Dai vulcani dell’Ecuador al mare delle Galapagos

Dalle vette imbiancate ai fondali blu, dalle persone dagli animali, non manca proprio nulla
Scritto da: Debora e Luca
dai vulcani dell'ecuador al mare delle galapagos
Partenza il: 09/06/2016
Ritorno il: 25/06/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €

GIOVEDì 9 GIUGNO

Ancora una volta l’idea di vedere un vulcano in attività ci attira e se questo può succedere in Sud America, terra che amiamo molto, la scelta è presto fatta. Si parte per Ecuador e Galapagos con Iberia via Madrid e Panama. Gli orari sono ok, il costo anche, salvo che c’era il sovrapprezzo per la scelta dei posti (a partire da 66 euro), che l’aereo non era dotato di video sui sedili e che a Madrid si sono persi una delle due valigie imbarcate, arrivata a Quito il giorno dopo alle 21.

VENERDì 10

Giornata dedicata alla visita della città, fatta con calma per acclimatarsi ai 2.850 metri di altitudine. Dall’hotel San Francisco de Quito si arriva in Plaza Grande in pochi minuti a piedi; alle 8:30 siamo già là. Sempre affollata di locali che occupano le panchine, più occidentalizzati di quelli visti nelle piazze delle città peruviane o boliviane. Nessuna donna con bombetta nera o gonna dai colori vivaci. Chissà se è segno del tempo o se questo Paese sudamericano è meno attaccato alle tradizioni. Le chiese aprono tutte dopo le nove, così come il Palazzo del Governo che domina la piazza in tutto il suo biancore. Da un lato si può vedere il Panecillo con la Madonna con le ali che veglia sulla città. Vogliamo fare le cose con calma quindi visitiamo solo la città vecchia con un salto al Mariscal (taxi 9$ a/r) per il Mercado Artisanal. Alla Dolceria in Plaza Grande troviamo un cameriere molto gentile che ci dà un assaggio di succhi dei diversi frutti ecuadoriani. Cena in uno dei tanti ristoranti della Ronda, dove il venerdì sera c’è musica dal vivo ovunque.

SABATO 11

Alle 8 si parte per il Parque del Condor, gestito da una fondazione olandese dedita al recupero di animali rapaci feriti, da riportare in libertà. 89 tra aquile, falchi, gufi e gli enormi condor andini. Alle 11:30 si assiste all’esibizione del volo degli uccelli con l’aquila Susanna che decide di non tornare dall’addestratore e lasciare tutti a bocca aperta. A Otavalo ci attende il mercato più famoso di tutta la nazione. Come tutti quelli sudamericani, lo troviamo colorato, chiassoso e “barattoso” perché il prezzo va sempre contrattato. Nonostante sulle guide si dica che quello del sabato è pieno di campesinos che vengono apposta per fare affari, non solo con i turisti, a noi è sembrato meno “vero” di quelli visti a Pisaq in Perù o a Tarabuco in Bolivia. Il mercato è presente sempre, distribuito nella grande piazza ed il sabato anche nelle vie laterali. Possiamo dire però che anche le sole bancarelle della piazza sono davvero tante. Verso le 16 ci spostiamo alle cascate di Peguche, poco lontane, per una passeggiata nella foresta, un ponte sospeso sul rio e una cascata carina da vedere. Ultima sosta in una casa dove si costruiscono e si suonano tipi di strumenti diversi. Purtroppo il capofamiglia è assente e la figlia cerca di sostituirlo nell’illustrazione e nei suoni ma con esito un po’… incerto. Rientriamo in hotel un po’ stanchi e, con enorme piacere, vediamo che c’è un ristorante interno “La Tulpa” dove mangiamo di gusto.

DOMENICA 12

A pochi km si va verso la Laguna di Cuicocha, un lago vulcanico sorto da un’eruzione a 3.069 metri. Al centro vi sono due isolotti, di forma conica, che ricordano il dorso di un porcellino d’india, da cui deriva il nome della località “Cuicocha”. La nostra idea era quella di fare il giro dell’isola, come scrive la Lonely in 3h ½, massimo 5. Poi, pensandoci bene, 14 km di saliscendi partendo da 3.100 metri in 4 ore non è fattibile… ha ragione la ns. guida Mario quando ci dice che ne servono 6/7. Desistiamo e optiamo per un semplice giro in barca con la classica gita domenicale in mezzo a tante famiglie ecuadoriane. La laguna è carina ma non entusiasmante; ci è piaciuta decisamente di più la parata dei cavalieri a Cotocachi a cui assistiamo per caso durante la festa annuale dei rancheros a cui segue rodeo pomeridiano. Questi sono i plus del viaggio!

