Ande e amazzonia equadoriana

Viaggio in Ecuador 24 luglio-16 agosto 1994 24 luglio-25 luglio ‘94 Partiti da Monaco con volo Iberia fino a Madrid. Dopo un’attesa di tre ore decollati per la transoceanica fino a Santo Domingo. I timori per la lunga permanenza in volo si sono rivelati infondati. L’unico problema il rumore dei motori dell’aereo. Prossima volta portare...
Scritto da: bufius
ande e amazzonia equadoriana
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
Viaggio in Ecuador 24 luglio-16 agosto 1994 24 luglio-25 luglio ‘94 Partiti da Monaco con volo Iberia fino a Madrid. Dopo un’attesa di tre ore decollati per la transoceanica fino a Santo Domingo. I timori per la lunga permanenza in volo si sono rivelati infondati. L’unico problema il rumore dei motori dell’aereo. Prossima volta portare tappi per le orecchie. Ho ricevuto un posto in coda. Proiettato (Misterioso omicidio a Manhattan di W. Allen (in inglese o spagnolo). Non l’ho guardato. Sono riuscito a dormicchiare. Per errore ho mangiato il pranzo vegetariano di Dorianna. A Santo Domingo abbiamo atteso 1 ora. Poi il volo fatidico verso Quito (3 ore). Avvistato il continente. Sorvolata Colombia mentre si era fatto giorno. Visto un grande fiume con i tipici meandri. Avvistata la cordigliera andina. Riferimenti letterari: Garcia Marquez e Dagli appennini alle ande di E. De Amicis. Atterraggio su Quito La pista inizia dove finiscono le case per cui l’aereo si abbassa fino a sfiorare i condomini. Arrivati in albergo che in realtà è un ostello frequentato da tedeschi. Il responsabile nonostante l’aspetto meticcio parla un buon tedesco. Con Maria una ragazza del nostro gruppo di lingua tedesca parlo in tedesco. Bene così mi esercito.

Pomeriggio incontro con “Azione ecologica”. Poi giro in città. Traffico caotico e notevole inquinamento. Mal di testa a causa dell’altitudine m.S.L.M. 2850. Sera a letto presto. Alle 18,45 si fa improvvisamente buio perché all’equatore le giornate durano esattamente 12 ore tutto l’anno.

26 luglio ’94 Quito Con il taxi che costa pochissimo siamo andati nella città vecchia. Molto pittoresca. Ogni donna si porta in braccio un bambino piccolissimo. Comprata una banana fritta e assaggiata un pezzo ognuno. Buona! Verso le 11 ricominciato il mal di testa. Pomeriggio siamo andati al Parlamento (Congreso). Incontro con deputata del Movimento popular democratico che ci ha spiegato i problemi dell’Amazona e degli indios. Comprato giornali locali, parlano di Berlusconi in maniera ironica.

27 luglio ’94 Quito Mattina incontro con i sindacati dei lavoratori del petrolio. Molto interessante e altrettanto scoraggiante: il governo dell’Ecuador concede lo sfruttamento dei territori amazzonici dove c’è petrolio alla multinazionale yankee Texaco. Questi disboscano e inquinano e fanno soldi a palate. I sindacati propongono lo sfruttamento diretto delle risorse e una maggiore attenzione verso l’ambiente, ma il governo è legato ai nord americani. –Siamo una colonia degli USA- ci ha detto un sindacalista. Unico dato positivo i lavoratori di questo settore sono pagati bene (molto al di sopra della media). Se però si iscrivono al sindacato vengono licenziati. Ciò sarebbe in contrasto con la legge sui diritti dei lavoratori che però non viene applicata.

Il resto della mattina visita al mercato della frutta. Comprati molti frutti tropicali. Belli da vedere ma rivelatisi in seguito quasi privi di sapore. Comprato cappello di paglia. Pochissima voglia di fumare a causa dell’altitudine. Meglio così. Aria di Quito inquinatissima. Dopo mangiato mi viene sonno: rivoluzione dei bioritmi. Alle 19,30 partenza in pullman per Coca. Viaggeremo tutta la notte. Ci hanno consigliato di non fermarci per strada. Infatti nella zona che è prossima al confine con la Colombia ci sono i narcotrafficanti che potrebbero rapinarci. Spero sia uno scherzo, anche se pare proprio dicessero sul serio.

