piccola parentesi per evidenziare che quelle a venire saranno le nostre ultime notti in tenda dell’intera vacanza, un po’ per lo scarso livello dei campeggi francesi, ma soprattutto per il clima che è veramente instabile. Scopriamo infatti a nostre spese con quale frequenza possa cambiare il tempo in riva all’oceano, i temporali arrivano velocemente, ma soprattutto in modo sempre molto violento, in più la notte si aggiunge un freddo intenso. Siamo in Agosto e ogni tanto pensiamo alla nostra calda Italia… La Bretagna è un insieme di storia e di tradizioni ancora oggi molto sentite dalle popolazioni locali. Ognuno di questi elementi è ben presente sul territorio, la storia è testimoniata dai Complessi Parrocchiali e dai Menhir, le tradizioni dalla lingua locale, ancora oggi usata, e dagli abiti tradizionali indossati dalle donne bretoni durante i giorni di festa.

Cominciamo con il visitare i Complessi Parrocchiali di Guimiliau e St-Thégonnec. Questi complessi furono costruiti dagli abitanti di piccoli villaggi tra i secoli XVI e XVIII e testimoniavano la loro fede religiosa. Un arco trionfale permette l’ingresso nel complesso chiuso da un recinto in pietra. All’interno troviamo la Chiesa, il piccolo cimitero situato nella zona posteriore, la Cappella funeraria ed il Calvario, monumento in pietra che illustra sempre un episodio biblico.

E’ pomeriggio inoltrato quando giungiamo a Point du Raz. Dopo aver parcheggiato l’automobile decidiamo di raggiungere a piedi (per i meno intrepidi è a disposizione un servizio autobus navetta) l’estremità di questa lingua di terra che si protende verso l’Oceano Atlantico. Il percorso non è brevissimo, ma i nostri sforzi vengono ripagati da una vista che è l’espressione della forza della natura. Mentre osserviamo le frastagliate coste rocciose, l’impeto del mare che si infrange su di esse, il faro che si erge su di una piccola isola situata dinanzi a noi e qualche piccolo veliero che solca le acque leggermente increspate dal vento, i gabbiani sembrano danzarci intorno. Dopo aver assaporato tutto questo, decidiamo di far ritorno al nostro automezzo, ma durante la camminata una fittissima e fastidiosa pioggerellina trasversale ci tormenta. Ancora una volta il clima oceanico ci ha sorpreso con la sua bizzarria! Decidiamo di dedicare la giornata successiva alla visita dei Menhir situati a Carnac. Il significato di questi grossi blocchi di pietra disseminati sul terreno è tuttora oscuro (forse religioso, oppure un calendario astronomico), ma osservandoli ci coglie un senso di ordine. La loro collocazione appare tutt’altro che casuale. Se pensiamo che risalgono al 4000 a.C. Non ci resta forse che ammettere i nostri limiti. Ci sono cose che possono sfuggire alla comprensione umana e l’uomo non dovrebbe necessariamente cercare di razionalizzare la natura per ricondurla entro i suoi schemi.

Una tiepida e soprattutto asciutta serata è l’occasione per visitare Quimper. Non è possibile visitare la Bretagna tralasciando questa cittadina. Il suo nucleo storico è ben conservato e caratteristiche case a graticcio lo contraddistinguono. L’istituzione di Quimper sono tuttavia le crêpes. Anche noi, alla ricerca di un ristorante dove cenare, siamo costretti dall’inesistenza di alternative (scopriremo dopo con quale fortuna) ad entrate in una crêperie. Qui è possibile scegliere fra crêpes al grano nero, salate, e crêpes di farina di grano, dolci. La scelta degli ingredienti che le accompagnano è infinita e decidiamo di assaggiarle tutte e due, accompagnando la nostra cena con l’immancabile sidro. Sono squisite! Preparate secondo l’autentica ricetta bretone anzi, secondo l’unica ricetta che possa definirsi tale. In nessun altro dei luoghi che visiteremo mangeremo crêpes simili.

E’ la prima notte che non piove e finalmente al mattino possiamo smontare la tenda sebbene nel corso delle operazioni la pioggia ci affligga nuovamente. Poco importa, fra poco potrebbe nuovamente splendere il sole! A quale miraggio sono oramai portate le nostre menti! Ciò che più probabilmente accadrà è che l’acqua lascerà il posto alle nubi e ad un leggero venticello, in una continua alternanza che finirà con il farci perdere la pazienza.

