A Marsa Alam le meduse sono come morositas

Sabato E’ mezzanotte. Non riesco a dormire. Fra due ore dovrò alzarmi, controllare che tutto sia pronto, prendere la valigia e trascinare l’orso che vive con me giù per le scale fino alla macchina. Dobbiamo andare a prendere Daniela. Chissà se Tony ha poi deciso di accompagnarla. Chissà se andrà tutto bene. Chissà se tra me e lei ci...
Scritto da: Tuppa
a marsa alam le meduse sono come morositas
Partenza il: 20/05/2006
Ritorno il: 27/05/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Sabato E’ mezzanotte. Non riesco a dormire. Fra due ore dovrò alzarmi, controllare che tutto sia pronto, prendere la valigia e trascinare l’orso che vive con me giù per le scale fino alla macchina. Dobbiamo andare a prendere Daniela.

Chissà se Tony ha poi deciso di accompagnarla.

Chissà se andrà tutto bene. Chissà se tra me e lei ci saranno problemi.

Chissà se riuscirò a fare tutto quello che voglio fare.

Chissà se conquisterò anche l’Egitto.

Chissà se l’aereo esploderà in aria.

Chissà se la gente dopo l’esplosione si ricorderà di me.

Chissà…

Ecco la sveglia. Doccia, colazione, sveglia l’orso, valigia chiusa. Si parte.

Arriviamo sotto casa di Daniela dopo circa 30 minuti. Siamo in anticipo. Scende dopo 10 minuti. L’orso sta per ricadere in letargo.

Un santo, direbbero molti. Un santo che alle 2.30 del mattino s’è svegliato con me per accompagnarmi in aeroporto.

Mi è sempre piaciuta l’aria che si respira in aeroporto. C’è aria di cambiamento per tutti. C’è aria che parte e va a rigenerarsi altrove. Predisporsi al viaggio. 1. Fregarsene di qualsiasi ritardo. Tanto prima o poi si parte.

2. Le code non sono un problema. Prima o poi finiscono e il check in tocca a te 3. Non c’è fretta. Sei in vacanza.

C’è gente che riesce a lamentarsi in ogni momento della sua vita. Anche quando sta andando in paradiso. E davanti a noi ci sono proprio due persone di questo tipo. Che non faranno altro per tutto il resto della vacanza.

Se la prendono immediatamente con il ragazzo al bancone a cui si consegna il foglio di convocazione. “Eh l’agenzia non ci ha avvertiti del ritardo aereo. Non è possibile. Noi paghiamo.” E compagnia bella.

Quel poveretto alle 5.00 del mattino comincia a subire lamentele da soggetti come questi, e chissà a che ora finisce.

Mi piace lo spirito con cui Daniela prende le cose. Anche lei se ne frega. Consapevole d’essere in vacanza, che i contrattempi ci stanno, e non rovinano niente.

Tranquillizziamo l’omino del bancone: “Tranquillo, noi siamo felici, va tutto bene, del ritardo non ce ne frega niente, sapevamo già tutto, tu non c’entri, ti vogliamo quasi bene, sai, anche noi…” e vogliamo quasi raccontargli la nostra avventura quotidiana di quando lavoravamo assieme e di lamentele ne sentivamo ogni tre minuti.

A parte questo, ho l’adrenalina a mille.

Si, siamo in volo. L’Egitto è vicino. I sogni di queste settimane stanno per realizzarsi.

All’aeroporto di Marsa Alam Daniela trova i primi pretendenti. Gli egiziani la trovano immediatamente stupenda. “Tu hai origini egiziane, vero?” E’ la domanda ricorrente della vacanza.

Incontriamo Yasser per la prima volta. E sarà il nostro punto di riferimento per quasi tutto il resto del soggiorno.

Dall’aeroporto al Tulip Resort ci mettiamo circa 40 minuti. Credo. Non ricordo. Sarà che ero presa dal guardar fuori. Strade strette, poco trafficate, col deserto intorno. Non è il deserto quello con la sabbia gialla e le dune. E’ un deserto fatto di rocce, canyon e rarissima vegetazione bassa. Un deserto che incontreremo più da vicino nei giorni a seguire.

“Dani, siamo veramente qui. Ce l’abbiamo fatta.” Siamo felici. Arriviamo, svuotiamo le valigie, facciamo la doccia e in men che non si dica siamo in piscina. Decidiamo di trascorrere li il nostro primo pomeriggio. Siamo sveglie da presto e non abbiamo voglia di fare sbattimenti di alcun genere.

Incontriamo Said. Bello, sorriso del sole, occhi grandi e neri. Neri quanto la sua pelle e profondi quanto il mare che ci farà conoscere nei giorni successivi.

Con lui prenotiamo subito la gita a Samadai, il parco marino del Dolphine House. Giovedi è li che andremo. Vogliamo vedere i delfini da vicino e giocare con loro. Regalo questa gita a Daniela. Le dico che è il regalo di Natale che non le ho fatto perché cercavo qualcosa di speciale.

Daniela gli dice subito che lei non sa nuotare. Said le dice che lui le terrà la mano per tutto il tempo, che avrà il giubbottino e che non succederà niente.

Said ci dice che il giorno dopo ci porterà a fare la prova con le bombole. E mi illumino e esplodo di gioia. Le bombole, io, respirare sott’acqua, che bello! Conosciamo Sara, che è la nostra signorina-tour-operator, con cui prenotiamo le escursioni dei giorni a seguire. Sono proprio quelle che avevo deciso di fare prima di lasciare l’Italia.

Domenica Al mattino ci aspetta la prima immersione con le bombole. Daniela mi sorprende ogni minuto che passa. La fa anche lei. E esce dall’acqua felice e entusiasta quanto me. E’ un’emozione unica. Sei sotto, e respiri.

Said mi tiene per mano. E la sensazione di sicurezza che infonde anche solo con una piccola stretta, mi rasserena, e convince Daniela che giovedì dai delfini sarà stupendo e non ci sarà nulla di cui spaventarsi.

Nel pomeriggio prenotiamo la navetta per andare a Abu Dabbab, la spiaggia del Dugongo. Voglio proprio vederlo sto dugongo. Ne ho letto così tanto prima di partire. Maschera e pinne e via. Appena metto la faccia in acqua, un’infinità di pesci colorati mi saluta. “Benvenuta Roby, sapevamo che saresti venuta.” Si, è così che m’hanno detto. Io capisco il linguaggio dei pesci.

Ma ecco avverarsi uno degli incubi che ho avuto prima della partenza. E’ pieno di meduse. Sono meduse sode. Sembrano morositas trasparenti.