28 luglio ’94 Coca Niente rapine ma un viaggio terribile da Quito a Coca. 13 ore di autobus su strada sterrata attraverso la foresta. E’ come chiudersi in un frullatore e farlo andare 13 ore. Semplicemente atroce. Verso le 5 di mattina una delle due uniche soste del viaggio a un posto di frontiera interno. I militari hanno registrato i passaporti. Sul pullman oltre a noi anche i companeros di Accion ecologica e 4 bambini sui 6 anni. Per fortuna si sono addormentati presto. Sono i figli delle accompagnatrici di Accion ecologica. Di padri o mariti nemmeno l’ombra. Si fa giorno e finalmente vedo l’Amazzonia. La vegetazione è enorme. Le foglie degli alberi 20-30 volte le nostre. Lungo la strada ogni tanto c’è un villaggio fatto di baracche o addirittura di capanne. Ci sono sempre uno o due bambini piccoli (3-4 anni) che giocano e ci guardano passare curiosi. Alcuni di noi sono saliti sul tetto. L’autobus viaggia sui 40 km/h. Ore 9,30 arrivati a Coca. E’ desolante. La via principale di questo capoluogo di provincia che in realtà è un avamposto dell’industria petrolifera, è una pozzanghera. C’è una farmacia e una caserma e due file di case malmesse. Il nostro alloggiamento è invece ottimo. Alcuni piccoli bungalow con palme e scimmiotte che ci guardano curiose . Sono in stanza con Jaime, professore di matematica comunista di Tarragona, Kee studente di scienze politiche canadese e Stefano.

Pomeriggio giro in pullman verso i pozzi petroliferi della texano, ma ci portano a vedere ben poco, solo un enorme rubinetto e uno stagno di petrolio. Passa correndo una piccola iguana.

Poi andiamo a vedere una laguna con le mangrovie. Visti i pirana. Molto piccoli all’apparenza innocui. Preso in autostop Paul studente americano di scienze ambientali, simpatico continua a parlarmi. Il mio inglese si rivela meglio di quel che pensavo. Anche in questo scorcio di foresta capanne e casupole e un villaggio davvero miseri. Ore 18 stiamo per arrivare a Coca e comincia a piovere. Climaticamente pensavo peggio, non è caldissimo, in compenso è umidissimo; bevuto un litro di acqua minerale senza andare mai a pisciare, ergo ho sudato il tutto. Domani si parte per il parco naturale di Cuyabeno. Tre giorni nella foresta senza contatti con l’esterno. Speriamo vada tutto bene! 29 luglio ’94 Riserva naturale di Cuyabeno Altra giornata terribile! Sono davvero felice di essere incolume. Andiamo con ordine. Partiti stamattina da Coca per il parco di Cuyabeno. Dove si entra solo con passaporto e permesso speciale e previo pagamento di 20 dollari una cifra enorme da queste parti. Il viaggio in pullman dura 6 ore sulla strada (stavolta parzialmente asfaltata, ma comunque con buche) che porta al confine con la Colombia. Per strada solo capanne, qualche villaggio e un piccolo aeroporto. Finalmente arriviamo all’imbarco per il parco di Cuyabeno. E qui mi rendo conto che si mette male. Si viaggerà su una canoa di legno a motore. Il bordo della canoa è a 5 cm dall’acqua! Mettiamo il salvagente (non tutti!). Si parte. Quanto ci si presenta davanti è stupendo (già visto al cinema nei film sul Vietnam). Un fiume con acqua piatta e a riva una vegetazione fittissima che arriva in acqua. La canoa è (o pare) molto instabile, se qualcuno fa un movimento brusco, oscilla pericolosamente. Sono molto teso. Accanto a me Dorianna lo è altrettanto. Ci mettiamo a parlare di cose banali e rogne della vita d’ufficio e in effetti funziona a far diminuire la tensione. Il viaggio è di 2 ore. Non passano mai. Farfalle coloratissime. Fauna del fiume: pirana e caimani. Ma i pirana mangiano solo se vedono sangue e i caimani sono molto timidi (così ci hanno detto). Potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere (citazione da “Frankestein junior”). Si scatena una pioggia tropicale molto intensa. Ci mettiamo gli impermeabili alla meglio facendo oscillare pericolosamente la barca. Non mi sono mai trovato in una situazione simile! Sulla canoa insieme a noi è salita anche una donna con un bambino piccolo. Non smette di allattarlo neanche durante la pioggia. Siamo fradici. La casa si riempie di acqua che uno degli accompagnatori butta fuori con un secchio. Si rompe lo spinotto del motore. Mettono un chiodo in sostituzione sotto la pioggia. Dopo due ore arriviamo in una laguna meravigliosa e attracchiamo a riva. C’è un gruppo di capanne. Ogni capanna ha quattro letti con zanzariera. Ci cambiamo. Per fortuna la roba negli zaini è asciutta. Ci sono le docce e i gabinetti decisamente confortevoli. Qui vive un custode con la famiglia e quattro bambini piccolo. Ci danno da mangiare. La tensione si stempera. Mi chiedo se sono il solo a considerare certe situazioni come un pericolo o se gli altri in apparenza tranquilli o addirittura sbruffoni non dissimulino. Passeggiata nella jungla. Vegetazione fittissima. Usciamo di nuovo in canoa per andare a vedere i caimani. Non so più che aspettarmi l’escursione consiste nel navigare vicino a riva e cercare di vedere i caimani con le pile. Finalmente riusciamo a vederne uno, tutti si voltano di scatto. Pile, macchine fotografiche e la canoa oscilla pericolosamente. Anche se stavolta non ho il salvagente non sono più così teso. Dopo più di un’ora si torna. Mangiamo e andiamo a dormire alle 21,30. Ma non è finita. Alle 3 mi sveglio. Devo orinare, ma non ho il coraggio di andare ai bagni. Gli animali più strani stanno facendo un discreto rumore. Trovo la soluzione ! Svuoto per terra una bottiglia di acqua minerale di plastica e poi ci piscio dentro. Un po’ di urina finisce nel letto ma l’operazione può dirsi riuscita. Mi riaddormento soddisfatto anche se a causa dell’umidità ho freddo. Finora nessuna puntura. Sono spalmato di autan come un panino imburrato.

