Alle Eolie in barca a vela!

Velisti allo sbaraglio nell'arcipelago siciliano, tra Panarea, Salina, Lipari, Stromboli e Vulcano
Scritto da: jovetic
alle eolie in barca a vela!
Viaggiatori: 9
Spesa: 2000 €
GIORNO 1

Appuntamento al porto di Tropea per un rapido briefing e per prendere possesso della barca a vela: la Clizia. Quindici metri di vetroresina presi a noleggio, ma praticamente nuovi che avrebbero cullato il nostro desiderio di svago e libertà per i successivi sette giorni. Il gruppo dei velisti allo sbaraglio è composto da otto membri; il nono si sarebbe accodato alla truppa dopo un paio di giorni. Un gruppo eterogeneo ma affiatato nel quale ognuno riconosce immediatamente per indole o per necessità il proprio ruolo in barca. Abbiamo anche le magliette tutte uguali da vero equipaggio: fondo blu con bordi bianchi, il nome della barca ricamato sul petto e il ruolo nella squadra stampato sulle spalle. Considerando la caratura tecnica del gruppo, questo vezzo è davvero eccessivo! Ma, in fondo, al di la della vacanza in barca, la voglia di provare ad andare davvero un po’ a vela lo abbiamo tutti. Si sale a bordo! I “tecnici” del gruppo verificano strumentazioni e dotazioni dello scafo, scambiando di quando in quando qualche battuta a voce alta, forse per far credere ai vicini di barca che ci sappiamo fare davvero. La manovalanza sottocoperta, invece, smentisce subito quell’apparenza imprecando nel tentativo di aprire qualche scomparto del cucinino, manifestando, così, la propria natura da meri turisti fai da te! La gara per accaparrarsi la cabina migliore viene sospesa perché il fatto non sussiste: il design interno, comodo e piuttosto simmetrico, offre quattro ampie cabine doppie molto simili tra loro e tutte con bagno. La gara, pertanto, diventa quella per trovare il compagno di materasso meno rumoroso durante il sonno. Ma tanto sappiamo bene che le ore di sonno saranno davvero poche! Lasciamo all’amico ritardatario la cabina dello skipper a prua: i meno poetici la definirebbero più piccina ed un po‘ isolata, i veri velisti, invece, colgono il regno del vero lupo di mare. Un’ultima occhiata alla cambusa per gli acquisti dell’ultimo minuto. È trascorsa qualche ora da quando abbiamo indossato le magliette da equipaggio e la frescura della sera inizia a farsi sentire. Fuori dal porto il mare sembra un po’ agitato ma i bollettini meteo ci confortano. Tutto è pronto. Molliamo le cime ed iniziamo il nostro viaggio.

Abbiamo scelto la traversata notturna, consapevoli che non sarà una passeggiata ma vogliamo qualcosa di speciale per il nostro viaggio. La brezza soffia leggera e la smania di issare le vele è troppa per non cedere. Uno sguardo di intesa, qualcuno indossa i guanti ed il timoniere dà il via alle manovre. Alcuni di noi ci sanno fare davvero, qualcun altro, invece, quando sente il verbo “cazzare” crede che qualcuno si sia arrabbiato! Forse visti da lontano sembriamo un po’ goffi, non siamo perfettamente sincronizzati ma riusciamo a muoverci discretamente. Le vele salgono veloci, il vento inizia a spingerci con impeto delicato e la barca va! Ce l’abbiamo fatta, non siamo poi così malaccio! Ti guardi intorno, il colpo d’occhio è di quelli che non dimenticherai più: sei con i tuoi più cari amici, il sole fa l’occhiolino nascondendosi dietro l’orizzonte e tu guardi lontano senza sapere dove, respirando la salsedine con il vento nei capelli. Le urla concitate della manovra non si sentono più, siamo tutti in silenzio, ci godiamo quel momento con le gambe a penzoloni fuori dalla murata: qualcuno alza il naso per guardare la cima dell’albero, qualcun altro cerca di sfiorare l’acqua mentre lo scafo si inclina dolcemente e scivola sulle onde. Un’immagine che ha del romantico inteso alla tedesca, quasi dell’eroico ma l’imprevisto è alle porte. L’onda lunga bussa allo scafo e alcuni dei naviganti trascorrono il resto della traversata con la testa fuoribordo! Prima dell’alba giungiamo in “vista plotter” della rada di Panarea: una schiera di alberi illuminati in cima ondeggia placida per darci il benvenuto. L’isola del divertimento dorme ancora.