Lancio uno di quegli strilletti tipici di donnina spaventata. Ma un nano di circa 4 anni mi prende per mano e mi rassicura: “Non aver paura, non pungono.” Ne prende una in mano, la tocca, se la mette dappertutto e scoppia in una fragorosa risata. “Vedi?” E così comincio a nuotare tra meduse che non pungono e pesci che si scontrano con la mia maschera. Sono dentro un acquario, mi dico. Non mi voglio svegliare.

La barriera è un arcobaleno di coralli. Faccio fatica a allontanarmene tanto è bella. Ma devo andare assolutamente al centro della baia per cercare il Dugongo.

Nuota e nuota, zitta e nuota… Ecco le tartarughe. “Sciao bella!” Mi dicono. Dei pesci pigri si lasciano trasportare sul loro guscio. Che spettacolo. Che pace.

Del Dugongo nessuna traccia.

Sarà per domani, mi dico.

Alla sera Norma e Moreno, i nostri primi nuovi amici, ci dicono di averlo visto più volte nell’arco della giornata. Non avevo dubbi, gli dico. L’avrò spaventato.

Lunedì La mattina seguente Abu Dabbab ci aspetta di nuovo. Dopo un’abbondante colazione, ricca di dolcetti ricoperti di miele, panini con burro e marmellata e caffé egiziano, siamo di nuovo sulla navetta che ci porterà dal mio amico Dugongo. Norma e Moreno, che diventano anche i miei nuovi genitori, mi portano con loro a fare snorkeling dove il giorno prima hanno avvistato il bestione delle favole.

Nuota e nuota, tartarughe, pesci pagliaccio, pesci pappagallo, pesci farfalla, pesci trombetta, pesci chirurgo, pesci palla (bellissimi!!!), ma niente Dugongo. Si, porto proprio sfiga.

Ma non sono delusa. Niente di quello che ho visto se ne andrà dalla mia memoria. Sento di essermi riappropriata delle mie origini di pescia.

Alle 14.30 la Jeep ci aspetta fuori dal Tulip perché è ora del tanto atteso Jeep Safari. Andiamo, si parte. Siamo io, Daniela, Mimmo (avrei molte molte molte cose da dire su Mimmo, ma potrei stroncargli la carriera essendo lui personaggio di una certa importanza in Italia e di cui non posso dire altro), Sergio (un uomo dolcissimo) e Giovanni (il vigliacco). Ci accompagnano Yasser e Mohammed. Che poi a dirla tutta, si chiamano quasi tutti Mohammed Ahmed da quelle parti. C’è anche un operatore con la telecamera che ci riprenderà per tutta la gita. Grasse risate.

Dopo neanche un chilometro dall’albergo, la Jeep buca. Si, devo essere proprio io, mi dico. Giovanni, detto il vigliacco e ora vi spiego perché, si arrende subito. Chiede, dopo il cambio gomma, di essere riportato in albergo perché preferisce andare a immergersi.

Mimmo svelerà poi che Giovanni è fatto così, si arrende alla prima difficoltà e non sarebbe andato a fare nessuna immersione ma sarebbe andato a svaccarsi in piscina.

Si crea subito la complicità giusta e il viaggio in Jeep scorre tra risate, racconti, avvistamenti e sorprese. Il deserto qui ha paesaggio lunare. Ti aspetti da un momento all’altro l’arrivo di Anakin o yoda su una navicella spaziale. I canyon a volte rossi, a volte arancioni, a volte grigi, mi fanno sentire piccola piccola. Mi chiedo anche cosa accadrebbe se bucassimo di nuovo una gomma. Non ne abbiamo altre di scorta. I cellulari non prendono.

Yasser sembra intuire i miei pensieri e mi dice subito: “Sanno dove siamo. Non ti preoccupare”. Sanno dove siamo chi? Mi sono chiesta. La Jeep corre verso il tramonto, vediamo delle Iguana, un unico albero sotto il quale sosta un pastore vestito tutto di blu con le sue capre, vediamo fabbriche e miniere abbandonate. Yasser ci spiega che tante delle incompiute che incontriamo per strada, sono opera di italiani. Che vergogna.

Yasser è una buona guida. E’ calmo, dolce, parla quasi perfettamente italiano, ci racconta della sua vita, di quanto sia stata dura per lui lasciare Il Cairo per andare a lavorare altrove. Ripenso alla mia vita. Mi rispecchio nella sua. Luogo comune del momento: tutto il mondo è paese.

Arriviamo al villaggio beduino.

Sono dentro un documentario.

Il capo tribù ci invita nella sua tenda a bere un thé caldo alla menta per rinfrescarci. Non so se è una tenda allestita apposta per i turisti che li vanno a trovare e non mi importa. Non mi importerebbe neanche se il beduino fosse di Quartoggiaro. E’ tutto così suggestivo.

E’ pieno di mosche. E non mi importa neanche questo. Anche nei documentari è sempre pieno di mosche. Ci sediamo, e ascoltiamo Yasser che ci racconta la vita del villaggio e le usanze della tribù.

Il risultato è che sono contenta di non essere una donna beduina. A 9 anni le bambine diventano donne, e significa che diventano possibile preda d’uomini in cerca di compagna.

Un uomo che cerca moglie, la cerca vergine. Per cui le bambine vengono chiuse in casa finché un pretendente non si fa avanti e le chiede in sposa.

Come avviene la scelta? Il futuro marito manda sua sorella in casa della prescelta per verificare che sia una brava donna e possa diventare una brava sposa.

Sta sorella si fa cucinare qualcosa per verificare le abilità culinarie della futura cognata, le palpa i seni, verifica che sia in carne e che possa accogliere nel suo grembo la prole di suo fratello.

Se la signorina è cicciottella e con le tette grosse, ha fortuna. Altrimenti non c’è trippa per gatti.

In base a quanto viene valutata la futura sposa, la sorella del futuro marito offre una quantità di cammelli in dote. Il massimo che si può offrire sono 9 cammelli.

E così Yasser mi guarda e mi dice: “tu non potresti mai esser scelta, troppo osso! Forse un cammello” E tutti ridono. Yasser ha un gran senso dell’umorismo.

Una volta stabilito che la scelta è una buona scelta, si organizza il matrimonio. Non prima d’aver verificato che la famiglia della sposa sia anche “benestante”. E si stabilisce dalla quantità di cammelli posseduti.