30 luglio ‘94 Dormito bene. Due punture piccole sulla gamba destra in mattinata. Pomeriggio 3 ore in canoa a vedere gli uccelli e a pescare i piranas. Arrivati in una laguna e cominciato a pescare con canne rudimentali. Presi tre pesci neri e rossi, non sono piranas ma hanno una dentatura impressionante. I piccoli piranas addentano l’esca (un pezzo di carne) senza farsi prendere.

31 luglio ‘94 Temporale tropicale notturno. La roba è bagnata per l’umidità. Si parte per andare dagli indios. 2 ore e mezza di canoa. Avvistiamo alcuni villaggi sulle rive. Sono indios locali che hanno comunque contatti col mondo esterno. Contadini (coltivano banane). Avvistati i seguenti animali: 2 bradipi (sorta di scimmie senza coda dai movimenti lentissimi), 1 formichiere, 3 tucani, qualche scimmia, alcuni martin pescatore, farfalle blu giganti, 1 scoiattolo, 2 avvoltoi (ma io non li ho visti), alcuni pappagalli che volano in coppia. Niente caimani, né anaconda che comunque ci sono ma come ci ripetono sono timidi. Meglio così. Presa definitiva familiarità con canoa. Mi metto comunque il salvagente. Arrivati a capanne indios e fatto giro di 1 ora e mezza nella foresta con donna india. Viste piante incredibili. Una specie di sequoia altissima e liane. Nessun animale. Mangiato in capanna e comprato oggetti di artigianato. Pagato con sucres che gli indios si fanno contare dai nostri barcaioli. Sono analfabeti. Tornati verso il tramonto. Fatto doccia e rimesso roba sporca che però durante il giorno si è asciugata che è ciò che conta. L’umidità dell’ Amazzonia è comunque più che sopportabile. Dimenticavo, nella jungla ci siamo colorati la faccia di ocra con i semi di una pianta. La donna india ci ha detto che protegge dal sole. Il colore non è andato via del tutto neanche con la doccia.