GIORNO 2

Risveglio con calma e un salto sulla terraferma per la colazione a base di granita e cornetti. Prendiamo i contatti del caso dato che, essendo ormeggiati in rada, la discesa a terra non è agevole nè di mattina nè di notte. Poi molliamo gli ormeggi con destinazione Cala Junco. Giungiamo in questa piscina naturale racchiusa da pareti rocciose in una giornata meravigliosa: calda ma non torrida. Un bagno nelle acque trasparenti le cui sfumature vanno dal turchese al verde, ma anche un bagno di folla: l’insenatura, infatti, è presa d’assalto dai barcaroli come noi! Bloccata la fame con un vassoio di arancini di riso, riprendiamo la navigazione tra i numerosi isolotti che circondano l’isola: le Formiche, i Panarelli, Bottaro, la piramide di Dattilo e la Lisca Nera.

Decidiamo di fermarci alla Lisca Bianca, dove proviamo anche un’ardita manovra per accostare una vela piena di fascinose turiste! Altro bagno ma stavolta muniti di maschera: siamo al centro dell’antico vulcano la cui attività subacquea è testimoniata da miriadi di bollicine che risalgono allegre verso la superficie. Una puntata alla Grotta degli Innamorati (speranzosi di ingraziarci la benevolenza delle divinità locali in previsione della serata in discoteca!) e poi via dalla Lisca Bianca per completare la circumnavigazione di Panarea. Ultimo bagno della giornata nella quiete di Basiluzzo: ci godiamo un po’ di relax ammirando dall’acqua le sue coste alte e frastagliate. Il sole ci ha rosolati a puntino e la salsedine tira piacevolmente la pelle: è il momento di issare le vele per rientrare in rada. I puristi della vela inorridirebbero, forse, a vedere le nostre manovre ma noi ce la mettiamo tutta e, soprattutto, ci divertiamo! Qualcuno chiede a quanti nodi siamo arrivati, qualcun altro, più pragamatico, richiama l’attenzione della ciurma per evitare una scuffia che, data la stazza della Clizia, violerebbe le leggi della fisica… ma, nelle nostre mani, nulla è impossibile! Scendiamo a terra con le stesse difficoltà del mattino, dato che due soli gommoni fanno la spola tra la rada e la marina. Pareo in vita, ci addentriamo nelle stradine fiancheggiate dalle tipiche case bianche eoliane e picchiettate dai vivaci colori delle bouganville e degli hibiscus, pronti ad una folle serata tra i baretti e la movida di Panarea, l’isola dei vip!

GIORNO 3

I postumi della notte brava si fanno sentire ed il risveglio è pigro e tardo. Una lauta colazione ed una piacevole brezza ci mettono subito voglia di un po’ di navigazione. Vele issate e qualche tentativo di manovra ben riuscito: la ciurma fa progressi! La meta odierna è Salina, la più tranquilla tra le isole dell’arcipelago, ideale per riprendersi dai bagordi notturni. La navigazione è tranquilla e rapida: un poco piacevole vento di poppa ci fa scivolare veloci fino alle sponde dell’isola. Mentre ci avviciniamo, il colpo d’occhio offerto dall’isola è eccezionale. Montagne e strapiombi sono incorniciati da una vegetazione a tratti lussureggiante tipicamente mediterranea: viti, ulivi, pini mediterranei, fichi d’india, mirti, ginestre e gli onnipresenti capperi! Dopo un tuffo nelle acque di Malfa, passiamo a largo di Punta Perciato, dove ammiriamo l’arco scavato nella roccia vulcanica da vento e mare. Poi, puntiamo decisi verso il faraglione di Pollara, famosa per essere, forse, la spiaggia con il mare più bello di tutte le Eolie, dove è stato girato “Il Postino” di Massimo Troisi, e la Clizia si ferma nelle acque tranquille del vecchio cratere. I più sportivi del gruppo fanno una bella nuotata, ottimo pretesto per esplorare le numerose grotte della zona.