Il giorno del matrimonio la donna deve dimostrare la sua verginità. E così la mamma della sposa mette un fazzoletto sul letto dove i due novelli sposi faranno i ricci per la prima volta. Se a fine rapporto il fazzoletto si sporcherà di sangue, questo verrà esposto fuori dalla “casa” e il villaggio festeggierà e augurerà felicità eterna alla coppia.

Se invece il fazzoletto resterà bianco, la signorina ora signora, verrà giustiziata.

A questo punto Yasser mi guarda e mi dice: “hai capito?” Poi ci spiega che alcune tribù più evolute, se capita il fazzoletto bianco, passano per la via della mediazione. Il mediatore è il papà della sposa che cerca di intercedere con i genitori del ragazzo garantendo che “è successo solo una volta, che sono ragazzi, che non capiterà più”. E si va per la via della comprensione.

Ho bisogno di una grappa.

Un uomo può sposare fino a quattro donne. Una donna può sposare solo un uomo. Quando Daniela chiede a Said nei giorni successivi il perché una donna non potesse sposare anche lei quattro uomini, ecco la risposta che ne ha avuto: “Se un uomo sposa 4 donne e una rimane incinta, è chiaro chi sia il padre. Se una donna sposa quattro uomini e lei rimane incinta, sorgono dei problemi.” Tutto chiaro? Chiaro. Finito il racconto, facciamo un giretto per il villaggio. Vediamo le donne che preparano il pane. Un pane simil piadina romagnola e pane carasau. Dei bimbi dallo sguardo più triste che ho incontrato. Credo dipendesse dalla nostra presenza. E lo capisco anche.

Esposti come fossero animali da circo.

Mangiamo un pasto condito di mosche. Se stai attento a non mangiare le mosche, è tutto buonissimo.

Andiamo a vedere il pozzo da cui si riforniscono d’acqua. Vediamo la moschea. Ascoltiamo Yasser senza perdere un dettaglio delle storie che ci racconta. Un giretto in groppa ai dromedari. Tutto bellissimo, se non fosse che il dromedario su cui sono in groppa io, debba per forza dare un bacino a quello di Daniela, facendo una sorta di saltello proprio quando sto cercando una posizione comoda e sicura. Io cerco di non cadere e stringo le cosce intorno alla gobba.

Il beduino che ci accompagna ride della grossa e mi fa un gesto come per dirmi di stare tranquilla. Oh si sono tranquilla. Sudata, ma tranquilla. Grasse risate per tutti.

Il tramondo si avvicina. Ecco, ho dimenticato di dire che ho le infradito. Si, e me ne ricordo ora perché è il momento di scalare una montagna per vedere da lassù lo spettacolo del tramonto. Yasser e l’operatore con la telecamera scelgono ovviamente la via più difficile perché sennò il sole va via prima che si arrivi in vetta.

E io, capretta dalla nascita (oltre che pescia), dico: “state tranquilli, ce la faccio.” Si, vai a farti figa tu. Se non fosse stato per gli ottimi riflessi di Yasser, sarei precipitata dalla montagna. E ciao ciao Tuppa, “au fiderzen”, gudbai, adios. E invece mi ha presa per mano al momento giusto. In realtà anche l’operatore ha contribuito alla mia salvezza. Ha smesso di riprendere quando ha capito che il filmato stava per tramutarsi in un simil “Un tranquillo weekend di paura”.

In cima, oltre a chiedermi come diavolo avrei fatto a scendere, ci godiamo uno spettacolo mozzafiato.

Si vede tutto il villaggio beduino da qui. Si vede il sole che ormai stanco, va a riposarsi dietro i canyon ora di tinte rosso fuoco.

Mimmo, Sergio ed io siamo oramai buoni amici. Mi promettono che per scendere si faranno in quattro per me. Che non si andrà via senza di me. Io guardo giù e dico che non è poi così male restare sulla montagna. Si dai, resto qui.

Daniela è in disparte con Yasser. Si raccontano le proprie vite, fanno progetti di una tenda a due piani, un giardino con cane, e noi li guardiamo maligni:) E’ tutto così romantico. Io faccio foto a tutto spiano. E’ tutto il giorno che do soddisfazioni alla mia digitale. Vediamo anche un ragazzo che dall’altro lato della montagna, prega verso il tramonto.

In questi giorni mi è capitato più volte di vedere gente che prega.

A Abu Dabbab dove ci sono delle costruzioni in corso, ho visto uomini prendersi una pausa, stendere un tappeto a terra e pregare.

E a Luxor il giorno seguente, in vari punti della città, ho visto uomini pregare nel bel mezzo delle proprie attività giornaliere.

Il rientro all’albergo sembra essere più rapido dell’andata. Con Mimmo e Sergio ci diamo appuntamento a mercoledi sera per una gita a El Quseir. E corriamo a pisciare nelle nostre stanze.

Andiamo a letto presto, con i segni del deserto nel cuore, felici per aver scelto di fare questo viaggio insieme e emozionate per il giorno dopo. Alle 4.15 si partirà per Luxor.

Mi addormento. Non prima d’aver ripensato alla giornata appena finita Ai miei paladini, Mimmo e Sergio che m’hanno aiutata a scendere dalla montagna, al bimbo che ha ritirato le tazzine dei nostri thé, alle macchie sulla sua pelle, tracce di chissà quale sfogo o malattia, Alle parole di Yasser sugli attentati di Sharm del settembre scorso. Diceva che in tutto l’Egitto è opinione comune che non siano stati opera di musulmani ma di occidentali. Ai colori del tramonto, all’elettricità assente nel villaggio, ai sonni che cominciano con quello del sole, alle musiche egiziane che ci hanno accompagnati sulla jeep.

Martedi La sveglia. La doccia. I vestiti. Il cuscino verrà con noi.

Strisciamo su per la scalinata dell’albergo. Siamo state le prime a svegliarci. Caffé.

Ci danno il sacchetto con i panini per la merenda. Sui divanetti cominciamo un sonno che proseguirà sul Bus per Luxor.

Tra i nostri compagni di viaggio ci sono anche Norma e Moreno.

Notiamo subito due soggetti di sesso femminile che si lamenteranno dalle 4 del mattino fino a sera.

Paolo, il serial killer. Non ha detto una parola per tutto il giorno. S’è fatto solo grasse risate e ha scattato tante foto.

E vari elementi poco particolari.