1 agosto ‘94 Stanotte ho sentito i caimani che sguazzavano nell’acqua proprio sotto le nostre capanne. Anche gli altri li hanno sentiti. Prima di partire la donna india ci ha augurato “buena suerte” nella sua lingua. Partiamo in canoa, a metà strada incontriamo un’anaconda, è su un ramo sull’acqua. Raffica di flash a 3 metri di distanza. Fantastisch. Prendiamo l’autobus di linea per Lago Agrio. Alla periferia campi petroliferi. Siamo prossimi al confine con la Colombia: la guida dice che è una città cresciuta in fretta , crocevia del narcotraffico, prostituzione e alto tasso di criminalità e si vede. Fuori da una banca due vigilantes con fucili a pompa e cinturone di cartucce tipo caccia. Polizia, brutti ceffi ecc. Siamo nel far west. Due file di case e polverone indescrivibile ogni volta che passa un automezzo. Regalo 400 sucres a un bambino negro che ci gira intorno. Affittiamo una “buseta” per 25 $ a testa e partiamo per Quito. La strada si rivela terribile peggio dell’andata. Poco fuori città, posto di confine. Stavolta Policia Militare. Mentre attendo che tutti abbiano espletato il controllo passaporti, vedo una scena raccapricciante: lungo la strada arriva traballando una camionetta. Dietro c’è una vacca pezzata legata per le corna. Dal suo ventre fuoriesce la testa intera di un vitellino. La lingua è penzoloni lunghissima. E’ morto. La vacca invece è viva (per quanto ancora?). Mi metto a urlare e fermo la camionetta. Il guidatore e il passeggero mi dicono che lo sanno e proseguono. Probabilmente la vacca è stata sorpresa dal parto lungo il tragitto. E’ una scena impressionante.

Ripartiamo e succede che ben presto ci rendiamo conto di essere stati fregati. La busta è in condizioni pessime. Le marce non entrano. Più volte ci fermiamo per mettere acqua nel radiatore.. Mangiamo polvere in abbondanza. Se i freni sono nelle stesse condizioni, stiamo rischiando la vita. Dobbiamo salire a 4100 m. E poi scendere a Quito. Sulla salita della cordigliera, la busta si ferma. Uno dei tre autisti scende e mette un sasso dietro la ruota. Decidiamo di pernottare per strada, ma non ci sono centri abitati. Arriviamo ad un centro che consiste di : pompa di benzina, bar con prostitute e motel. Chiediamo se è possibile pernottare. Il ragazzo dice di sì perché c’è una catena alla porta e lui stesso ci promette di stare di guardia la notte. Esmeralda dice di ripartire immediatamente. Fino a Quito non ci sono altri centri abitati. Devo ammettere che è emozionante. A 4000 m. Poco prima di arrivare al passo, la carretta si ferma di nuovo. Fa freddo. Finalmente scolliniamo. La discesa su Quito che dura 2 ore e ½ è rischiosissima. Per fortuna la strada ora è asfaltata. Finalmente dopo 13 ore arriviamo. Paghiamo questi figli di puttana che hanno messo a repentaglio la vita di 15 persone oltre che la loro e tiriamo un grande sospiro di sollievo. Spero sia l’ultima emozione di questo tipo. Sono nero dalla polvere. Ho bisogno di tre cose: un caffè bollente, una doccia bollente e un letto. Dopo tre ore avrò caffè e doccia tiepidi e letto. Ma va benissimo! 2 agosto ‘94 Giornata di relax sono ancora stanco per la notte di ieri. Comprata camicia e altre cose e cambiato 200$. Sera cena in un ristorante cinese. Niente di speciale ma riempita pancia. Andato presto a dormire. Dormito 10 ore di fila.

3 agosto ‘94 Mattina giro in centro. Vista molta polizia. Che succede ? E’ la manifestazione del mercoledì dei familiari dei desaparecidos. In Ecuador sono una ventina i casi. Fiori e slogan.

4 agosto ‘94 Ricomincia il viaggio. Preso pullman di linea per Guaranda città andina capoluogo della provincia di Bolivar. La Panamericana Norte è asfaltata e larga. Si viaggia comodi (secondo gli standard locali). Salgono e scendono passeggeri che lasciano una discreta puzza. No problem. Musica a tutto volume. Si sale a un passo a 3800 m. Il paesaggio andino è notevole. Passiamo sotto il Chimborazo 6000 m. Non ci sono strapiombi . Altipiani coltivati. Vediamo i lama al pascolo. Arrivati dopo 4 ore (una bazzeccola) a Guaranda (2600 m). Saliamo su una camionetta aperta e partiamo per Salinas. 1 ora su strada bianca per arrivare a 3650 m. Attraverso vallate stupende. La strada è un po’ pericolosa ma ormai non ci faccio più caso. Mangiata molta polvere. Arrivati a Salinas. E’ il centro più importante della zona abitata da indios delle ande. Un villaggio vicino si chiama “Le tres Marias” come nella Casa degli spiriti di I. Allende. Conosciamo padre Antonio che vive qui da 25 anni e ha fondato una cooperativa che produce lana, formaggio e artigianato. Anche il piccolo hotel è stato costruito da loro. Trent’anni fa c’erano solo capanne di fango ora le case sono quasi tutte in mattoni ma non è così nei villaggi limitrofi. Gente povera. L’altitudine causa problemi. Mal di testa e affaticamento. Cena e a letto tardi (ore 23,30).