Dopo due ore abbondanti di strada (tra km e traffico) arriviamo alla Mitad del Mundo; sarà pure “pacchiana attrazione per turisti” come la definisce la Lonely ma è comunque da vedere per la foto con un piede nell’emisfero nord, uno in quello sud e in mezzo la linea gialla dell’Equatore. La sfera che sovrasta il monumento riporta l’incisione dei Paesi della Terra con Ecuador in mezzo e Vulcano Cotopaxi. Ci perdiamo gironzolando con calma e arrivano le sei, il Museo Inti Rami è chiuso e così termina la giornata.

LUNEDì 13

Ore 8:30 partenza per la laguna Quilotoa. Ci vogliono quasi tre ore per arrivare ma la vista le vale tutte. A 3.914 metri sotto di noi si apre una laguna color verde smeraldo incorniciata dalle piante cresciute lungo il cratere. Anche questa laguna si è formata, infatti, da un’eruzione vulcanica. La discesa è molto ripida, 400 metri di dislivello, ciottoloso e sabbioso, da fare in ca. 45 minuti. Sopra di noi le nuvole si aprono e lasciano apparire un cielo immensamente blu e un caldo sole. Ora si tratta di decidere se tornare a piedi in ca. 2 ore o spendere 20 $ e farci portare dai cavalli. Chissà cosa avranno scelto i nostri eroi … Il ristorante Dona Teresita ci ispira più di altri per le belle tovaglie colorate e l’ordine che si intravede all’interno, in realtà non sarà nulla di straordinario.

Convinti che la guida ci riservasse qualche altra sosta alle tre ci troviamo già alla Posada de Tigua, una fattoria di alta montagna con asini, mucche, lama e alpaca, cani, gatti e galline ovunque. Pomeriggio “bucolico” con mungitura delle mucche da parte di due bimbe di 10/11 anni e alle 18:30 cena in tavola! Alle 19:30 ci consegnano le borse dell’acqua calda da mettere nel letto perché fa un freddo malefico. Noi tiriamo un po’ in là con l’orario sedendoci intorno alla stufa a legna nell’ingresso, Luca leggendo e io scrivendo il mio diario.

MARTEDì 14

Dopo un’ottima colazione alla Posada, a base di prodotti casalinghi (yogurt, queso e dulce de leche) e un buon caffè, riprendiamo la Panamericana Sur per Banos. Prima tappa: la cascata Manto de la Novia con la zip line in cestello che sorvola il fiume e ti porta da un lato all’altro del canyon in pochi minuti. Il volo dell’aquila invece non ce la siamo sentiti di affrontarlo. Seconda tappa El Pailon del Diablo, una possente cascata, fragorosa, piena e rumorosissima. Ci si lava completamente scendendo dalla scalinata scavata nella roccia … e non c’è poncho che tenga! Noi la vediamo con il grigio delle nuvole che la sovrastano, ma con il sole probabilmente con il sole l’effetto è ancora più bello. Facendo tutto con calma alle 12:30 abbiamo terminato il programma quindi impieghiamo il pomeriggio alla piscina El Saltado, con acque termali a diverse temperature. Il vento e il sole che va e viene rendono la piscina più calda quella più gettonata. Restiamo immersi per due ore fin quando alle cinque la guida ci viene a prelevare. Passeggiata in centro per l’immancabile souvenir che proprio ci manca, siesta con doccia all’hotel Alisamay e cena incredibilmente alla pizzeria Leoni. E’ molto raro per noi mangiare italiano all’estero ma, complice la vicinanza all’hotel e le buone recensioni di TripAdvisor, ci lasciamo tentare con grande soddisfazione finale.