La nostra guida, Ahmed, è fantastica. Durante il viaggio ci racconta la favola dell’Egitto. E’ così che la vivo nelle sue parole. Una vera favola, di quelle che si possono raccontare ai bambini per lasciarli a bocca aperta. E è così che rimaniamo io e Daniela. Io sono sempre più convinta che gli antichi egizi siano venuti da un altro pianeta. Di corsa. Sosta al primo posto di blocco in cui possiamo andare in bagno. 50 centesimi per una pisciata.

Daniela prende dei souvenir per sua sorella da un omino che vuole sposarla.

Quanti mariti.

Il mio promesso sposo mi aspetta dopo la pipì, ma io non compro niente, anche se è sceso da 25 euro a un euro.

Che me ne faccio del tuo scarabeo gigante? Posti di blocco a non finire. Veniamo scortati dall’esercito da El Quseir a Luxor.

Guida assurda degli omini al comando dei pullman. Sorpassi pericolosi a non finire.

Parole di Ahmed che ci accompagnano fino al Nilo. Il Nilo. Il Nilo esiste. L’ho visto con i miei occhi. Donne che lungo le rive raccolgono l’acqua e fanno il bucato.

Polizia.

Fucili. Mitra. Armi mai viste neanche nei documentari.

Posti di blocco. Ancora posti di blocco.

Giornata intera per immergersi nell’antico Egitto. Visita dei siti archeologici più significativi: i templi di Karnak e Luxor, la Valle dei Re (ingresso in tre tombe), i colossi di Memnon, il tempio di Hatespsut e una piccola fabbrica dell’alabastro.

Non posso descrivere cosa ho visto e sentito, perché lo renderei pari alla descrizione di una serire di macerie e sciacallaggi.

Colori, caldo, antichità, misteri.

A ogni angolo bambini e adulti che ti chiedono soldi, che ti chiedono di comprar qualcosa. Ma Ahmed ci ha avvertiti. Non date niente ai bambini. Qui in Egitto c’è la scuola dell’obbligo. Se date loro i soldini, non andranno più a scuola.

Caldo. La gente addosso, il sole che picchia, neanche un filo d’aria. Ahmed ci dice che siamo a 40°.

Stanchezza, felicità, soddisfazione. Ci sentiamo più ricche. E io voglio abbracciare tutti.

A pranzo tutto il ristorante si da da fare per il mio occhio destro perennemente arrossato. Tutti i camerieri vogliono salvare la mia vista. Si adoperano tutti per trovarmi delle gocce. Vogliono portarmi dal dottore.

Commossa.

Al negozio di papiri io e Daniela riceviamo altre proposte di matrimonio. E compriamo due papiri bellissimi. Alla mini fabbrica di alabastro i ragazzi fanno uno show solo per noi. Ci accolgono festosi e ci raccontano piccole storie. Piccoli ritagli di vite quotidiane.

Bobo vuole sposarmi anche lui. Mi aiuta a scegliere tre tartarughe in alabastro e mi regala infiniti scarabei.

Tante foto, tanti matrimoni mancati, Ahmed scompare nell’ora della preghiera, la mia digitale è stanca anche lei, non vuole più fare foto e è ora di tornare a “casa”.

Piedi che hanno storie da raccontare, culi felici di ritrovare il pulmino, occhi ricchi di fotografie.

Un altro documentario è stato girato sotto i nostri sguardi. Daniela è contenta. E io di più.

Non facciamo che ripeterci quanto abbiamo fatto bene a fare questa gita. Nonostante la fatica, ne è valsa veramente la pena.

Il sali scendi per le scale delle tombe è stato massacrante, ma ci ha permesso di tornare con chiappe più sode e ricordi straordinari.

Posti di blocco anche al ritorno.

Il tramonto.

Il mare veramente rosso.

Le strade buie. Gli autisti pazzi.

Ultima sosta pipì.

Siamo a “casa”.

In reception prenotiamo la navetta per Abu Dabbab per il giorno dopo, e corriamo in camera a fare altra pipì.

Sorpresa. Sul mio letto il mio cameriere preferito ha fatto un’altra composizione con gli asciugamani. Sembra uscito da Ghostbusters. E indossa la canotta del mio pigiama di Hello Kitty 🙂 C’è anche una mini-cena per noi. Ma non abbiamo molta fame. Siamo sazie di favole e d’Egitto.

Buona notte tesoro, anche da qui ti penso sempre. E oggi avrei voluto fossi con me.

Mercoledi Ogni mattina, prima d’uscire per le nostre avventure, lascio messaggi agli omini che verranno a pulire la stanza.

Del tipo: “hello, today we will go to Abu Dabbab. See you tonight.” E lascio anche un soldino per ringraziarli. Daniela mi dice che sono pazza.

E ogni sera al rientro, trovo una scultura di asciugamani sul mio letto.

Ora che ci penso bene, di rientro da Luxor non ho trovato il ghost busters, ma un cigno con su i miei occhiali da vista. Il ghost buster l’ho trovato al rientro da Sharm El Luli.

Ma andiamo con ordine.

Totalmente bollite, io e Daniela decidiamo che mercoledi è la nostra giornata di totale relax.

Prendiamo la navetta per Abu Dabbab e decidiamo di trascorrere lì ogni minuto fino a sera.

Che pace. Al mattino faccio una bella snorkelata con Norma e Moreno. Divento quasi viola e ho le mani tutte raggrinzite come i bambini che escono dall’acqua solo se sono rattrappiti.

Tartarughe, pesci pagliaccio, pesci farfalla, pesci unicorno, pesci chirurgo, pesci pappagallo, cernie coralline, pesci lima, pesci balestra, pesci trombetta, pesci pipistrello, pesci angelo imperatore, pesci istrice, pesci palla, un barracuda solitario.

Dugongo dove sei? E’ colpa dei gommoni e delle barche mi dico. Oggi c’è troppo casino. Dughy sarà dove c’è pace. E qui oggi c’è di tutto, fuorché pace.

E’ vero, c’è un traffico marino pazzesco oggi. Mi chiedo se tutti abbiano deciso insieme a noi che il mercoledi è la giornata di totale relax a Abu Dabbab.

All’ora di pranzo vanno via tutti. Tutti, tranne me e Daniela. Restiamo da sole, con i nostri lettini, i nostri ombrelloni, le nostre bottigliette d’acqua naturale e il nostro mare.

Non è vero, non siamo sole. Waheel, l’omino della spiaggia, è rimasto anche lui. Viene da noi, scambiamo due chiacchiere. Si prende qualche confidenza di troppo e mi chiede che mi costa “fare una scopata con lui solo una volta”. Già, che mi costa. Solo una volta, che vuoi che sia. Resta sbigottito del mio rifiuto. “Ma perché mi dici di no?” detto con l’ingenuità di un bambino.