Ci muoviamo verso est, costeggiando l’oceano fino alla Costa di Granito Rosa. Qui facciamo una sosta per ammirare il paesaggio. La spiaggia è stranissima, caratterizzata da una sabbia granitica e di un forte colore ambrato. Passeggiamo sino a raggiungere la scogliera caratterizzata da grossi blocchi di pietra granitica di colore fra il rosa ed il rosso. E’ uno strano spettacolo naturale, così come strani dobbiamo apparire noi, con maglione e giubbino, agli impavidi francesi in costume. Di nuovo sulla spiaggia osserviamo alcune barche in secca. Ci stiamo avvicinando a Mont St. Michel ed iniziamo qui a cogliere i primi segni dell’alternarsi delle maree.

La tappa successiva del nostro viaggio è St. Malo. Qui respiriamo l’aria della classica cittadina di mare. Lungo le sue mura esterne il nostro sguardo si perde sull’oceano ed al suo interno, passeggiando arriviamo alla piazza dove si svolge il mercato del pesce. E’ un tripudio di crostacei e molluschi tipici della fauna ittica di questi luoghi come gli immancabili conchigliame, ostriche e cozze, unitamente a giganteschi granchi rosa che un disinvolto pescivendolo sorregge con le mani dando prova ad una cliente della freschezza del prodotto. Il malcapitato infatti è vivo ed agita nervosamente le sue chele. Questo spaccato di vita è entusiasmante.

Questa zona è la patria delle ostriche e gli appassionati non vorranno sicuramente perdere l’occasione per gustarne di squisite. Se possiamo, consigliamo vivamente di scegliere solamente quei ristoranti che infondano un senso di igiene adeguato perché il sottoscritto ha sperimentato proprio in queste zone cosa significhi mangiare delle ostriche non fresche. E cosa vuol dire rimanere due giorni tappato in hotel… Mont St. Michel, lo sbarco e la Normandia Ogni anno Mont St. Michel è visitata da almeno 850.000 persone. Che cosa questo significhi diviene evidente quando intravediamo il promontorio sulla Manica.

Pazientemente fermi in coda, aspettiamo di raggiungere il parcheggio dove, solo dopo aver verificato il bollettino delle maree, lasceremo la nostra automobile.

A Mont St. Michel il livello dell’acqua sale e scende con una rapidità ed una frequenza tali che bisogna stare molto attenti a dove si decide di sostare o ad avventurarsi incauti lungo le secche. Numerosi cartelli cercheranno di dissuadervi da questa passeggiata sebbene vi sia sempre qualcuno disposto a sfidare la natura (non dimenticate mai che l’acqua può salire sino a far diventare il monte un’isola).

La Grande Rue è una stradina stretta e ripida che si arrampica fino alla Basilica. Ci incamminiamo, ma è molto difficile farsi largo fra la gente ferma davanti alle vetrine dei numerosi negozi, soprattutto di souvenir, che si affacciano su questa via.

Purtroppo, l’orda dei turisti toglie a questo luogo gran parte del suo fascino facendolo somigliare più ad un suk arabo in un afoso giorno d’estate.

Finalmente raggiungiamo l’ingresso del monastero, ma è troppo tardi. I cancelli sono già chiusi e riapriranno solo intorno alle 21.00.

Non sempre sfortuna vuol dire danno e quando dopo cena riprendiamo la nostra strada scopriamo che la gran parte dei turisti ha lasciato l’isola. Le ombre della sera inoltre stanno restituendo al luogo la sua dimensione ed un’aurea mistica ci avvolge. Siamo contenti di non esserci fatti scoraggiare dall’attesa perché anche l’interno dell’abbazia ha un aspetto quale, immaginiamo, non doveva avere durante il giorno. Il refettorio, i chiostri, le sale del monastero e la chiesa sono immersi nella penombra. Una debole luce li illumina e canti gotici di intensa spiritualità ci accompagnano lungo la visita.

E’ tardi quando, già in automobile, volgiamo il nostro ultimo sguardo verso il promontorio che splende nella notte, ma siamo contenti perché sono stati i contrattempi inaspettati a consentirci di cogliere in modo più compiuto il culto di San Michele.

Mont St. Michel segna il confine fra la Bretagna e la Normandia. Nella terra dove nel IX secolo si insediarono i guerrieri vichinghi visiteremo in successione la spiaggia di Arromanches-les-Bain, il cimitero di guerra americano di Colleville sur la Mer sopra Omaha e il Memorial di Caen seguendo un itinerario che ci farà rivivere parte degli eventi della Seconda Guerra Mondiale.