MERCOLEDì 15

Fiduciosi che il Chimborazo riusciremo a vederlo e che le nuvole lasceranno il posto ad uno splendido sole, alle 8:30 ci avviamo verso Riobamba per una breve visita della città e del suo mercato alimentare. All’ingresso della Riserva del Chimborazo si apre uno stupefacente cielo azzurro e la vista del cono innevato è sensazionale. Subito al lato della strada tre vigogne fanno da cornice a uno sfondo già di per sé unico. Ancora pochi km e parcheggiamo al Rifugio a 4.850 metri. Soffia un vento forte ma siamo ben equipaggiati, quindi iniziamo il sentiero che ci porterà al secondo rifugio a 5.041 metri. 200 metri di dislivello da percorrere in 900 metri di salita in un’ora circa con vento contrario. Il cuore regge bene nonostante i miei battiti siano ben saliti. Esperienza emozionante. Belli baldanzosi scendiamo in scioltezza al rifugio dove ci attende un pranzo a base di matè de coca, sopa de verdure e pollo con riso.

Alle 14:30 riprendiamo il pickup per arrivare dopo circa un’ora a Salinas, un piccolo paese al centro di un progetto comunitario avviato da un salesiano italiano negli anni 80. In sostanza, ca. 30 comunitad (villaggi) si sono riuniti in una sorta di cooperativa di cui sono soci e ciascuno si specializza in una produzione. Oltre 20 sono quelle ad oggi tra cui: formaggio, cioccolato, lana di alpaca e pecora, marmellate, soia, erbe medicinali, funghi e palloni da football. Sono aperti ca. 20 punti vendita, anche nelle principali città dell’Ecuador, con il marchio “El Salinero”. Esportano prodotti anche all’estero tramite Altro Mercato. Frank ci accoglie all’Hostal “La puerta abierta” e ci porta subito a fare un giro nei principali punti di produzione. Purtroppo siamo arrivati tardi perché alle quattro smettono di lavorare. Ci siamo proposti di pubblicizzare questo posto ancora poco turistico perché il progetto è davvero interessante e meriterebbe una giornata intera. Per cena ci portano in un ristorante locale per farci una sorpresa: la pizza di Salinas con i loro prodotti: queso, salami, pimiento, accompagnata da Tisana del Sol. WOW! Domani ci attenderà una lunga giornata quindi a nanna prestissimo.

GIOVEDì 16

La prima sosta della giornata al mercato di Guamote è degna di nota per gli scatti fotografici. Questo, infatti, è un vero mercato locale, di turistico non c’è proprio nulla, un gran via vai di persone impegnate nei propri affari quotidiani. Alle 10:15 arriviamo ad Alausì per salire, con la corsa delle 11, sul treno che porta alla Nariz del Diablo, una montagna che viene percorsa su un binario a filo del pendio e dove, ad un certo punto, il treno scorre a zig zag con retromarcia. Opera ingegneristica durata qualche anno con molte morti durante le esplosioni di dinamite, usate per definire il percorso. Il paesaggio è carino, il treno suggestivo e 2 ore e trenta si impegnano volentieri. Prima delle due partiamo per Cuenca variando il programma originario che prevedeva anche le rovine di Ingapirca. Visto tempo e km optiamo per l’arrivo diretto a Cuenca, città coloniale di 300 mila abitanti, tagliata da ben quattro fiumi. La passeggiata in centro è piacevole, le piazze, la Cattedrale, l’immancabile mercato. Ci fermiamo per cena in un ristorante sotto i portici a fianco della Cattedrale. Mangiamo bene ma anche qui nulla di memorabile.

VENERDì 17

Nell’hotel migliore della settimana (per lo standard da noi scelto Hotel Crespo) ci gustiamo anche la migliore colazione. Alle 8:30 dopo una breve visita alla Cattedrale (la sera prima era già chiusa alle 18) Mario ci porta alla fabbrica/museo di Hortega, ossia nel luogo in cui si producono i cappelli Panama, commercializzati in Italia con il marchio Borsalino. La descrizione di tutta l’attività è molto dettagliata e mi entusiasma al punto che non posso fare a meno di uscire senza comprare il più economico (46$). Quello più caro è custodito in una teca e viene venduto in Ecuador a 2mila dollari che si trasformano in 25mila euro da noi. Parliamo però del modello “super fino” che richiede 8 mesi di lavoro.

A questo punto si parte per svalicare i 4.100 metri del Parco Cajas e dopo ca. 3 ore arrivare a Guayaquill, una città di 2,5 milioni di abitanti. L’hotel si trova proprio a metà del Malecon (Manso Hotel), il lungo fiume riqualificato come parco pedonale, con belle siepi fiorite, parco giochi, qualche caffè e ristorante. Ben presidiato dalla polizia, non troviamo alcun venditore ambulante. Dalle tre e mezza del pomeriggio ci spostiamo dal parco delle iguane (per cominciare a vederle prima di arrivare alle Galapagos) al Malecon, fino all’ascesa dei 444 gradini che attraversano il Barrio Las Penas. Arrivati al faro, si gode di una vista eccellente di tutta la città.