Gli chiedo se ha sorelle. Mi racconta della sua famiglia. Di come suo padre l’abbia allontanato perché non vuole sposare sua cugina. Lui ama un’altra. Mi dice che invece sua sorella ha accettato di sposare il prescelto dalla famiglia.

Scambio culturale. Gli racconto com’è diverso nel mio mondo. Ma che non è stato tanto diverso fino a poco tempo fa.

Mi dice che lui è molto geloso di sua sorella. Che se l’avesse mai vista mano nella mano con un uomo, le avrebbe tagliato la testa.

Dopo avergli chiesto come si comporterebbe se qualcuno facesse a sua sorella la domanda che lui ha fatto a me, gli propongo invece di venire con me in mezzo alla baia alla ricerca del dugongo.

Ride. E va a prendere maschera e pinne. Nuota e nuota… Zitto e nuota… Di dugongo ce n’è uno, ma io non ne vedo nessuno.

Waheel mi prende una mano perché pensa che non ce la faccio, che sono stanca, che sto per affogare. Ma Waheel, stai sereno, sono pescia io. Mollami sta mano.

Dopo un’oretta e mezza credo, torniamo da Daniela che s’è tutta abrustolita. Amica, dovevi mettere la crema! Quante volte te lo devo dire in sta vacanza.

“mamma hai ragione”.

Waheel si allontana da noi piuttosto contrariato per il mio rifiuto. Sperava che dopo la snorkelata la mia risposta cambiasse.

Figlio mio, te l’ho detto, ho un fidanzato in Italia che non sarebbe d’accordo. E poi a dirla tutta, hai il culo grosso. E non mi piace 🙂 Arrivano di nuovo i nostri amici con la navetta delle 14.30. Altre nuotate. Vane. Il dugongo è in ferie pure lui.

Torniamo al Tulip a sera, nere come pochi. Bruciate come tanti.

Andiamo da Said (del diving) perché dobbiamo ancora pagargli l’escursione del giorno dopo. Si, ci siamo, domani andremo al parco marino di Samadai a vedere i delfini. Said ci sorride, col suo sorriso pieno di gioia e che nasconde le fatiche di un’intera giornata. Glielo leggi negli occhi il suo amore per il mare. Ci dice che ci ha cercate tutto il giorno. Che ci dava per disperse.

Said, non ti preoccupare, non ci siamo dimenticate!! Fantastico. Io e Daniela riusciamo a dare buca anche in Egitto. Avevamo promesso a Sergio e Mimmo di andare con loro a El Quseir quella sera. Ma fatti un po’ di conti, gli euro cominciano a scarseggiare. Non possiamo venire con voi. Rimarremmo senza soldi e ci sono ancora dei giorni da trascorrere qui.

Scusateci tanto. Siamo due disastri.

Ceniamo. Il cibo del Tulip non è male. Si, avevo letto su diversi forum che era ripetitivo. E infatti così è. C’è manzo, pesce, patate, pasta, pollo, verdure cotte, riso. Ogni sera. Tutto più o meno buono. Non si muore di fame.

I dolci sono buonissimi. Impazzisco per quelli della colazione. Potessi fare un pacchetto, me li porterei in Italia. Mi sento molto Heidi che porta i panini bianchi alla nonna di Peter.

Evitiamo tutti i dolci con panna. La maledizione di tutankhamon è sempre in agguato.

Siamo proprio brave. Per tutta la vacanza il nostro intestino non ha avuto problemi. Stanche come ogni giorno, cadiamo in letargo fino al mattino successivo.

Prima della nanna ho fatto due chiacchiere con Karl. Si, due chiacchiere. In inglese. Si, ai spic inglish qualch volt 🙂 Da morire dalle risate. E’ incredibile come anni di inglese alle scuole superiori e qualche periodo in università, svaniscano nel nulla se non lo si parla regolarmente.

Per Karl faccio uno spettacolo privato. Si. Mi improvviso mimo. E la cosa stupenda è che lui mi capisce subito a ogni mio gesto o movimento degli occhi. Daniela ride, si vergogna di me e va in stanza per prima.

Resto con Karl. Chi è Karl? E’ un soggetto maschile di origine svizzera ma che vive in Germania. Eran diversi giorni che incrociavo il suo sguardo. A colazione. A pranzo. A cena. In spiaggia.

Era sempre li, incuriosito, a sbirciarmi. E allora nel pomeriggio di mercoledì, di ritorno da Abu Dabbab, lo vediamo sul balcone dell’edificio di fronte alla nostra stanza.

“Ciao!” Urlo salutando con la manina.

Lui: “HI!” COME “AI”? Cribio, ma proprio in inglese mi doveva rispondere? E alla sera, dopo cena, eccoci qui, seduti per terra vicino al ristorante, a fare comunella.

Mi dice che il giorno dopo deve partire. Anche il suo inglese fa cacare, e quando cerca di spiegarsi in tedesco, mi sbellico dalle risate. Mi dice che sono funny. Gli dico che anche lui lo è. Mi dice che nella sua settimana non è riuscito a avvicinare nessun italiano. Che sono la prima a dargli confidenza.

Gli prometto che gli farò trovare una sorpresa in reception al mattino dopo.

Ci salutiamo, è stato un piacere conoscerti, buona nanna, buona nanna pure a te.

In inglese ovviamente 🙂 Giovedi Solitamente mi sveglio prima di Daniela. Vado in bagno, produco il producibile e faccio la doccia.

Che sorpresa posso far trovare a Karl in reception prima della sua partenza? Ci sono. Quella miriade di scarabei che mi hanno regalato a Luxor possono fare al caso mio.

Gliene lascerò uno. Dalla gioia per aver trovato un regalo, vado da Daniela che cerca di aprire gli occhi.

Siamo bollite. Ma la giornata che ci aspetta meriterà tutte le nostre forze.

“Dany, ho trovato, lascerò uno scarabeo per Karl!” “Tu sei fuori!” Facciamo colazione. Che delizia. Le colazioni più buone dell’universo. Mangiamo come porcelline, andiamo in camera, cacca di rito, laviamo i denti e siamo pronte. Non lascio lo scarabeo a Karl perché non riesco a farmi capire dall’omino alla reception. Nè in inglese, né in italiano. Era di turno quello che parlava solo arabo? Il mio italiano è peggiorato? Il mio inglese non era inglese? Chi può dirlo.

Andiamo al Diving che si trova proprio dietro l’anfiteatro dove la sera fanno quel po’ di animazione che soddisfa i più esigenti e che a noi lascia indifferenti.