È ormai pomeriggio inoltrato e Salina è nota per le migliori granite delle Eolie: è il caso di verificare l’esattezza dell’informazione! Sbarchiamo nell’incantevole porticciolo di Santa Marina, la cui vista resterà impressa nella memoria: tra le tipiche casette bianche addossate alla roccia, spicca una chiesetta che sembra una miniatura. Lo sguardo si perde ad ammirare la baia, dal leggero dondolio delle barche alla fonda fino al faro di Lingua. Sbarchiamo e ci sediamo ai tavolini di un bar con un’arsura che spegneremo con abbondanti granite: quella di mandorla e di gelso sono le più quotate!

Salina è celebre per i suoi tramonti e, in effetti, poco prima di riprendere il mare, il sole africano e cocente che ci ha deliziato per tutto il giorno ci fa l’occhiolino dietro l’orizzonte, irraggiando aria e acqua con sfumature davvero incantevoli. Rinfrancati da quella vista e sempre più decisi a diventare velisti di rango, molliamo le cime e puntiamo di nuovo verso Panarea. Lo skipper guarda davanti a sè mentre il resto dell’equipaggio resta a fissare il profilo di Salina per portare quei colori negli occhi ancora per un po’. Spaghetti e vino bianco alla fonda della modaiola Panarea e quattro salti nei locali sul porto dell’isola concludono un’altra splendida giornata.

GIORNO 4

Ci svegliamo con il pensiero che a fine giornata dovremo recuperare il nono membro dell’equipaggio, in arrivo a Stromboli. Il cielo, oggi, non è terso come nei giorni precedenti ma il vento soffia generoso. Veleggiamo verso Stromboli e il profilo del vulcano con un pennacchio di fumo in vetta guida la rotta. Quando il vento cala un po’, il solleone si fa sentire e tutti avvertiamo l’esigenza di un bel tuffo nelle acque cristalline del mare eoliano. Gettiamo l’ancora a Ginostra di fronte alla spiaggia del Pertuso, la più piccola insenatura naturale al mondo. Rinfrescati e rinfrancati, riprendiamo la navigazione verso Strombolicchio, puntando verso la sagoma del faro che svetta in cima allo scoglio. Il mare qui è scuro, quasi nero, data la natura vulcanica del fondale. Dopo un po’ di tintarella sul ponte, ci dirigiamo alla spiaggia nera per fare quattro passi sul bagnasciuga vulcanico: citando Emile Zola, la sabbia è nera d’un nero d’inchiostro, fa quasi impressione! Le narici, ormai abituate alla salsedine, vengono colpite dall’odore penetrante dello zolfo: non tutti gioiscono a questa sorpresa ma ci si abitua facilmente. Ne approfittiamo anche per un giretto in paese: dappertutto fa capolino la sagoma del geco, simbolo del luogo. Ci concediamo qualche arancina di riso ed un bicchiere di malvasia accompagnato da dolcetti di pasta di mandorle. Quando la sera è ormai scesa, ci affianchiamo alle decine di barche che, in un silenzio quasi irreale, rendono omaggio al potere del vulcano e ammiriamo dal ponte i lapilli della Sciara del Fuoco. Lo spettacolo è mozzafiato: la colata lavica si insinua fino al mare, offrendo un colpo d’occhio forse unico al mondo e rendendo ancora più suggestiva la navigazione notturna illuminata dagli spettacolari bagliori rossastri delle vampate di fuoco. Con la mole dello Stromboli di poppa, navighiamo nel silenzio della notte verso il Porto Pignataro di Lipari. L’approdo non è dei più agevoli: Lipari è la più grande e popolosa delle Eolie e l’afflusso di turisti, con barca o senza, è davvero massiccio. Ci mettiamo in contatto con la terraferma via radio e ci dicono di attendere. Ma l’attesa si allunga sempre più. Due arditi salgono sul tender e ormeggiano alla Marina Grande. Dopo una contrattazione degna di un bazar orientale, riusciamo a conquistare un posto in testa alla banchina. Il vento soffia forte e il mare si increspa. La nottata sarà movimentata e l’ultimo arrivato, nella cabina di prua dello skipper avrà di che divertirsi!