5 agosto ‘94 Ripartiamo a bordo di camionetta. Il ragazzo al volante si fa il segno della croce prima di mettere in moto. Durante la discesa buchiamo. Non c’è il cric. Per cambiare la ruota dobbiamo sollevare a braccia la camionetta. Pesante ma ci riusciamo. A Guaranda passa il mal di testa che torna al passo a 3800 m. E poi scompare nuovamente quando si scende dall’altra parte. Giunti infine a Banos, località termale. Alloggiati in hotel de luxe con piscina e bagni turchi. 28000 lire a notte. Passiamola un estremo all’altro. Cena in ristorante de luxe con complesso di musica andina. Mangiata bistecca ai ferri, riso e patate fritte + birra. Poi rum in altro locale. Ore 22,30 a letto. Buonanotte.

6 agosto ‘94 Ogni giorno riserva una sorpresa! Pensavo che a Banos località termale, le avventure fossero finite ma non è così. Dopo colazione e cambio soldi al Banco del Pacifico, partiamo per vedere le cascate di Rio Verde. Saliamo in 14 sul cassone di una macchina tipo Fiorino Fiat. Piove in breve sono bagnato in più non sto bene. Preso freddo ieri sulle Ande. La strada non asfaltata è strettissima, sale tra dirupi impressionanti. Ad un certo punto è interrotta da una cascata che si è formata a causa della pioggia. C’è traffico perché si tratta della strada principale (cioè l’unica per Puyo, città amazzonica). Quando incrociamo un camion o un autobus, la nostra macchina si sporge sul ciglio della strada. Arrivati dopo circa un’ora al punto dove si prosegue a piedi decido di tornare indietro. Attendo sotto una tettoia di paglia che passi un autobus. Finalmente ne arriva uno proveniente da Puyo. E’ stipato all’inverosimile. La musica è alta. Sono in piedi vicino a una donna con due bambini in braccio di cui uno sta poppando.. Guardo fuori e mi rendo conto della situazione. Una pista scavata sul fianco della montagna con 300 m. Di strapiombo a sinistra. Una situazione pazzesca che qui però è normale. Evito di guardare. Arrivo a Banos. Sto un po’ meglio. Così decido di prendere un taxi e di andare a vedere lo zoo. Visti condor, tapiri, giaguaro, tartaruga gigante e fotografato puma. Visito la cattedrale. Molti mendicanti in pessime condizioni. Ex voto, visione miracolistica della religione.. Gli indumenti asciutti cominciano a scarseggiare.

7 agosto ‘94 Altra giornata massacrante! Partiamo alle 5 della mattina da Banos. Dopo tre ore arriviamo a Quito. Dopo un’ora di attesa corriera per Esmeraldas, città sulla costa del Pacifico. La corriera è buona, la strada è asfaltata ma l’autista scende dalle Ande sorpassando i camion in curva. Non guardo gli strapiombi. Quando ci avviciniamo al mare cambia la vegetazione (siamo nell’Ecuador tropicale) e l’etnia degli abitanti (quasi tutti negri). Discendenti di schiavi fuggiti dalle navi negriere. Non hanno fatto molti progressi. Decisamente poveri. Dopo 5 ore e ½ arrivati a Esmeraldas. Impatto duro. Caldo confusione, rumore, sporcizia (immondizia per strada). Zona con malaria e colera endemico. Preso bus per Muisne, località costiera. L’autista corre all’impazzata. Capiamo perché: durante il tragitto si ferma per far scendere e salire i passeggeri. Non si ferma, li raccoglie e li scarica al volo, compresi i bambini. Dietro di lui c’è un altro bus. Se viene superato perde clienti. Stanno gareggiando. Veniamo superati e superiamo un paio di volte. Curve in contromano. E’ pericolosissimo. Quando arriviamo dopo un’ora e mezza tiriamo un sospiro di sollievo. Lo spettacolo che ci si presenta è sconfortante. Sporcizia e miseria mai viste! Ma non è finita. Muisne è un’isola a 100 m dalla costa. Traghettiamo su un barcone. Poi andiamo all’hotel dove però non ci sono posti a sufficienza. Io, Jaime, Ricardo e Gina troviamo posto in un altro hotel. E’ squallidissimo e sporchissimo. Uso per la prima volta il sacco lenzuolo. Stanchissimo. Costo 8000 sucres = 5600 lire.