Said è sveglio e attivo. Come fa? Sono solo le 8.30 del mattino. Arrivano i nostri nuovi compagnetti di gita. Che gioia. Nuovi migliori amici, nuove chiacchierate, nuove avventure. No! C’è anche lei. La figlia della mamma. Chi? Si, la figlia della mamma, i due esemplari disturbanti della vacanza. Madre e figlia che già avevamo incontrato a Malpensa alle 5 del mattino, e che da quel momento in poi non hanno dimenticato di lamentarsi a ogni minuto.

Incredibile. Mi parla. La faccio ridere. Mi si attacca come una cozza.

Ricordiamo a Said che per Daniela abbiamo prenotato anche la maschera e le pinne. E lui se n’era già ricordato da solo.

Si parte. Due pulmini. Due avventure diverse che si riuniranno al porto di Marsa Alam.

Sul pulmino 1, pericoli in agguato. L’autista prende una strada contromano, rischiando la vita di tutti.

Sul pulmino 2 l’autista pensa che deve fare anche lui quella strada, e così tenta un inserimento da brivido ma viene fermato per tempo da Said che gli dice che noi siamo dalla parte giusta! Grazie Said. Ti voglio bene.

Ci siamo. Marsa Alam è una serie di case sparse qua e la. Sembra un paese disabitato, di quelli che incontri se ti addentri nell’entroterra sardo.

I gommoni. Sono li per noi. Devono trasportarci sulla “nave”.

Conosciamo Ibrahim. Giovane, non sposato, geloso di sua sorella, di famiglia rigida quanto quella di Waheel. Non perdo occasione di bombardare di domande ogni nuovo personaggio.

Il viaggio in barca è dedicato alle chiacchiere. Chi sei? Cosa fai? Chi è lei? Siete amiche? Ero il suo capo.

Neanche 5 minuti di chiacchiere che si sente “aiutatemi”, “tiratemi fuori di qui”.

Daniela è sparita. Ti prego, fa che non sia sua questa vocina che viene dall’aldilà.

Scendo al piano di sotto (avevo già preso posizione vicino al capitano perché volevo chiedergli se mi faceva guidare!).

Tutti ridono. E io capisco. Dany, non puoi farmi questo. Amica, che ci fai chiusa a chiave in bagno? Si vede la sua faccetta buffa e disperata dall’oblò della porta del bagno. “Fa caldo, tiratemi fuori” La cozza mi si affianca e insieme cominciamo a sbellicarci per Daniela. Idea di un genio tra i passeggeri: diamole un cacciavite.

Certo, viaggio sempre col mio cacciavite portafortuna nella borsa.

Miracolo. Lo si trova. Glielo passano. Daniela apre. Applauso. Che vergogna! Ci siamo subito fatte conoscere. E il momento “facciamo amicizia” diventa più divertente. Abbiamo già condiviso un’avventura. E ci conosciamo da appena un’oretta tutti quanti.

E’ straordinario come sia facile per me raccontarmi a degli sconosciuti e quanto al contrario sia dura aprirmi con le persone a me più care. E’ come quando prendo il treno e svuoto il mio cassonetto interiore sul primo poveretto che mi da retta 🙂 E così racconto le mie avventure e disavventure a Milano. Quasi sento che mi vogliono bene dopo il racconto del tugurio di 15 mq in cui ho vissuto per 3 anni.

Conosciamo Miano, Martina (moglie di Miano), Massi (il mio nuovo migliore amico Massi), Ari e sua moglie. Ma quanto è bello il sedere di Miano da 1 a 10? Ma questa è un’altra storia.

Ci siamo. Laggiù si vedono le pinnette dei delfini. Siamo fortunatni, dice Said. Hanno mantenuto la promessa e si sono fatti trovare, continua.

A Samadai ci sono già altre barche parcheggiate vicine a una boa che non devono oltrepassare.

Prima facciamo un giretto di snorkeling di circa 2 ore! Sono senza muta. Sto gelando. Che qualcuno mi riempia di abbracci caldi per favore. Questo penso mentre tremo a pelo d’acqua e gioisco delle meraviglie che la barriera e i suoi abitanti mi regalano.

Daniela, è stupefacente. Ha messo il giubbino (come tutti) e nuota insieme a noi. Ibrahim ogni tanto le prende la mano. E bbasta con ste mani. Tutti a prenderci per mano. Il capitano ci viene a prendere col gommoncino per portarci finalmente dai delfini. Sto gelando. Aiuto.

I miei denti danzano da soli e suonano musiche sconosciute.

Il nostro capitano è un mito. Presto presto, maschera e pinne sui gommoni. Andiamo andiamo.

Emozione, adrenalina, paura, gioia. Tutte insieme. Il mio cuore sta per saltare fuori dal petto.

Dopo due minuti che siamo in acqua, vediamo che i delfini sono tornati dentro la baia. E non me la sento di star dentro l’acqua a aspettarli. Sto gelando. Sto gelando.

Il capitano mi raccoglie. C’è anche Paolo con me (si, l’alieno di Luxor è venuto anche a vedere i delfini:)).

Vediamo in quell’istante che i delfini si stanno dirigendo verso il lato destro dell’atollo. Il capitano con un colpo di coda ci porta li. Me e Paolo. E mi dice subito: “Scendi scendi! Sarà bellissimo!” E io ipnotizzata dallo spettacolo di una trentina di delfini (ma forse anche di più) che passano sotto il gommone, di fianco, a sinistra, a destra, scendo immediatamente in acqua. Paolo resta sul gommone.

Sono sola, con loro.

Ce li ho tutti intorno. Questo è il paradiso. E’ come stare dentro la pancia della mamma. Cerco di godermi questo spettacolo ogni secondo. Delfini sotto di me, di fianco, a sinistra, a destra. Uno piccolo con una macchietta bianca sembra salutarmi. Si mette a pancia sopra e fa come un cenno con la manina. Giuro. E’ tornato tre volte vicino a me. Voglio piangere. E’ bellissimo.

Nuotano svelti. Si allontanano e li vedo andare verso il gruppo degli altri che erano con me. Il capitano, in tutto questo, mi ha seguita con lo sguardo. Era un po’ preoccupato per me. Sei coraggiosa, mi ha detto. Grazie capitano. Mi hai regalato una felicità che non scorderò mai.

Risalgo sul gommone. Torniamo alla barca. Ho freddo. Me n’ero dimenticata.