GIORNO 5

Giornata dedicata all’isola di Lipari: periplo via mare ed esplorazione della terraferma a partire dal tardo pomeriggio. Il vento che ci ha battuto per tutta la notte è caduto ed il mare è tornato calmo e accattivante. L’aria si è rinfrescata un pizzico e la cosa non ci dispiace affatto. Ormai siamo dei veri velisti: abbronzatura rosolata a puntino e pellaccia indurita dalla salsedine! Ci godiamo il giro dell’isola via mare: Punta Castagna, Acqua Calda (di nome e di fatto!), Porticello, fino alla Spiaggia Bianca o della Cava di Pomice. In effetti, Lipari vanta la cava di pomice più grande d’Europa e tre quarti dell’intera isola sono costituiti da questa pietra. Pietra che galleggia frequentemente nello specchio azzurro e trasparente della baia di fronte alla spiaggia. Qualcuno di noi cede al gusto di una bella sfregata di pomice sulla pellaccia irruvidita dalla vita di barca: gambe a penzoloni nell’acqua dalle mille sfumature blu e olio di gomito per una ricetta di bellezza efficace ed economica! Ci concediamo una puntata anche alla Spiaggia del Gabbiano, incorniciata da svariati faraglioni che spingono la ciurma a un’improvvisata (e quanto mai comica) gara di tuffi! A fine giornata, il più meritevole riceverà una coccarda di contusioni!

Riprendiamo il mare in direzione della spiaggia di Canneto per una bella nuotata con il sole basso sull’orizzonte prima di riprendere la rotta del porto. I profili di Alicudi e Filicudi, che esploreremo durante l’ultimo giorno di vacanza, impreziosiscono ancora di più le sfumature del tramonto. In prossimità di Marina Grande, notiamo il magnifico castello che domina la scogliera e che l’approdo notturno della sera prima aveva tenuto nascosto agli occhi. Scesi a terra, iniziamo la nostra passeggiata esplorando a caso il dedalo di vicoletti fino a confluire nello struscio lungo il corso principale, che si è lentamente popolato ed è ormai pieno di turisti. Curiosi, facciamo capolino tra bancarelle e negozietti dove i monili di ossidiana la fanno da padroni. Il profumo dei cucunci (fiori del cappero) si spande nell’aria e la passeggiata è davvero gradevole: ambienti piuttosto caotici ed affollati si alternano a scorci di pura tranquillità con una vista meravigliosa dai vari punti panoramici che si affacciano sull’arcipelago. Non può mancare una tipica cena eoliana, saporita e buonissima: ci perdiamo nel gusto deciso dei capperi, dei pomodori secchi, della ricotta al forno, assaporiamo la delicatezza del pesce spada e del tonno fresco, fino a cedere ai dolci di pasta di mandorla, ai sorbetti al limone e all’immancabile bicchiere di malvasia! Satolli come i commensali di Trimalcione, ci dirigiamo (rigorosamente a piedi, per conciliare la digestione!) verso Marina Corta, perfetta commistione di sacro e profano con la statua di S. Bartolomeo, patrono delle Eolie, a vegliare sulla sfilata del drink serale, preludio alla vita mondana dell’isola.