Una lieve quanto fittissima pioggia accompagna il nostro sbarco in Normandia. Secondo quanto abbiamo appreso, anche i meteorologi dell’epoca commisero qualche errore ed il D-Day (giorno J per i francesi) finì con l’avere luogo in condizioni climatiche non completamente favorevoli, simili a quelle che stiamo sperimentando anche noi. Sulla spiaggia di Arromanches vi sono pochissimi resti di Mulberry, il porto artificiale che venne allestito al largo della costa francese per consentire lo sbarco delle truppe Alleate, ma capiamo subito che la capacità evocativa di questi luoghi non è da cercare in ciò che vediamo bensì nelle gesta e nelle sofferenze di quegli uomini che qui versarono il loro sangue. Il mare lo ha lavato, ma il vento non ha dissolto le loro voci. E’ così strano vedere delle giovani ragazze francesi che prendono il sole vicino ai resti abbandonati! Saliamo su di un dirupo alle spalle della spiaggia dove vediamo alcuni fortini. In uno di questi osserviamo alcuni ritagli di giornale e delle foto descrittive dello sbarco.

Non lontano visitiamo uno dei cimiteri di guerra americani. E’ situato sul mare e qui si trovano sepolti soprattutto quei militari il cui corpo non venne reclamato da nessuno della patria di origine. E’ un vasto prato verde, disseminato di migliaia di croci bianche tutte uguali. L’unica differenza è una stella di David che contraddistingue i caduti di religione ebraica.

Con queste immagini negli occhi raggiungiamo l’imperdibile memoriale di Caen che, come ci spiegano al suo interno, sebbene museo della guerra vuole essere innanzitutto un museo della pace. E’ infatti questo il messaggio che ci lascerà. Foto, documenti dell’epoca, oggetti, voci e colori ci accompagnano lungo un percorso che partendo dagli anni Trenta ci conduce verso quelli del conflitto. Camminando ci accorgiamo di scendere al di sotto del livello del suolo come se il museo volesse ammonirci ricordandoci che andiamo verso la bassezza delle guerra. Vediamo uniformi, armi, tessere del razionamento, ecc., ma soprattutto una cosa resterà nella nostra mente. La scarpa logora appartenuta ad un bambino ebreo proveniente dal capo di stermino di Auschwitz. E così piccola! Una gentile signorina ci conduce verso l’ultima rappresentazione giornaliera della liberazione dell’Europa. Con l’ausilio di validi strumenti audiovisivi e grafici ci vengono mostrate le operazione che precedono lo sbarco da parte di ambedue le forze rivali. Segue la descrizione dell’avanzamento delle truppe Alleate in Europa e la sua liberazione. Infine immagini di altre guerre e di altri accordi di pace si susseguono a ricordarci che la ricerca di questo bene non è mai finita e sempre dovremo adoperarci per la sua costruzione.

Prima di raggiungere l’ultima tappa della nostra esplorazione di questa terra, vaghiamo alla ricerca di qualche altra immagine della Normandia. I verdi prati, le case a graticcio perfettamente conservate nei pressi di Lisieux, le fattorie, i campi rigogliosi e le simpatiche mucche.

Giverny, Disneyland Paris ed il viaggio di ritorno Finalmente un pomeriggio caldo ed assolato! Senza nessuna nube che incupisca la nostra visita raggiungiamo Giverny, il piccolo paese alle porte di Parigi che può annoverare fra i suoi abitanti Claude Monet. Qui nel 1883 il celebre pittore impressionista prese in affitto la casa dove visse e lavorò fino all’età di 86 anni.

In quella che oggi è la sede della Fondazione Claude Monet è possibile visitare la dimora dell’artista, una costruzione a due piani arredata in modo semplice, ma attento ai particolari, dove è difficile non riconoscere il suo tocco personale. L’insieme ricorda una tavolozza di colori tenui, ma brillanti. Ogni stanza infatti ha una caratterizzazione cromatica specifica così che, ad esempio, lasciando il salone azzurro possiamo entrare in una cucina dove il giallo è imperante, da quello dello pareti, a quello della tovaglia e delle tende. Nel complesso la successione dei colori rende l’ambiente caldo ed accogliente.

È soprattutto il giardino che si estende sul retro della villa a riportare alla nostra mente i più noti capolavori impressionisti. Fra gli innumerevoli fiori, ci sembra di vedere uno dei quadri di Monet.