Pian piano, a gruppi di 4 o 5 tornano anche gli altri. I sub escono con l’operatore a fare i sub e le riprese sott’acqua.

E tra una cosa e l’altra s’è fatta ora di pranzo.

Abbiamo tutti una gran fame. Mangiamo di gusto. Parliamo, parliamo, parliamo. Tra Massi e me è subito magia. Amici per la pelle non si sa per quale strana ragione.

Mangia, mangia, il tempo passa. E Said dice che è ora di andare. Nel viaggio di ritorno, prima guardiamo il filmato della nostra gita, che chi vuole, può comprare una volta rientrati al Tulip.

Saliamo al piano di sopra. Chiacchiere su chiacchiere. Nanna sotto il sole e siamo di nuovo al porto di Marsa Alam.

Io e Massi siamo seduti vicini. Il pullmino buca. Dev’essere un evento normale. Perché è già la seconda volta in una settimana che un mezzo su cui ci sono io buca per strada.

Foto di rito anche durante il cambio ruota. Foto di gruppo. Sto per cadere su un precipizio. Massi mi salva. Mio eroe.

Ma quanto è bello il sedere di Miano da 1 a 10? Ah si, l’ho già detto! Il gruppo famiglia (così si chiama il gruppo di Miano, Massi e gli altri), ci propone di andare con loro a El Quseir quella sera.

Ma come facciamo? Abbiamo solo tenuto i soldi per le emergenze… Che si fa? Dany! Questa è un’emergenza. Divertimento assicurato. E così a cena confermiamo a tutti che andremo con loro. Felici noi, felici loro, felici tutti.

Sul pulmino (speriamo che non buchi!), decidiamo che non vogliamo fare la visita turistica ma che vogliamo andare in giro per conto nostro per la città.

Yasser (si, è sempre lui la nostra guida), è contrariato, ma non può opporsi. Abbiamo pagato il trasporto. Non siamo obbligati a fare quello che è da programma.

E così la nostra avventura ha inizio. Siamo gli unici turisti in giro senza accompagnatore. I negozietti sono tutti nostri. Aiuto Massi a scegliere un regalo per una sua amica sarda. Il venditore mi vuole comprare per 250 cammelli. Per tenerlo buono gli dico che Massi è mio marito. Mi dice che è un peccato. Cerca di farmi comprare una cintura stupenda a soli 3 euro. Massi mi dice che mi sta bene.

Ma io non avevo più neanche quelli. Gli ultimi 12 euro li ho spesi per la gita. Incontriamo un amico di Ari. Premetto che lui e sua moglie sono stati in quella zona per 7 anni di seguito, per cui conoscono anche gente del posto. Mimmo porta Ari a fare un giro in moto e noi proseguiamo la nostra passeggiata.

Quando ci riporta Ari, ci chiede se abbiamo voglia di andare a bere qualcosa e fumare il narghilé.

Andiamo.

Serata tranquilla. Nel bar sulla spiaggetta è pieno di egiziani. Nessun turista. E noi non passiamo inosservati. Mimmo comunica subito al gestore che siamo con lui, che siamo suoi amici.

Chiacchiere, sotto nuvole di fumo. Io non fumo. Daniela neanche. Ma siamo parte dell’atmosfera. Mimmo mi dice che sono dolce. Io gli dico che Massi è mio marito. Tutti ridono.

Una serata che mi ricorderò. E’ stato come stare con vecchi amici, di quelli di una vita. Ma che ve lo dico a fare.

A mezzanotte e mezza il nostro pulmino con Yasser viene a recuperarci.

Il viaggio di ritorno è fatto di pennichelle e di me e Massi che parliamo di cartoni animati. Buona notte amici La gita a El Quseri ha avuto come conseguenze: – abbiamo dato buca a Said e Ibrahim che alle 22 ci aspettavano al bar della piscina – abbiamo incontrato Sergio proprio quando stavamo salendo sul pulmino per El Quseir. Che figuraccia. La sera prima dovevamo andarci con lui e Mimmo, ma abbiamo dato buca.

– abbiamo dato buca a qualcun altro sicuramente.

Venerdi E’ di nuovo mattina. Venerdi sarà la prima volta che io e Daniela vivremo la giornata separatamente.

Io andrò a Sharm El Luli. Lei trascorrerà la giornata a Abu Dabbab.

Amica, mi mancherai. Anche tu anche tu! Yasser mi aspetta alle 9.30 fuori dall’ingresso principale. Mi dice: “Meno male che ci sei tu” In principio non capisco, ma quando vedo i tre cadaveri che saranno in gita con noi, ha tutta la mia solidarietà.

Sono tre nonnetti. Due particolarmente andati. Con i piedi più di là che di qua. E uno ancora vivo e con la mente sveglia. E’ con lui che comincio a chiacchierare sul pulmino.

Mi racconta cosa fa. Gli racconto cosa faccio.

Gli altri due oltre a ripetere a ogni albergo che incontriamo “ma guarda, lo vedi? Gli altri alberghi il pontile ce l’hanno!”, capiscono che io sono la sua donna. In un batter d’occhio faccio in modo che dimentichino di aver pensato una cosa del genere. Spiego loro che sono qui a Marsa Alam con un’amica. Che lei è rimasta in albergo. Che lui l’ho appena conosciuto, come loro. E lui spiega che anche sua moglie è in albergo, che non aveva voglia di fare anche questa gita.

Non so se fanno finta di credermi o mi credono per davvero, fatto sta che per tutta la giornata non fanno che ripetermi quanto io sia una brava ragazza, che se i loro figli non fossero sposati, mi presenterebbero a uno di loro, che sarebbe bello avermi come nuora.

Yasser è divertito.

Sharm El Luli è una spiaggia di sabbia bianchissima e fine fine fine. Pochi i turisti. Bellissima barriera formata da un braccio che da riva si estende fino a chissà dove. Nuotiamo tutti assieme. Yasser ogni tanto mi prende per mano. Andiamo sott’acqua mano nella mano. Mi mostra i gioielli del Mar Rosso.

Mi dice i nomi di tutti i pesci che incontriamo.

Riesco a stare in apnea più di lui. Si spaventa anche: “Devi ricordarti di respirare ogni tanto” E io: “non ti preoccupare!” Mi dice: “si vede che tu vieni dal mare” E io: “sono pescia!” Anche la nonna mi fa i complimenti. Mi dice proprio che sono un pesciolino. E’ così. Non mi stanco, non sento più freddo, nuoto e m’immergo in continuazione. Passan 3 ore. E si va a pranzo.