8 agosto ‘94 Dormito abbastanza bene. Cielo coperto. Negri con machete alla cinta. Bambini, cani, frutta esotica, immondizia, insetti enormi. Escursione in barca a vedere le mangrovie. Vediamo anche una camaronera (deforestazione per fare coltivazioni di gamberi). La barca ci lascia sulla punta estrema dell’isola. Torniamo a piedi lungo la spiaggia 1h e ½ di camminata. Pranzo alle 17 (zuppa di pesce e gamberi buono). Si è liberata stanza all’hotel Galapagos, modestissima ma in confronto a ieri ottima. Caldo più che sopportabile. La luce va e viene. Cessi in condizioni paurose spero di non prendere qualche malattia. Nessuna puntura. Autan über alles! Passata 1 h in un villaggio lungo la costa: baracche, maiali, cani, antenne tv. Beviamo latte di cocco. Vista tartaruga gigante morta sulla spiaggia. Specie di avvoltoi la stavano mangiando. Il proprietario dell’hotel ha detto – se andate a fare passeggiata sulla playa di sera, lasciate qui anelli e orologi-. In serata tornata improvvisamente voglia di bere (birra) e di fumare praticamente scomparsa sulla Sierra. Incontro con ecologisti locali impegnati nella difesa delle mangrovie (manglares). In teoria le manglares sarebbero protette ma il governo molto corrotto consente dietro pagamento di tangenti di deforestare per creare coltivazioni di gamberi. Ecologisti sono stati minacciati e aggrediti fisicamente. Ora resta il 20% delle manglares della costa ecuadoriana. L’Italia è il secondo importatore di gamberi. Dorianna promette di non mangiare più gamberetti.

9 agosto ‘94 L’avventura continua. Signori ecco il far west! Comincio ad averne piene le palle. Partiti la mattina alle 9,30 da Muisne dopo 2 ore arrivati a Esmeraldas. Caldo umido soffocante. Alle 13 presa “ranchera” (bus aperto) per Borbon , località a nord sulla costa verso il confine colombiano. 4 ore di cui 2 su strada asfaltata e 2 su pista in terra battuta. La ranchera è piena fino all’inverosimile. Sul tetto una ventina di persone più zaini e bagagli. Il tetto scricchiola paurosamente, se cede… (non oso pensarci). Ad ogni fermata si attaccano bambini che vendono cibarie e succhi di frutta. Compriamo delle banane. Un nego con famiglia si siede vicino a me e continua a spingere di lato. Lo guardo male dopo un po’ smette. Meglio così, la sua stazza non promette niente di buono. Infine arriviamo a Borbon che sulla carta geografica è segnata come centro medio. E siamo nel far west. Due file di case di legno. Strada di terra con pozzanghere. In ogni baracca c’è un’attività:ristorante, sarto, riparatore tv,meccanico,avvocato. Il nostro hotel è una baracca a due piani. La mia stanza ha anche una rudimentale doccia. E’ tutto di legno, mi sistemo con Jaime e Ricardo. Ci sono buchi dappertutto. Ci dicono di togliere le cibarie dagli zaini che attirano i topi. Andiamo a mangiare in una baracca limitrofa. Riso con una salsa di fagioli, banana ai ferri (buona) e bistecca ai ferri (dura come una suola ma saporita). Condizioni igieniche spaventose! Zona altamente malarica e di febbre gialla. Visto bambino con pancia gonfia.. Alle 20 registro una puntura ad una caviglia porca puttana! Incontro nella scuola di legnovicino alla chiesa di legno (da far invidia a Sergio leone) con rappresentanti indios chachis. Il loro problema è che vivono di foresta, in essa trovano da mangiare e tutto ciò che gli serve. Ma i commercianti di legname (molto pregiato)gliela comprano per quattro soldi di cui hanno altrettanto bisogno. Sono rimasti in 4000 (natalità in aumento).Dopo passeggiata in paese. Succhiata arancia secondo l’uso locale, ottima. Spero di non contrarre qualche malattia. Gina, la ns. Accompagnatrice ha visto che leggo Cent’anni di solitudine e allora mi ha detto che questo villaggio è come Macondo.