In questo luogo, fra i salici piangenti che dolcemente vi appoggiano le proprie fronde, è situato il lago delle ninfee. Camminando lungo le sue rive raggiungiamo il ponte rosso a noi familiare che dimostra l’interesse dell’artista nei confronti del mondo giapponese. Benché l’insieme sia così armonioso, non si deve dimenticare che Monet fece realizzare appositamente questo specchio d’acqua deviando il corso del fiume Epte, un affluente della Senna che attraversa il paese.

La suggestione del luogo e la sapiente orchestrazione della luce attraverso la disposizione degli alberi e della vegetazione dimostrano come egli avesse in mente il luogo ideale dove sperimentare le tecniche impressioniste e la pittura en plein air.

Oramai le nostre vacanze stanno per terminare, ma considerata la breve distanza che ci separa dalla capitale, come potremmo lasciare la Francia senza salutare il nostro amico Paperino? Arriviamo a Parigi in tarda serata ed il mattino successivo partiamo di buon’ora in direzione Disneyland. Dopo aver lasciato nel parcheggio l’automobile e tutto quanto di razionale o reale possa esistere, varchiamo i cancelli d’ingresso del mondo dove tutte le nostre fantasie diventano realtá. Ci sono talmente tanti bambini che vorremmo anche noi affittarne uno! Fra montagne russe, fantasmi, pirati, castelli incantati e viaggi tridimensionali nello spazio non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ci sentiamo un po’ come Pinocchio nel paese dei balocchi, speriamo solo di non risvegliarci anche noi come ciuchini! Al di lá di ogni attrazione, ció che rende magico questo luogo non possono che essere loro, i compagni di gioco della nostra infanzia di bambini mai troppo cresciuti: Paperino, Paperina, Cip e Ciop, Pippo, Topolino e Minnie, Mary Poppins, Cenerentola e tutti gli altri che ci danno il loro saluto nella Disneyland Parade.

Peccato che tutto questo debba finire, ma ora non c’è tempo per pensarci. Dobbiamo ballare, cantare, saltare e correre, e non solo tutta la giornata, ma anche tutta la notte sono a nostra disposizione. Domani… domani è un altro giorno.

La mattina seguente, un po’ stanchi ma molto felici per la giornata di divertimento trascorsa, ci apprestiamo a partire in direzione sud. Purtroppo è arrivato il momento di tornare verso casa… Dopo esserci diretti verso Strasburgo e senza potere sottrarci per l’ennesima volta alla tipica abitudine francese di pagare con una frequenza quasi snervante i singoli tratti autostradali percorsi, arriviamo in serata a Mulhouse. Dopo aver riposato un’intera notte, ripartiamo di buon’ora ripercorrendo nuovamente le autostrade svizzere (almeno ha avuto un senso pagare un intero anno di transito) per arrivare infine in Italia nel tardo pomeriggio. Non a casa, ma direttamente al mare, perché dopo quasi 6000 Km percorsi in 15 giorni ed una quantità incalcolabile di pioggia presa, non possiamo proprio rinunciare a qualche giorno di assoluto riposo sdraiati al sole cullandoci nel dolce far niente! Qualche piccolo suggerimento Valutate con attenzione le distanze chilometriche e le sistemazioni per la notte. La Francia è molto estesa ed è quindi facile percorrere molti chilometri inutilmente. Spesso vale la pena rifare i bagagli e cercare una nuova sistemazione per la notte.

Se sceglierete di dormire in campeggio verificate con una certa attenzione il livello di igiene degli stessi. Inoltre se non disponete di un camper o di una roulotte ricordate che in Bretagna ed in Normandia il tempo è veramente imprevedibile. Superfluo quindi ricordare l’importanza dell’abbigliamento. Portatevi un impermeabile, preferibilmente uno di quelli pieghevoli, da tenere sempre nel vostro zaino e tirare fuori non appena ve ne è la necessità. Non dimenticate anche qualche capo pesante, maglioni e pantaloni lunghi.

La catena di hotel che abbiamo maggiormente utilizzato e che ci sentiamo di consigliare si chiama Campanile la quale offre a prezzi interessanti piccole ma confortevoli e pulite camere oltre ad una colazione a buffet veramente ottima e abbondante. Oltre a poter prenotare già prima di partire direttamente sul sito internet www.Campanile.Fr, il personale di questa catena presente praticamente ovunque provvederà a prenotarvi le sistemazioni successive.

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