La nonna mi dice che siamo belli io e Yasser. Io le dico che tra me e lui non c’è niente. E lei dice che è bello come flirtiamo.

Nonna, non sto flirtando con nessuno. Chiaro? Con Yasser è tutto chiacchiere e immersioni. Niente di che. E poi lui vuole una tenda a due piani con Daniela. Ok? Lei non mi crede, e me lo dimostrerà anche il giorno dopo, quando atterriamo a Malpensa e dirà ai suoi figli che sono un pesciolino, che è quasi nata una storia con la guida, che se non si fossero sposati, mi avrebbe presa come nuora.

Torniamo al pranzo. Mangiamo in una specie di self service che si trova in spiaggia chiamata Aquarius. Il pranzo è a base di pasta, carne, pesce, patatine, verdure e varie altre robe che non ricordo. Tutto squisito.

Fa un caldo bestiale.

A tavola con me e Yasser c’è Pussy. Chi è Pussy? E’ una bimba stupenda. E’ la figlia di un amico di Yasser.

Con lei lui è dolcissimo, la coccola, ci gioca, si diverte, le fa ripetere le tabelline solo per me. Ovviamente il tutto in arabo.

Improvvisamente capisco l’arabo. Giuro. Yasser le chiede quanti anni ha, e lei gli risponde: “5 e mezzo!” E giuro che io l’ho capito!!! E’ il caldo. Sicuramente è il caldo.

Anche io gioco con lei. Le mostro il mio Winny The Poo. Le dico che è bellissima e Yasser traduce per me. E lei dice che anche io lo sono. Che Yasser dovrebbe sposarmi. Anche la nonna è d’accordo.

Vi prego, andiamo a nuotare.

Facciamo l’ultimo giro di snorkeling. Subito dopo pranzo. Col rischio che i tre nonni vadano al creatore per congestione.

La barriera dell’Aquarius è bellissima. Come quelle che ho visitato nei giorni scorsi. I pesci qui sembrano ancor più grossi e più colorati.

Non posso fare a meno di rendermi conto che il mare mi fa proprio rinascere. Che stare lontana da Milano mi fa veramente bene. Che forse non è solo Milano. Che è veramente bello andare in un altro mondo ogni tanto.

Durante il viaggio di ritorno al Tulip, io e Yasser dormiamo.

I nonni sono soddisfatti. E’ bello vederli contenti. All’arrivo in albergo, ci salutiamo. E’ stato un piacere. Anche per me.

Corro in stanza.

Daniela ancora non è tornata. Ma ecco che appena me ne rendo conto, la sento arrivare.

Ci salutiamo come fossimo state lontane dei mesi. Amica quanto mi sei mancata. Anche tu anche tu.

E ci raccontiamo la giornata sbellicandoci dalle risate.

Lei dopo mezza giornata a Abu Dabbab, ha pranzato con Said e nel pomeriggio ha fatto un giro con lui in un altro albergo.

Amica, è tutto molto più bello quando stiamo insieme.

Doccia, cena. Oramai salutiamo tutti quelli che incontriamo. E’ la nostra ultima sera. Siamo un po’ tristi. Una settimana è volata. E ce ne vorrebbe un’altra.

Dopo cena ci sediamo in un tavolino a bordo piscina e invitiamo a sedersi con noi tutti quelli che vediamo passare.

Ecco Massi. “Roby, ma dove sei stata oggi? Temevo di averti persa per sempre!” E’ tutto un susseguirsi di risate, racconti della settimana, ricordi comuni, ultime foto. Incredibile. E bellissimo. Buona notte a tutti. Domattina noi non verremo alle 6 a fare snorkeling per l’ultima volta.

No, davvero, non ce la possiamo fare. Siamo cotte. Ci vediamo a colazione alle 8.30.

Massi mi guarda come se gli stessi dicendo “Addio!” Scimunito, a domattina.

Sabato Doccia, cacca, colazione. Sbocciano promesse. Promesse di ritrovarci proprio qui l’anno prossimo. Massi me lo giura. E io gli credo.

Arrivano Martina e Miano che alle dalle 6 alle 8 sono stati in acqua per l’ultima volta di questa vacanza.

Ma quanto è bello il sedere di Miano da 1 a 10? Sono ripetitiva? 🙂 Ci incontreremo anche in Italia. Promesso? Promesso.

E’ l’ora dei saluti. Massi ci accompagna in stanza. Laviamo i denti, chiudiamo le valigie, abbandoniamo la nostra tana. Ciao Ahmed, grazie di tutti i pupazzetti di asciugamani che mi hai fatto.

Sul Bus per l’aeroporto c’è Yasser, vestito in giacca e cravatta. Stai benissimo. Gli diciamo.

In aeroporto la malinconia ci morde e non ci molla più. Dany, è finita. Il nostro aereo parte a mezzogiorno circa. Abbracciamo Massi e Miano per l’ultima volta.. Ma quanto è bello il sedere di Miano? uargh! Diamo a Massi dei fermenti lattici perché giustamente lui si fa colpire dalla maledizione proprio prima di salire sull’aereo.

Baci abbracci, grazie di tutto.

In viaggio giochiamo a carte, facciamo cruciverba, guardiamo un film, dimostriamo la nostra solidarietà a chi s’è trovato come compagnette di poltrona “la madre e la figlia”, facciamo un sonnellino.

Quando facciamo scalo a Sharm El Sheik per raccattare dell’altra gente, mando un sms all’orso che con su scritto: “Compri uova e pancetta che ho voglia di carbonara?” (Egitto – Marsa Alam – dal 20 al 27 Maggio 2006) ^*^*^*^*^*^*^*^* Informazioni utili: Periodo del viaggio: dal 20 al 27 maggio 2006 Struttura: Tulip Resort 5* Agenzia presso cui abbiamo prenotato: Bluvacanze con offerta 2×1 a 1099 € Tour Operator: Phone&Go Prezzo a persona in Soft All inclusive: 714 Euro (tasse, visto e varie compresi) Animazione: quasi inesistente Pontile: non c’è. Esiste un pontile di un albergo in costruzione di fianco al Tulip Ingresso mare dalla spiaggia del Tulip: impossibile MA Ogni giorno partono navette per la spiaggia di Abu Dabbab Pacchetto Jeep Safari + Sharm El Luli: 80 € Luxor: 110 € Abu Dabbab: Gratis Dolphine House al parco marino di Samadai: 55€+15€ di ingresso al parco Gita serale a El Quseir: 12 € Bevande: analcolici e acqua naturale a tutto spiano per tutto il giorno dalle 10 alle 22.



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