10 agosto ‘94 Dormito bene nonostante il caldo. 3 punture al risveglio. Partiti in canoa per escursione nella laguna. Visitato Tola che sulla carta è segnato come centro di piccole dimensioni. Baracche, miseria e sporcizia. Non ci sono anziani, tanti bambini. L’aspettativa di vita è di 45-50 anni. Ci sono alcuni reperti di arte precolombiana allestiti in una baracca con scritta museo. Navighiamo verso Limones. 1h su spiaggia. Leggera scottatura. A Limones (sembra Haiti) incontro con missionario comboniano. 2 anni fa c’è stata un’epidemia di colera. Torniamo di notte. Per poco non finiamo contro le reti dei pescatori. Non abbiamo la luce. Tensione ma non troppa. Arrivati a Borbon, mi sembra una città! Mangiato in comedor poverissimo con bacinella di acqua sporca, pezzo di sapone tipo marsiglia e asciugamano sporco per lavarsi le mani. Speso 1500 lire per riso, salsa di fagioli, carne ai ferri, banana ai ferri e coca cola. In stanza non c’è l’acqua, non posso lavarmi, né andare al gabinetto.. Per strada cantano. Sono sporchissimo. In seguito faccio “doccia” con acqua di tinozza usata da tutti i viaggiatori. Andato con ragazzi in baracca adibita a discoteca. Ballato musica locale. Divertente.

11 agosto ‘94 Deciso con Dorianna e i due veneziani di tornare con un giorno di anticipo a Quito mentre gli altri proseguono fino a S. Lorenzo e dalì raggiungeranno Quito in ferrocarril. Durante la notte punto da zanzare, incrocio le dita! 4 ore di ranchera fino a Esmeraldas. 3 ore di attesa e pullman per Quito. Lungo il tragitto accade l’incredibile: l’autista in sorpasso stringe sul lato destro della strada un camioncino che esce di carreggiata e si rovescia. Brusio di commento da parte di chi ha visto la scena. L’autista non si ferma e prosegua come se niente fosse. Dopo 5 ore arrivati a Quito. Doccia, tè caldo. Sonno. Stupendo.

12 agosto ‘94 Avuto freddo ma dormito comunque. Mattina lavaggio biancheria, scarpe ecc. Che somiglia a un rito di purificazione. Cambiato 2 travel cheques. Telefonato a casa. Finalmente pomeriggio di lettura (Garcia Marquez). Sera cena in ristorante di lusso. Speso cifra enorme per il luogo (35000 lire a testa). Mangiato benissimo: zuppa di cipolle, bistecca ai ferri, patata cotta nella cenere. Bevuto vino cileno ottimo! E costosissimo. Doriana di Venezia colta da attacco di vomito, diarrea e febbre. Preoccupazione. Ricevuta telefonata dai companeros. Sono bloccati a S. Lorenzo, non hanno potuto prendere il ferrocarril. Ci riprovano domani.

13 agosto ‘94 Passeggiata in centro. Acquistato libro su Amazzonia. Mangiato in ristorante libanese. Chiamato medico per Doriana di Venezia. Diagnosi: gastroenterite. Abbiamo mangiato tutti le stesse cose. Per ora siamo stati fortunati. Alle 19 tornano gli altri stravolti. Il ferrocarril non è partito e così sono dovuti tornare indietro con la canoa e il bus. Sera cena in ristorante medicano. Mangiato chili con carne, sorta di goulaschsuppe. (buono).

14 agosto ‘94 Andati a Otavalo, graziosa cittadina a 2 h da Quito famosa per il mercato. Comprato cappello e scattate foto. Al ritorno Martina ha avuto un attacco di gastroenterite. Sera cena in ristorante de luxe, mangiato bistecca alta due dita e patate fritte con mucha cerveza. Scambio di indirizzi con Jaime. 15 agosto – 16 agosto ‘94 Ripartiti da Quito alle 9,30. Scalo a S. Domingo. Volo notturno. Arrivati alle 8 di mattina a Madrid visitato centro. Caldo ma molto bello. Somiglia Parigi. Imponente e pulita. Poi volo per Monaco. Arrivato a casa all’1,30 di martedì. Fine.



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