Il viaggio in Ecuador Continente, come lo chiamano gli abitanti delle Isole, si conclude qui; per noi ne è valsa la pena anche solo per la salita al Chimborazo, per l’altitudine, per le vigogne, per il cielo incredibilmente azzurro. Naturalmente c’è anche tutto il resto, in primis, come sempre nei Paesi dell’America Latina, le persone che, tuttavia qui, a differenza di Bolivia e Perù abbiamo trovato più “occidentalizzate”.

Una nota per l’organizzazione del tour affidata a Evaneos che ci ha appoggiato ad un’agenzia locale, Agencia Ecuador Emotions, al sig. Carlos che è stato molto professionale. Ci ha affidato al cognato Mario per tutta la settimana e ci siamo trovati benissimo. Lo consigliamo vivamente.

SABATO 18

VOLO GUAYAQUILL BALTA con Tame. Arrivo 9:30 e incontro con Yazmany per inizio immediato nell’avventura di Jurassik Park, come lui stesso ha definito le Galapagos. Ci siamo affidati via web a lui, alla Guiding Galapagos Expeditions, e a Giulia Raciti che, con il suo sito, è stata una fonte incredibile di informazioni. Alla fine noi abbiamo deciso cosa volevamo vedere e lei ha scelto le isole, azzeccandoci in modo straordinario, così come fantastico è stata la nostra guida. Organizzato, attento, premuroso, appassionato del proprio lavoro e delle sue isole. Impeccabile! Si parte con Isla Santa Cruz: los Gemelos, Il tunnel di lava ed il pranzo al ranch per il primo incontro con le tartarughe giganti che strappano foto e video in abbondanza.

Dato che le prossime giornate saranno piene, per il pomeriggio di libertà, ci consiglia di andare a Tortuga Bay con il water taxi (20$) per guadagnare tempo dato che la spiaggia chiude alle 18, ma già alle 16:30 le guardie cominciano ad invitare i bagnanti all’uscita. Le due baie sono splendide, una più piccola, in forma di laguna, l’altra lunga e bianchissima esposta alle onde. Le iguane marine nere spiccano sul bagnasciuga, incuranti di chi si avvicina per una foto o di chi le scavalca perché giacciono sui vialetti di accesso. Dedichiamo più tempo all’esplorazione che non al sole perché ci sembra di essere catapultati in un mondo fantastico. Fatto ritorno in hotel, la nostra guida ci dà appuntamento in centro a Puerto Ayora per farci vedere la via principale e segnalarci i ristoranti che sono tutti concentrati su Charles Darwin Av.. Noi siamo incuriositi dalla “via dei chioschi”, una strada occupata al centro dai tavoli, stile sagra paesana, e ai lati dai ristoranti all’aperto” popolari. I piatti più gettonati: pescado al grill e encocado. E proprio in uno di questi “chioschi” ci rifugiamo la prima sera: un pescione da 25$ in due che ci lascia pienamente soddisfatti.

DOMENICA 19

North Seymour e Bachas Beach, uscita di terra e di mare. La prima meravigliosa: si percorre un sentiero in mezzo a cactus e uccelli incredibili che nidificano anche sul sentiero e non sono per nulla spaventati dall’uomo. I maschi di Fregata magnifica e le sule dalle zampe azzurre spiccano su tutti per colori che sembrano quasi innaturali. Le guide del parco sono tutte molto preparate. Terminata la visita con gli immancabili leoni marini, la barca ci porta a Las Bachas, paesaggio da cartolina (anche perché finalmente spunta il sole) e incontro con la prima tartaruga marina. Iguane nere e granchi rossi occupano le rocce laviche. Qui si può scegliere se fare subito snorkeling o seguire la guida per una breve camminata sulla spiaggia e arrivare a una laguna dove è presente purtroppo un solo fenicottero. Il paesaggio però è incantevole e ne vale la pena.

Per la seconda cena torniamo nella via dei chioschi per provare l’encocado de pescado, delizioso pesce cotto nella salsa di cocco. Le recensioni dicono che quello di K.F.William è il migliore e noi andiamo proprio lì. La signora ci vede ben impressionati dalla salsa e ce ne offre un piatto aggiuntivo. Slurp!