GIORNO 6

Sveglia rallentata dai bagordi della serata liparota, colazione a base di granite e briosce e pronti a drizzare le vele in direzione della dirimpettaia Vulcano. La rotta è guidata dalla sagoma nera che ha un non so che di dantesco, così come il penetrante odore di zolfo (molto più intenso rispetto a Stromboli!) che ci accoglie non appena ci avviciniamo alla costa. Ormai siamo avvezzi a mettere i piedi su sabbie nere: una vacanza alle Eolie trasforma ogni villeggiante in un geologo in erba tra pomici, ossidiana e lapilli vulcanici! Alla ricerca dell’elisir dell’eterna giovinezza, ci precipitiamo alle celeberrime piscine di fanghi caldi, nelle vicinanze del porto, e subito ci trasformiamo nelle goffe controfigure delle dive di Hollywood al make-up! Da qui si gode un bellissimo panorama sulla penisola di Vulcanello e sui faraglioni di Lipari. Riprendiamo la navigazione verso il Porto di Levante e, nonostante il solleone, cediamo alle lusinghe di una bella nuotata alle sorgenti termali delle fumarole sottomarine. La giornata scivola via più veloce di quanto vorremmo, complice il totale relax regalato dalle acque tiepide e accattivanti. Issiamo le vele e ci dirigiamo verso il canale che separa Vulcano da Lipari. In quella direzione si giunge alla meravigliosa Grotta del Cavallo, i cui giochi di luce sono così particolari da avere qualcosa di magico e ipnotico. Passiamo il faro di Gelso e risaliamo il vento di bolina: ormai la Coppa America non ci spaventa più! Rientriamo a porto Pignataro con la piacevole sorpresa di un posto in banchina non in testa: la notte trascorrerà tranquilla senza raffiche di vento e bruschi strappi di catena!

GIORNO 7

Oggi sveglia sul presto: stasera riprenderemo la via del ritorno e vogliamo goderci a pieno le ultime ore da velisti! All’alba, davvero a malincuore, ci diamo una sistemata seria perché la navigazione verso le coste della Calabria non sarà uno scherzetto e abbiamo imparato a rispettare il mare. Calcoliamo la rotta verso Tropea e salutiamo le sette ‘sorelle’. C’è un bel vento teso e le vele si gonfiano maestose. Scivoliamo sull’acqua rapidi e silenziosi. Qualcuno, dopo aver verificato più volte di non avere residui di malvasia in corpo, grida indicando la prua e tutti vediamo uno spettacolo che mai dimenticheremo: un piccolo branco di delfini ci scorta, giocando con le onde vicine! Siamo fortunati: non è infrequente avvistare queste meravigliose creature in questo braccio di mare ma, finora, a noi non era capitato. La nostra investitura, dunque, è ufficiale: il mare ci ha accettato! I delfini ci fanno compagnia per una buona mezz’ora e li perdiamo di vista quando riusciamo ormai a vedere distintamente il profilo della Calabria.

La costa ha una bellezza che, ancora una volta, ci rapisce e ci stupisce. La marina di Tropea è ormai prossima. Abbiamo il vento nei capelli, il profumo del mare nelle narici e negli occhi l’incanto di una natura rigogliosa. Abbiamo scattato centinaia di fotografie nel corso di questa settimana ma nessuna sarà sufficientemente grande da contenere tutta la bellezza dei luoghi che abbiamo visitato, nessuna riuscirà a rendere giustizia alle sfumature del mare, all’intensità dei profumi, agli arabeschi dei colori, alla magia delle emozioni. Dovremo contare solo sulla memoria. Avremmo voglia di virare in grande stile, girare la prua della Clizia verso il mare aperto e riprendere la navigazione. Ma la voce dei marinai del porto di Tropea è troppo vicina, troppo reale. Gettate le cime di poppa, è ora di ormeggiare.



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