Whatsapp ormai è uno strumento di viaggio e così la nostra guida, quando non si va vedere al mattino o al pomeriggio, si fa sentire tramite messaggio per sapere se è andato tutto bene.

LUNEDì 20: SAN BARTOLOMé E SULLIVAN BEACH

Come ieri doppia uscita. Sulla prima isola più piccola si sbarca a terra e si sale lungo un percorso, in mezzo a roccia lavica, che conduce al mirador da cui si gode il più bel paesaggio delle Galapagos, non a caso, quello incorniciato in tante cartoline con il Pinnacolo che svetta dal mare blu. La guida del parco è molto preparata e, nonostante il sole cocente, si ferma ad ogni piazzola per dare spiegazioni. Forse per questa escursione i tempi si sono un po’ dilatati e lo sbarco bagnato sulla spiaggia con relativo snorkeling è un po’ troppo breve per i nostri gusti. L’incontro con i pinguini è fantastico e vederli sfrecciare come impazziti sotto, davanti e dietro di noi in acqua è divertentissimo. Anche per qs. escursione si rientra a metà pomeriggio, considerati anche i 40 minuti di bus che separano il canale dal paese di Puerto Ayora. Il chiosco di Sobrison e la cottura del pesce al grill di Alberto, spennellato con una deliziosa salsa, ci è piaciuta così tanto che replichiamo, mangiando abbondantemente.

MARTEDì 21: SANTA FE’

Questa mattina si dorme di più perché l’isola è vicina. Ad accoglierci troviamo la nostra guida con un sandwich dal Galapagos Deli per integrare il pranzo offerto dalla barca. Carinissimo! Il giorno prima non era riuscito a consegnarci le pinne e così, per evitare che usassimo quelle della barca perché ci tiene che i suoi ospiti abbiano un equipaggiamento perfetto, ha fatto rincorrere il bus dal tassista che ci ha raggiunti a metà strada per la consegna.

Il sole oggi non si fa vedere nei dintorni di Santa Cruz e questo guasta un po’ questa bella escursione solo di mare dedicata esclusivamente allo snorkeling. Avrebbe dovuto esserci la sosta a Hidden Beach per vedere i leoni marini poltrire sulla sabbia bianca e invece la troppa onda non lo ha permesso. Anche la visibilità dell’acqua non è al massimo; convinti di essere stati completamente sfortunati, io, Luca e una coppia di tedeschi facciamo l’ultimo tuffo per non lasciare nulla di intentato, nonostante l’acqua fosse davvero freddina in assenza di sole. Gli altri passeggeri restano a bordo un po’ annoiati fino a quando non vedono i nostri gesti di felicità e decidono di buttarsi. 4 splendidi leoni marini giocano indisturbati sotto le nostre pance e ce li ritroviamo dappertutto. Loro giocherelloni, noi un po’ timorosi di prenderci una scodata. E quando Luca punta la GoPro quasi sul muso del leone marino questo si avvicina ancora di più quasi per annusare. Che ridere!

Il rientro dal molo all’hotel lo facciamo a piedi, con sosta al mercato del pesce, dove due leoni marini e tre pellicani fanno a gara per ottenere i maggiori scarti dalla pulizia del pescado del dia. Attrazione turistica gratuita del pomeriggio, con le fregate che, come sta a significare il nome, si alimentano “fregando” il pesce agli altri uccelli con piccoli stratagemmi (beccando un ala, facendo prendere spavento…). Una leggera pioggerellina rovina la serata e così ci fermiamo al Ristorante La Garrapata, dove mangiamo bene (parillada de marisco con patacones e cerveza artisanal) e paghiamo altrettanto bene (75$).

MERCOLEDì 22: ISLA ISABELA

Con una fastidiosa garua mattutina alle 7:30 ci imbarchiamo sulla lancia MySol per due ore di navigazione verso Isla Isabela. Il capitano, come chiesto dalla nostra guida, ci chiama subito e ci avverte di avere i posti riservati dietro la sua postazione. Altra premura molto apprezzata! All’isola ci attende John, fedele collaboratore di Yazmany, che ci porta in hotel, Las Fregatas; anche qui troviamo persone cordiali e sempre sorridenti. Alle 11:30 tutti pronti per l’escursione a Los Tuneles, tanto attesa e proclamata come spettacolare. Consigliate scarpe da scoglio o sandali impermeabili perchè si attraversano a piedi dei blocchi di roccia lavica entrando in acqua. Oggi è tutto grigio quindi possiamo solo immaginare come potrebbe essere il paesaggio illuminato dai raggi del sole. I tunnel formati dalla lava creano luoghi ideali per i piccoli squali a pinna bianca per oziare in acque basse in attesa che arrivi la notte per sportarsi in acque profonde e cacciare. Incontriamo anche una splendida aragosta che si lascia puntare in faccia l’asta della Gopro di un olandese; la ns. era rimasta in barca! Pranzo veloce in barca e poi snorkeling alla ricerca di squali, aquile di mare, tartarughe e cavallucci marini in mezzo alle mangrovie. Precisiamo, infatti, che fare snorkeling alle Galapagos vuol dire questo, che è sicuramente bellissimo ma non va confuso con lo snorkeling di mari tropicali con coralli e pesci colorati.

L’acqua è proprio torbida, si vede pochissimo, quasi non mi accorgo di avere una gigantesca tarta davanti al naso e mi spavento pensando di essere finita contro una roccia. Luca è più fortunato, ha scelto di allontanarsi dalla guida e dal gruppo e scovare gli animali per conto suo, com’è successo il giorno prima quando ha inseguito uno squalo che la guida aveva fatto uscire dalla buca in cui si era nascosto. Oggi invece si è accodato a un gruppo di almeno trenta aquile di mare che, in formazione, vagavano sul fondo. Per oggi ci accontentiamo e torniamo al paese di Puerto Villamil, poco più di un villaggio, con le strade ancora di sabbia, dove “la vida es muy muy tranquila”, come dice John che, per cena, ci porta all’Iguana Point, ristorantino semplice, affacciato sulla spiaggia, per noi delizioso, per mangiare Langostino al grill da lui gentilmente offerto.

GIOVEDì 23

Anche per colazione veniamo allo stesso ristorante e ci gustiamo la tazza di caffè in silenzio guardando spiaggia e mare ancora deserti. Alle 8 arriva John puntuale per portarci al Centro de Crianza delle Tartarughe terrestri, dove viene seguita la riproduzione e la crescita fino ai 5 anni, quando vengono liberate perché ormai sicure e non più prede di altri animali. Questo progetto intende far crescere la popolazione di questi animali simboli delle Galapagos in modo che possano tornare a girare liberamente per tutte le isole, quasi come fanno le numerosissime iguane. Poco distante troviamo la laguna dei fenicotteri, non certo popolata come quelle viste in Tanzania o Bolivia, ma pur sempre affascinante anche grazie alle spiegazioni dettagliate di John su questo aggraziato ed elegante uccello. Alle 11 dal molo si parte per il tour di Las Tintoreras, il sole ci grazia, l’acqua ancora più torbida di ieri no! Il giro in barca prevede di accostarsi alle rocce per vedere il “piquero pata azul” (sule dalle zampe azzurre) ed i divertenti pinguini che quindi vediamo dentro e fuori all’acqua. Poi si scende a piedi per un breve giro che conduce a due punti: il primo è patria delle iguane marine, le più grandi viste, il secondo è il canale dove gironzolano gli squali in attesa della notte. A differenza di ieri li vediamo proprio bene e ne restiamo affascinati. Poi si scende in acqua e con grande delusione ci accorgiamo che non si vede nulla. Cambiamo anche zona ma la situazione non varia. La guida molla subito e torna alla barca, noi insistiamo e salviamo la nuotata ancora con un leone marino che si intrattiene con noi parecchi minuti. Terminiamo l’esperienza ad Isabela un po’ delusi perché speravamo di vedere più animali marini ma… al tempo non si comanda! Pranzo ancora all’Iguana Point e lancia alle 14:30 per il rientro a Santa Cruz, sempre con posti riservati vicini al capitano.

Comunichiamo con la nostra guida via whatsapp (chi avrebbe mai pensato fino a qualche tempo fa la potenza di qs. strumento); Lui si trova su un’altra isola con un gruppo quindi lo salutiamo in qs.modo. Ultima cena ancora da Sobrison e preparazione valigie per il rientro il giorno dopo via Baltra-Quito-Madrid-Milano.

Adios Galapagos, ci siete sicuramente rimaste nel cuore. Grazie a Giulia e a Yazmany per la eccellente organizzazione.

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